Il Mistero
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“Mi tormentano i problemi della vita, della luce, e di tante cose dell’universo, ma quanto più mi tormenta il tuo mistero, o Cristo!”.
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Max Planck,
Postato da: giacabi a 20:50 |
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gesù, plank
Se non ritornerete come bambini… *** "Chi ha raggiunto lo stadio di non meravigliarsi più di nulla dimostra semplicemente di aver perduto l'arte del ragionare e del riflettere". Planck,padre della fisica dei quanti "Quando noi guardiamo un fenomeno fisico particolare, ad esempio una notte piena di stelle, sentiamo dentro di noi un messaggio che ci trascende e ci domina" Carlo Rubbia "schiera di coloro che hanno colto la bellezza che è propria della ricerca scientifica. Uno scienziato in laboratorio non è solo un tecnico: si trova di fronte alle leggi della natura come un bambino nel mondo delle fiabe". Marie Curie |
Postato da: giacabi a 10:17 |
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bellezza, stupore, plank
La mela che non si può prendere,
Majorana e l'atomica.
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La
retorica sulla libertà di ricerca scientifica è uno di quegli slogans
banali, che almeno la conoscenza del passato dovrebbe permetterci di
evitare.
Pensiamo
ad esempio cosa avvenne con la bomba atomica. Durante la seconda
guerra mondiale sembrò ad un certo punto che qualcosa potesse
risolvere il conflitto: il primo a ipotizzare l'uso di una scoperta
scientifica, in sé buona, la fissione nucleare, per un uso malvagio, la
creazione della bomba nucleare, sembra sia stato Hitler, al quale poi,
però, si accodarono in tanti.
Pochi anni prima uno scienziato italiano, Ettore Majorana
era forse stato uno dei primi ad intuire i pericoli insiti in una
scienza priva di senso del limite. Era, costui, un allievo di Enrico
Fermi, il futuro padre dell'atomica. Si racconta che i due facessero a
gara a risolvere complicatissimi calcoli: Majorana, considerato dal
maestro un genio al pari di Galilei e Newton, a memoria, Fermi col
calcolatore, alla lavagna o su un foglio. Sembra addirittura che
Majorana avesse compreso ed illustrato agli amici dell'università di
Fisica, prima di Heisenberg, "la teoria che da Heisenberg prese il
nome, del nucleo fatto di protoni e neutroni". Poi Majorana ed
Heisenberg divennero buoni amici, finchè nel 1938 lo scienziato
italiano scomparve.
La sua morte fu presentata come un semplice suicidio. Ma pochi in realtà ci credettero: fu
convinzione diffusa infatti che Majorana fosse fuggito, forse in un
convento, perché angustiato dalle terribili conseguenze che aveva
intuito potessero derivare dalle recenti scoperte sull'atomo. Sono
ipotesi, suffragate da molti indizi, anche se non da certezze.
Eppure ci dicono della "coscienza religiosa" che fu propria di un uomo
di genio, di uno scienziato come Majorana. Quanto ad Heisenberg,
invece, vi sono notizie indiscutibili: era senz'altro il fisico da cui
Hitler si aspettava qualcosa.
Racconta
Leonardo Sciascia, nel suo "La scomparsa di Majorana", che i fisici
che lavoravano all'atomica in America "credevano fino all'ossessione"
che anche Heisenberg
stesse facendola: "ma Heisenberg non solo non aveva avviato il
progetto della bomba atomica, ma aveva passato gli anni della guerra
nella dolorosa apprensione che gli altri, dall'altra parte, stessero
per farla". Antonino Zichichi, già presidente della World Federation of Scientists, ci dà altre preziose informazioni: "Il
primo fisico che immaginò l'unificazione dei fenomeni fondamentali
(M.P.Bronstein) fu condannato a morte da Stalin in quanto non aveva
voluto piegarsi alla sua ideologia. Il
padre della fisica quantistica, Max Planck (fervente cattolico, ndr),
ebbe il figlio ucciso dai nazisti come ritorsione perché non aveva
voluto collaborare al progetto per la prima bomba nucleare della
storia. Il
padre della superfluidità, P. Kapitza, visse sul lastrico con la
famiglia per aver rifiutato di dirigere il progetto sovietico per la
prima bomba a fusione nucleare". Vi
furono dunque scienziati che ritennero che non tutto ciò che era
fattibile era di per se stesso buono e giusto. Altri, invece, agirono
(salvo poi, magari, pentirsene amaramente, come Oppenheimer), da tecnici
di laboratorio: fecero la bomba atomica e diedero le istruzioni per
l'uso.
Chiesero
infatti che "l'obiettivo fosse una zona del raggio di un miglio e di
dense costruzioni; che ci fosse una percentuale alta di edifici in
legno; che non avesse fino a quel momento subito bombardamenti, in
modo da poter accertare con la massima precisione gli effetti…".
Conclude Sciascia: "Chi
sia pur sommariamente conosce la storia dell'atomica, è in grado di
fare questa semplice e penosa constatazione: che si comportarono
liberamente, cioè da uomini liberi, gli scienziati che per condizioni
oggettive non lo erano; e si comportarono da schiavi, e furono
schiavi, coloro che invece godevano di una oggettiva condizione di
libertà. Furono liberi coloro che non la fecero. Schiavi coloro che la
fecero. E non per il fatto che rispettivamente non la fecero o la
fecero ma precipuamente perché gli schiavi ne ebbero preoccupazione,
paura, angoscia; mentre i liberi senza alcuna remora, e persino con
punte di allegria, la proposero, vi lavorarono, la misero a punto e,
senza porre condizioni o chiedere impegni la consegnarono ai politici e
ai militari". Qualcuno potrebbe dire che il paragone
implicito, tra atomica ed ingegneria genetica senza limiti, è
eccessivo. E' vero: è assai più grave violentare la natura dell'uomo,
modifìcando le modalità stesse del nascere, che inventare la bomba
atomica in tempo di guerra! Teologicamente, però, il problema è ancora
quello dell'albero del Genesi: c'è
una mela che non si può prendere; c'è un limite, buono, che è
intrinseco alla nostra condizione di esseri relativi. Un limite che
paradossalmente non ci limita, ma ci apre alla Verità.
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Postato da: giacabi a 22:44 |
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plank, scienza - articoli
Solo coloro che pensano a metà
diventano atei
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“la scienza conduce ad un punto oltre il quale non ci può più guidare”, ma oltre il quale l’uomo deve comunque innalzarsi: “non è certo un caso-scriveva- che proprio i massimi pensatori di tutti i tempi siano stati anche nature profondamente religiose”, perché in verità “solo
coloro che pensano a metà diventano atei; coloro che vanno a fondo
col loro pensiero e vedono le relazioni meravigliose tra le leggi
universali, riconoscono una Potenza creatrice”.Planck, padre della fisica dei quanti, Francesco Agnoli Il Foglio, 14/1/2010 |
Postato da: giacabi a 22:00 |
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plank, scienza - articoli
La morale cosiddetta laica non è ragionevole
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Nel
suo libro Fede, Verità, Tolleranza, l’allora cardinale Ratzinger
riferisce un episodio – narrato da Werner Heisenberg – molto
significativo, accaduto a Bruxelles nell’ambito di una discussione tra
scienziati.
«Ci si trovò a discutere del fatto che Einstein parlava spesso di Dio e Max Planck sosteneva l’opinione che non ci sia alcuna contraddizione tra scienze della natura e religione [...]. Secondo Heisenberg, a fondamento di tale apertura [di Planck] stava la concezione che scienze
naturali e religione sono due sfere totalmente diverse, che non sono in
concorrenza reciproca: quel che conta nelle scienze naturali è
l’alternativa tra vero e falso, nella religione l’alternativa tra bene e
male, tra valore e disvalore.
[...] “Le scienze naturali sono, in certo senso, il modo con cui
andiamo incontro al lato oggettivo della realtà [...]. La fede
religiosa,
viceversa, è l’espressione di una decisione soggettiva, con la
quale stabiliamo quali debbano essere i nostri valori di riferimento nella vita”. [...] A questo punto Heisenberg aggiunge: “Devo
ammettere che non mi trovo a mio agio con questa separazione. Dubito
che, alla lunga, delle comunità umane possano convivere con questa netta
scissione tra sapere e credere”. A un certo punto interviene Wolfgang Pauli e rafforza
il dubbio di Heisenberg, addirittura lo eleva al grado di certezza: “La
separazione completa tra sapere e credere è soltanto un espediente
d’emergenza per un tempo molto limitato. Per esempio, nell’ambito
culturale occidentale, potrebbe venire in
un futuro non troppo lontano il momento in cui le parabole e le
immagini della religione qual è stata finora non possiederanno più
alcuna forza di persuasione neppure per la gente semplice; allora, temo,
anche l’etica finora vigente in breve tempo crollerà e accadranno cose di una atrocità che non ci possiamo neppure immaginare”».
Ratzinger, Fede, Verità, Tolleranza, Cantagalli, Siena 2003, pp. 145-146.
don Carron
Da: ESE R C I Z I D E L L A F R A T E R N I T À d i C O M U N I O N E E L I B E R A Z I O N E 2009
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Postato da: giacabi a 12:01 |
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einstein, benedettoxvi, carron, plank, scienza - articoli
Scienza e religione
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«Credo che Planck ritenga religione e scienza del tutto compatibili perché si occupano di due aspetti diversi del reale. La scienza,
studiando il mondo oggettivo e materiale, esige una grande accuratezza
nelle affermazioni che facciamo sulla realtà oggettiva e
nell’individuazione dei rapporti che intercorrono tra le diverse
manifestazioni di questa realtà. La religione invece si occupa del mondo dei valori: tratta del mondo come dovrebbe essere, e non del mondo come è. La scienza si applica a distinguere il vero dal falso; la religione distingue invece il bene dal male, l’azione buona da quella cattiva. La scienza è il fondamento della tecnologia, la religione è la base dell’etica. In
poche parole, mi sembra che il conflitto tra scienza e religione, che
scoppia essenzialmente nel Settecento, nasca da un equivoco: o, più
esattamente, dal fatto che si è voluto attribuire alle immagini e alle
parabole della religione il valore di enunciati scientifici. È evidente
che si tratta di un’operazione priva di senso. Io ho imparato dai miei
genitori a distinguere tra aspetti soggettivi e aspetti oggettivi del
mondo: degli uni si occupa la religione, degli altri la scienza. La scienza è per così dire il modo in cui affrontiamo e discutiamo il lato oggettivo del reale. La fede religiosa
è invece l’espressione delle decisioni soggettive con cui scegliamo i
criteri mediante i quali ci proponiamo di agire e di vivere. È
vero che normalmente prendiamo queste decisioni a seconda degli
atteggiamenti del gruppo — famiglia, nazione o cultura — cui
apparteniamo. I fattori ambientali hanno dunque un peso decisivo, ma si
tratta pur sempre di decisioni soggettive e dunque non rette dal
criterio di ‘verità’ o ‘falsità’. Planck, mi pare, ha fatto uso di questa libertà finendo per schierarsi a fianco della tradizione cristiana. Ciò
significa che i suoi pensieri e le sue azioni, che soprattutto
attengono alla sfera delle scelte personali, s’inquadrano perfettamente
nell’alveo di questa tradizione: nessuno si sogna di criticarlo, per
questo. Planck, insomma, ritiene che l’aspetto soggettivo del reale sia nettamente distinto da quello oggettivo.
In quanto a me, devo confessare che questa distinzione così rigida mi
lascia perplesso: non credo che una distinzione così netta tra fede e
conoscenza si possa mantenere anche sul piano del pensiero collettivo.»
W. Heisenberg Fisica e oltre. Incontri con i protagonisti 1920-1965. Boringhieri, Torino 1984, pp. 92-103.
,
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Postato da: giacabi a 15:38 |
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plank, scienza - articoli
L’uomo ricerca l’assoluto
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“Cosí
anche la teoria della relatività, troppe volte male interpretata, non
solo non sopprime l'assoluto, ma al contrario mette in evidenza in modo
ancor piú netto che la fisica si fonda sempre su di un assoluto posto nel mondo esterno.
Poiché se l'assoluto, come pretendono molti teorici della conoscenza,
esistesse solo nell'esperienza vissuta di ognuno, dovrebbero esserci
tante fisiche quanti sono i fisici, e non potremmo affatto comprendere
come mai sia stato possibile, almeno fino a oggi, costruire una scienza
fisica che è la stessa per le intelligenze di tutti gli scienziati,
nonostante le differenze delle loro esperienze vissute. Non
siamo noi che creiamo il mondo esterno perché ci fa comodo, ma è il
mondo esterno che ci si impone con violenza elementare: ecco un punto su
cui è necessario insistere, nel nostro tempo impregnato di positivismo.
