Tornare bambino
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Tornare bambino significa riportare nello spirito l'elemento nativo dell'essere; la capacità di imparare, di stupirsi, di piangere e di ridere, di temere e di amare.***
Paolo VI
Postato da: giacabi a 18:43 |
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paolovi
Dal testamento di Paolo VI
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"Sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine. Questa
vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le
sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio
sempre originale e commovente, un avvenimento degno di essere cantato
in gaudio e gloria: la vita, la vita dell’uomo! Né meno degno di
esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita
dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico; questo universo
dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze e dalle mille
profondità. Perché non ho studiato abbastanza,
esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale
imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia,
almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, che è stato
fatto per mezzo di Lui (Cristo), è stupendo. Ti saluto e ti celebro
all’ultimo istante, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con
gratitudine. Tutto
è dono; dentro la vita, dentro la natura e l’universo, sta la Sapienza;
e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, sta l’Amore! La scena del
mondo è un disegno, oggi tuttora incomprensibile per la sua maggior
parte, d’un Dio Creatore, che si chiama il Padre nostro che sta nei
cieli! Grazie, o Dio, grazie e gloria a te, o Padre!" (Paolo VI, papa).
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Postato da: giacabi a 14:40 |
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paolovi
Tornare bambino
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Tornare bambino significa riportare
nello spirito l'elemento nativo dell'essere; la capacità di imparare,
di stupirsi, di piangere e di ridere, di temere e di amare.***
(Paolo VI)
Postato da: giacabi a 14:30 |
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paolovi
Questa è la strada giusta
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Chi non si ricorda il pellegrinaggio del 23 marzo 19752?
Doveva esserci la marea dei giovani da tutta Italia, ma c’eravamo solo
noi. Mi ricordo perché io c’ero, era una delle prime volte che
partecipavo. Mi guardavo intorno: c’eravamo solo noi, ma era il
pellegrinaggio generale! Poi,
alla fine, il Papa, per la prima volta (la prima volta!) ha aperto le
porte della Sala Nervi a un’associazione laica. E mentre andava via ha
chiamato Giussani.
Giussani, come racconta lui (sarebbe bellissimo se ci fosse lui…),
aveva una pisside in mano e, preso dall’emozione, l’ha data a una
guardia svizzera, che la guardava come a dire: «Cosa ci faccio?». Poi è
passato don Negri che è svelto: ha capito la situazione, ha preso la
pisside e via. Comunque, mentre il Papa andava via, ha chiamato a sé Giussani e gli ha detto: «Don Giussani, questa è la strada giusta, vada avanti così».
Giussani dice sempre che quel dialogo gli ha fatto venire
immediatamente in mente gli anni in cui ha cominciato tutto a Milano,
quando nascevano i primi gruppi. Allora c’erano i prevosti, che sta per
parroci, i quali andavano dal vescovo, l’allora cardinal Montini, a
lamentarsi: «I giessini ci rubano i ragazzi dalle parrocchie, dividono i gruppi, si impongono», eccetera. E Giussani gli spiegava: «Ma
noi abbiamo fatto anche una ricerca: in parrocchia non va quasi più
nessuno! E poi, scusi, un uomo che veda che i figli frequentano un posto
che a lui non piace, ma aiuta loro a crescere, se è padre, li
incoraggerà a restare in quel posto, perché crescano, perché ama la loro
crescita, non quello che ha in mente per loro, il suo piccolo
particolare progetto». Ebbene, Montini gli disse le stesse identiche parole: «Coraggio Giussani, vada avanti così. Questa è la strada giusta». Sono
le uniche parole che Giussani ha riferito nella testimonianza scritta
per il processo di beatificazione di Paolo VI, dicendo che questo è il
modo di essere padri dei propri figli nella Chiesa. Ho visto io stesso
la dichiarazione firmata. È straordinario, dovete ammetterlo***
2 Si fa riferimento alla chiamata ricevuta dal movimento di Comunione e Liberazione a partecipare alla celebrazione della Domenica delle Palme presieduta da papa Paolo VI in piazza san Pietro (vedi M. Camiscasca, Comunione e Liberazione – La ripresa, Milano, San Paolo, 2003, pp. 310 - 311.
Enzo Piccinini
Postato da: giacabi a 07:48 |
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piccinini, paolovi
Montini alle Acli:
Non fate politica e non guardate a sinistra!
