CONSULTA L'INDICE PUOI TROVARE OLTRE 4000 ARTICOLI

su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


mercoledì 22 febbraio 2012

sbernardo


"Eccomi"
 ***
http://digilander.libero.it/mariaoggi/Annunciazione%20Beato%20Angelico%20a.jpg

Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita.

Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e David; te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati, i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte. Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano.

O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo, anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli la Parola divina, emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna. Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, da' il tuo assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà nella parola.

Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso.
"
Eccomi", dice, "sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
san Bernardo, abate Dalle Omelie sulla Madonna, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54

Postato da: giacabi a 19:23 | link | commenti
maria, sbernardo

martedì, 23 giugno 2009

La Sua presenza ci cambia
***
 
« Mi chiedi come io  possa  venire a  conoscenza della sua presenza? Egli è vivo e operoso, e subito, appena entrato ha risvegliato la mia anima sonnecchiante: ha scrollato , raddolcito e ferito il mio cuore, perché era duro come pietra e malsano. Ha cominciato a sradicare e a distruggere , a costruire e a piantare, a irrigare le zone aride, a illuminare i recessi tenebrosi … , in modo tale che la mia anima si è messa a benedire il Signore».
San Bernardo


Postato da: giacabi a 21:07 | link | commenti (3)
sbernardo

mercoledì, 13 maggio 2009

  ***

"Dio invisibile ha voluto mostrarsi nella carne e vivere come un uomo, perchè le creature carnali non potevano amare se non nella carne. Solo così potevano essere condotte verso l'amore salvifico della Sua Persona: in questo modo Cristo le aveva liberate da ogni amore carnale, soltanto con la grazia della Sua Presenza carnale".
San Bernardo
grazie ad annina
 

Postato da: giacabi a 21:22 | link | commenti
sbernardo

martedì, 13 gennaio 2009

Dio: qualcosa di necessario a sé
 ***
« In primo luogo, l’uomo ama se stesso e non capisce nient’altro che sé; ma quando incomincia a capire che da sé non riesce neanche a sussistere, allora incomincia, attraverso l’indagine e la fede, ad amare Dio come qualcosa di necessario a sé.»
San Bernardo (De diligendo Deo)     

Postato da: giacabi a 21:59 | link | commenti
sbernardo

domenica, 04 gennaio 2009

Iesu dulcis memoria
***

Iesu dulcis memoria
Dans vera cordis gaudia
Sed super mel et omnia
Eius dulcis praesentia.
Nil canitur suavius
Nil auditur iucundius
Nil cogitatur dulcius
Quam Jesus Dei Filius.
Iesu, spes paenitentibus
Quam pius es petentibus
Quam bonus Te quaerentibus
Sed quid invenientibus?
Iesu dulcedo cordium
Fons vivus lumen mentium
Excedens omne gaudium
Et omne desiderium.
Nec lingua valet dicere
Nec littera exprimere
Expertus potest credere
Quid sit Iesum diligere.

Iesu Rex admirabilis
Et triumphator nobilis
Dulcedo ineffabilis
Totus desiderabilis.
Mane nobiscum Domine
Et nos illustra lumine
Pulsa mentis caligine
Mundum reple dulcedine.
Quando cor nostrum visitas
Tunc lucet ei veritas
Mundi vilescit vanitas
Et intus fervet Caritas.
Iesum omnes agnoscite
Amorem eius poscite
Iesum ardenter quaerite
Quaerendo in ardescite.
Iesu flos matris Virginis
Amor nostrae dulcedinis
Tibi laus honor numinis
Regnum beatitudinis.
Iesu summa benignitas
Mira cordis iucunditas
In comprehensa bonitas
Tua me stringit Caritas.
Iam quod quaesivi video
Quod concupivi teneo
Amore Iesu langueo
Et corde totus ardeo.
O Iesu mi dulcissime
Spes suspirantis animae
Te quaerunt piae lacrymae
Et clamor mentis intimae.
Sis, Iesu, nostrum gaudium,
Qui es futurus praemium:
Sit nostra in te gloria
Per cuncta semper saecula.
Amen.

