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giovedì 2 febbraio 2012

S. Agostino

Dimorare in Te significa vivere
***
O Dio, allontanarsi da te significa cadere. Rivolgersi a te significa alzarsi.  Rimanere in te significa avere durata nella sicurezza. O Dio, abbandonarti significa morire. Ritornare a te significa svegliarsi a nuova vita. Dimorare in te significa vivere

 S. Agostino

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agostino

Cadde l’uomo miseramente, discese Dio misericordiosamente
***
“Fratelli carissimi, il Signore nostro Gesù Cristo, creatore eterno di tutte le cose, oggi nascendo da una madre si è fatto nostro salvatore. E’ nato per noi oggi liberamente nel tempo per introdurci nell’eternità del Padre. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio. Perché l’uomo mangiasse il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo…
L’uomo ha peccato ed è divenuto reo: Dio è nato come uomo perché fosse liberato il reo. L’uomo cadde, ma Dio discese. Cadde l’uomo miseramente, discese Dio misericordiosamente; cadde l’uomo per la superbia, discese Dio con la grazia
 S. Agostino, dal Discorso 13

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agostino

mercoledì, 17 dicembre 2008
Ama il prossimo e vedrai Dio
***
“Sempre in ogni istante abbiate presente che bisogna amare Dio e il prossimo: Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente; e il prossimo come se stessi (cf Mt 22,37.39). Questo dovete sempre pensare, meditare e ricordare, praticare e attuare. L’amore di Dio è il primo come comandamento, ma l’amore del prossimo è il primo come attuazione pratica. Colui che ti dà il comando dell’amore in questi due precetti, non ti insegna prima l’amore del prossimo, poi quello di Dio, ma viceversa. Siccome però Dio tu non lo vedi ancora, amando il prossimo ti acquisti il merito di vederlo; amando il prossimo purifichi l’occhio per poter vedere Dio, come chiaramente afferma Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (cf 1Gv 4,20)… Tu dunque ama il prossimo e guardando dentro di te donde nasca questo amore, vedrai, per quanto ti è possibile, Dio… Amando il prossimo e prendendoti cura di lui, tu cammini. E dove ti conduce il cammino se non al Signore, a colui che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Al Signore non siamo ancora arrivati, ma il prossimo l’abbiamo sempre con noi. Aiuta dunque il prossimo con il quale cammini, per poter giungere a colui con il quale desideri rimanere
 S. Agostino, dai “Trattati su Giovanni”, 17 

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agostino

Cristo vive nella Chiesa
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Cercare la conoscenza di Dio solo nei libri e nelle scritture significa cercare il Vivente tra i morti”
S. Agostino

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agostino

sabato, 13 dicembre 2008
  Ama il prossimo
***
“Sempre in ogni istante abbiate presente che bisogna amare Dio e il prossimo: Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente; e il prossimo come se stessi (cf Mt 22,37.39). Questo dovete sempre pensare, meditare e ricordare, praticare e attuare. L’amore di Dio è il primo come comandamento, ma l’amore del prossimo è il primo come attuazione pratica. Colui che ti dà il comando dell’amore in questi due precetti, non ti insegna prima l’amore del prossimo, poi quello di Dio, ma viceversa. Siccome però Dio tu non lo vedi ancora, amando il prossimo ti acquisti il merito di vederlo; amando il prossimo purifichi l’occhio per poter vedere Dio, come chiaramente afferma Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (cf 1Gv 4,20)… Tu dunque ama il prossimo e guardando dentro di te donde nasca questo amore, vedrai, per quanto ti è possibile, Dio… Amando il prossimo e prendendoti cura di lui, tu cammini. E dove ti conduce il cammino se non al Signore, a colui che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Al Signore non siamo ancora arrivati, ma il prossimo l’abbiamo sempre con noi. Aiuta dunque il prossimo con il quale cammini, per poter giungere a colui con il quale desideri rimanere.”
 S. Agostino, dai “Trattati su Giovanni”, 17

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agostino

mercoledì, 10 dicembre 2008
Signore fa’ sì che non cessi di cercarti
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Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa’ sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto, ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa’ che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, finchè non mi abbiano trasformato completamente in creatura nuova .
S. Agostino La Trinità libro XV

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preghiere, agostino

venerdì, 28 novembre 2008
  Tu sei la mia salvezza!
***
  • Chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali, e il mio unico bene abbraccerei: te. Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli. E cosa sono io stesso per te, sì che tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me e minacci, se non ubbidisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l'assenza stessa di amore per te? Oh, dimmi, per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di' all'anima mia: la salvezza tua io sono. Dillo, che io l'oda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile e di' all'anima mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto. Che io muoia per non morire, per vederlo.
  • S.Agostino  da  Le Confessioni( 1, 5, 5)
                                                           

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agostino

domenica, 16 novembre 2008
Cari giovani
 ***
conosco i vostri problemi, cari giovani, sono invecchiato in queste battaglie contro gli stessi avversari che avete voi. Più deboli, ora che sono vecchio, e tuttavia non cessano di turbare la quiete della mia vecchiezza. Lo so, più violenta è la vostra battaglia, ma che volete: o buoni e santi combattenti o forti soldati di Cristo, che volete, che non esistano cattive concupiscenze? Impossibile! Continuate a combattere e sperate al trionfo!”.
 Sant’Agostino


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agostino

venerdì, 19 settembre 2008
Fede e ragione
***
«L’autorità della fede  non è mai abbandonata dalla ragione, poiché è la ragione che considera a chi si debba credere. »
 sant’Agostino

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fede, ragione, agostino

mercoledì, 10 settembre 2008
L’amicizia
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"non vi è al mondo nulla di gradito senza la presenza di una persona amica"
(Lettera 130).