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Milano, 15 maggio 1960
Al Rag. Luigi Clerici, Presidente
E al Rev.do Don Ezio Orsini, Assistente Ecclesiastico delle ACLI di Milano
Miei cari, vi ringrazio delle vostre notizie circa il viaggio a Roma, e sono lieto dell’esito felice
ch’esso ha avuto, mostrando ai nostri Lavoratori pellegrini il volto paterno ed amico del Papa, e
risvegliando in essi il proposito di fedeltà alla santa Chiesa. Non so se vi sia stato consegnato il mio
telegramma che voleva assicurarsi della mia spirituale presenza fra voi in tale confortatrice
circostanza.
Ma devo anche confidarvi che da qualche tempo sono in apprensione per l’indirizzo che Voi date
alle nostre ACLI, e proprio in ordine alla fedeltà al Papa e alla Chiesa. Mi pare che prevalga in tale
indirizzo l’interesse per le cose temporali, e che l’interesse per la loro missione religiosa e cattolica
vada prendendo un posto subordinato. La politica, che non è la vostra missione, ha ormai una
prevalenza
nella vostra stampa, e quasi sempre in forma polemica non già verso
gli avversari del nome cristiano, ma verso persone e gruppi e giornali
del campo nostro,
. Mi pare che la vostra adesione alle linee direttive della Chiesa, anche da me più volte a voi ricordate, circa la famosa apertura verso il socialismo non abbia quella chiarezza e quella franchezza, che si vorrebbe avere da buoni cattolici militanti.
Voi accentuate continuamente il [sic] dissensi che vi distingue da altri, che pur intendono seguire la
nostra causa, e suscitate
simpatie e speranza per un socialismo, che tuttora si mostra così
avverso alla religione, alla Chiesa, alle posizioni stesse che voi, ed
altre nostre organizzazioni, occupate nella società e nella vita
pubblica, e sollevate scandalo perché una combinazione governativa non è
riuscita; e non pensate, non fate cenno che non è riuscita solo perché i Socialisti non davano
garanzie di sufficiente rispetto alle nostre idee e alle nostre cose. Non
vedete come i nostri avversari– dico avversari nel nome di Dio, di
Cristo, della Chiesa, della vita cattolica - godono delle vostre
dichiarazioni? Non vedete che il vostro comportamento e il vostro modo
di giudicare profitta alla causa altrui – e quale causa ! -, e
danneggia la nostra? Credete di rendervi autonomi pensando come
pensano e scrivono gli “altri”, e discostandovi dal modo di pensare e di
scrivere, che dovrebbe derivare dal senso cristiano e dalla fedeltà
alla Chiesa?
Comprendo molto bene le vostre riluttanze politiche, specialmente in questo momento; ma chiedo
se tocca alle ACLI a darvi clamorosa espressione politica e polemica, e a mettere in dubbio che
fosse fuori luogo “invocare ragioni di principio” in una crisi governativa, imperniate tutta su la
questione d’un’intesa con un socialismo, legato al comunismo, più disposto a chiedere garanzie per
la esecuzione dei suoi programmi, che a darle su la sua indipendenza e sul rispetto ai nostri
interessi?
Non dico di più perché temo che non mi comprendiate, anzi che comprendiate diversamente da
quanto vorrei, quasi ch’io stesso ricada in campo politico e parteggi per una soluzione politica che
non piace. Io vorrei invece richiamare il vostro senso di responsabilità verso la causa cattolica e
verso la stessa causa dei Lavoratori, che certi vostri atteggiamenti distaccano dalla comune
solidarietà del campo nostro, con pregiudizio di quanto per loro si fa e si desidera. Vorrei pregarvi
di esaminare se nelle vostre amicizie e nelle vostre idee non lavorino fattori di provenienza non
sicura, non improntati a quella amorosa fermezza ai nostri principii, e a quella gelosa simpatia per
gli interessi cattolici, che dobbiamo esigere da chi milita nelle nostre file e che ha funzioni
orientatici per i nostri lavoratori.
Penso che voi mi direte che a voi tocca orientare i Lavoratori cristiani; sì, ma seguendo la linea che
ci è tracciata dalla nostra fedeltà alla Chiesa, linea che voi sapete ora non diretta verso un’intesa con
un socialismo tuttora ostile e pericoloso per la nostra causa, sia religiosa che sociale. È [sic] mi
soggiungerete che per impedire lo sbandamento e lo sconforto bisogna mostrare ai Lavoratori
comprensione e libertà di giudizio e di atteggiamento; sì, ma senza coltivare in loro inquietudine e
sfiducia per il campo nostro, e simpatia e illusione per il campo altrui.