O Gesù, ricordo di dolcezza
Sorgente di forza vera al cuore
Ma sopra ogni dolcezza

Dolcezza è la Sua Presenza.
Nulla si canta di più soave
Nulla si ode di più giocondo
Nulla di più dolce si pensa
Che Gesù, Figlio di Dio.
Gesù, speranza di chi ritorna al bene
Quanto sei pietoso verso chi Ti desidera
Quanto sei buono verso chi ti cerca
Ma che sarai per chi ti trova?
Gesù, dolcezza del cuore
Fonte viva, luce della mente
Al di là di qualsiasi gioia
E qualsiasi desiderio.
La bocca non sa dire
La parola non sa esprimere
Solo chi lo prova può credere
Ciò che sia amare Gesù.

Gesù Re ammirabile
E nobile trionfatore,
Dolcezza ineffabile,
Totalmente desiderabile!
Rimani con noi Signore
E illuminaci con la Tua luce,
Dissipa l’oscurità della mente;
Reso puro, riempimi di dolcezza!
Quando visiti il nostro cuore,
Allora brilla su di esso la verità,
Perde valore la vanità del mondo
E dentro arde la Carità.
Riconoscete tutti Gesù,
Chiedete il Suo amore,
Cercate ardentemente Gesù,
Infiammatevi nel cercarLo!
Gesù fiore di Madre Vergine,
Amore della nostra dolcezza:
A Te la lode e l’onore della potenza
E il Regno della beatitudine.
Gesù, suprema bontà,
Gioia straordinaria del cuore,
E insieme tenera benevolenza:
La Tua Carità mi strugge.
Vedo già ciò che ho cercato
Possiedo ciò che ho desiderato;
Languo d’amore, Gesù,
E ardo tutto in cuore.
O Gesù mio dolcissimo
Speranza dell’anima che sospira
Ti cercano le lacrime pietose
E il grido del profondo dell’animo.
Sii, o Gesù, la nostra gioia,
Tu che sarai l’eterno premio;
In te sia la nostra gloria
Per ogni tempo.
Amen.

Jesu Dulcis Memoria
   ascolta il canto
grazie a: http://graciete.
che belle le parole!!

Postato da: giacabi a 20:15 | link | commenti
sbernardo

lunedì, 15 dicembre 2008

***
“In primo luogo l'uomo ama se stesso per se stesso, perché è carne e niente ha valore al di fuori di sé. Quando vede che non può sussistere per sé, incomincia con la fede a cercare  Dio che gli è divenuto necessario. Nel secondo grado ama perciò Dio, ma per se stesso, non per Lui. Quando però,spinto dalla necessità, avrà cominciato a coltivarlo, a frequentarlo, col pensiero, con la lettura, con la preghiera,con l'obbedienza, a poco a poco, insensibilmente, quasi con una certa familiarità, Dio si fa conoscere, inondando[lo] di dolcezza; cosicché, gustato quanto soave sia il Signore, [l'uomo] giunge al terzo grado, per amare Dio non per sé, ma per Lui stesso. In questo grado l'uomo rimane certamente a lungo; e non so se mai alcuno raggiunga pienamente in "questa vita il quarto grado, cioè quello in cui l'uomo ama se stesso solo per Dio.”
Bernardo dì Chiaravalle  De diligendo Deo, XV, 39.

Postato da: giacabi a 20:38 | link | commenti
sbernardo

venerdì, 23 maggio 2008


Gli stimoli della scienza
***
" Vi sono cinque stimoli che possono incitare l'uomo alla scienza:
Vi sono uomini che vogliono sapere per il solo gusto di sapere: è bassa curiosità.
Altri cercano di conoscere per essere conosciuti: è pura vanità.
Altri vogliono possedere la scienza per poterla rivendere e guadagnare denaro ed onori: il loro movente è meschino.
Ma alcuni desiderano conoscere per edificare: e questo è carità;
 altri per essere edificati: e questo è saggezza"
San Bernardo

Postato da: giacabi a 14:50 | link | commenti
sbernardo, scienza - articoli

venerdì, 02 maggio 2008


 Cercarti e trovarti
 ***



Tu sei buono, Signore, con l'anima che ti cerca...
e cosa sei per l'anima che ti trova!
Che cosa strana!
Nessuno ti può cercare
se non t'avesse già trovato.
Tu ti lasci trovare perché ti si possa cercare
e vuoi essere cercato per lasciarti trovare
.

