La maggior parte delle persone vuole disfarsi dell'io
***
«Tutto ciò che posso dirti***
con certezza è che io, per esempio, non ho un io, e che non voglio o
non posso assoggettarmi alla buffonata di un io. Quella che ho al posto
dell’io è una varietà di interpretazioni in cui posso produrmi, e non solo di me stesso: un’intera troupe di attori che ho interiorizzato, una compagnia stabile alla quale posso rivolgermi quando ho bisogno di un io,uno stock in continua evoluzione di copioni e di parti che formano il mio repertorio. Ma sicuramente non possiedo un io indipendente dai miei ingannevoli tentativi artistici di averne uno. E non lo vorrei. Sono un teatro e nient’altro che un teatro».
Philip Roth, La controvita. Einaudi editore
Postato da: giacabi a 10:30 |
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persona, rops
Il segreto della vita
***
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Postato da: giacabi a 13:33 |
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aborto, persona
Il cuore
***
«Un cuore è una ricchezza che non si vende e non si compra: si dona.»
Gustave Flaubert
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Postato da: giacabi a 22:15 |
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persona
Per conoscere se stessi
***
Nessuno può conoscere e accettare se stesso, finché un altro non l' ha conosciuto e accettato per quello che è.
Carl Rogers
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Postato da: giacabi a 15:50 |
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persona
CHI E' "PERSONA" E CHI NON LO E'
***
di Carlo Valerio Bellieni
ROMA, domenica, 30 novembre 2008 (ZENIT.org).- Stiamo assistendo in Italia e all'estero al ritorno di un'antistorica divisione tra chi è "persona" e chi non lo è. A certe dichiarazioni di questo tenore rispondono sdegnati soprattutto le persone disabili che sentono sulla propria carne il peso della discriminazione e i genitori dei bambini prematuri che combattono giorno per giorno una lotta solitaria per far riconoscere il diritto alla piena assistenza ai loro piccoli. In realtà indignarsi è giusto, stupirsi un po' meno, perché ormai da anni stiamo assistendo a questa erosione del "diritto di cittadinanza" tra gli esseri umani, iniziata con i bambini non ancora nati, seguita poi da tutti coloro che non hanno "capacità di autonomia", secondo certi filosofi. Nel 1996 il prof. J. Maroteau, studioso di nanismo, pubblicava sulla rivista Archives de Pédiatrie un editoriale intitolato "J'accuse!", che aveva come sottotitolo: "La bassa statura ha ancora diritto di cittadinanza?". Si riferiva proprio agli aborti selettivi fatti in caso di nanismo. Era un primo segnale d'allarme. Ma bisogna far chiarezza, perché spesso usiamo la parola "persona" senza essere ben coscienti delle implicazioni che questo genera. Per gli antichi romani la parola persona esisteva, ma significava semplicemente "maschera", perché indicava la maschera che gli attori mettevano in faccia per amplificare, far risuonare (per-sonare) la loro voce nei teatri. Passò del tempo e il termine si colorò di significato filosofico per opera dei cristiani del Medioevo che Severino Boezio (476-525 d.C.) sintetizzò definendo la parola persona come "l'individuo appartenente a quel livello della natura che possiede razionalità" (Individua substantia naturae rationalis). Questa definizione, spiega che per essere definito persona, un soggetto deve avere due caratteristiche: deve essere un individuo (e non una parte di un individuo), e deve avere natura razionale. Quest'ultima cosa significa semplicemente che la razionalità deve essere nella natura dell'individuo di cui si parla, ma non necessariamente egli (per l'età, per una malattia, magari perché sta dormendo) deve esprimerla adesso. La prima conseguenza di questo fu che tutti, ma proprio tutti gli esseri umani si ritrovavano sullo stesso livello: non era mai successo nella storia della filosofia. Uomini e donne, schiavi e liberi, bambini, etnie diverse, malati tutti ricadevano nella stessa definizione: una delle più grandi rivoluzioni del pensiero occidentale: veniva reso in termini filosofici quanto era scritto nel Vangelo. Da allora, tutte le persone sono divenute parimenti sacre, cioè con pari diritti e pari intangibilità degli stessi, tanto che per poter nuocere con la violenza ad un'etnia bisognava inventarsi una qualche forma per screditarla in modo così profondo (e inverosimile) da farle perdere il titolo di "persona". Ne abbiamo esempi tragici nella storia anche recente. Ma oggi, non potendo negare che dal concepimento siamo di fronte ad un nuovo essere umano (è così chiara l'evidenza scientifica!), si fa passare l'idea che non tutti gli esseri umani sono uguali, ma certuni non meritano il titolo di "persona", stravolgendo l'idea originaria da cui questo termine era nato. Non più "tutti sono persone", ma "sono persone solo coloro che hanno autocoscienza" e non un'autocoscienza potenziale, ma solo coloro che l'esercitano di fatto, qui, ora. Chi non è persona, finisce con l'avere meno diritti degli altri, ed ecco i trattamenti scadenti del dolore, ecco la minor attenzione alla depressione (recentemente riportata dal Lancet e da Le Monde), alla sofferenza, e all'interpretazione dei bisogni di chi non si sa esprimere. E' un vento che richiede un cambiamento di rotta, almeno pretendendo che in ogni discussione in cui si afferma che certi individui (spesso questo ragionamento viene fatto per gli embrioni e i feti) non sono persone, chi sostiene queste tesi spieghi chiaramente "chi" è persona per lui. E sarà facile che si assista a discorsi molto fragili che finiscono col colpire certe minoranze o certi tipi di malati, o anche certe età della vita, mostrando l'inconsistenza di un ragionamento "erosivo" del diritto di cittadinanza. Come ho già spiegato, deve essere difeso dalla retta coscienza un semplice concetto: o tutti siamo una risorsa (cioè delle persone), o tutti siamo da buttar via, perché non esiste a livello ontologico e scientifico una bacchetta magica che faccia diventare "persona" chi non lo è. Non fa fare questo salto l'aria che entra nei polmoni alla nascita, la luce che tocca gli occhi al momento di uscire dall'utero, l'etnia, ma neanche il livello di intelligenza o di autonomia. *Dirigente del Dipartimento Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario "Le Scotte" di Siena e membro della Pontificia Accademia Pro Vita. Fonte Zenit |
Postato da: giacabi a 14:38 |
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persona
Il problema dell'uomo
***
Una
delle tragedie del mondo contemporaneo, invece, ciò che ha reso la sua
vita insopportabile e piena di angoscia è il fatto che l'uomo
ha creduto di potersi affermare meglio e più pienamente liberandosi di
Dio, ma in realtà ciò che ha ottenuto è esattamente il contrario: «Il
problema fondamentale dei nostri giorni non è il problema di Dio - come
pensano molti, come pensano spesso anche i cristiani che esortano alla
rinascita cristiana, - il problema fondamentale dei nostri giorni è
innanzitutto il problema dell'uomo», avrebbe detto più tardi Berdjaev, e quindi avrebbe precisato: «gli
uomini hanno rinnegato Dio, ma così facendo non hanno messo in dubbio
la dignità di Dio, bensì la dignità dell’uomo. L'uomo non può tenersi in
piedi senza Dio. Per l'uomo Dio è appunto l'idea suprema, - la realtà
che edifica l'uomo».