Non crediate che si voglia abbandonare la promozione della causa delle classi lavoratrici; non
facciamo questo torto alla Chiesa; e non solleviamo in tante persone che la rappresentano il sospetto
che il nostro movimento di lavoratori subisce influssi, che fanno dubitare della bontà di certi suoi
orientamenti. Il momento è penoso e difficile; procuriamo di non aggravarlo.
Confido nella vostra saggezza cristiana. Avete tanto faticato e sofferto per dare consistenza e
sviluppo alle nostre ACLI; non sia mai che la loro animazione abbia a dispiacere alla Chiesa, sì
bene a consolarla e costituirne la forza e la gloria.
Vi benedico,
+Giovanni Battista Card. Montini
Arcivescovo
da: http://www.ilgiornale.it/ |
Postato da: giacabi a 15:29 |
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paolovi
La fede
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Il
mondo cambia. Superfluo documentare un fatto così grave e così esteso:
cultura, costumi, ordinamenti, economia, tecnica, efficienza, bisogni,
politica, mentalità, civiltà ... tutto è in movimento, tutto in fase di
mutamento.
Perciò la Chiesa è in difficoltà. Anche questo fenomeno è, sotto vari aspetti, evidente. La Chiesa, lo sappiamo, è quella società visibile e misteriosa, che vive della religione di Cristo. Ora
nel mondo odierno la religione in genere, e tanto più una religione
come la nostra, determinata e organizzata, vivente nella scena storica
del tempo presente, e ordinata ad un fine escatologico, che si realizza
cioè nella sua pienezza oltre il tempo, in una vita futura, non sembra
che possa avere prospera esistenza. Si tratta poi di una religione che
pretende interpretare, anzi predisporre i destini dell’umanità, e che si
pone come verità circa Dio e circa l’uomo, maestra della nostra
salvezza, e che perfino osa fare dell’amore a Dio invisibile Padre
nostro e agli uomini, non più lupi, ma fratelli, la legge fondamentale
sia per l’essere individuo che per quello sociale, una religione simile,
che introduce nel piano naturale della vita uno straordinario piano
soprannaturale, convivente e animatore del primo, sembra, a chi osserva
le cose superficialmente, impensabile ai nostri giorni, sembra
una Chiesa destinata a spegnersi e a lasciarsi sostituire da una più
facile e sperimentabile concezione razionale e scientifica del mondo,
senza dogmi, senza gerarchie, senza limiti al possibile godimento
dell’esistenza, senza croce di Cristo. E se cade la Croce di Cristo, con
tutto ciò ch’essa comporta, che cosa rimane della nostra religione? che
cosa rimane della Chiesa? Viste così le cose, si comprende come la
Chiesa si trovi in difficoltà.
La
Chiesa è tuttora una grande istituzione, mondiale, collaudata da venti
secoli di storia, più travagliata che felice, ma feconda sempre di
energia nuova, di popolo numeroso, di uomini insigni, di figli devoti,
di risorse impreviste; ma, apriamo gli occhi, essa è ora, per certi
riguardi, in gravi sofferenze, in radicali opposizioni, in corrosive
contestazioni.
Non
si sarebbe scavato forse un abisso, che sembra incolmabile, fra il
pensiero moderno e la vecchia mentalità religiosa ed ecclesiale? non si
sarebbe assorbito nella cultura profana il tesoro di sapienza, di bontà,
di socialità, il quale sembrava essere patrimonio caratteristico della
religione cattolica, fino quasi a svuotarla e a privarla di tante sue
ragioni d’essere, per travasare questo patrimonio nel costume laico e
civile del nostro tempo? V’è ancora bisogno che la Chiesa ci insegni ad
amare i poveri, a riconoscere i diritti degli schiavi e degli uomini, a
curare e ad assistere i sofferenti, a inventare gli alfabeti per popoli
illetterati? Eccetera. Tutto questo, e pare assai meglio, lo fa il mondo
profano da sé; la civiltà cammina con forze proprie. Eccetera.