San Bernardo

Postato da: giacabi a 22:26 | link | commenti
sbernardo

giovedì, 27 marzo 2008



«Respice stellam, voca Maria»
***


Chiunque tu sia, che nel flusso di questo tempo ti accorgi che, più che camminare sulla terra, stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste, non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca! Se si alzano i venti delle tentazioni, se cozzi contro gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sbattuto dalle onde della superbia, dell'ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l'ira o l'avarizia, o le lusinghe della carne hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria. Se turbato dalla enormità dei peccati, se confuso per l'indegnità della coscienza, se atterrito dalla paura del giudizio, cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza e dall'abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, implora Maria. Non si allontani dalla tua bocca, non si allontani dal tuo cuore, e per ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare l'esempio della sua vita. Seguendo lei non puoi smarrirti, pregando lei non puoi disperare, pensando a lei non puoi sbagliare. Se lei ti sorregge non cadi, se lei ti protegge non cedi alla paura, se lei ti guida non ti logori, se lei ti è propizia raggiungi la meta.
Bernardo di Chiaravalle

Postato da: giacabi a 14:34 | link | commenti (1)
maria, sbernardo

domenica, 09 marzo 2008

San Bernardo
     
                                       ***

Per alcuni decenni l'Europa guardò a lui. Un vero ciclone toccato dalla grazia: salvò il suo Ordine, combattè le eresie, evitò uno scisma, predicò una crociata, disputò con Abelardo. La storia del monaco cistercense nato 900 anni fa


È un mattino fresco e luminoso di primavera dell'anno 1112. Al portale della grande abbazia di Citeaux si affaccia il monaco portinaio, con scontata rassegnazione. La stessa del suo abate Stefano Harding, ormai impotente ed amareggiato di fronte alla decadenza di Citeaux, fondata appena dodici anni prima con il grande sogno di rinnovare il monachesimo benedettino: era stato l'inizio dell'avventura cistercense (da Cistercium, o Citeaux). Ebbene, quella mattina il monaco portinaio si trova di fronte uno strano spettacolo: un giovanotto, sui vent'anni e, dietro di lui, una trentina di suoi amici e coetanei.

Quel giovane all'apparenza timido è un autentico conquistatore. Alcuni di quei giovanotti se li è trascinati con sé mentre erano impegnati nell'assedio al castello di Grancey: armi e cavalli costituivano il passatempo della gioventù aristocratica dell'epoca. Bernardo era nato da una famiglia aristocratica a Fontaine nel 1090; con gli anni anche il padre Tescelino, cavaliere, sei fratelli, zii e cugini, si faranno monaci con lui. Egli diverrà «la colonna della Chiesa», secondo le parole del suo biografo Goffredo d'Auxerre. Tutta la cristianità, papi, re, poveracci, cavalieri, monaci, per decenni, da tutta Europa, guarderanno a lui. La pattuglia che lo segue a Citeaux è fatta da uomini affascinati da lui. Li raccoglie così: ha un amico a Mâcon: «Bisogna che diventi anche lui dei nostri» dice ai fratelli. E quelli, sbigottiti, si guardano: «Ma Bemardo, tu lo conosci, ha una posizione, è un uomo importante. E poi, alla sua età!». Bernardo però non si ferma.