Senza
Dio l'uomo finisce prima o poi per stancarsi di se stesso e della vita
tutta, in un'ansia suicida di cui oggi vediamo le manifestazioni più
clamorose in certe forme di terrorismo nichilista, ma le cui origini
erano già state colte lucidamente dalla filosofia religiosa russa nelle
premesse dell'umanesimo antropocentrico.
Gli
uomini, rinnegando Dio, non hanno soltanto rinnegato l'uomo, ma hanno
finito col distruggere il mondo stesso e la vita: senza un Dio davanti
al quale riconoscere il proprio peccato e dal quale attendere la
salvezza, l'uomo non solo è ridotto a un essere inevitabilmente senza
speranza, ma i suoi mali e le sue disgrazie restano appese al nulla; è quanto dimostra, dice Berdjaev, «la filosofia di Heidegger, nella quale l'essere
è decaduto nella sua essenza ma non è decaduto da nulla»: su tutto
regna appunto il nulla, non solo l'uomo si è stancato di se stesso, ma
lo stesso mondo si è stancato di sé.
L'ateismo moderno, così come viene messo in luce dalla filosofia religiosa russa, è ben diverso da quello classico:
il suo vero nemico non è Dio, ma il mondo di Dio e ciò che sta al
centro del mondo di Dio, l'uomo e la sua vita; è sempre Berdjaev che lo
dice in maniera esplicita: «le eresie generate dalla civiltà attuale
sono molto diverse dalla eresie dei primi secoli del cristianesimo, non
sono eresie teologiche, sono eresie della vita stessa».
Il
rovesciamento di questa distruzione dell'uomo, il carattere
rivoluzionario della risposta che la filosofia religiosa russa
contrappone all'ateismo moderno sta tutto nel fatto che questa risposta
non tende a ripristinare innanzitutto i diritti di Dio e del mondo
religioso: se l'uomo non può essere il padrone del mondo e non può
pretendere di esserlo e di dominare il mondo, questo non significa che
l'uomo debba essere dominato e debba accettare di essere dominato, anzi,
l'uomo deve aspirare alla propria grandezza, ma può essere veramente
libero e grande proprio a patto che si liberi dalla sua pretesa di
costruire un mondo totalmente antropocentrico, pretesa che è contraria
alla sua realtà e alla sua natura di essere «a un tempo terreno e
celeste»; allora,
avendo riconosciuto il fatto che lo costituisce, il fatto di non essere
al mondo da sempre ma di aspirare comunque all'immortalità, l'uomo si
riconosce innanzitutto come creatura di Dio, e qui la sua originaria
dipendenza da Dio assume la forma e il nome di creaturalità: l'uomo si
riconosce creato a immagine e somiglianza di Dio. Ritrovando se stesso
nel Dio che si è fatto uomo, l'uomo si trova innalzato a livello di Dio,
liberato dalle forze della natura e della società e cosciente del fatto
che la sua irriducibilità a qualsiasi grandezza finita è radicata
proprio in questa origine celeste.
La
scoperta di questo nucleo irriducibile di umanità è l'esito
dell'esperienza che i rappresentanti della filosofia religiosa russa
fanno nel cuore del mondo contemporaneo e di quella sua molteplice crisi
(umana, politica, spirituale, artistica, culturale, e religiosa) che in
breve tempo avrebbe portato la Russia alla tragedia della rivoluzione e
il mondo alla tragedia del totalitarismo nazista e della seconda guerra
mondiale; ma
questa scoperta è nello stesso tempo ciò che li rende capaci di
cogliere questa crisi. Dallo sconcerto di un mondo che sembra aver
addirittura rimosso la nozione stessa di un senso e di una verità e nel
quale è scomparso il «criterio stesso di verità» nasce la nostalgia di
una verità incrollabile; dallo smarrimento di un mondo nel quale «l'uomo
ha smesso di distinguere la realtà dai prodotti dell'immaginazione
[...] che offrono un'utilità vitale e sociale» nasce appunto la domanda
infinita di un senso che porta la ragione umana ad aprirsi alla
rivelazione e a rispondere alla chiamata insita nella rivoluzione
stessa.
La
creazione dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio è ad un tempo il
fondamento oggettivo (immagine) dell'essere dell'uomo e della sua
irriducibilità a qualcosa di finito e il motivo per cui l'uomo stesso si
sente chiamato a compiersi nella persona (somiglianza), che «è
diversità, unicità, irripetibilità, originalità, non somiglia ad altri,
[...] è l'eccezione e non la regola», rende l'uomo continuamente
eccedente rispetto a qualsiasi realizzazione propria o a qualsiasi
tentativo di riduzione.