E
allora non sono forse chiari i motivi dell’irreligiosità moderna, del
laicismo geloso della propria emancipazione, dell’abbandono delle
osservanze religiose da parte di popolazioni intere, del materialismo
delle masse, insensibili ad ogni richiamo spirituale? Sì, la Chiesa è in
difficoltà. Ecco perfino alcuni suoi figli, che le hanno giurato amore e
fedeltà, che se ne vanno; ecco non pochi seminari quasi deserti,
famiglie religiose che trovano a stento nuovi seguaci; ed ecco fedeli
che non temono più di essere infedeli . . . L’elenco di questi malanni,
che affliggono oggi, nonostante il Concilio, la Chiesa di Dio, potrebbe
continuare, fino a riscontrare che grande parte di essi non assale la
Chiesa dal di fuori, ma l’affligge, l’indebolisce, la snerva dal di
dentro. Il cuore si riempie di amarezza e di più tenera e forte
affezione.
Se
così è, quali rimedi? Oh! per fortuna oggi la sensibilità e la
coscienza della Chiesa fedele (e questa è la parte più vigile e la più
numerosa), si sono scosse, e la corsa ai ripari si tramuta in sagge
terapie, non solo, ma in nuove, positive testimonianze di coraggiosa e
fiduciosa vitalità. Beati quelli che ne hanno l’intuito, e vi impegnano
l’opera, il cuore. Forse i giovani saranno anche questa volta
all’avanguardia: siano benedetti!
Ma ora noi poniamo una domanda, che investe tutto il sistema: può
la Chiesa superare le difficoltà presenti? È, per nostra fortuna,
facile la risposta, perché non è formulata dalla prudenza umana, né
fondata sopra le nostre povere forze; la risposta sta nella promessa di
Cristo: .
. . non praevalebunt (Matth. 16, 18); vobiscum sum (Matth. 28, 20); in
mundo pressuram habebitis; sed confidite, Ego vici mundum (Io. 16, 33);
caelum et terra transibunt, verba autem mea non praeteribunt (Matth. 24,
35). Al
di là dei risultati problematici, che possano avere le nostre faticose
vicende, queste ora ricordate sono parole vere, parole divine. Noi le
possiamo, noi tutti le dobbiamo prendere sul serio. Che cosa significa
«prenderle sul serio»? Significa questo fondamentale nostro
atteggiamento: significa prestarvi fede; significa credere. Diciamo
chiaramente: la fede è la prima condizione per superare le presenti
difficoltà (Cfr. DENZ-SCHÖN. 1532, 3008).
Lo ha confermato l’apostolo Giovanni: «Questa è la vittoria, che vince il mondo, la nostra fede» (1 Io. 5, 4).
E
che cosa finalmente è la fede? Oh! la grande questione! Ma ora
risolviamola nella più concisa risposta. La fede è l’adesione alla
Parola di Dio (Cfr S TH. II-IIæ, 1). E come possiamo conoscere,
distinguere, interpretare, applicare la Parola di Dio? Certamente
occorre un aiuto supplementare e preveniente alle nostre facoltà
spirituali, quell’aiuto dello Spirito Santo, meritatoci da Cristo (Cfr.
Io. 14, 6; 15: 5; Matth. 11, 27; etc.), che chiamiamo grazia, la quale
non è negata a chi fa ciò che può per ottenerla, a chi cioè impiega con
grande rettitudine la mente e il cuore nella ricerca e nella coerenza
della verità (Cfr. Io. 3, 21). Ma poi questo processo di adesione alla
vera fede si perfeziona e si compie mediante l’assistenza del magistero
ecclesiastico, come ha insegnato Gesù riferendosi alla missione degli
apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Luc. 10, 16; Dei Verbum, 10).
Così
che noi dobbiamo convincerci della necessità d’una fede viva,
autentica, operante; e ciò tanto di più quanto maggiori oggi sono le
difficoltà, alle quali abbiamo accennato. Non
basta, soggettivamente, una fede vaga, debole ed incerta; una fede
puramente sentimentale, abituale, fatta di ipotesi, di opinioni, di
dubbi, di riserve; né basta, oggettivamente, una fede che accetta ciò
che le piace, o che cerca di eludere le difficoltà rifiutando l’assenso a
verità misteriose e difficili.
Dobbiamo
saperci assicurati che la fede non umilia la ragione, ma la conforta
alla certezza e alla comprensione, almeno parziale, ma luminosa e
felice, di verità superiori e vitali. E dobbiamo far nostre le
trepidanti, ma esemplari implorazioni evangeliche, come quella del padre
che implorava la salute per il figlio disgraziato: «Io credo, Signore,
ma Tu aiuta la mia incredulità» (Marc. 9, 23); e quella degli apostoli
al Signore : «Accresci in noi la fede!» (Luc. 17, 5).
Con la nostra Apostolica Benedizione.