L'abbazia di Citeaux, che era ornai semivuota, si riempie di questa sorprendente compagnia. E col passare delle settimane e dei mesi continuano ad arrivare altri amici (molti sono sposati e per le mogli che vogliono prendere l'abito viene allora fondato un monastero a Juilly). L'abate Stefano, che prima di quel fresco mattino di primavera stava pensando addirittura di chiudere l'abbazia e andarsene, è stupefatto. Adesso le mura di Citeaux non bastano più. Bisogna costruire nuove abbazie. Stefano spedisce due gruppi di monaci nel 1113 e nel 1114. Poi l'anno dopo, per una nuova fondazione sceglie Bernardo: il giovane è in monastero da appena due anni, non ha nemmeno 25 anni, non ha ricevuto neanche l'ordinazione e poi -vien fatto notare all'abate- è pure cagionevole di salute, oltre a non aver alcuna esperienza amministrativa (per guidare un'abbazia erano necessarie certe doti "manageriali"). Ma Stefano ha già deciso. Bernardo, dunque, parte da Citeaux con un gruppetto di monaci. Si stabiliscono in una vallata solitaria e luminosa, Clara Vallis, Clairvaux, vicino al fiume Aube, a sud-est di Parigi. Vi costruiscono delle capanne. Alla durezza della regola si aggiunge il freddo e la fame. Il cibo, perlopiù, è fatto di zuppa di foglie di frassino. Qualche monaco ha momenti di sconforto, anche perché il lavoro qui è ancor più duro che a Citeaux. Bernardo non si occupa molto della organizzazione: ha a cuore innanzitutto quelle persone che gli sono state affidate. Da allora farà così per tutta la vita, nonostante la gigantesca fioritura, in tutta Europa, delle sue abbazie. Ormai avanti con gli anni, costretto dalle necessità della Chiesa universale a vivere per mesi in giro per l'Europa fuori dalle sue amate mura, scriverà ai suoi: «La mia anima è triste finché non ritornerò e non vuol essere consolata se non lì, fra voi». La dolcezza e il vigore della sua amicizia sostengono fin dall'inizio la fondazione di Clairvaux: «Vi scongiuro, fratelli, vi scongiuro per il bene comune (la vita della nostra comunità): afferrate con zelo l'occasione a voi data di operare la vostra salvezza» dice in un sermone. I monaci costruiscono pietra su pietra l'abbazia, bonificano, seminano piantano un frutteto, creano un grande orto diviso geometricamente e irrigato da piccoli rivoli. Grazie a una splendida opera di ingegneria idraulica, infatti, i monaci sono riusciti a incanalare metà delle acque dell'Aube, deviandole verso l'abbazia. Le acque sono utilizzate per il sistema di irrigazione e per tutti i laboratori dell'abbazia; fanno funzionare il mulino, servono ai monaci per la fabbricazione della birra, per la follatura e la conceria (e quando la portata d'acqua è eccessiva l'abbazia è difesa da un sistema di dighe). Bernardo, nonostante la cattiva salute e la debolezza, non si sottrae alla fatica, anzi vi sono dei racconti dove appare felice di essere il più bravo nella mietitura del grano che i fratelli volevano risparmiargli.