Per
quanto possa salire in alto o per quanto possa cadere in basso l'uomo
continua a sentire una vocazione a qualcosa di più alto e di
incommensurabile che prova la sua grandezza e la sua origine: come avrebbe detto Vladimir Losskij, un altro grande pensatore russo della prima metà del XX secolo, «la persona significa l’irriducibilità dell'uomo alla sua natura». «Irriducibilità» e non «qualcosa di irriducibile» o «qualcosa che rende l'uomo irriducibile alla sua natura», appunto perché qui non può trattarsi di «qualcosa» di distinto, di un' «altra natura», ma di
qualcuno che si distingue dalla propria natura, di qualcuno che supera
la propria natura, pur contenendola, che la fa esistere come natura
umana attraverso questo superamento e, tuttavia, non esiste in se
stesso, al di fuori della natura che egli "enipostatizza" e che supera
incessantemente».
Adriano Dell’Asta
|
Postato da: giacabi a 13:54 |
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persona, berdiaev, soloviev
Il problema dell'uomo
***
Una
delle tragedie del mondo contemporaneo, invece, ciò che ha reso la sua
vita insopportabile e piena di angoscia è il fatto che l'uomo
ha creduto di potersi affermare meglio e più pienamente liberandosi di
Dio, ma in realtà ciò che ha ottenuto è esattamente il contrario: «Il
problema fondamentale dei nostri giorni non è il problema di Dio - come
pensano molti, come pensano spesso anche i cristiani che esortano alla
rinascita cristiana, - il problema fondamentale dei nostri giorni è
innanzitutto il problema dell'uomo», avrebbe detto più tardi Berdjaev, e quindi avrebbe precisato: «gli
uomini hanno rinnegato Dio, ma così facendo non hanno messo in dubbio
la dignità di Dio, bensì la dignità dell’uomo. L'uomo non può tenersi in
piedi senza Dio. Per l'uomo Dio è appunto l'idea suprema, - la realtà
che edifica l'uomo».
Senza
Dio l'uomo finisce prima o poi per stancarsi di se stesso e della vita
tutta, in un'ansia suicida di cui oggi vediamo le manifestazioni più
clamorose in certe forme di terrorismo nichilista, ma le cui origini
erano già state colte lucidamente dalla filosofia religiosa russa nelle
premesse dell'umanesimo antropocentrico.
Gli
uomini, rinnegando Dio, non hanno soltanto rinnegato l'uomo, ma hanno
finito col distruggere il mondo stesso e la vita: senza un Dio davanti
al quale riconoscere il proprio peccato e dal quale attendere la
salvezza, l'uomo non solo è ridotto a un essere inevitabilmente senza
speranza, ma i suoi mali e le sue disgrazie restano appese al nulla; è quanto dimostra, dice Berdjaev, «la filosofia di Heidegger, nella quale l'essere
è decaduto nella sua essenza ma non è decaduto da nulla»: su tutto
regna appunto il nulla, non solo l'uomo si è stancato di se stesso, ma
lo stesso mondo si è stancato di sé.
L'ateismo moderno, così come viene messo in luce dalla filosofia religiosa russa, è ben diverso da quello classico:
il suo vero nemico non è Dio, ma il mondo di Dio e ciò che sta al
centro del mondo di Dio, l'uomo e la sua vita; è sempre Berdjaev che lo
dice in maniera esplicita: «le eresie generate dalla civiltà attuale
sono molto diverse dalla eresie dei primi secoli del cristianesimo, non
sono eresie teologiche, sono eresie della vita stessa».
Il
rovesciamento di questa distruzione dell'uomo, il carattere
rivoluzionario della risposta che la filosofia religiosa russa
contrappone all'ateismo moderno sta tutto nel fatto che questa risposta
non tende a ripristinare innanzitutto i diritti di Dio e del mondo
religioso: se l'uomo non può essere il padrone del mondo e non può
pretendere di esserlo e di dominare il mondo, questo non significa che
l'uomo debba essere dominato e debba accettare di essere dominato, anzi,
l'uomo deve aspirare alla propria grandezza, ma può essere veramente
libero e grande proprio a patto che si liberi dalla sua pretesa di
costruire un mondo totalmente antropocentrico, pretesa che è contraria
alla sua realtà e alla sua natura di essere «a un tempo terreno e
celeste»; allora,
avendo riconosciuto il fatto che lo costituisce, il fatto di non essere
al mondo da sempre ma di aspirare comunque all'immortalità, l'uomo si
riconosce innanzitutto come creatura di Dio, e qui la sua originaria
dipendenza da Dio assume la forma e il nome di creaturalità: l'uomo si
riconosce creato a immagine e somiglianza di Dio. Ritrovando se stesso
nel Dio che si è fatto uomo, l'uomo si trova innalzato a livello di Dio,
liberato dalle forze della natura e della società e cosciente del fatto
che la sua irriducibilità a qualsiasi grandezza finita è radicata
proprio in questa origine celeste.
La
scoperta di questo nucleo irriducibile di umanità è l'esito
dell'esperienza che i rappresentanti della filosofia religiosa russa
fanno nel cuore del mondo contemporaneo e di quella sua molteplice crisi
(umana, politica, spirituale, artistica, culturale, e religiosa) che in
breve tempo avrebbe portato la Russia alla tragedia della rivoluzione e
il mondo alla tragedia del totalitarismo nazista e della seconda guerra
mondiale; ma
questa scoperta è nello stesso tempo ciò che li rende capaci di
cogliere questa crisi. Dallo sconcerto di un mondo che sembra aver
addirittura rimosso la nozione stessa di un senso e di una verità e nel
quale è scomparso il «criterio stesso di verità» nasce la nostalgia di
una verità incrollabile; dallo smarrimento di un mondo nel quale «l'uomo
ha smesso di distinguere la realtà dai prodotti dell'immaginazione
[...] che offrono un'utilità vitale e sociale» nasce appunto la domanda
infinita di un senso che porta la ragione umana ad aprirsi alla
rivelazione e a rispondere alla chiamata insita nella rivoluzione
stessa.