Papa Paolo VI Mercoledì, 11 settembre 1974 UDIENZA GENERALE
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Postato da: giacabi a 21:47 |
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fede, paolovi
Postato da: giacabi a 14:05 |
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gesù, paolovi
TERREMOTO/
Che senso ha?
***
martedì 7 aprile 2009
«Oh!
Noi non vogliamo dire di più davanti ai lutti e alle rovine dalle
dimensioni tragiche, che sembrano superare ogni misura e rifiutare ogni
conforto. Vogliamo comprendere e raccogliere in silenzio riverente il
grido ineffabile di questa acerbissima pena. Ma una parola non possiamo
tacere per i cuori forti, per gli animi buoni: niente disperazione!
Niente cecità del fato! La
nostra incapacità a dare una spiegazione, che rientri negli schemi
abituali della nostra breve e miope logica, non annulla la nostra
superiore fiducia nella misteriosa, ma sempre provvida e paterna
presenza della bontà divina, che sa risolvere a nostro vantaggio anche
le più gravi e incomprensibili sciagure. La Madonna rimetta col suo
fiat, la pazienza, la speranza e anche l’Alleluia pasquale sulle nostre
labbra e nei nostri cuori». Sono parole di Paolo VI, pronunciate il 9 maggio 1976, pochi giorni dopo il devastante terremoto del Friuli.
Che altro aggiungere? Forse solo ciò che lo stesso Papa Montini disse in quella stessa occasione, che cioè in questo «male che ci colpisce» possiamo intravvedere qualche barlume: «Il
primo bene è la solidarietà; il dolore si fa comunitario, e nel nostro
abituale disinteresse, e nelle nostre contese egoiste ci fa sperimentare
uno sconosciuto amore. Ci sentiamo fratelli, diventiamo cristiani,
comprendiamo gli altri, esprimiamo finalmente l’amore disinteressato,
solidale e sociale. E poi impariamo a “vincere il male nel bene”, cioè a
far scaturire energie positive di bene dalla stessa sventura che ci
affligge».
Due giorni dopo il terremoto in Irpinia del 1980, Giovanni Paolo II si è recato personalmente sul posto. Anche lui attonito di fronte alla tragedia: «Ecco
i sentimenti, le espressioni che mi vengono dal cuore. Come vedete,
vengono con difficoltà, perché la commozione è maggiore della
possibilità di parlare e di formulare bene le idee». Ma anche lui carico di speranza:
«Io vengo, carissimi fratelli e sorelle, per dirvi che siamo vicino a
voi per darvi un segno di quella speranza, che per l’uomo deve essere
l’altro uomo. Per l’uomo sofferente, l’uomo sano; per un ferito, un
medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote.
Così un uomo per un altro uomo. E quando soffrono tanti uomini ci vogliono tanti uomini, molti uomini, per essere accanto a quelli che soffrono. Non posso portarvi niente più di questa presenza; ma con questa presenza si esprime tutto». Con essa, infatti, «si
realizza la presenza di Cristo. E, con la presenza di Cristo, il mondo
anche stigmatizzato dalla croce porta in sé la speranza della
risurrezione».
E,
in questa speranza, la tenacia concreta di tutto l’aiuto operativo che
si può dare. E a proposito di aiuto operativo che si può dare vi
segnaliamo l’iniziativa di solidarietà del Banco Alimentare.