"nessuno è veramente conosciuto e nessuno si conosce se non mediante l'aperto confronto quotidiano che il tirocinio dell'amicizia esige"
(De diversis quaestionibus).
Agostino



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amicizia, agostino

giovedì, 28 agosto 2008
Lo stupore
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" Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a sè stessi senza meravigliarsi.”
Sant'Agostino

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stupore, agostino

domenica, 17 agosto 2008
La fede
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Se non hai capito, credi. L’intelligenza è frutto della fede. Non cercare dunque di capire per credere, ma credi per capire.
S. Agostino 
***
La fede comincia appunto là dove la ragione finisce.
 S. Kierkegaard

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fede, agostino, kierkeergaard

mercoledì, 13 agosto 2008
Il Desiderio
***
Tu sai cosa desideri, ma Dio solo sa che cosa ti giova”
S. Agostino
Il Signore opererà per noi meraviglie che sorpasseranno infinitamente i nostri immensi desideri
 S. Teresina di Lisieux

 

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desiderio, agostino, steresina

mercoledì, 06 agosto 2008
***
 “Come gli amici adulando pervertono, così i nemici con i rimproveri molte volte correggono
(Sant'Agostino).

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amicizia, agostino

lunedì, 07 luglio 2008
La superbia: il male dell'uomo
***
Quando dico che Dio non china il suo orecchio al ricco,non deducete, fratelli, che egli non esaudisca coloro che posseggono oro e argento, famiglia e proprietà. Non importa che costoro siano nati così o comunque occupino quella elevata posizione sociale; basta che si ricordino di ciò che dice a Timoteo l'Apostolo: Ai ricchi di questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi (1 Tm 6,17). possidenti, che non insuperbiscono, sono poveri davanti a Dio; e sui poveri, sui miseri, sui bisognosi Dio china il suo orecchio.
Essi sanno di non riporre la propria speranza nell'oro, nell'argento e neppure negli altri averi di cui sembrano per un momento abbondare. Basta perciò che la ricchezza non li precipiti in perdizione; basta che non sia loro di ostacolo, giacché un vero giovamento la ricchezza non arreca di certo.
Quando uno disprezza in cuor suo tutto quello di cui la superbia suole gonfiarsi, e un povero di Dio; a lui il Signore tende l'orecchio, perché conosce lo spasimo del suo cuore.

10
Il povero che giaceva coperto di piaghe alla porta dei ricco venne portato dagli angeli nel seno di Abramo. Invece il ricco, che indossava vesti di porpora e di bisso e ogni giorno banchettava lautamente, fu gettato all'inferno in mezzo ai tormenti. Così leggiamo e così crediamo.
Quel povero viene forse eletto dagli angeli in grazia della sua miseria? E quel ricco viene spedito al supplizio per colpa delle sue ricchezze? Cerchiamo di capire bene: nel povero è premiata l'umiltà, nel ricco è punita la superbia. Ecco in breve la prova che non le ricchezze, ma la superbia causa al ricco la condanna. Leggiamo che il povero fu sollevato nel seno di Abramo; ma la Scrittura ci dice che sulla terra il patriarca era molto ricco in bestiame, argento e oro (Gen 13,2). In che modo Abramo avrebbe potuto precedere il mendico tanto da accoglierlo nel suo seno, se la ricchezza getta a capofitto nei tormenti chi la possiede . Ora, pur in prosperosa agiatezza, Abramo è povero, umile,rispettoso e obbediente a ogni precetto divino. Sdegna le ricchezze al punto che accetta, per ordine del Signore, d'immolare suo figlio, a cui destinava tutti quegli averi.
11
Fratelli, imparate dagli esempi descritti a essere poveri davanti a Dio, che possediate qualcosa in questo mondo. sia che non abbiate nulla. Puoi incontrare infatti un mendicante che è superbo, come invece trovare un ricco che confessa i suoi peccati.
Dio si oppone al superbi, tanto se vestiti di seta, quanto se coperti di cenci; agli umili invece dà la sua grazia, posseggano essi o no i beni di questo mondo.
Dio esplora l'intimo del cuore; è lì che scruta, è lì che valuta. Tu non vedi la bilancia di Dio, eppure i tuoi pensieri vi sono pesati.
Fa' attenzione: il salmista spiega perché la sua preghiera è esaudita, quando dice. Perché io sono povero e infelice Esamina se tu sia misero e povero. Se non lo sei, non verrai esaudito. Qualsiasi cosa che in te o attorno a te potrebbe renderti presuntuoso, scagliala via. Tutta la tua speranza sia Dio: sentiti povero di lui, ed egli ti colmerà.(Sal 85,2).
 sant'Agostino