La
creazione dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio è ad un tempo il
fondamento oggettivo (immagine) dell'essere dell'uomo e della sua
irriducibilità a qualcosa di finito e il motivo per cui l'uomo stesso si
sente chiamato a compiersi nella persona (somiglianza), che «è
diversità, unicità, irripetibilità, originalità, non somiglia ad altri,
[...] è l'eccezione e non la regola», rende l'uomo continuamente
eccedente rispetto a qualsiasi realizzazione propria o a qualsiasi
tentativo di riduzione.
Per
quanto possa salire in alto o per quanto possa cadere in basso l'uomo
continua a sentire una vocazione a qualcosa di più alto e di
incommensurabile che prova la sua grandezza e la sua origine: come avrebbe detto Vladimir Losskij, un altro grande pensatore russo della prima metà del XX secolo, «la persona significa l’irriducibilità dell'uomo alla sua natura». «Irriducibilità» e non «qualcosa di irriducibile» o «qualcosa che rende l'uomo irriducibile alla sua natura», appunto perché qui non può trattarsi di «qualcosa» di distinto, di un' «altra natura», ma di
qualcuno che si distingue dalla propria natura, di qualcuno che supera
la propria natura, pur contenendola, che la fa esistere come natura
umana attraverso questo superamento e, tuttavia, non esiste in se
stesso, al di fuori della natura che egli "enipostatizza" e che supera
incessantemente».
Adriano Dell’Asta
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Postato da: giacabi a 13:53 |
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persona, soloviev
Il vero coraggio
***
“bisogna avere di nuovo il coraggio di dire ‘io’”, il che implica il “rivolgersi a un ‘tu’”
Kierkegaard: Nel Diario fr. 1913
|
Postato da: giacabi a 08:58 |
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persona, kierkeergaard
L'uomo
***
“O
Adamo, non ti abbiamo dato nè un posto determinato, nè una fisionomia
propria, nè alcun dono particolare, di modo che il posto, la fisionomia,
i doni che avrai desiderato, li conquisterai tu stesso secondo i tuoi
voti. Per quanto riguarda gli altri, la loro natura definita è retta dalle leggi che noi abbiamo prescritte; tu
invece non sei limitato da nessuna barriera; è con la tua propria
volontà, al cui potere ti ho affidato, che determinerai la tua natura.
Ti ho posto nel centro del mondo perchè da lì tu esaminassi più
comodamente intorno a te tutto ciò che esiste in questo mondo. Noi
non ti abbiamo fatto nè celeste nè terrestre, nè mortale nè immortale,
così che, padrone di te stesso e avendo per così dire l’onore e l’onere
di plasmare il tuo essere, tu ti possa forgiare la forma che avrai
preferita. Tu potrai degenerare in forme inferiori, animali; tu potrai
con la tua propria decisione, essere rigenerato in forme superiori,
divine”
Pico della Mirandola - De hominis dignitate
|
Postato da: giacabi a 14:51 |
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persona
Senza Cristo non esiste la persona
***
Abbiamo visto che dall’inizio del tempo moderno si viene elaborando una cultura non-cristiana. Per
lungo tempo la negazione si è diretta solo contro il contenuto stesso
della Rivelazione; non contro i valori etici, individuali o sociali, che
si sono sviluppati sotto il suo influsso. Anzi, la cultura moderna ha preteso di riposare precisamente su quei valori. Secondo
questo punto di vista, largamente adottato dagli studi storici, valori
come ad esempio quelli della personalità e dignità individuale, del
rispetto reciproco, dell’aiuto scambievole, sono possibilità innate
nell’uomo, che i tempi moderni hanno scoperto e sviluppato.
Certamente la cultura umana dei primi tempi del cristianesimo ha
favorito la loro germinazione, mentre nel Medio Evo sono state
ulteriormente sviluppate dalla preoccupazione religiosa per la vita
interiore e la carità attiva; ma poi questa autonomia della persona ha
preso coscienza di sé ed è divenuta una conquista naturale, indipendente
dal cristianesimo. Questo modo di vedere si esprime in molteplici forme
ed in modo particolarmente rappresentativo nei diritti dell’uomo al
tempo della Rivoluzione Francese.
In verità questi
valori e queste attitudini sono legati alla Rivelazione, la quale si
trova in un particolare rapporto riguardo a ciò che è
immediatamente-umano. Discende dalla libertà della grazia divina, ma
attrae l’uomo nella sua economia e ne nasce la struttura cristiana della
vita. Così si liberano nell’uomo delle forze che sono per sé
«naturali», ma non si svilupperebbero al di fuori di quell’economia.
L’uomo diviene consapevole di valori che per sé sono evidenti, ma
divengono visibili solo in quell’atmosfera. L’idea che questi valori e
questi atteggiamenti appartengano semplicemente alla evoluzione della
natura umana, mostra di misconoscere il vero stato di cose; anzi,
bisogna avere il coraggio di dirlo apertamente, conduce ad una slealtà
che all’osservatore attento appare caratteristica dell’immagine
dell’epoca moderna.
Il
carattere di persona è essenziale all’uomo, ma esso diviene visibile
allo sguardo ed accettabile alla volontà, quando, in grazia della
adozione a figli di Dio e della Provvidenza, la Rivelazione schiude il
rapporto col Dio vivo e personale.
Se ciò non avviene si può avere coscienza dell’individuo ben dotato,
elevato, creatore, ma non della autentica persona, che è determinazione
assoluta di ogni uomo, al di là di tutte le qualità psicologiche o
culturali. La conoscenza della persona è perciò legata alla fede cristiana.
La persona può essere affermata e coltivata per qualche tempo anche
quando tale fede si è spenta, ma poi gradatamente queste cose vanno
perdute.
