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lunedì 20 febbraio 2012

robin


Gli occhi di Marthe Robin
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Marthe è una straordinaria mistica. Figlia della profonda Francia contadina, questa ragazza di grande forza interiore, dopo ripetuti gravi problemi, dal 1928 resta completamente paralizzata e perfino impossibilitata a deglutire. Vivrà inchiodata al suo letto, senza più poter dormire, senza più poter mangiare né bere alcunché, nutrendosi solo dell’eucaristia che inspiegabilmente poteva deglutire. Non vedeva. Ogni venerdì riviveva le sofferenze della Passione di Gesù del quale portava le stimmate.




Ecco un capitolo del nuovo libro di Antonio Socci “La guerra contro Gesù” (Rizzoli)
          La storia di Alessandra dimostra che infine dal pantano della cultura nichilista, che genera disperazione, non ci libera un’altra cultura, neanche cattolica, ma un incontro, dove si sperimenta che davvero Gesù è vivo, oggi e opera potentemente (e questa è la prova della sua resurrezione).
          Così come i sofismi di certi antichi filosofi greci sull’impossibilità del movimento venivano spazzati via non da altri sofismi contrapposti, ma dalla concretezza di un uomo in movimento. Dal fatto che accade.
          Anche i pregiudizi ideologici dell’esegesi razionalista (poiché un pregiudizio è impermeabile agli argomenti altrui) sono spazzati via di colpo solo da un fatto in cui ci si imbatte e che mostra tangibilmente Gesù esistente e vivo, quindi risorto, operante qui e ora. E’ quanto accadde – secondo Guitton – a uno dei più radicali fra gli esegeti razionalisti: Paul-Louis Couchoud.
          Abbiamo già visto il suo pensiero espresso in “Le mystère de Jésus”. Ecco le sue parole: “L’idea che Dio si sia incarnato… ci urta. E’ una concezione prekantiana. Essa è stata accettata da grandi spiriti come sant’Agostino, san Tommaso, Pascal; però oggi è inammissibile”[1].
Couchoud esprimeva con perfetta lucidità il “pregiudizio” dei moderni.
          Egli infatti eliminava “a priori” la possibilità dell’incarnazione perché “inconcepibile”, pretesa tipica del razionalismo moderno secondo il quale ciò che supera le possibilità del raziocinio umano non esiste (come se l’Essere fosse stato partorito dagli uomini e quindi dovesse star “dentro” la loro mente, quando è evidente il contrario: gli uomini sono “contenuti” dentro l’Essere e la loro mente è piuttosto una finestra aperta sull’infinito che una scatola contenente il Tutto)[2].
          Il suo pensiero si inseriva nel filone “mitico” dell’esegesi, quello che da David Strauss ritiene che Gesù sia stato “inventato”, come Dio incarnato che soffre e redime, per dare concretezza a un pensiero, a un simbolo dell’immaginario collettivo. Couchoud, filosofo, esegeta, medico, docente universitario, fondatore di un nota collana di libri “anticristiana”, arrivava alle conclusioni estreme.
          Jean Guitton, che fu suo amico e ha scritto molto su di lui e la sua parabola umana e intellettuale, sintetizza così il suo caso: “Egli era la persona più estranea al cristianesimo che vi sia stata al mondo (negava l’esistenza storica di Gesù)”[3]. 
          Quella sua negazione a priori dell’esistenza storica di Gesù non aveva il supporto di veri argomenti storici, perché anzi i documenti dimostrano il contrario. La sua era una paradossale conclusione filosofica ed esegetica che nasceva dal riconoscere che la riduzione di Gesù a semplice rabbi, fatta dagli esegeti alla Loisy e Renan, faceva sorgere un problema ancor più grande di quello che pretendeva di risolvere, perché così diventava assolutamente impossibile spiegare “la nascita del cristianesimo”, che ai suoi occhi appariva “un’incredibile assurdità e il più bizzarro dei miracoli”[4].
Era dunque su posizioni radicalmente anticristiane.
          Eppure anche Couchoud capovolge la sua posizione e si converte – secondo la testimonianza di Guitton[5], contestata da alcuni – perché un giorno si imbatte in un fatto, nella presenza evidente di Gesù vivo e operante nel XX secolo. La clamorosa conversione di Couchoud si verifica grazie al suo incontro con Marthe Robin.
          Marthe è una straordinaria mistica. Figlia della profonda Francia contadina, questa ragazza intelligentissima, dolce, semplice, di grande forza interiore, nata nel 1902 e morta il 6 febbraio 1981, dopo ripetuti gravi problemi, dal 1928 resta completamente paralizzata e perfino impossibilitata a deglutire.
          Per 50 anni, nel suo villaggio tra il Rodano e le Alpi, vivrà inchiodata al suo letto, senza più poter dormire, senza più poter mangiare né bere alcunché, nutrendosi solo dell’eucaristia che inspiegabilmente poteva deglutire. Non vedeva. Ogni venerdì riviveva le sofferenze della Passione di Gesù del quale portava le stimmate. Dal suo letto di dolore, tramite le persone che andavano da lei, ha fondato centinaia di centri di preghiera in tutto il mondo, i “Foyers di carità”. Il 15 ottobre 1925 aveva messo nero su bianco il suo atto di abbandono e offerta al Signore: “una vera e propria lettera d’amore. Ha ventitré anni, è il suo fidanzamento”[6].
Ecco le sue parole:
Signore, mio Dio, hai domandato tutto alla tua piccola serva. Prendi dunque e accogli tutto.
In questo giorno mi affido a Te senza riserve e senza nulla in cambio.
O mio amato, è solo Te che voglio…
E per amor tuo  rinuncio a tutto…
O Dio d’amore prendi la mia memoria e tutti i suoi ricordi.
Prendi la mia intelligenza e fa’ che sia a servizio solo della tua massima gloria…
Prendi tutta la mia volontà…
Prendi il mio corpo e tutti i suoi sensi, il mio spirito e tutte le sue facoltà, il mio cuore e tutti i suoi affetti.
Ricevi l’immolazione che ogni giorno e ogni ora io Ti offro in silenzio. Degnati di accoglierla e trasformarla in grazie e benedizioni per tutti coloro che amo, per la conversione dei peccatori e la santificazione delle anime…
Prendi e santifica tutte le mie parole, tutte le mie azioni, tutti i miei desideri.
Sii per l’anima mia il suo bene e il suo tutto. La dono e l’abbandono a Te.
Accetto con amore tutto ciò che viene da Te: dolore, sofferenze, gioia, consolazione, aridità, abbandono, rinuncia, disprezzo, umiliazione, lavoro, prove…
Dio mio, Tu conosci la mia fragilità e l’abisso infinito della mia grande debolezza. Se un giorno dovessi essere infedele alla Tua suprema volontà, se dovessi… disertare il Tuo cammino d’amore, oh!, te ne supplico, fammi la grazia di morire all’istante!
O Dio dell’anima mia, o sole divino, io Ti amo, Ti benedico, Ti lodo, mi abbandono tutta a Te. Mi rifugio in Te.
Nel Tuo seno… Prendimi con Te.
Non voglio vivere che in Te.
 