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agostino

mercoledì, 02 luglio 2008
L'amicizia
per S.Agostino
 ***
“In questo mondo sono necessarie solo due cose: la salute e un amico; queste le cose di grande importanza, quelle che non dobbiamo trascurare.”
“In tutte le cose umane nulla è più caro all'uomo senza un amico.
“Per me è naturale abbandonarmi tutto all'affetto dei miei amici più intimi, soprattutto quando sono angosciato dagli scandali del mondo; nel loro cuore riposo senza alcuna preoccupazione: sento che li c'è Dio nel quale mi abbandono sicuro, e nel quale sicuro riposo.
Quando ci si vuol bene, e tra chi parla e chi ascolta c'è una comunione profonda, si vive quasi gli uni negli altri, e chi ascolta si identifica in chi parla e chi parla in chi ascolta. Non è vero che quando illustriamo a qualcuno il panorama di una città o di un paesaggio, che a noi è abituale e non c'impressiona più, è come se lo vedessimo per la prima volta anche noi? E ciò è tanto più quanto più siamo amici: perché l'amicizia ci fa sentir di nuovo dal di dentro quel che provano i nostri amici.
“Se ci angustiasse la povertà, se ci addolorasse il lutto, ci rendesse inquieti un malanno fisico, ci tormentasse qualche altra calamità, ma ci fossero vicine delle persone buone che sapessero non solo godere con quelli che godono, ma anche piangere con quelli che piangono, che sapessero rivolgere parole di consolazione e conversare amabilmente, allora verrebbero lenite in grandissima parte le amarezze, alleviati gli affanni, superate le avversità.
“Tra le persone più care può avvenire che, nel discutere insieme le nostre opinioni su qualche argomento, si manifestino delle divergenze di vedute, ma non ne soffre la carità; la sincerità - uno dei requisiti dell'amicizia - non genera mai odio.

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amicizia, agostino

lunedì, 23 giugno 2008
Il desiderio
 ***
La vita di un buon cristiano è tutta un santo desiderio. Ma se una cosa è oggetto di desiderio, ancora non la si vede, e tuttavia tu, attraverso il desiderio, ti dilati, cosicché potrai essere riempito quando giungerai alla visione. Ammettiamo che tu debba riempire un grosso sacco e sai che è molto voluminoso quello che ti sarà dato; ti preoccupi di allargare il sacco o l'otre o qualsiasi altro tipo di recipiente, più che puoi; sai quanto hai da metterci dentro e vedi che è piccolo; allargandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo Dio con l'attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l'animo e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque, o fratelli, di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti. Ammirate l'apostolo Paolo che dilata le capacità della sua anima, per poter accogliere ciò che avverrà. Egli dice infatti: Non che io abbia già raggiunto il fine o che io sia perfetto; non penso di avere già raggiunto la perfezione, o fratelli (Fil 3, 12-13). Ma allora che cosa fai, o Paolo, in questa vita, se non hai raggiunto la soddisfazione del tuo desiderio? Una sola cosa, inseguire con tutta l'anima la palma della vocazione celeste, dimentico di ciò che mi sta dietro, proteso invece a ciò che mi sta davanti (Fil 3, 13-14). Ha dunque affermato di essere proteso in avanti e di tendere al fine con tutto se stesso. Comprendeva bene di essere ancora incapace di accogliere ciò che occhio umano non vide, né orecchio intese, né fantasia immaginò. In questo consiste la nostra vita: esercitarci col desiderio. Saremo tanto più vivificati da questo desiderio santo, quanto più allontaneremo i nostri desideri dall'amore del mondo. Già l'abbiamo detto più volte: il recipiente da riempire deve essere svuotato. Tu devi essere riempito di bene: liberati dunque dal male. Supponi che Dio ti voglia riempire di miele: se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna gettar via il contenuto del vaso, anzi bisogna addirittura pulire il vaso, pulirlo faticosamente coi detersivi, perché si presenti atto ad accogliere questa realtà misteriosa. La chiameremo impropriamente oro, la chiameremo vino. Qualunque cosa diciamo intorno a questa realtà inesprimibile, qualunque cosa ci sforziamo di dire, è racchiuso in questo nome: Dio.
Trattato sulla prima lettera di Giovanni

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desiderio, agostino

mercoledì, 18 giugno 2008
I fatti
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“Le parole insegnano, gli esempi trascinano. Solo i fatti danno credibilità alle parole”.
 Sant'Agostino

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agostino

martedì, 10 giugno 2008
La Bellezza
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« Nella contemplazione dello splendore universale del mondo, la bellezza stessa diventa, per così dire, voce e ti grida: non mi sono fatta da sola, è Dio che mi ha creata. »