Lo
stesso accade per i valori in cui la consapevolezza della persona si
sviluppa. Così accade, ad esempio, di quel rispetto che non va ad un
dono particolare o ad una situazione sociale, ma al fatto in sé della persona, alla sua qualità di essere unico, insostituibile, inalienabile, in ogni uomo, comunque egli sia disposto e proporzionato... O di quella libertà,
che non significa la possibilità di espandersi e vivere in piena
misura, ed è per ciò riservata all’uomo privilegiato in sé o
socialmente, ma è la capacità che ogni uomo ha di decidersi e di essere
così padrone del suo atto e in tale modo padrone di se stesso... Ovvero
di quell’amore verso l’altro uomo che non significa la simpatia, l’aiuto
reciproco, il dovere sociale, ma la capacità di dar l’assenso al «tu»
nell’altro e di essere in tal modo «io». Tutto ciò resta vivo fino a
quando resta vitale la conoscenza della persona. Ma quando essa
impallidisce, assieme al rapporto cristiano con Dio, scompaiono anche
quei valori e quelle attitudini.
Romano Guardini La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia 1984, tr. it. di Marisetta Paronetto Valier
|
Postato da: giacabi a 14:00 |
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persona, guardini
Il senso sacro
***
“
Non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai
pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Né
bisogna fare unicamente della preghiera una pozione calmante, un rimedio
contro la nostra paura della sofferenza, della malattie della morte.
Qual è dunque il significato del senso sacro? E quale posto assegna la
natura stessa alla preghiera nella nostra vita? In realtà è un posto
molto importante. In tutte le epoche gli uomini dell’Occidente hanno pregato.
La Città antica era principalmente una istituzione religiosa. I Romani
innalzavano templi ovunque. I nostri antenati dei Medio Evo coprivano di
cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della Cristianità. E ai nostri giorni ancora, al di sopra di ogni villaggio s’innalza un campanile.
Con le chiese, come con le università e le officine, i pellegrini
venuti dall’Europa instaurarono nel Nuovo Mondo la civiltà occidentale. Nel
corso della nostra storia pregare è stato un bisogno elementare come
quello di conquistare, di lavorare, di costruire o di amare.
In
verità il senso sacro sembra essere un impulso proveniente dal più
profondo della nostra natura, un’attività fondamentale. Le sue
variazioni in un gruppo umano sono quasi sempre legate a quelle di altre
attività basilari, il senso morale e il carattere, e talora il senso
estetico. Ma proprio a questa parte tanto importante di noi stessi noi abbiamo permesso di atrofizzarsi e spesso di scomparire.
A. Carrel, La Preghiera, Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 28-44.
|
Postato da: giacabi a 14:14 |
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persona, senso religioso, carrel
La persona è qualcuno in rapporto
***
“l’innamoramento
non è che una eco lontana di quel che accade quando si scopre la
consapevolezza di essere creature, cioè che c’è uno che ti vuole istante
per istante. Uno che ti vuole così tanto da farti unico e irrepetibile: fra
trecento milioni di anni non ci sarà nessuno come te e per migliaia di
anni non c’è mai stato nessuno come te, sei unico e irrepetibile, sei
quel puntino nero nel mondo, ma lì si concentra la coscienza del mondo.
Allora, nell’esperienza dell’uomo noi constatiamo una prima cosa fantastica: che l’uomo è qualcuno quando è qualcuno per qualcuno. Scusate il gioco di parole. Il bambino è qualcuno per la madre e si sente qualcuno con la madre, e la madre è qualcuno col bambino. Ma ci si può sentire qualcuno anche per altri motivi. Per esempio, il primario dell’ospedale è qualcuno perché gli mettono il tappetino rosso, perché ha il potere sulle decisioni, perché ha delle persone che lo devono seguire, perché gestisce. Essere qualcuno significa essere in rapporto, sempre, con qualcuno o con qualcosa. Perché quel primario, se gli tolgono tutto il personale, non è più nessuno. Perciò la persona, che è la chiave di volta dell’esperienza cristiana (perché Cristo ha portato nel mondo la grande rivoluzione che è l’avvenimento della persona), è qualcuno in rapporto. Ma attenzione: non può essere in rapporto con appena qualcosa di umano. Perché la mamma invecchia e il bambino cresce, il primario va avanti con l’età e perde quello che lo fa sentire qualcuno, i rapporti che ami nel tempo si logorano. C’è solo una chance: che ci sia un rapporto che segna l’eterno, che segna il per sempre che desideri. L’uomo è veramente uomo e ha finalmente una dignità nella sua azione, comunque essa sia, se ciò che lo fa consistere è il rapporto col Mistero che fa tutto. Si chiama Dio, in tutte le religioni del mondo, il Mistero che fa tutto. Allora è veramente unico e irrepetibile. È intoccabile. E questo dall’inizio fino alla fine, da quando tutto ha inizio in quelle due cellule famose fino a quando il vecchio è decrepito e non ragiona più, è una larva umana, com’è stato mio papà, con mia mamma che l’ha assistito… È incredibile quando ci penso: per anni lo ha assistito, e lui aveva l’Alzheimer. Per anni! È una dignità, capite? È finalmente una dignità. E non c’entra con quello che fai. Che bella la frase della Bibbia che dice: «Io ti ho amato di un amore eterno, per questo ti ho attratto a me, avendo compassione del tuo niente» (Ger 31,3). Dice che razza di posizione è l’esperienza cristiana, fin dalle sue origini, dall’Antico Testamento, nei riguardi della persona che esiste in rapporto col Mistero. La dignità della vita, allora, è appartenere, cioè rispondere a qualcuno o a qualcosa di quel che sei e che fai. È una responsabilità. Non ero niente, non c’ero, e sono stato fatto: io devo rispondere. Se voglio essere me stesso, devo rispondere. Io non mi sto facendo, in questo momento non sto modificando, anche volendolo, una sola cellula del mio corpo. Perciò, che io voglia o no, dipendo.”. |
Postato da: giacabi a 07:28 |
link | commenti (1)
persona, piccinini
Il vero uomo
***
Sono uomo: nulla di ciò che è umano lo reputo estraneo da me.