Un giorno, mentre i monaci stanno pregando, Bernardo vede arrivare dalle colline una quantità di persone: gente di ogni condizione, di ogni età, di ogni dove. Comincia così, quasi inattesa, non preordinata, la grande fioritura cistercense: al momento della morte di Bernardo, nel 1153, saranno ormai 350 i monasteri nati in tutte le valli, le foreste, le montagne d'Europa, dalla Scandinavia all'Italia. «Nei monasteri noi ammettiamo tutti, nella speranza che diventino migliori» dice Bernardo in un passo del «De consideratione». E aggiunge con ironia, rivolgendosi al Papa, che invece per la Curia romana è bene che trovi uomini già buoni, benché ciò sia raro, perché lì «è più facile ricevere uomini buoni che farli diventare tali
». Bernardo chiede innanzitutto a chi vuol entrare in monastero di «conoscere se stesso"», di riconoscere qual è la comune condizione dei mortali: «ogni uomo è mentitore, vacillante, misero, impotente, fragile, mutevole». Questa è la miseria quotidiana che nessuno slancio di entusiasmo può cancellare. Ma da questo «lago della miseria e dal fango melmoso», annuncia Bernardo, Gesù il Verbo incarnato ci salva. Bernardo lo dice con «un'amicizia tenera, premurosa, devota», che «eccelle nella capacità di penetrare gli stati d'animo altrui, per consolare e confortare» (Leclercq). Bernardo sa chi sono, di che pasta sono fatti, coloro che bussano ai suoi monasteri. Dice dunque in un sermone: «Dio ha offerto la carne a degli esseri che godono della carne affinché imparino, attraverso di essa, a godere in egual modo dello Spirito». Cioè della presenza di Gesù, Dio fatto uomo. Il motivo dominante dei suoi sermoni è appunto questo: historia Verbi, «la storia del Verbo» e, all'interno di quel mirabile mistero dell'Incarnazione, la grandezza di Maria e la sua maternità universale.
«Chi siamo noi sulla terra se non piccole formiche indaffarate in lavori inutili e vani? Che vantaggio avrà l'uomo da tutte le opere per le quali si affatica sotto il sole?». Bernardo non ha dubbi: solo per gustare la presenza di Cristo vale la pena vivere. Lo dice magnificamente in un suo inno: Jesu, dulcis memoria / dans vera cordis gaudia: / sed super mel et omnia, / Ejus dulcis praesentia. / Nil canitur suavius; / nil auditur jucundius / nil cogitatur dulcius / guam Jesu Dei Filius. / Jesu, spes paenitentibus / quam pius es petentibus! / Quam bonus Te quaerentibus! / Sed quid invenientibus? / Nec lingua valet dicere, / nec littera esprimere: / expertus potest credere, / quid sit Jesum diligere. / Sis, Jesu, nostrum gaudium, / Qui es futurum praemium: / sii nostra in Te gloria, / per cuncta semper saecula. Amen
(
O Gesù, dolce memoria / sorgente di vera gioia al cuore: / ma sopra ogni dolcezza / dolce è la Sua presenza. / Nulla si canta di più soave, / nulla si sente di più lieto, / nulla di più dolce si pensa, / che Gesù, Figlio di Dio. / Gesù, speranza per chi ritorna al bene / quanto sei pietoso verso chi Ti desidera! / Quanto sei buono verso chi Ti cerca! / Ma che sarai per chi Ti trova? / Nessuna bocca può dire, / nessuna parola può esprimere; / solo chi ne ha fatto esperienza può comprendere / cosa sia amare Gesù. / Sii Tu, o Gesù, la nostra gioia, / Tu che sei il futuro premio eterno: / sia in Te la nostra gloria, / sempre, in ogni tempo. Amen
).

Se c'è una parola chiave per comprendere Bernardo e la sua intuizione del cristianesimo, questa è: esperienza. Lo scrive e lo ripete instancabilmente: «
Solo chi ne fa esperienza può comprendere cosa sia amare Gesù». E nel «De diligendo Deo» insiste senza tregua: «Amiamo Dio perché abbiamo provato e sappiamo quanto sia dolce il Signore
». Tutto ciò che fa o che dice, tutto ciò che di lui è rimasto di grande nella storia della Chiesa, non può essere compreso se non come difesa, incitamento, aiuto, nella esperienza della amicizia di Cristo.

Bernardo s'intromette nelle nomine dei vescovi, chiedendo la deposizione di alcuni, percorre l'Europa predicando contro l'eresia catara e contro quella di Arnaldo da Brescia, è veemente, appassionato, infuocato contro ecclesiastici, teologi, contro i suoi stessi cistercensi ed altri Ordini (ad esempio, nella polemica con l'abbazia di Cluny, dove l'osservanza della Regola è ormai molto rilassata, Bernardo, ripete, seppur dolorosamente, con san Gregorio: «E' meglio far sorgere uno scandalo che trascurare la verità»). Ma su tutto prevale l'appassionato invito a far proprio il tesoro: la esperienza della dolcezza di Gesù, quell'«amor cordis» che è «quodammodo carnalis» verso il Corpo di Cristo. Bernardo odia il vaniloquio intellettuale, non sopporta le inutili dispute dialettiche che già allora cominciavano ad insinuarsi nelle università. La sottigliezza accademica lo nausea. È quasi provocatorio: «Haec mea subtilior, interior philosophia, scire Jesum, et hunc crucifixum». Nel «De gradibus» attacca proprio la «curiositas», con la sua apparente innocenza, come la «radice di ogni peccato», addirittura di quello di Lucifero e di quello di Eva
. La «curiositas» è perdersi dietro alle cose che non valgono dimenticando Colui che è il Sommo Bene.