 sant’Agostino, Confessioni

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bellezza, agostino

domenica, 08 giugno 2008
don Julián Carrón -
***
 
 Testimonianza di don Julián Carrón
Cosa ha portato qui ognuno di noi, questa sera? Soltanto il riconoscimento e l'aver preso sul serio il proprio bisogno umano, solo un momento di lealtà con se stessi, con la propria umanità. Perché ognuno di noi è proprio questo: bisognoso. È bello essere bisognosi, perché ci rimanda all'Unico che può rispondere a questo bisogno. Ma bisognosi di che cosa? Il Papa nella si domandava nella Spe salvi(n. 11): che cosa vogliamo veramente? «In fondo» - diceva il Papa citando sant'Agostino - «vogliamo una sola cosa: la vita che è sempspinti».
Cosa ha portato qui ognuno di noi, questa sera? Soltanto il riconoscimento e l'aver preso sul serio il proprio bisogno umano, solo un momento di lealtà con se stessi, con la propria umanità. Perché ognuno di noi è proprio questo: bisognoso. È bello essere bisognosi, perché ci rimanda all'Unico che può rispondere a questo bisogno. Ma bisognosi di che cosa? Il Papa nella si domandava nella Spe salvi(n. 11): che cosa vogliamo veramente? «In fondo» - diceva il Papa citando sant'Agostino - «vogliamo una sola cosa: la vita che è semplicemente vita, semplicemente "felicità". Non c'è, in fin dei conti, altro che chiediamo nella preghiera. Verso nient'altro ci siamo incamminati: di questo solo si tratta. Ma poi Agostino dice anche: guardando meglio, non sappiamo affatto che cosa in fondo desideriamo, che cosa vorremmo propriamente», e tuttavia «sappiamo che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti».
Non è scontato riconoscere che ognuno di noi ha questo bisogno e che deve esistere qualcosa che non conosciamo, perché - come ci ricorda il regista Tarkovskij - "da tempo l'uomo occidentale ha bruciato la bisaccia e il bastone del viandante, con la sua commovente attitudine alla domanda". L'uomo ha rinunciato ad essere pellegrino, vale a dire ha rinunciato a capire che la vita è cammino verso un destino infinito, e allora "la dimora dell'uomo non è più l'orizzonte, ma il nascondiglio, dove non incontra più nessuno e dove perciò comincia a dubitare della sua stessa esistenza".
 L'epoca contemporanea è una tragica documentazione di ciò cui l'uomo arriva nella pretesa di autonomia, di farsi da sé, di realizzarsi da sé, di crearsi da sé. Per questo la lotta è tra il mendicante, tra chi si riconosce bisognoso, e l'autosufficiente, chi pensa di non aver bisogno di niente e di bastare a se stesso. È una lotta fra due concezioni dell'uomo, fra chi appartiene a qualcosa di più grande e chi appartiene a se stesso.
Ognuno di noi sa di essere immerso in questa lotta: perciò la domanda più stringente è come venirne fuori vincitori. Per don Giussani è chiaro qual è il primo passo da compiere: l'uomo ritorna ad essere se stesso quando torna ad essere mendicante, a mendicare il suo traguardo, il suo destino, come un bambino che mendica la madre. Il pellegrinaggio che stiamo per compiere è un'occasione unica di ritornare ad essere mendicanti. Il mendicante è l'uomo vero, l'uomo che riconosce tutta la grandezza del suo desiderio: che è così grande che noi non siamo in grado di rispondere da soli. Per questo, Signore - come dice il salmo (Is26 8-9) -, "è al tuo nome e al tuo ricordo che si volge tutto il nostro desiderio". La cosa più stupefacente è che vedendoci così bisognosi il Signore è diventato lui stesso mendicante di noi: "Cristo mendicante del cuore dell'uomo". Chi guarda questa mendicanza di Cristo del nostro cuore non può non essere colpito: "Che cosa mai è l'uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell'uomo perché te ne curi?" (Sal8, 5).
È la notizia arrivata a quella ragazza di 15/17 anni, a Nazareth, che la fa esultare di gioia, come esprime lei stessa davanti a Elisabetta: "Il Signore ha guardato l'umiltà" - il niente - "della sua serva". Il Cristianesimo è l'annuncio di questa notizia, di questo sguardo nuovo, pieno di compassione, di Cristo per ognuno di noi. Per farsi riconoscere Dio è entrato nella storia, nella vita di ogni uomo, come uomo, secondo una forma umana: e così il pensiero e tutta l'affezione sono stati "bloccati", calamitati, diceva don Giussani. Chi ha incrociato questo sguardo è rimasto segnato, investito di una gioia senza pari, come successe a quel pubblicano di Gerico, che quando Gesù lo guarda e gli dice "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua, in fretta accorse pieno di gioia. È questo sguardo che attraversa il Vangelo: quando Gesù, rivolgendosi alla gente, le dice - come dice adesso a ognuno di noi - "perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati"; o a quella donna che va a seppellire il figlio: "Donna, non piangere". Queste espressioni dicono tutta la tenerezza di Cristo nei nostri confronti.
Questo è il nostro valore: noi, che non siamo niente, siamo stati guardati - siamo guardati ora - così, e perciò chi ha incontrato questo sguardo non ha potuto non essere preso fino al midollo. Da allora tutti quelli che lo hanno incrociato sono diventati, anche loro, mendicanti di Cristo. "Cristo mendicante del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo": come noi facciamo questa sera, cercando di immedesimarci nella Madonna, che lasciava entrare questo sguardo; come hanno fatto i discepoli, che appena hanno trovato quell'uomo sono stati così calamitati dalla sua presenza che non hanno potuto evitare di andarlo a cercare il giorno dopo; o di Paolo, il fariseo che dopo averlo incontrato dice: «Tutto quello che prima consideravo guadagno l'ho considerato una perdita, a motivo di Cristo; (...) non però che io abbia conquistato il premio: solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anche io sono stato conquistato da Cristo» (Fil.3). Anche noi siamo tutti stati conquistati da Cristo, e per questo oggi siamo venuti qua per correre, per conquistarlo ancora, perché tutta la nostra vita sia investita dalla sua presenza. Come succede a San Paolo: «Non più io, ma Cristo che vive in me».
Questa vita nella carne io la vivo nella fede nel Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Lasciare entrare questa presenza si chiama memoria: è quello che consente che tutte le nostre prigioni diventino luogo di respiro, che qualsiasi circostanza, anche quella più brutta, possa essere investita da un respiro e da una novità nuova. La vita ci è stata data per questo: per riconoscere sempre di più che cos'è Cristo. Che qualsiasi circostanza ci tocchi affrontare o vivere, che qualsiasi dolore, qualsiasi sofferenza, possano essere luogo, occasione in cui Cristo svela se stesso, ci fa capire di più fino a che punto Lui ama la nostra vita e vuole cambiarla, farla diventare grande.
Amici, percorriamo la strada verso Loreto coscienti del nostro niente, perché altrimenti saremmo formali, incoscienti del nostro bisogno. Non abbiamo altro, per sostenere la strada, se non questo nostro bisogno, con gli occhi fissi nella Madonna "di speranza fontana vivace" (Dante, Par./span> XXX 12), guardando Lei senza censurare niente. Ecco come la nostra vita può riempirsi di speranza. Qualsiasi sia il momento che attraversiamo, andiamo verso di Lei con tutto il nostro bisogno, perché Cristo possa riempire la nostra vita della sua Presenza.................        Grazie a: Graciete