Terenzio
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Postato da: giacabi a 20:40 |
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persona
Lo sviluppo del proprio io
***
“Lo scopo della vita è lo sviluppo del proprio io. Il completo sviluppo di se stessi - ecco la ragione d'essere di ognuno di noi.”
Oscar Wilde
“Il supremo ostacolo al nostro cammino umano è proprio la trascuratezza dell'io. Nel contrario di tale trascuratezza, cioè nell'interesse del proprio io, sta il primo passo di un cammino veramente umano.”
Don Giussani da:Alla ricerca del volto umano-Rizzoli
***
(8 agosto 1940) |
Postato da: giacabi a 20:12 |
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wilde, persona, pavese, giussani
La persona umana
***
“La persona umana non è d’altra parte soltanto ragione, intelligenza. Porta dentro di sé, nel più profondo del suo essere, il bisogno di amare, di essere amata e di amare a sua volta”.
Benedetto XVI
|
Postato da: giacabi a 18:35 |
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persona, benedettoxvi
Il diamante "uomo" intriso nello sterco
***
" Dice Gesù: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». È puro di cuore colui che ama secondo il cuore di Dio, cioè che ama solo ciò che Dio ama, come Dio ama.lnfatti Gesù dice: «,vi do un nuovo comandamento: amatevi l'un l'altro come io ho amato voi».
Ho
conosciuto un santo, gli ero intimo amico come un figlio da Dio: si
chiamava don Giovanni Calabria, fondatore di una grande opera.
Quando ci rincontrammo in occasione della mia prima santa Messa, mi disse: «Se tu trovassi sulla strada un diamante caduto nello sterco che cosa faresti?». Ri sposi: «Non avrei nessuna ripugnanza a sporcarmi; lo prenderei su, lo laverei, ridonandolo in tal modo alla sua originale brillantezza». «Fa' così dell'uomo», soggiunse.
Eravamo
in piedi, all'ombra di una maestosa pianta, sul colle di S. leno in
Monte a Verona. Nell'anima mi bollivano tormentosi, gravi problemi
umani. E l'immagine di quel diamante intriso nello sterco ancora accompagna vivissima le mie dure esperienze su me stesso e sul prossimo.
Bisogna
avere l'umile coraggio di riconoscerci in quel diamante, ancora
rotolanti in quello sterco, tutt'altro che «puri di cuore».
E saltarne fuori, costasse lo sconvolgimento universale dei termini che
illudono l'umanità di essere umana, dopo tanti millenni di misere e
mostruose aberrazioni.
Amare solo ciò che Dio ama, solo come Dio ama, solo come Cristo ci comanda. Vedremmo Dio e trasformeremmo il mondo. Saremmo puri di cuore. Saremmo beati, quindi felici.
«Ho
visto un'anima, -dice uno spirito eletto -se Dio non mi avesse rivelato
che era un'anima umana, mi sarei prostrato ad adorarla".
Zeno Saltini
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Postato da: giacabi a 14:36 |
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persona, don zeno
L’uomo ha due vite
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“L’uomo ha due vite: una è la vita vera, l’altra quella immaginaria che vive nell’opinione, sua o della gente. Noi lavoriamo senza posa ad abbellire e conservare il nostro essere immaginario e trascuriamo quello vero.
Se possediamo qualche virtù o merito, ci diamo premura di farlo sapere,
in un modo o in un altro, per arricchire di tale virtù o merito il
nostro essere immaginario, disposti
perfino a farne a meno noi, per aggiungere qualcosa a lui, fino a
consentire, talvolta, a essere vigliacchi, pur di sembrare valorosi e a
dare anche la vita, purché la gente ne parli.”
B. Pascal I pensieri
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Postato da: giacabi a 22:20 |
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persona, pascal
La persona ed il personaggio
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" Il personaggio non è altro che la corruzione della persona.
La persona è un volto, il personaggio una maschera. La persona è nudità radicale, il personaggio è tutto abbigliamento. La persona ama l’autenticità e l’essenzialità, il personaggio vive di finzione e di artifici. La persona ubbidisce alle proprie convinzioni, il personaggio ubbidisce a un copione. La persona è, umile e leggera, il personaggio è pesante ed ingombrante”.
citato da P. Cantalamessa
Predica di Quaresima. alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI,
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Postato da: giacabi a 21:34 |
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persona, cantalamessa
L'io in sei mosse
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"Ci vogliono io che non trasformino il desiderio in discorsi, parole, analisi, cortei, talk-show televisivi, convention aziendali, liturgie senza sacralità, canti senza bellezza. Ci vogliono io che lavorino, trasformino la realtà, accettino il sacrificio di piegarsi alla materia che hanno davanti, che diano uno scopo alla propria azienda affinchè sia per l'uomo"
G. Vittadini "L'io in sei mosse"
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Postato da: giacabi a 14:57 |
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persona, vittadini
La dignità della persona
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« Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est: "L’uomo
diventa realmente se stesso quando corpo e anima si ritrovano in intima
unità… Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo,
la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e
anima" (n. 5). Tolta
questa unità si perde il valore della persona e si cade nel grave
pericolo di considerare il corpo come un oggetto che si può comperare o
vendere (cfr ibid.). In una cultura sottoposta alla prevalenza dell’avere sull’essere, la vita umana rischia di perdere il suo valore. Se
l’esercizio della sessualità si trasforma in una droga che vuole
assoggettare il partner ai propri desideri e interessi, senza rispettare
i tempi della persona amata, allora ciò che si deve difendere non è più solo il vero concetto dell’amore, ma in primo luogo la dignità della persona stessa. Come credenti non potremmo mai permettere che il dominio della tecnica abbia ad inficiare la qualità dell’amore e la sacralità della vita.»
Benedetto XVI UDIENZA
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE PROMOSSO DALLA PONTIFICIA
UNIVERSITÀ LATERANENSE, NEL 40° ANNIVERSARIO DELL’ENCICLICA "HUMANAE
VITAE", 10.05.2008
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Postato da: giacabi a 14:05 |
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persona, benedettoxvi
L’Avvenimento
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La vita d’una persona consiste in un insieme d’avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme.