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Postato da: giacabi a 22:21 |
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giovanni paoloii, paolovi
RITROVIAMO IL VERO SIGNIFICATO DELLA FESTA CRISTIANA
***
I
sentimenti dell'infanzia? Un pasto dignitoso ai poveri? Qualche residuo
di bontà? No. E' la memoria della venuta carnale del Signore sulla
terra, inizio di un mondo nuovo
Luigi Negri Hanno accompagnato il mio cammino di questi mesi prima del Natale i brani di alcune lettere che S. Ignazio di Antiochia ha scritto ad alcune Chiese dell'Asia minore e a quella di Roma nel suo cammino verso il martirio, da lui amato come termine del suo personale rapporto di amore con il Signore. Questa grande personalità ecclesiale, che la tradizione cristiana ha considerato per secoli un quasi-apostolo e che, secondo le ultime indagini della scienza storica, pare abbia esercitato proprio nei lunghi mesi del suo avvicinamento a Roma, la funzione di Papa della Chiesa universale, scrive ai cristiani di Tralle un brano di assoluta chiarezza e di perentoria attualità. È da questo che intendo partire per introdurmi all'attualità del Natale. «Chiudete le orecchie quando qualcuno vi parla d'altro che di Gesù Cristo, della stirpe di David, figlio di Maria, che realmente nacque, mangiava e beveva, che fu veramente perseguitato sotto Ponzio Pilato, che fu veramente crocifisso e morì al cospetto del cielo, della terra e degli inferi, e che poi realmente è risorto dai morti. Lo stesso Padre suo lo fece risorgere dai morti e farà risorgere nella stessa maniera in Gesù Cristo anche noi, che, crediamo in lui, al di fuori del quale non possiamo avere la vera vita». Il Natale 2008, come del resto il Natale 2007, sarà per tanti cristiani e non cristiani, quindi per l'intera società, il ritorno di una consuetudine largamente prevista e addirittura tollerata nella struttura impietosa e disumana di questa società. Una parentesi, nella quale cristiani e no si prodigano a ritrovare i sentimenti della loro infanzia, i sentimenti e le aspirazioni dimenticati da anni, qualche residuo di bontà che fa aprire almeno il giorno di Natale le case e le istituzioni ai poveri, come se il problema fosse un pasto dignitoso a Natale. Il Natale come una caramella: la si assapora, la si succhia, si scioglie e qualche istante dopo non rimane più niente. Non dico che non ci siano cose buone o momenti significativi o testimonianze di benevolenza contro l'orrore dei rapporti quotidiani, retti solo da logiche di potere e di sopraffazione, ma il Natale cristiano non è questo. Il Natale è la venuta di Dio nella carne: e Dio non è venuto "nella nostra carne mortale", come dice sant'Agostino, per costruire una precaria parentesi buonista in una società rigida e ferrigna ma per costruire in sé l'uomo nuovo ed il mondo nuovo. Perché accettiamo che il Natale diventi questa piccola e meschina caricatura? Perché il nostro cuore è malato o meglio perché, come dicevano i profeti, "il nostro cuore è lontano da Dio". Il popolo cristiano è quasi "costretto" a partecipare, impotente, a un fenomeno terribile che dura da secoli e che si sta compiendo sotto i nostri occhi. Benedetto XVI ha avuto il coraggio di chiamarlo con il suo nome e cognome: l'APOSTASIA DA GESÙ CRISTO. Il peccato mortale della cristianità di oggi è la mancanza di fede, non come intenzione morale o sentimentale, ma come mentalità. Dove la fede raggiunge la sua pienezza e la sua maturità: quando diviene cultura. Quanti cristiani di oggi, ecclesiastici e laici, vecchi e giovani, proclamano con orgoglio ed entusiasmo quel numero 423 del Catechismo della Chiesa Cattolica, in cui è stato genialmente sintetizzato il contenuto reale ed esauriente della fede? «Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazareth, nato ebreo da una figlia d'Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell'imperatore Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme, sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l'imperatore Tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è «venuto da Dio» (Gv 13,3), «disceso dal cielo» (Gv 3,13; 6,33), venuto nella carne; infatti «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. […] Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» (Gv 1,14.16)». Gesù Cristo non è uno dei contenuti fondamentali della fede, che trova la sua collocazione in rapporto ad altre certezze o valori che gli sono equivalenti: Gesù Cristo è il contenuto fondamentale e totalizzante della fede. Credere vuol dire credere in Gesù Cristo Figlio di Dio. I Padri dei primi concili, quelli del IV e del V secolo, hanno formulato in modo diverso una grande verità nella quale si riconosceva tutto il popolo cristiano: chiunque nega che uno di noi (cioè l'uomo Gesù Cristo) è Uno della Trinità, sia scomunicato. Il Cristianesimo è dunque l'incarnazione di Dio nell'uomo Gesù Cristo; non Dio che si collega ad un uomo ma che diventa un uomo, in un'unica persona in cui vivono in piena comunione la totalità della divinità e la totalità dell'umanità. Ma poiché un uomo diventa uomo perché nasce dal ventre di una donna, il Natale ci ricorda con puntualità e precisione anagrafica e carnale che il Figlio di Dio, Gesù Cristo, è nato a Betlemme, dalla Vergine Maria. E quella nascita, piccola e casuale come tutte le nascite umane, segnata da precisi condizionamenti, come il rifiuto a poter nascere in una casa di uomini, è già l'inizio dell'unico grande sconvolgimento della storia e del cosmo: la venuta di Dio sulla terra. Nel Bambino Gesù, verso cui va da 