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tarkovskij, agostino, carron

sabato, 24 maggio 2008
Quando sei disperato
 ***
 
Se senti vacillare la fede per la violenza della tempesta,
 calmati:Dio ti guarda.
Se ogni cosa che passa cade nel nulla, senza più ritornare
,
calmati: Dio rimane.
Se il tuo cuore è agitato e in preda alla tristezza,

calmati: Dio perdona.
Se la morte ti spaventa,
e temi il mistero e l'ombra del sonno notturno
,
calmati: Dio risveglia.
Dio ci ascolta, quando nulla ci risponde;
è con noi,quando ci crediamo soli;
ci ama, anche quando sembra che ci abbandoni
.
Sant'Agostino

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agostino

venerdì, 23 maggio 2008
Mario Vittorino
***


          Feci in quei giorni visita a Simpliciano, che Ambrogio amava come un padre. Gli raccontai i miei problemi. E quando accennai alla lettura  che avevo fatto di alcuni libri platonici tradotti da Mario Vittorino si rallegrò. E per esortarmi all'umiltà di Cristo mi raccontò i suoi ricordi di Vittorino. Egli fino alla vecchiaia aveva onorato gli dei e aveva ottenuto un grandissimo riconoscimento: una statua nel foro romano. Eppure non arrossì a tornare piccolo, convertendosi a Cristo. Abbassò il collo al disonore della croce. Era già da tempo convertito, ma per non dispiacere ai suoi amici era cristiano in segreto. Ma poi prese forza dalle letture della Scrittura e un giorno con Simpliciano si presentò in chiesa e diede il nome per ricevere il battesimo. E quando venne il momento della professione di fede, i preti proposero a Vittorino di farla in forma privata. Invece egli si presentò sul palco pubblico per farla davanti a tutti. E tutti presenti, quando egli salì per recitare la formula, scandirono fragorosamente il suo nome in segno di approvazione. Poi azzittirono e nel silenzio di tutti fece la sua professione di fede con sicurezza straordinaria. Simpliciano aggiunse anche un altro particolare: che poiché ai tempi dell'imperatore Giuliano un editto proibiva ai cristiani di insegnare letteratura e oratoria, Vittorino, inchinandosi alla legge aveva preferito abbandonare la scuola delle ciance anziché la tua Parola. Allorché il tuo servo Simpliciano mi ebbe narrata la storia di Vittorino, mi sentii ardere dal desiderio di imitarlo, che poi era lo scopo per il quale Simpliciano me l'aveva narrata S. Agostino (Confess. 8,3-5.10)

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agostino

giovedì, 22 maggio 2008
 ***
"E allora pensi che la mente non soffra quando la passione la domina e, dopo averle tolto il bene della virtù, la conduce, povera e indigente di qua e di là?
Infatti talvolta scambia il falso per il vero e talvolta cerca anche di difenderlo....
Talvolta ancora dubita di tutto e spesso arretra di fronte all'evidenza dei ragionamenti; altre volte perde ogni fiducia nella ricerca della verità e si trova avvolta dalle tenebre dell'ignoranza; e ancora va verso la luce dell'intelligenza e poi, affaticata, se ne allontana.
        Nello stesso tempo si scatena la tirannia della passione e coinvolge tutta la vita dell'animo umano trascinandolo in opposte direzioni con varie e contrarie tempeste; in una direzione con il timore, nell'altra con il desiderio, da una parte con l'angoscia, dall'altra con una gioia vana e falsa, da una parte ancora con lo strazio di aver perduto una cosa amata, dall'altra con il desiderio di possedere quello che non ha, da una parte con la rabbia di aver subito un torto, dall'altra con la voglia di vendicarsi. 
        E così la mente è preda dell'avidità che la rende meschina, si perde nei piaceri, è schiava dell'ambizione, si gonfia di superbia, si torce nell'invidia, è stordita dall'indolenza, diventa sorda per l'ostinazione, è piegata dalla sconfitta, insomma è in balia di ogni sorta di quelle avversità che popolano e tormentano il regno della passione. Si può pensare allora che la sofferenza che necessariamente affligge quelli che non posseggono la sapienza sia piccola?"
S. Agostino
§   

