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mercoledì 22 febbraio 2012

schweitzer


Solo appartenendo
 si risponde al bisogno
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Cosa manca al dottor Schweitzer nella sua instancabile opera missionaria? Rose, da anni impegnata nella cura dei malati di Aids in Uganda, rilegge il romanzo di Cesbron e lo paragona con la sua esperienza

di Rose Busingye

Ciò che è accaduto al dottor Schweitzer accade anche a noi oggi. Era un grande uomo, ma il suo problema - che è il problema di tutti gli uomini - è che partiva da sé, mentre il punto è che l’uomo originariamente appartiene. Siamo così pieni di distrazioni che non sappiamo nemmeno cosa ci fa alzare al mattino. Le nostre azioni sono dettate o dall’istinto o da interessi politici/pratici o, come diceva don Giussani, a volte «viviamo dormendo». Proprio don Giussani una volta mi ha detto: «Vai allo specchio e guarda, guarda quella faccia tonda. Guardala e pensa: “Questa faccia me l’ha data un Altro”. Questo potrà aiutare qualcuno, in Giappone, che verrà a ringraziarti per il tuo sacrificio. E ti chiederai: cosa ho fatto?». È la coscienza di ciò che ti sta generando ora che salva il mondo. Questa è la missione che mi ha insegnato don Giussani. Penso che anche padre Carlo (personaggio del libro; ndr) stesse di fronte a questa appartenenza a Gesù, e per questo non ha perso nessuna delle persone che gli erano affidate, anche quelle che la morte gli aveva sottratto. Nel cuore del dottor Schweitzer c’è una grande generosità, quella che abbiamo tutti, anche nel nome di Gesù. Anch’io ho vissuto così. Andavo in ospedale perché volevo guarire i pazienti che incontravo. Volevo lavorare per la presenza di Gesù nei malati, negli orfani, nei poveri... Finché le cose andavano bene dicevo: «Che bello Gesù!». Poi le cose cominciarono a non andare come volevo: i malati che cercavo di guarire morivano, i poveri non erano soddisfatti di ciò che davo loro, gli amici - cosa peggiore - erano scontenti. Non andava bene niente! Sono andata in crisi e ho pensato: me ne vado. Ho cominciato a vivere e lavorare veramente quando qualcuno mi ha detto: «Tu sei mia». In quel momento ho incominciato a intravvedere un significato per la mia vita. Una luce ha cominciato a illuminare la realtà tutta. Ho iniziato a scoprire la verità della mia stessa esistenza. Da quel momento è nata un’attrattiva, un’affezione, una tenerezza verso di me e verso gli altri.
Ho cominciato a lavorare e a vivere veramente quando ho saputo rispondere concretamente alla domanda: «Di chi sono, a chi appartengo
. Quando questa domanda si è incarnata in facce precise, con nome e cognome, paradossalmente sono diventata libera, appartenendo. Quando sei libera finalmente puoi stare di fronte alla realtà senza paura, puoi affrontare tutto perché sai di chi sei. Chi è libero non pretende più dagli altri, perché ha già tutto. Capisco bene il problema del dottor Schweitzer, perché solo nel momento in cui ho scoperto me stessa, cioè ho riconosciuto la presenza di Cristo vivo e non l’immagine che avevo di Lui, ho smesso di correre dietro le cose. Questa verso Gesù era una corsa che a fine giornata mi lasciava estenuata e scontenta. Ora, invece, nell’appartenenza ho scoperto me stessa e ciò che posso dare agli altri è una sovrabbondanza del mio rapporto con Cristo dentro la “casa” dei Memores Domini. Sono andata in crisi quando, come il dottor Schweitzer, ho pensato che tutto dipendesse da me. Se l’uomo non vive questa appartenenza, riempie il vuoto della propria esistenza con cose da fare, che alla fine sono solo un fascio di reazioni. L’attrattiva originale si riduce nella pretesa di misurare la realtà; allora tutto diventa moralismo, l’insicurezza la fa da padrona. Quello che io ho di più, rispetto al dottor Schweitzer, è questa esperienza di appartenenza a Cristo, un legame che mi definisce per sempre. È lo stesso sguardo che aveva padre Carlo, che stabilisce il contenuto e il metodo del mio lavoro: comunicare la commozione per la sconfinata grandezza dell’esistenza di ciascuno e offrire quella compagnia al Destino che ha abbracciato e abbraccia la mia vita. Ciò che è mancato al dottor Schweitzer è proprio non capire che non si può aiutare l’altro se non si appartiene.
Tracce N. 10, novembre 2008




Postato da: giacabi a 08:29 | link | commenti
schweitzer

martedì, 11 novembre 2008

Il progresso
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Con il progresso credevate di creare un superuomo, invece io ho davanti a me un pover’uomo. Il progresso pretendeva di risolvere tutti i problemi della nostra esistenza, invece ci ha resi tutti più disumani.”
Albert Schweitzer, quando nel 1952 si recò a Oslo per ritirare il premio Nobel per la pace,             

Postato da: giacabi a 15:10 | link | commenti
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mercoledì, 27 agosto 2008

Il testimone

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A volte la nostra luce si smorza ma poi la fiamma viene ravvivata da un altro essere umano. Ciascuno di noi è debitore dei più profondi ringraziamenti a coloro che hanno riacceso questa luce.
Albert Schweitzer


Postato da: giacabi a 10:12 | link | commenti
testimonianza, schweitzer

sabato, 17 maggio 2008

L'essenza della religione

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“L'essenza della religione non consiste in un contemplare, comprendere, capire, ma in un atto della volontà umana che si protende, per così dire, dal finito verso l'infinito e là cerca il volere di Dio per lasciarsene penetrare. Questa è l'essenza della religione; tutto il resto è soltanto forma, dottrina, espressione molteplice di questa autentica espressione religiosa.”

Albert Schweitzer



Postato da: giacabi a 09:19 | link | commenti
mistero, schweitzer


Il Cristianesimo

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Albert Schweitzer
Se qualcuno mi chiedesse perché ritengo il cristianesimo la più alta e l'unica religione, lascerei tranquillamente perdere tutto quello che si è appreso sul rapporto e sulla graduatoria delle religioni e sul modo di rinvenire i pregi della migliore e direi soltanto una ragione: perché nel primo precetto, che Iddio ha dato sulla terra, appare una sola parola: "Uomo". Egli non parla di religione, di fede, di anima o d'altro, ma unicamente dell'uomo. Voglio farvi pescatori d'uomini. E' come se dicesse a tutti i secoli venturi: in primo luogo preoccupatevi che l'uomo non mi vada perduto. Seguitelo, come io l'ho seguito e trovatelo là dove gli altri non lo trovano più, nella sporcizia, nella bestialità, nel disprezzo, avvicinatevi a lui e aiutatelo fino a che sia di nuovo uomo.

Albert Schweitzer



Postato da: giacabi a 09:10 | link | commenti
cristianesimo, schweitzer

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