Non per sua volontà, ma solo per obbedienza, Bernardo viene trascinato nella disputa con Abelardo, il gran dottore la cui dialettica andava per la maggiore a Parigi, pur avendo già avuto una censura nel 1121 dal Concilio di Soissons. Bernardo, per anni, usa con Abelardo ogni dolcezza, ogni discrezione. Inoltre ha particolarmente a cuore la libertà di giudizio di ciascuno su ciò che non è essenziale alla fede. Ma verso la primavera del 1140 le cose precipitano. Bernardo si persuade che adesso non si tratta più solo di ricerca dialettica di un professore: «Christus est in causa». Con questo nuovo magistero intellettuale «si deride la fede dei cuori semplici, si frugano i misteri di Dio». E questo Bernardo non può sopportarlo: la fede nel Salvatore siglata dal Suo sangue è minacciata e allora Bernardo non può più tacere. Egli freme pensando a quanti ingenui possono esserne travolti (e persino nella Curia romana c'è chi si lascia solleticare da questa novità che, per Bernardo, assembla gli antichi errori di Ario, di Pelagio e di Nestorio). Inconcepibile è per Bernardo anche il fatto che Abelardo, che si dice monaco -e che dunque dovrebbe aver provato la delizia del cenobio- possa trovare in quei sofismi intellettuali e nel successo dei salotti parigini il proprio appagamento. Abelardo tenta il grande coup de théâtre: una disputa pubblica con Bernardo, un'arte in cui lui eccelle, tanto quanto Bernardo ne è nauseato. Dunque a Sens, il 2 giugno del 1140, per l'ottava di Pentecoste, Abelardo arriva con lo stuolo dei suoi ammiratori. Bernardo invece solo con un appunto che gli è stato preparato da Guglielmo di Saint Thierry, un amico di entrambi i contendenti. Ed ecco il colpo di scena. Tutto sembra pronto per il grande spettacolo, ma Bernardo prende la parola per primo e legge le proposizioni eretiche o assurde, che chiede ad Abelardo di rinnegare, di correggere o di dimostrare. La verità non è da inseguire con una disputa, ma da riconoscere e sperimentare. E basta. Abelardo s'indigna e s'infuria. Già pregustava il sapore della disputa (e magari del successo) e invece Bernardo non fa proprio nessuna disputa. Abelardo con i suoi fans se ne va scandalizzato, appellandosi al Papa. Ma a Roma le sue tesi vengono egualmente condannate. Come ha mostrato dom Knowles, «a distanza, san Bernardo ci appare come l'aggressore, munito di una potente armatura. Ma quando queste cose accadevano egli assomigliava piuttosto al giovane Davide... Quando attaccò Abelardo, uscì dalle file come colui che viene a sfidare, sul suo proprio terreno, il maestro più adorato, più brillante del suo tempo».

D'altronde sempre più la Chiesa universale sembra aver bisogno di Bernardo. Appena pochi anni prima proprio lui aveva dovuto addirittura salvare la Chiesa da un grave scisma. Morto Onorio II, nel febbraio 1130, due fazioni romane opponevano i cardinali pretendenti al soglio pontificio. Così, nel giro di poche ore, viene eletto Papa il cardinale Guido di Saint Ange, col nome di Innocenzo II e poi il cardinale Pietro di Leon, che sarà chiamato Anacleto II. Quest'ultimo da anni tramava per ottenere l'elezione, comprando il consenso del popolo e dei sovrani a suon di mance e bustarelle. La Chiesa si trova in una situazione penosa, con un Papa ed un antipapa. Un dramma che si trascinerà per anni. Bernardo percorrerà l'Europa in lungo e in largo per aiutare Innocenzo II. Sarà una lotta durissima e spesso cruenta; Bernardo dovrà difendere la Chiesa dalle pesanti intromissioni del potere mondano. Un anno dopo l'altro, papi, cardinali e re continueranno a chiamare Bernardo «per porre rimedio alle difficoltà della Chiesa». Non c'è causa giudiziaria, disputa ecclesiastica, che non si sottoponga a Bernardo. «Statum ecclesiae miseramur», esclama con amarezza il monaco.