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libertà, agostino


La carità ha due piedi
***
La carità ha due piedi, che sono i precetti dell'amor di Dio e del prossimo. Vedi di non zoppicare, ma corri con ambedue i piedi fino a Dio.
Sant' Agostino

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agostino

lunedì, 19 maggio 2008
 L'amore
 ***

Agita sotto il muso di una capretta un ramoscello tenero: ti verrà appresso.
Mostra ad un fanciullo una ghiottoneria: te lo farai amico.
E il fatto che quell'attrazione lo spingerà a venire dietro a te, è segno che un certo amore lo attrae. Il desiderio lo attrae. L'amore spinge e non fa violenza, solo con il vincolo del cuore.

S. Agostino, Pensieri

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agostino

lunedì, 03 marzo 2008
La bellezza
***

“Ignaro di tutto ciò, e innamorato delle bellezze terrene, io allora camminavo verso l’abisso e dicevo ai miei amici: "Noi non amiamo che il bello. Cos’è il bello? e cos’è la bellezza? Cosa ci attrae e ci avvince agli oggetti del nostro amore? La convenienza e la grazia, perché se ne fossero privi non ci attirerebbero affatto". Avvertivo cioè e notavo che nei corpi altra cosa è la bellezza, per così dire, complessiva, in quanto sono un complesso, e altra la convenienza, ossia l’armonia con altri corpi, come una parte del nostro corpo si armonizza col tutto, o un calzare col piede e così via.”
 S.Agostino, da Confessioni, IV, 13, 20

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bellezza, agostino

domenica, 02 marzo 2008
Il cuore è inquieto finché non riposi in te
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7.12. Che follia non saper amare gli uomini come uomini! E sciocco l'uomo che non ha misura, insofferente dei limiti umani. L'uomo che allora ero: tutto furori e sospiri e pianti e turbamenti, senza pace e senza equilibrio. E mi portavo dietro l'anima mutilata e sanguinante, che ormai non ne poteva più di farsi trascinare in giro, e non trovavo modo di metterla giù, da qualche parte. No, non trovava pace: non nella frescura dei boschi, negli svaghi e nei canti, non nei giardini profumati o nell'eleganza delle feste, non nei piaceri dell'amore e del sonno, neppure infine nei libri e nella poesia. Tutto mi faceva orrore, perfino la luce, e qualunque cosa non fosse lui era opprimente e odiosa oltre ogni sfogo di pianto: l'unica cosa in cui l'anima trovava un po' di requie. Ma quando la si distoglieva da quello, subito mi schiacciava sotto il peso della tristezza. Verso di te, signore, avrei dovuto sollevarla per curarla: lo sapevo, ma non volevo e non ce la facevo, tanto più in quanto se pensavo a te non mi eri niente di solido e fermo. Perché non eri tu, era un vuoto fantasma, era il mio errore il mio Dio. E se tentavo di appoggiarla lì, l'anima, per farla riposare, scivolava nel vuoto e di nuovo mi crollava addosso, e per me io restavo un luogo gramo, dove non potevo stare e da cui non potevo allontanarmi. Dove, via dal mio cuore, poteva fuggire il mio cuore? Dove fuggire io, via da me stesso? Dove non esser braccato da me stesso? Dal mio paese sì, però, riuscii a fuggire. I miei occhi l'avrebbero cercato meno, dove non eran soliti vederlo: e così dal borgo di Tagaste me ne venni a Cartagine.


[Il dolore, il tempo, l'amicizia]

8.13. Non passa invano il tempo e non gira a vuoto sui nostri sentimenti: ha strani effetti sull'anima. E venivano i giorni e passavano uno dopo l'altro, e venendo e passando mi insinuavano dentro altre speranze, altri ricordi: e a poco a poco mi restituivano agli antichi piaceri, e a questi il mio dolore ormai cedeva il passo. Ma gli succedevano, se non altri dolori, altre cause di dolore. E del resto perché quello era penetrato in me tanto facilmente e tanto in profondità, se non perché avevo fondato l'anima sulla sabbia, affezionandomi a un uomo destinato a morte come se non dovesse mai morire.
Soprattutto mi aiutava a riprendermi il conforto di altri amici: con loro amavo ciò che amavo in vece tua, cioè una sterminata favola e una lunga bugia, che con le sue lusinghe e seduzioni ci solleticava le orecchie e ci corrompeva la mente
. E quella favola non mi moriva: era sopravvissuta alla morte di uno dei miei amici. Altre erano le cose che sempre più mi stringevano a loro: il riso e il conversare insieme, e le reciproche affettuose cortesie, e il fascino dei libri letti insieme, gli scherzi e i nobili svaghi comuni, e il dissentire a volte, ma senza rancore, come succede con se stessi, e con questi rarissimi dissensi fare più intenso il gusto dei molti consensi, e l'insegnare e l'imparare a turno, la nostalgia impaziente per chi manca, le festose accoglienze a chi ritorna: son questi o simili, i segni che dal cuore di chi ama ed è riamato giungono tramite il volto, la bocca, gli occhi e mille graziosissimi gesti, quasi ad alimentare il fuoco che divampa e fonde molte anime in una.

9.14. Questo è ciò che si ama negli amici, e lo si ama al punto che la coscienza rimorde se non si ama quando si è riamati o se non si ricambia l'amore di un altro, senza altro chiedere al suo corpo che qualche indizio di affetto. Di qui viene il cordoglio per l'amico che muore, e il buio della tristezza e il cuore madido di una dolcezza mutata in amaro: e la vita perduta dei morti che si fa morte dei vivi. Beato chi ama te e ha te per amico e nemici per te. Il solo che non perde chi gli è caro è quello al quale tutti sono cari, in Uno che non si perde. E questo chi è se non il nostro Dio, che fece il cielo e la terra e li riempie, e riempiendoli li crea. Nessuno perde te a meno che ti lasci, e dove va, dove fugge, se non dal tuo sorriso al tuo furore. Dovunque in fondo alla sua pena troverà la tua legge. E la tua legge è verità, e la verità sei tu.
».
SANT'AGOSTINO CONFESSIONI 4 -7,12


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agostino, senso religioso

domenica, 24 febbraio 2008
“Si diventa e si rimane cristiani perché si prova un piacere nell'aderire a Gesù Cristo
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Il papa pellegrino dal santo "peccatore”
Libero, sabato 21 aprile, Il papa pellegrino dal santo "peccatore" (A. Socci)