Italo Calvino Da Palomar
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Postato da: giacabi a 19:48 |
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calvino, persona, avvenimento
La miseria dell’uomo
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«Nessun uomo può essere veramente buono finché non conosce la sua malvagità, o quella che potrebbe avere; finché non abbia esattamente compreso quanto poco abbia diritto di esprimere tutti quei giudizi e questo disprezzo e di parlare di "criminali"
come se fossero scimmie di una foresta lontana mille miglia; (...)
finché egli non ha spremuto dalla sua anima l'ultima goccia dell'olio
dei farisei...
G.K.Chesterton Da I racconti di p.Brown, Paoline 1966,Io non cerco di guardare l'uomo dall'esterno, cerco di penetrare nell'interno dell'assassino... Anzi, molto di più, non le pare? Io sono dentro un uomo. (...) aspetto di essere dentro un assassino (...) finché penso i suoi stessi pensieri, e lotto con le sue stesse passioni, (...) finché vedo il mondo con i suoi stessi biechi occhi (...). Finché anch'io divento veramente un assassino» a P. G.K.Chesterton Da L'innocenza di p.Brown, Il martello di Dio |
Postato da: giacabi a 18:05 |
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persona, chesterton
PERCHÉ È CARNALE ANCHE IL SOPRANNATURALE
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Signore, che li avete modellati con quella terra,
non meravigliatevi se di terra li trovate fatti.
Voi li avete confinati sulla dura galera.
Non meravigliatevi se li trovate galeotti.
Signore, che con quella terra li avete nutriti,
non meravigliatevi se quella pastura
ne ha fatto uomini ingrati ed eremiti,
poveri di nobiltà e poveri di natura.
Signore, che con quella terra li avete formati,
non meravigliatevi se li trovate informi,
gobbi, storti, sornioni e deformi,
cattivi di natura e di carattere depravati.
Signore, che con quella terra li avete nutriti,
non meravigliatevi se nella menzogna li trovate incalliti,
e se quell'origine e quella pastura
ne ha fatto questa razza oscura e dura.
Signore, che con quella terra li avete modellati,
non meravigliatevi se alla terra li trovate attaccati.
Voi avete tracciato il solco da seguire.
Non meravigliatevi se a piedi vogliono partire.
Signore, che con quella terra li avete nutriti,
non meravigliatevi se quella pastura
ne ha fatto uomini rozzi ed eremiti,
poveri di nobiltà e d'origin insicura.
Signore, che con quella terra li avete modellati,
non meravigliatevi se di terra li trovate impastati.
Col fango e con la polvere voi li avete plasmati,
non meravigliatevi se nella polver sono incamminati
Signore, che con la folgore li avete colpiti,
non meravigliatevi se li trovate pieni di paura.
Voi che in quella polvere li avete formati,
non meravigliatevi se la polvere è la loro copertura
Voi li avete modellati con quell'umile materia,
non meravigliatevi se li trovate senza forza e profondità
Voi li avete modellati con quell'umile miseria.
Non stupitevi se la miseria è la loro eredità.
Voi che li avete fatti con argilla tenera,
non stupitevi se di lebbra son malati.
E voi che li avete consegnati ai vermi della terra,
non meravigliatevi se dentro son bacati.
Perché è carnale anche il soprannaturale
e l'albero della grazia ha radici profonde
e s'innesta nel suolo e cerca fin in fondo
e l'albero della razza è pur esso immortale.
Ed anche l'eternità è nel temporale
e l'albero della grazia ha radici profonde e
s'innesta nel suol e tocca fin in fondo
ed anche il tempo è un tempo intemporale.
E l'albero della grazia e l'albero della natura
han legato i due tronchi con nodi così solenni,
han talmente unito i loro destini fraterni
da formar un'unica essenza e un'unica statura.
[...]
L'anima che si salva salva anche il suo corpo,
come una sorella maggior si porta una tenera creatura.
E l'anima che approda alle supreme sponde del porto
è come un mietitore alla fine della mietitura.
E l'albero della grazia e l'albero della natura
così ben stretti intimamente stanno
che l'un e l'altro l'anima e il corpo fanno
l'un e l'altro son carena e son alberatura.
L'un e l'altro creati e insieme creature,
l'un e l'altro navi sullo stesso mare salpate.
L'un e l'altro armati delle stesse armature,
l'un e l'altro culle sullo stesso niente abbandonate.
[...]
E l'uno non morirà senza che l'altro non perisca.
E l'uno non vivrà senza che l'altro non viva.
E l'uno non resterà senza che l'altro non s'unisca.
E l'uno non passerà sull'estrema riva
Senza che l'altro non lo segua da presso.
E l'uno non partirà nell'ultimo abbigliamento
senza che l'altro non faccia lo stesso
e non s'imbarchi con lui sull'ultimo bastimento.
E Gesù è il frutto d'un materno seno,
Fructus ventris lui, il tenero neonato
dorme nella paglia, la pula e il fieno profumato,
le ginocchia piegate sotto il suo ventre terreno.
Charles Peguy, Lui è qui pagine scelte Rizzoli
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Postato da: giacabi a 09:00 |
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persona, peguy
L’uomo è rapporto di corrispondenza con l’Essere
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«manifestamente
l'uomo è qualcosa (che esiste) di essente. Come tale appartiene, allo
stesso modo della pietra, dell'albero, dell'aquila al tutto dell'essere.