2000 anni l'affezione profonda e totale di tante generazioni cristiane, è già contenuta l'identità del Redentore: così che ogni gesto, anche faticoso, dell'inizio della vita di un uomo si carica della pienezza e della definitività del mondo nuovo di Dio, che nasce nel mondo vecchio e miserevole degli uomini. La Madre del Signore comprese tutto questo: dopo averlo generato dolorosamente dalla profondità del suo cuore e della sua carne e dopo averlo deposto nella mangiatoia e avvolto in poveri panni si prostrò ad adorare quel Dio cui aveva dato carne mortale. «La mira Madre in poveri / panni il Figliol compose, / e nell'umil presepio / soavemente il pose; / e l'adorò: beata! / innanzi al Dio prostrata, / che il puro sen le aprì» (A. Manzoni, Il Natale). San Luca con grande attenzione e tenerezza ci ricorda l'infanzia del Signore, questo suo crescere e diventare uomo, in questa misteriosa comunione di una umanità che cresce nel tempo e nello spazio, unita ad una divinità che è da sempre e per sempre. Che cosa mi aspetto per il mio Natale e per il Natale di tutti i cristiani? Che possiamo recuperare la radicale semplicità e la totalità della fede nel Bambino Gesù, cioè della fede nell'inizio della pienezza del mistero cristiano. Solo così potremo cercare di opporci efficacemente alla terribile conseguenza dell'apostasia da Gesù Cristo, che è, ed è ancora Benedetto XVI ad insegnarcelo, l'APOSTASIA DELL'UOMO DA SE STESSO. Il mondo è malato, assistiamo ogni giorno alle spaventose degenerazioni di questa multiforme malattia, che si possono sintetizzare in un'unica espressione: la bruttezza della vita. Gli uomini sono costretti ad una vita brutta, senza dignità, senza responsabilità, senza creatività. Questa bruttezza non è vinta da qualche particolare "aggiustamento": qualche impegno buonistico che rompa per qualche istante la logica devastante dell'egoismo e dell'istintivismo; qualche momento di solidarietà che riduca la logica ferrea dell'egoismo e della violenza. Dio non è venuto per qualche aggiustamento, Dio in Cristo è venuto per costruire quella bellezza che "sola salverà il mondo" (Norwid). La fede, ci ricordava Giovanni Paolo II, non è una appendice preziosa ma inutile della vita, ma la verità definitiva dell'esistenza. Questo è tutto quello che la mia coscienza cristiana dice a me stesso e a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà per questo Natale 2008. Un'ultima preghiera vorrei fare al Signore che nasce bambino: che aiuti la cristianità, ma soprattutto l'ecclesiasticità, a non essere complice di quel terribile fenomeno di gnosticizzazione della fede che è purtroppo in atto. L'aveva già previsto, con tragica lucidità profetica, il grande Papa Paolo VI: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia». Ci siamo dentro in pieno, solo la misericordia di Dio può salvarci. Ma la misericordia di Dio è la nostra forza. E nessuno ci fermerà in questa quotidiana testimonianza. "Tu, fortitudo mea" Luigi Negri, Vescovo di San Marino - Montefeltro 3 novembre 2008 |
Postato da: giacabi a 08:42 |
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gesù, negri, paolovi
La bellezza
***
1 Ora
a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa
lavorato: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti,
musicisti, gente di teatro e cineasti... A voi tutti la Chiesa del
Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera
arte, voi siete nostri amici!
· 2
Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato
e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua
liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel
linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo
invisibile.
· 3
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi
dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto
feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della
verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito
Santo!
· 4 Questo
mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare
nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia
al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio
del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare
nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani...
· 5
Che queste mani siano pure e disinteressate! Ricordatevi che siete i
custodi della bellezza nel mondo: questo basti ad affrancarvi dai gusti
effimeri e senza veri valori, a liberarvi dalla ricerca di espressioni
stravaganti o malsane.
· 6 Siate sempre e dovunque degni del vostro ideale, e sarete degni della Chiesa, la quale, con la nostra voce, in questo giorno vi rivolge il suo messaggio d’amicizia, di saluto, di grazie e di benedizione.
· MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAOLO VI AGLI ARTISTI• 8 dicembre 1965
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Postato da: giacabi a 20:50 |
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bellezza, paolovi
All'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico.
((Anche adesso, vedi il caso di Eluana)
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«C'è
un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò
che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura
di Gesù nel Vangelo di san Luca: Quando il Figlio dell'Uomo ritornerà,
troverà ancora la fede sulla terra? Capita che escano
dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli
episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo,
secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e
constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine.
Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi
sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo Ciò
che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno
del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non
cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno
del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà
mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge,
per quanto piccolo esso sia».
Paolo VI JEAN GUITTON, Paolo VI segreto, Cinisello Balsamo (MI), Edizioni Paoline, 1985, pp. 152-3. |
Postato da: giacabi a 18:06 |
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paolovi
TU CI SEI NECESSARIO, O CRISTO
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Tu ci sei necessario, Cristo, unico mediatore,
per entrare in comunione con Dio Padre per diventare come te, unico Figlio, suoi figli adottivi, per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario, solo Verbo,
maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, e la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria morale e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e averne il perdono.
Tu ci sei necessario,
fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza e dare ad essa un valore d'espiazione e di redenzione. Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione e avere la certezza che non tradisce in eterno.
Tu ci sei necessario, Cristo, Signore, Dio con noi,
per imparare l'amore vero e camminare, nella gioia e nella forza della tua carità, sulla nostra via faticosa, sino all'incontro finale con te amato, con te atteso, con te benedetto nei secoli. Amen.
Paolo VI
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Postato da: giacabi a 16:15 |
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gesù, paolovi
IL credo di Paolo VI
Professione di Fede
del 30 giugno 1968
Non c'è che un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose visibili e invisibiliNoi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli, e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale. Dio è assolutamente uno nella sua essenza Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Dio, Amore ineffabile, si è fatto conoscere Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè; ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni: cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che "abitando in una luce inaccessibile" è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita. Il mistero della Santissima Trinità 1 mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono la beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura. Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità. L'esistenza eterna delle tre Persone Divine Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. L'adorazione dovuta alle Persone Divine In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales, sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l’Unità nella Trinità e Gesù Cristo, Vero Dio e vero Uomo Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri; e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l’unità della persona. Cristo Gesù, Fondatore del Regno di Dio, che fa conoscere il Padre Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre. La via della perfezione mostrata da Gesù Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Il nostro Redentore crocifisso e risuscitato Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia.
Gesù Cristo è salito al Cielo, di là verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti.
Le conseguenze eterne del giudizio divino:
la salvezza o l'inferno.
Egli è salito
al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i
morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita
eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e
andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno
opposto il loro rifiuto.E il suo Regno non avrà fine. L'azione salvifica e santificante dello Spirito Santo in tutta la storia della salvezza Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida L'aiuto dello Spirito Santo rende l'uomo capace di raggiungere la santità La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: "Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste" (Matth. 5, 48). La verginità e l'Immacolata Concezione della santa Madre di Dio Noi crediamo che Maria è Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, Il peccato originale. Conseguenze del peccato di Adamo per l'umanità Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno". L'uomo, un essere macchiato dal peccato e redento da Cristo Signore Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che — secondo la parola dell’Apostolo — "là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia". La remissione dei peccati e la santificazione nel Battesimo Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano "dall’acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in Gesù Cristo. Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. La natura della Chiesa pellegrinante quaggiù al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è I Sacramenti nella vita della Chiesa Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza. È con essi che Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; La successione apostolica nella Chiesa apostolica fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; La missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la divina verità costantemente assistita dallo Spirito Santo, L'obbligo di credere tutto ciò che Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che L'infallibilità del Papa e del Collegio dei vescovi uniti al Successore di Pietro Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli, e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo. L'unità della Chiesa Noi crediamo che Una diversità legittima Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza. La necessità di rafforzare e perfezionare l'unità della Chiesa Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unità cattolica, e credendo alla azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità, Noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore. La necessità della Chiesa per la salvezza Noi crediamo che Il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza. Il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari Noi crediamo che La presenza vera, reale e sostanziale del Signore sotto le specie eucaristiche Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’Ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale. Cristo realmente presente mediante la conversione chiamata transustanziazione Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Transustanziazione — una conversione obiettiva, indipendente dal nostro spirito e nostra conoscenza Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico. L'adorazione del Signore presente realmente e in modo permanente nel santissimo Sacramento dell'altare L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. L’intensa sollecitudine della Chiesa per il vero bene temporale ed eterno degli uomini Ma è questo stesso amore che porta La vita dopo la morte e dopo la risurrezione della carne. Purgatorio Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi. La beatitudine eterna nella gloria del cielo Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma La comunione dei santi Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete. La risurrezione della carne e la vita del mondo che verrà E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen. |
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