Agostino, studente a Cartagine, a 17 anni inizia a convivere - una "coppia di fatto" - con una giovane nordafricana che amerà per 14 anni avendo da lei anche un figlio (all'età di 18 anni). Chi è questo giovane "avventuriero" che in pochi anni diventa uno degli intellettuali più brillanti di Roma e di Milano? Si tratta di Agostino d'Ippona, colui che - convertendosi a 32 anni - diventerà uno dei più grandi santi della storia della Chiesa, il più grande fra i padri e dottori della Chiesa, colui alla cui tomba, a Pavia, Benedetto XVI oggi va a in pellegrinaggio (Ratzinger si laureò con una tesi su di lui e ha sempre considerato Agostino come il suo maestro).
Giuliano Vigini nel libro "Sant'Agostino", che ha la prefazione proprio di Joseph Ratzinger, scrive che quella "unione di fatto ottiene il risultato di porre un freno al dilagare delle passioni amorose di Agostino e diventa un elemento equilibratore nella sua vita affettiva". Nel 1998 il senatore Andreotti, presentando con il cardinal Ratzinger un libro sull'attualità di sant'Agostino, disse: "Mi ha colpito una cosa leggendo l'Enciclopedia Cattolica: laddove si parla di Sant'Agostino si dice testualmente che, quando andò a Cartagine, questo giovane diciassettenne 'si piegava a una certa regola, unendosi senza matrimonio, con una grande fedeltà, alla donna madre del suo figlio' ". E' il caso di ricordare che l'Enciclopedia Cattolica è un'opera assolutamente ortodossa, addirittura emblematica del pontificato di Pio XII. Quelle considerazioni la dicono lunga sulla saggezza della Chiesa che non è per niente impaurita dalla vita e dall'umano (come oggi caricaturalmente la si vuol rappresentare) e sa cosa è l'uomo senza la Grazia di Cristo.
In una delle sue prime interviste da papa, Benedetto XVI disse: "il cristianesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva.questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa". Insomma la Chiesa è una possibilità di vita più umana, più appassionante e felice di qualunque esistenza senza Cristo.
Come scoprì e poi proclamò Agostino che, pur essendosi convertito giovane, a 32 anni, prima aveva sperimentato - scrive il Papa - "quasi tutte le possibilità dell'esistenza umana. Il suo temperamento passionale" ricorda Ratzinger "gli fece imboccare numerose strade".
Ma di fronte a tutte le "avventure" che precedono il battesimo, Ratzinger non mette affatto la sordina, né le derubrica a errori su cui stendere un pietoso velo. Al contrario nella prefazione al libro di Vigini, per spiegare la grandezza dell'opera teologica di Agostino, l'attuale Papa scrive che "la sua teologia (di Agostino) non nacque a tavolino, ma venne sofferta e maturata nell'odissea della sua vita".
Aggiunge perfino che "non sono le teorie bensì le persone quelle che rendono credibile un modo di vivere" e Agostino "è così umano, così credibile proprio perché la sua vita non ebbe un andamento lineare e le sue risposte non furono solo teorie". Ma come possono il Papa e la Chiesa indicare come esempio un uomo che ha percorso tante vie di peccato? Quello che in realtà indicano come esempio è il suo desiderio inappagato di verità e felicità. Perché - spiega Ratzinger - Agostino fu sempre leale col suo cuore e non si accontentò mai di "felicità" fittizie, finché non gli si rivelò la vera Felicità (ed era Gesù Cristo stesso). "Solo questo egli non poté e non volle mai" scrive Ratzinger "accontentarsi di una normale esistenza piccolo-borghese. La ricerca della verità bruciava in lui con troppa passione perché egli potesse accontentarsi di spendere la vita in modo convenzionale". In effetti Agostino riconosceva (anche per tutte le sue peripezie intellettuali oltreché esistenziali) cos'era la vita in se stessa: "tutto quello su cui posavo lo sguardo era morte. Ero infelice, in un profondissimo tedio della vita e la paura della morte. Io costituivo per me stesso un luogo desolato, dove non potevo stare e da cui non potevo fuggire. Non c'era sollievo né respiro in nessun luogo".
Da questo "nulla" - come racconta nelle Confessioni - fu portato alla vita vera attraverso una serie di incontri decisivi a Milano con persone innamorate di Cristo: con Ambrogio, con Simpliciano e una quantità di giovani che - perfino in accordo con le ex fidanzate - decidevano di scegliere la castità e la vita in comunità come gli apostoli (era il primo monachesimo). E' lì che Agostino sente l'attrattiva di Gesù più forte dei piaceri carnali "perché ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te". Così esplode in un nuovo sorprendente impeto di adesione: "mi avevi infatti così convertito a Te, che io non pensavo più a cercarmi una moglie". Quindi "fummo battezzati" (lui, con il figlio e gli amici) "e si dileguò da noi l'inquietudine della vita passata. Tu, che fai abitare in una casa i cuori umani, il Tuo perdono sprona il cuore a non assopirsi nella disperazione, a non dire 'non posso', a vegliare invece nell'amore, investito dalla Tua misericordia, forza di me debole".
La figura di Agostino è straordinariamente moderna. Su di lui esce in media nel mondo un libro al giorno. La sua riscoperta nella Chiesa, grazie a Benedetto XVI, potrà avere effetti straordinari. In che direzione? Nella "Sacramentum caritatis" il Papa ha scritto: "Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio".
E' un cambiamento di mentalità che Ratzinger da tempo chiede ai cattolici e che potrebbe trasformare la percezione che i moderni hanno della Chiesa. Don Giacomo Tantardini, che all'Università di Padova da ben dieci anni tiene un ciclo di lezioni sulla figura e l'opera di Agostino, ha indicato quella frase del papa come decisiva: "il tempo della Chiesa è caratterizzato proprio da questa dinamica: l'incontro con un'attrattiva presente che corrisponde al desiderio dell'uomo".
In particolare "sant'Agostino arriva a dire, seguendo san Paolo, che tutta la dottrina cristiana senza la delectatio e la dilectio, senza l'attrattiva amorosa della grazia, è lettera che uccide. Non è la cultura, neppure la dottrina cristiana, che può stabilire un rapporto con un uomo per il quale il cristianesimo è un passato che non lo riguarda. è qualcosa che viene prima della cultura. Questo qualcosa che viene prima sant'Agostino lo chiama delectatio e dilectio, cioè l'attrattiva amorosa della grazia. Questo diletto, questa felicità è il motivo e la ragione per cui si diventa e si rimane cristiani".
Queste lezioni di Tantardini sono raccolte adesso in libro, "Il cuore e la grazia in S. Agostino" (Città nuova) che sarà presentato il 27 novembre prossimo a Padova dal patriarca di Venezia Angelo Scola, personalità molto rappresentativa della Chiesa di Benedetto XVI. Esse "costituiscono un 'caso' di grande interesse culturale" secondo l'agostiniano Nello Cipriani. "L'idea che si diventa e si rimane cristiani perché si prova un piacere nell'aderire a Gesù Cristo non è solo di Agostino ma anche di don Giussani, autore di un libro intitolato 'L'attrattiva Gesù'. Io credo che don Giacomo Tantardini" scrive Cipriani "abbia colto la profonda consonanza esistente tra l'esperienza cristiana vissuta e proposta tanti secoli fa da sant'Agostino e quella proposta oggi da don Giussani". Le sue pagine aiutano "gli ascoltatori e i lettori a scoprire o a riscoprire la bellezza e la gioia di un'autentica esperienza cristiana, che, al di là delle dottrine teologiche e dei riti religiosi, è soprattutto un incontro personale con Cristo, che, sempre vivo e presente, è capace ancora oggi di suscitare una profonda attrattiva nel cuore dell'uomo".
E' questo che Benedetto XVI annuncia a tutti.

Postato da: giacabi a 09:11 | link | commenti
benedettoxvi, socci, agostino

domenica, 16 dicembre 2007
 il Cristianesimo non è un insieme di valori
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«Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio, e non nel dono della sua Persona». sant’Agostino

Postato da: giacabi a 15:23 | link | commenti
cristianesimo, agostino

martedì, 11 dicembre 2007
La bellezza segno di Dio
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"Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo... interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile?"
S. Agostino (Sermo 241)

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