          Riferisce Jean Guitton: “Mi accadde di parlare con de Gaulle di Marthe Robin e di sentirgli dire che la considerava forse la persona più eccezionale di questo secolo. Il cardinale Daniélou condivideva questa opinione”[7].
          Il fatto curioso è che Guitton, importante filosofo cattolico, conobbe Marthe proprio su invito di Couchoud che con lei aveva intrecciato una grande amicizia: “un’amicizia che legava il più grande ateo dell’esegesi alla persona mistica più singolare del mondo”[8].
          Guitton dà ancora qualche flash su Marthe: “Possedeva un carisma superiore a qualunque altra persona che io abbia mai conosciuto. Non so spiegarlo: quella donna era isolata da tutto; lottava continuamente contro il demonio. Non si poteva entrare nella sua stanza senza che tutti i mobili fossero scagliati a terra, non si sa come”[9].
          Il vescovo di Valence incaricò due illustri medici di visitare Marthe ed esprimere il loro parere scientifico. Il dottor André Ricard, chirurgo degli Ospedali di Lione, e il dottor Jean de Chaume, professore alla Facoltà di medicina e primario della Clinica neuropsichiatrica di Lione, la visitarono per un’intera giornata e stilarono un rapporto medico in cui, sotto giuramento, scrissero:
Non presenta turbe psichiche di rilievo, né segni di affezione clinica: escludiamo la frode, la simulazione e l’origine isterica delle manifestazioni (stigmate, inedia, visioni, estasi); siamo obbligati a riconoscere la nostra impotenza; dichiariamo la presenza di vere stigmate sanguinanti, al di fuori di ogni imbroglio e preferiamo riconoscere che non vediamo né la causa né il meccanismo in base alle nostre attuali conoscenze e le consideriamo di ordine soprannaturale”[10].
L’incontro e l’amicizia con Marthe Robin fu decisivo per Couchoud.
          Il grande ateo, lo studioso razionalista, non poteva negare l’evidenza del Mistero, in quella presenza. Le scrisse: “Ignoro quello che ignori. Vorrei sapere quello che sai. Di quello che preghi, mi giunge il profumo. Non dimenticarti di me, o piena di vita!”. Jean Guitton, che ha conosciuto e seguito questa loro amicizia, testimonia la conversione finale di Couchoud nel libro “Ogni giorno che Dio manda in terra” [11].
 
Note:
[1] Cit in storia esegesi spadafora… p. 228
[2] Quello straordinario maestro di razionalità che è don Luigi Giussani osserva: “Se c’è un delitto che una religione può compiere è quello di dire ‘io sono l’unica strada’. E’ esattamente ciò che pretende il cristianesimo. Non è ingiusto sentirsi ripugnare di fronte a tale affermazione. Ingiusto sarebbe non domandarsi il motivo di tale pretesa” (All’origine della pretesa cristiana, p. 31). Quindi l’atteggiamento razionale, osserva Giussani, è quello di chi si chiede – davanti a simile pretesa – se sia vera oppure no, se sia accaduto oppure no, se Dio si è davvero fatto uomo o no. Perché “se fosse accaduto, questa strada sarebbe l’unica… perché l’avrebbe tracciata Dio” (p. 34).
[3] Guitton, Ritratto di Marthe Robin, p. 19.
[4] Cit. in Messori, Ipotesi su Gesù, p. 152
[5] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, cit. pp. 157-159
[6] Così scrive Raymond Peyret, in “Marthe Robin” (Massimo…), p. 24. Da questo libro riprendo anche il testo scritto da Marthe.
[7] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, p. 112
[8] Guitton, Ritratto di Marthe Robin, p. 25
[9] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, p. 112
[10] Guitton-Antier, Poteri misteriosi della fede, Piemme, p. 206
[11] Guitton riferisce i fatti in “Ogni giorno che Dio manda in terra”, pp. 157-158
 
da; http://www.antoniosocci.com

Postato da: giacabi a 14:35 | link | commenti
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venerdì, 05 settembre 2008

TERESA NEUMANN
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da: www.donbosco-torino.it/        per saperne di più:Teresa Neuman2
  Il 1° settembre 1939 era scoppiata la seconda guerra mondiale. I tedeschi invadevano la Polonia e, di lì a poco, sarebbero dilagati in Europa. Perché non mancasse nulla ai soldati del terzo Reich, fu razionato il cibo ai cittadini. Così, ai tedeschi fu data una tessera che stabiliva la quantità di pane e companatico spettante a ciascuno. Ad una sola cittadina fu ritirata immediatamente la tessera annonaria. Costei non beveva, né mangiava alcunché. In compenso le fu data una doppia razione di sapone, perché ogni settimana doveva far lavare le lenzuola e la biancheria inzuppata di sangue. Questa cittadina tedesca si chiamava Teresa Neumann, era di Konnerareuth, in Alta Baviera e viveva una vicenda straordinaria che avrebbe continuato a destare per anni, l’interesse di scienziati, medici, teologi, umili e grandi credenti o miscredenti.


Una normale contadina
Teresa era nata nel 1898, figlia di un povero sarto e di una contadina che andava a lavorare a giornata. Venne educata dai suoi con una sana e gioiosa formazione cristiana, senza scrupoli. Era cresciuta allegra, vivace, amante degli scherzi innocenti.
Era solita dire di non essere capace di prendersi sul serio.

La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera; poi il lavoro rude nei campi e in casa, senza grilli per la testa, affatto romantica, di una concretezza a tutta prova.
La domenica, la Messa festiva e la Comunione. Era una buona compagna, una cara amica verso tutti e tutte, pur nella sua riservatezza di ragazza.
A vent’anni, un giorno correndo in soccorso di alcuni vicini cui stava bruciando la cascina, per compiere rapidamente un gesto di generosità e di coraggio, non controllò bene il terreno dove stava per mettere il piede. Cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase, prima paralizzata alle gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò totalmente cieca.
Intanto il padre era stato chiamato alle armi, durante la prima guerra mondiale, a combattere sul fronte occidentale, contro i francesi.
Tornando le aveva portato dalla Francia l’immaginetta di una giovane carmelitana la cui storia iniziava a diffondersi in tutta Europa: una certa Teresa del Bambin Gesù, del monastero di Lisieux. Teresa Neumann iniziò a pregarla intensamente. Il 29 aprile 1923, il giorno in cui Papa Pio XI beatificava la piccola suora francese, Teresa Neumann, stesa nel suo letto, riacquistò di colpo la vista.
Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre il Papa dichiarava santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann guariva dalla paralisi e riprendeva a camminare liberamente.
Poteva ricominciare, con grande gioia la sua vita di sana e robusta contadina, lodando e benedicendo Dio. Così, la sua vita, ancor più di prima divenne un sì incondizionato a Dio.
Crocifissa del secolo XX
Un anno dopo, nel 1926, durante la settimana santa, nella quale la Chiesa celebra la memoria della morte e Risurrezione di Gesù, la giovane contadina di 28 anni scopriva nelle sue membra, mani, piedi, costato e persino sul capo, i segni della Passione di Cristo: le stigmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione di Dio per certe anime che chiama ad essere, anche nella carne, simili al Figlio suo.
Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 26 anni lo porterà nel suo corpo, sino alla morte.
Da allora, dalla notte di ogni giovedì, entrava letteralmente nei racconti evangelici della Passione. Era come se vivesse in tempo reale quei momenti e accompagnasse Gesù sino alla morte nel primo pomeriggio del venerdì, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa Neumann.
I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva dentro di sé in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche sedevano al suo capezzale sempre più sbalorditi dall’esattezza dei suoi discorsi.
Alle 15 del venerdì cadeva in un sonno profondo da cui si risvegliava felice, con le ferite richiuse, il corpo fresco, rivivendo nella sua carne, il mattino della domenica, il momento della Risurrezione di Cristo.
Nel suo cuore di donna, conquistato totalmente dall’amore infinito e crocifiggente di Dio, diventava sempre più una realtà unica con Gesù; la configurazione a Cristo, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. Teresa Neumann, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava questa santità: essere come Gesù, diventare Gesù, accanto a Maria che la sosteneva.
La mia carne è vero cibo
Sin da quando era guarita dalla cecità e dalla paralisi, Teresa sentiva sempre di meno il desiderio di nutrirsi. Da quando ebbe le stigmate, per 36 anni, fino alla sua morte, non mangiò né bevve alcunché: soltanto ogni mattina, alle sei, riceveva Gesù Eucaristia. Pochi grammi di pane per ogni giorno.
Molti, giustamente, la pensavano una simulatrice. Tutto fu tentato per smascherarla, ma sempre i medici, invitati per controllarla, arrivavano scettici e se ne partivano convertiti. La Diocesi di Ratisbona, cui Teresa apparteneva, organizzò una commissione severissima che, a turno, per settimane intere, non la perse di vista neppure un istante, né di giorno, né di notte, senza mai lasciarla sola.
Altre commissioni, diverse da quella ecclesiastica, interamente formate da persone non credenti giunsero alla medesima conclusione: Teresa Neumann si nutriva di sola Eucaristia, rifiutando sempre d’istinto, quando per provarla, le offrivano un’ostia non consacrata. Ella voleva Gesù solo, viveva per Lui e di Lui, realizzando alla lettera il discorso del Divin Maestro proclamato nella sinagoga di Cafarnao: «Chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6,57)Il suo parroco, constatato con sicurezza il fenomeno che durava da anni, affermò: «In Teresa si compì alla lettera la parola di Gesù: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda; così come: Non di solo pane vive l’uomo. Quasi che il Cristo volesse mostrare che nutrirsi misticamente di Lui basta anche alla vita fisica».
Ed è proprio per questo fenomeno straordinario che il Reich di Hitler non diede, o meglio, ritirò a Teresa la tessera del vitto, benché già molto razionato, perché a lei bastava quell’Ostia che le portava ogni mattina il sacerdote. Così anche la burocrazia nazista rendeva testimonianza ad una meraviglia strabiliante. Era la meraviglia della follia della Croce che si realizzava in Teresa, ma quella follia l’aveva anche dotata di uno stupendo equilibrio psichico.
Al di fuori dei giorni della Passione e Risurrezione, Teresa Neumann conduceva una vita normalissima: lavorava in giardino e talvolta anche nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, consolava, sosteneva i pellegrini che venivano a farle visita, rispondeva di persona ad innumerevoli lettere e qualcuno diceva che nella sua casa si operassero anche miracoli. Aveva l’aspetto florido e roseo della
serena, buona e felice casalinga della Baviera; non aveva pose da mistica, tutta semplicità, bontà e serenità, donna di una giocondità straordinaria, di chi sa di essere chiamata alla Vita senza confini!
Teresa e la sua famiglia erano decisamente antinazisti, ma Hitler non la molestò mai, perché temeva quella donna che, attraverso le sue visioni, gli annunciava il giorno dell’ira e la sua catastrofe finale. Hitler infatti era soggiogato da tutto ciò che non era spiegabile razionalmente.
Una piccola umile donna, segnata dalle piaghe del Cristo che faceva tremare Hitler e le sue famigerate SS.
Teresa si spense nel 1962, a 64 anni. Migliaia e migliaia di persone hanno sollecitato presso la Diocesi di Ratisbona l’inizio del processo di beatificazione. Non si contano più le grazie a lei attribuite, decine sono i miracoli che sarebbero stati fatti per sua intercessione da Dio.
Teresa Neumann è stata il segno vivo della presenza del Cristo vivo nella storia.
Poiché la fede è l’incontro con il Vivente, credibile, palpabile, operante, anche per mezzo dei Santi.

                                                                          
   Paolo Risso

Postato da: giacabi a 16:11 | link | commenti
robin, da costa alessandrina, teresa neumann

lunedì, 28 agosto 2006

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UNA GRANDE MISTICA
Marthe Robin (1902-1981)
Da un’intervista  di Marino Parodi a Jean Guitton  

M.P.:   Lei ha scritto al riguardo, nel già citato Infinito in fondo al cuore: «Io credo che Dio abbia bisogno di una sposa e che questa sia Maria». Lei collega il tema dell'evoluzione della condizione femminile alla devozione mariana. Su questo punto torneremo tra poco, ma prima vorrei chiederle, tra le tante donne da lei incontrate, quale l'ha colpita maggiormente, a parte sua moglie
J. G.:  Il pensiero va subito a Marthe Robin (1902-1981, ndr), la grande mistica, con la quale ho vissuto per venticinque anni una profonda amicizia. Secondo il generale de Gaulle e il cardinale Danielou, è stata la figura più straordinaria dell'intero secolo. A farmela conoscere fu un amico, il dottor Couchoud, un medico che, da ateo che era, aveva trovato la fede proprio grazie all'incontro con Marthe. Questa donna, che per decenni si nutrì esclusivamente della particola consacrata che riceveva una sola volta la settimana, che frequentemente riviveva sul suo corpo la Passione di Cristo, benché paralizzata e quasi cieca - tutti fenomeni oggettivamente constatati svariate volte, anche da parte degli osservatori più scettici - dimostrava di conoscere vita, morte e miracoli di chiunque andasse a trovarla (erano migliaia e migliaia ogni anno, da tutto il mondo). Malgrado le sue condizioni fisiche, essa ha fondato nel mondo ben settantatre Foyers de Charité, nonché parecchie congregazioni, maschili e femminili. Anche dal punto di vista della missione Marthe Robin è stata e continua a essere - giacché nascono continuamente nuovi foyers in ogni parte del mondo - una delle figure più significative del secolo. Posso dire, in definitiva, che Marthe è stata la donna che maggiormente ha influenzato la mia vita. È stata inoltre la donna più donna che abbia mai incontrato, in quanto è stata la più ricca di amore. Jean Guitton  
Marthe Robin

Postato da: giacabi a 20:39 | link | commenti
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