Appartenere (gehoren) significa qui anche essere inserito nell'essere
secondo un ordine. Ma il
segno distintivo dell'uomo consiste in questo, che egli, come essenza
pensante, aperto all'essere, è posto di fronte ad esso, resta riferito
all'essere e gli corrisponde. L'uomo è propriamente questo rapporto di corrispondenza, ed è soltanto questo. "Soltanto": questa parola non indica una limitazione, ma un eccesso (...) Nell'uomo
si impone un appartenere (gehoren) all'essere, un appartenere che si
pone in ascolto (hort) dell'essere, perché ad esso è trasferita la sua
proprietà (iibereignet). E l'essere? Pensiamo l'essere, secondo il suo senso iniziale, come presenza (Anwesen). L'essere non si presenta (west.. .an) né casualmente, né eccezionalmente all'uomo. L'essere è (west) e persiste in quanto si volge con il suo appello nella direzione dell'uomo. Soltanto l'uomo, infatti, aperto per l'essere, lascia che l'essere si avvicini come presenza. Tale
presenza (An-wesen) ha bisogno (braucht) di una radura luminosa
(Lichtung) e così, con questo bisogno (Brauchen), la sua proprietà resta
trasferita all'essenza dell'uomo. Questo non vuoi dire che l'essere sia primariamente posto dall'uomo e soltanto da lui. Al contrario appare chiaro come uomo ed essere siano traspropriati (iibereignet) l'uno all'altro, appartengano l'uno all'altro».
M. HElDEGGER, Identità e differenza, in «Aut-Aut. fin. 187-188 (1982)
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Postato da: giacabi a 08:59 |
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persona, heidegger, senso religioso
Il disordine umano
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« L’uomo
è di fatto incapace di vivere compiutamente la grande dipendenza da
Colui che è la sua verità e la proiezione di essa nella vita come dono,
amore e servizio. Ha
la coscienza annebbiata e una volontà invincibilmente annoiata nel
dovere della preghiera, vive uno strano egocentrismo, per cui a lungo
andare, invece di ordinarsi al tutto, tenta di ordinare il tutto a sé;
invece di darsi, tenta di prendersi, invece di amare, di sfruttare.
Questo dato di fatto dipende da una situazione originale, nativa.
La tradizione cristiana lo attribuisce a un disordine che l'uomo
eredita dalle origini della sua razza, responsabilmente introdotto. Esso
determina il clima del mondo umano in una direzione contraria al
disegno di Dio: «Il mondo è
stato fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo ha riconosciuto. [...]
Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà
gettato fuori. [...] Se il mondo vi odia, sappiate che prima ha odiato
me».50
È ciò che la tradizione cristiana chiama peccato originale. La persona non ha l'energia sufficiente a realizzare se stessa.
Quanto più un uomo è sensibile e cosciente, quanto più, cioè, può
essere uomo, tanto più si , accorge di non riuscire a esserlo.
Nella
lettera ai Romani, il grido con cui san Paolo termina la sua
constatazione è esattamente la domanda umana cui Gesù Cristo è risposta:
«Me infelice, chi mi libererà da questa situazione mortale?». Questo
grido è l'unica origine perché un uomo possa considerare seriamente la
proposta di Cristo. Se un uomo non attende alla domanda, come farà a
capire la risposta?
Per essere me stesso ho bisogno di un altro: «Senza di me non potete far nulla». Gesù ci ha insegnato che chi accetterà il suo messaggio di salvezza non potrà esimersi dall'affrontare
questo problema di sincerità con se stessi, da questo realismo nel
considerare l'uomo: non si può essere se stessi da soli. La compagnia, quella che poi si chiamerà la comunità cristiana, è essenziale per il suo cammino. «Nessuno viene al Padre se non attraverso me.»
Il che equivale a dire, una volta di più, che l'uomo
non può realizzare se stesso se non accettando l'amore di un Altro -di
un Altro con un nome preciso, che indipendente dalla volontà tua è morto
per te -: «Nessuno ha un amore più grande di questo: Dare la vita per i propri amici». Di sé Lui disse: «lo sono la resurrezione e la vita.»
don Giussani All’origine della pretesa cristiana Rizzoli
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Postato da: giacabi a 09:32 |
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persona, giussani
Il popolo
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“Le forze di un singolo individuo possono bastare costruirsi una carriera, ma non a soddisfare il bisogno elementare di vivere un’esistenza umana. Solo nell’ambito di un popolo l’individuo può vivere come un uomo fra gli uomini senza rischiare di morire per mancanza di forze.”
Hannah Arendt da Il pensiero secondo Pagine scelte Rizzoli
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Postato da: giacabi a 10:36 |
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persona, arendt
L’uomo è libero solo se è persona
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«la
religiosità cristiana sorge come unica condizione dell’umano. La scelta
dell’uomo è: o concepirsi libero da tutto l’universo e dipendente solo
da Dio, oppure libero da Dio, e allora diventa schiavo di ogni
circostanza»
don Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, p. 108).
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Postato da: giacabi a 15:11 |
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libertà, persona, giussani
L’uomo è libero solo se è persona
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«La vita è la libertà e perciò morire è l’annientamento progressivo della libertà; per prima cosa si allenta la coscienza e poi si offusca;
i processi di vita in un organismo la cui coscienza sia svanita
sussistono per qualche tempo, la circolazione del sangue, la
respirazione e il metabolismo continuano ad effettuarsi. Ma è
un’inevitabile la ritirata verso la: la coscienza si è spenta, il fuoco
della libertà s’è spento… La libertà consiste nell’irripetibilità. Il
riflesso dell’universo nella coscienza di un uomo è il fondamento della
sua potenza, ma la vita si trasforma in libertà, solo se l’uomo esiste
come persona» Grossman,Vita e destino, Jaca Book
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Postato da: giacabi a 15:07 |
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libertà, persona
L’attualità piena di ciò che siamo
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«L’attualità piena di ciò che siamo è possibile solo in vista di un’altra presenza, di un altro essere che ha la virtù di porci in esercizio, in atto… E come sarebbe possibile uscire da sé… a meno di non essere irresistibilmente innamorati»
Maria Zambrano
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Postato da: giacabi a 14:46 |
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persona, zambrano
L’uomo
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" Il posto dell’uomo è nel mezzo tra gli Dei e le bestie ed egli inclina talvolta verso gli uni talvolta verso le altre; certi uomini sono simili agli dei, altri alle bestie e i più tengono il mezzo.”
Plotino
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