Quando, nello studio di ogni fenomeno naturale, procuriamo di passare
da ciò che è particolare, convenzionale e casuale a ciò che è generale,
obiettivo e necessario, non facciamo altro che cercare dietro il
dipendente l'indipendente, dietro il relativo l'assoluto, dietro il
transitorio il perenne. E, per quanto mi consta, questa tendenza non è
rilevabile soltanto nella fisica, ma in ogni scienza, e non solo nel
campo del sapere, ma anche in quello del buono e del bello
M. Planck, La conoscenza del mondo fisico, trad. di E. Persico e A. Gamba, Boringhieri, Torino, 1964, pagg. 172-174
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Postato da: giacabi a 19:37 |
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dio, senso religioso, plank
Lo Spirito intelligente
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“Come fisico vi dico in base alle mie ricerche sull’atomo: non esiste nessuna materia in sé! Tutta
la materia ha origine ed esiste solo in virtù della propria forza, la
quale fa vibrare le particelle atomiche e che le tiene insieme come un
minuscolo sistema solare dell’atomo (…)
Così dietro questa forza dobbiamo supporre uno Spirito intelligente e
consapevole. Questo Spirito è il fondamento di tutta la materia”.
Max Planck conferenza, tenuta a Firenze nel 1944
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Postato da: giacabi a 14:21 |
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plank
La fede metodo di conoscenza
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Una
intuizione del mondo non è mai dimostrabile scientificamente; ma è
altrettanto certo che essa resiste incrollabile ad ogni tempesta purché
rimanga in accordo con sé stessa e coi dati dell'esperienza. Non ci si venga a dire che anche nella più esatta di tutte le scienze si possa procedere senza una intuizione del mondo, ossia senza ipotesi indimostrabili. Anche in fisica non si è beati senza la fede, per lo meno senza la fede in una realtà fuori di noi. È questa
fede
sicura quella che indica la via all'impulso creatore che ci sospinge,
quella che offre gli appigli necessari alla fantasia che va tastando il
terreno, quella che sola può ravvisare lo spirito stanco per gli
insuccessi e spronarlo a nuovi balzi in avanti. Uno scienziato che nei suoi lavori
non si lasci guidare da un'ipotesi, prudente e provvisoria quanto si
vuole, rinuncia a priori all'intima comprensione dei suoi stessi
risultati. Chi rigetta la fede nella realtà degli atomi e
degli elettroni, o nella natura elettromagnetica della luce, o
nell'identità fra calore dei corpi e movimento, riuscirà certamente a
non farsi mai cogliere in contraddizioni logiche od empiriche. Ma resta a
vedersi come riuscirà, partendo dal suo punto di vista, a far
progredire la conoscenza scientifica.
D'accordo:
la fede non ci riesce da sola e, come la storia di ogni scienza
insegna, può anche condurre in errore e degenerare in ristrettezza
mentale ed in fanatismo. Perché la fede sia sempre una guida fidata bisogna continuamente controllarla in base alle leggi del pensiero ed all'esperienza, e a tale scopo nulla vale come il lavoro coscienzioso, faticoso e pieno di abnegazione del singolo ricercatore. Anche
un re della scienza, se il caso si presenta, devesapere e voler fare il
facchino, in laboratorio o in archivio, all'aria libera o a tavolino. È
proprio in queste dure lotte che l'intuizione del mondo matura e si
affina. Solo chi ha provato di personache cosa sia questo processo,
saprà apprezzarne appieno il significato. La fede è la forza che dà efficacia
al materiale scientifico radunato, ma si può andare ancora un passo
avanti, ed affermare che anche nel raccogliere il materiale la
preveggente e presenziante fede in nessi più profondi può rendere buoni
servigi. Essa indica la via ed acuisce i sensi.
Max Plank "La conoscenza del mondo fisico" ed. Boringhieri
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Postato da: giacabi a 14:07 |
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fede, plank, scienza - articoli
La scienza porta al Mistero
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" Religione e scienza non si escludono, ma si completano e si condizionano a vicenda. E la prova è rappresentata dal fatto che proprio i più grandi scienziati di tutti i tempi erano penetrati da profonda religiosità ".
Max Planck (fisico, 1858 - 1947)
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Postato da: giacabi a 21:31 |
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mistero, plank
La conoscenza porta a Dio
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:
« È un dato indubitabile della ricerca
fisica che le pietre elementari dell'edificio del mondo non giacciono l'una accanto all'altra in gruppi isolati senza coesione, ma sono connesse tutte insieme secondo un piano unico, o, in altre parole, che in
tutti gli eventi della natura domina una legalità universale, da noi, almeno
fino ad un certo punto, conoscibile».
«Niente quindi ci impedisce, anzi la nostra natura intellettuale tendente ad una concezione unitaria del mondo lo esige, di identificare tra loro i due poteri operanti su tutto, eppure pieni di mistero, l'ordinamento del mondo della scienza e il Dio delle religioni».
M. PLANCK, Scienze Filosofia Religione, Ed. Fabbri, Milano 1973, p. 163. "
Ibidem, p. 167.
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