Eppure questo stesso uomo a cui si aggrappa tutta la Chiesa, che tratta con tutti i potenti del mondo, che riempirà della sua presenza la storia del suo secolo, è lo stesso che si preoccupa di parlare con i genitori di uno dei tanti giovani che vogliono entrare nel suo monastero e accoratamente dice loro: «Non piangete! Il vostro Goffredo corre verso la gioia, non verso le lacrime, e io sarò per lui un padre, una madre, un fratello e una sorella». Bernardo è commosso di fronte a ciascun ragazzo che decide di seguirlo e, in fondo, sa che questo solo vale. E solo di Dio vorrebbe occuparsi. Ma Dio vuole che egli sia abate del mondo intero e così, quando nel 1145 viene eletto Papa un suo monaco, col nome di Eugenio III, scriverà una autentica guida di vita per il Papa stesso. Con grande venerazione, ma anche con grande libertà («Venerabundus, sed libere») lo chiama alle sue responsabilità. Il «De consideratione» è un'opera straordinaria. Bernardo mette in guardia il nuovo Papa da quella schiera di profittatori famelici che si troverà attorno («sono lupi, altro che agnelli»), dall'abuso di potere, dalla superbia. E poi ancora: «
Come mai i tuoi predecessori hanno ritenuto di stabilire dei limiti al Vangelo, di sospendere la predicazione della fede, mentre persiste ancora il paganesimo? Per quale ragione, mi domando, s'è arrestato quell'annuncio che rapido corre? Chi per primo ha bloccato questa corsa della salvezza? Quale scusa abbiamo noi di nascondere la verità?». Ma Bernardo, grande conoscitore dell'animo umano e delle cose del mondo, dedica la stessa attenzione alle cose apparentemente più trascurabili e invece più insidiose nella missione di un Papa: «Non è inutile riflettere sui mezzi e sui modi per riordinare la tua casa, e su come provvedere a quelli che vivono nella tua intimità e fanno vita comune con te. Direi persino che è necessario. Ascolta Paolo: "Se qualcuno non riesce a dirigere la propria casa, come potrà prendersi cura della Casa di Dio?"». L'uomo libero che così scrive al Papa è lo stesso che a lui obbedirà con rigore monastico. Come nel 1146, quando il Papa ordina a Bernardo che predichi e organizzi una nuova crociata. Il Papa pensa soprattutto ad una spedizione militare sotto la corona di Francia. Ma Bernardo immagina un immenso santo pellegrinaggio di tutti i peccatori della cristianità europea per riscattare non solo quelle terre dove è trascorsa la «storia del Verbo», ma anche la loro vita.

Bernardo vede in questo santo viaggio proprio un giubileo straordinario voluto da Dio: «
Considerate, o peccatori, di quale grande artificio Egli si serva per salvarvi e stupite; contemplate l'abisso della sua tenerezza senza fine e confidate... Non è infatti un mezzo di salvezza straordinario, che solo Dio poteva trovare, il fatto che l'Onnipotente si degni di chiamare al suo servizio rapinatori, adulteri, spergiuri, uomini macchiati di ogni sorta di crimine, come persone che abbiano coltivato la giustizia? Non disperate, peccatori, Dio è buono».

Dal punto di vista militare quella crociata fu un fallimento, per le lotte intestine fra re e principi, per le tante meschinità umane. E per Bernardo fu un dolore indelebile. Fino alla fine dei suoi giorni Bernardo servirà per obbedienza la Chiesa difendendo la fede dei semplici, nonostante il peso sempre più gravoso delle malattie e della vecchiaia. Tante storie affascinanti che non è possibile ricordare. D'altronde queste brevi note non fanno cenno né alla gran quantità di miracoli che attraverso di lui furono compiuti, né all'intimità mistica con il Signore e la Vergine che egli ebbe la grazia di vivere in modo speciale, come ricorda Dante nel Paradiso. Un vero miracolo, visibile a tutti, fu lui stesso e la sua Clairvaux, che era come l'anticamera del Paradiso. Dopo aver desiderato inutilmente di poterci vivere, poté perlomeno morirci, il 20 agosto 1153. Aveva appena pronunciato, per i suoi fratelli, il suo ultimo sermone commentando le parole di san Paolo: «Per me vivere è Cristo e morire un guadagno».
tratto da: Antonio SOCCI, Cristiani. L’avventura umana di 14 santi, suppl. a 30 Giorni, anno IX, dicembre 1991, p. 28s
da: www.storialibera.it



Postato da: giacabi a 10:17 | link | commenti
santi, sbernardo


Nessun commento: