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mercoledì 22 febbraio 2012

senso religioso2


Il senso religioso
 ***
  Abbiamo una spiegazione per tutto. Abbiamo una scienza per ogni come e una per ogni perché. Eppure qualcosa manca. Le grandi intelligenze del nostro tempo lasciano in calce  ai loro libri, una pagina  bianca: la consapevolezza di una domanda rimasta senza risposta. Chi non riesce  ad annegare  la propria ansia di altro, nell’abitudine del muoversi, del rivaleggiare, del contare  i successi o i fallimenti, sente che qualcosa sfugge. Non c’è risposta plausibile alla disperazione della morte, alla radicale ingiustizia dell’offesa, agli squilibri del dolore e del sopruso, della solitudine e della malattia. Le grandi scienze, la fisica, la matematica offrono informazioni parziali che rinviano a nuovi punti neri. Gli uomini, dopo aver rinunciato alla strada della religione, sentono con chiarezza un deficit di conoscenza e c’è in molti il desiderio di un di più. Infatti sappiamo sempre di più ma questo sapere, non esaudisce alcun definitivo perché. Oggi nessun onesto pensatore vorrà affermare la falsità dell’ipotesi religiosa.  Si limiterà eventualmente a sostenerne l’inutilità. Esplorati alcuni risultati della scienza contemporanea, è lecito chiedersi se oggi non sia più plausibile,cercare oltre i limiti, la risposta ai perché nella riscoperta di Dio  .
 Gaspare Barbiellini  Amidei - La riscoperta di Dio


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senso religioso, scienza - articoli




Preghiera al grande Spirito
***
   O grande Spirito, la cui voce sento nei venti e il cui respiro dà vita a tutto il mondo ascoltami:
- vengo davanti a Te,uno dei tanti tuoi figli. Sono piccolo e debole,bisognoso della tua forza e sapienza. Fa che i miei occhi ammirino il tramonto rosso e oro. Fa che le mie mani rispettino ciò che tu hai creato e le mie orecchie ascoltino la tua voce. Fammi saggio così che conosca la tua rivelazione  al mio popolo e la tua lezione nascosta in ogni foglia e in ogni roccia. Cerco forza non per essere superiore ai miei fratelli,ma per essere abile a combattere il mio più grande nemico: me stesso.
Fa che io sia sempre pronto a venire a te con mani pulite e occhi diritti,così che quando la vita svanisce come la luce al tramonto , il mio spirito possa venire a Te senza vergogna.
 Capo indiano Sioux- Preghiera al grande Spirito


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senso religioso


martedì, 22 settembre 2009

Il senso religioso
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  Non  credo a una  rassegnazione durevole degli uomini, sia pure nell’opulenza meglio assicurata. Vi saranno sempre uomini che non si contentano del bere e del mangiare. La storia dell’uomo è la storia del suo anticonformismo ed è ciò che lo distingue dalla storia naturale. Oltretutto nessun orientamento pubblico eliminerà mai il dolore dalla vita personale e, in mancanza d’altro, basterebbe a mantenere viva l’inquietudine  nel cuore dell’uomo la certezza della morte.
Nessun benessere potrà  mai distrarre la totalità degli uomini dal confronto  tra le proprie aspirazioni e la fragilità dell’esistenza . Sarebbe contrario a tutto ciò che sappiamo della psicologia dell’uomo supporre che l’euforia del benessere duri a lungo. Che altro desiderare quando i bisogni materiali saranno soddisfatti? E’ probabile che il problema religioso si presenti agli uomini con più forza che nelle epoche precedenti.
       Ignazio Silone  - Uscita di sicurezza

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senso religioso


Il cuore
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  L'intelletto cerca, ma chi trova è il cuore.

George Sand

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senso religioso

domenica, 02 agosto 2009

Il senso della vita
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« L’uomo sbaglierà direzione, cercherà il suo fine, sarà insoddisfatto finché non capirà, non avrà trovato Dio. Non si può vivere per i figli o per l’umanità. E, se Dio non c’è, non c’è motivo di vivere, bisogna perire »
Anton Cechov

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cechov, senso religioso

sabato, 27 giugno 2009

La passione di essere
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"sotto le passioni altre passioni più fondamentali si nascondono, e al di sotto di tutte, la passione di essere. La lunga passione che obbliga l’uomo a essere …..quasi fosse il prolungamento di un Dio che lo ha creato per questo.
Maria Zambrano da Persona e democrazia, Mondadori

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senso religioso, zambrano

giovedì, 23 aprile 2009

Difficoltà dell'uomo d'oggi nel vivere la sua umanità
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1. L'apostolo Paolo, carissimi fratelli e sorelle, ci ha parlato di «uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia» (Rm 1,18), finendo per smarrire la strada che, dall'esperienza del mondo creato, avrebbe dovuto condurli a Dio. Resta in tal modo frustrato quell'insopprimibile anelito verso il divino, che urge nell'animo di ogni uomo capace di riflettere seriamente sulla propria esperienza di uomo.
Quali sono gli scopi nei quali più frequentemente s'incaglia la navicella dell'uomo in rotta verso l'Infinito? In rapida sintesi potremmo classificarli sotto tre grandi categorie di errori.
Vi è innanzitutto quella sorta di arroganza, di «hybris», che conduce l'uomo a misconoscere il fatto di essere creatura, strutturalmente dipendente, come tale, da un Altro. È questa un'illusione presente con particolare pertinacia nell'uomo di oggi. Figlio della pretesa moderna di autonomia, abbagliato dal proprio splendore («...mi hai fatto come un prodigio»: Sal 139,13), egli dimentica di essere creatura. Come ci insegna la Bibbia, egli subisce il fascino della tentazione di ergersi contro Dio con l'argomento insinuante del Serpente nel paradiso terrestre: «Sarete come Dio» (Gn 3,5).
In realtà c'è nell'uomo qualcosa di divino. A partire dalla Bibbia, la grande tradizione cristiana ha sempre proclamato questa verità profonda con la dottrina dell'«Imago Dei». Dio ha creato l'uomo a sua immagine. Tommaso e i grandi Scolastici esprimono questa verità con le parole del Salmo: «Risplende su di noi la luce del tuo volto, o Signore» (Sal 4,7). Ma la sorgente di tale luce non è nell'uomo, è in Dio. L'uomo, infatti, è creatura. In lui si coglie soltanto il riflesso della gloria del Creatore.
Anche chi non conosce Gesù Cristo, ma affronta con serietà la propria esperienza di uomo, non può non accorgersi di questa verità, non può non percepire con ogni fibra del suo essere, dall'interno della sua stessa esistenza, questa presenza di un Altro più grande di lui, da cui veramente dipendono il giudizio e l a misura del bene e del male. San Paolo è categorico in questo senso: egli considera i Romani responsabili dei loro peccati perché «...dalla creazione del mondo in poi le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute...» (Rm 1,20).
Quando l'uomo non si riconosce dipendente dal Dio che la Liturgia definisce come «Rerum... tenax vigor» (Breviario romano, Inno di Nona), allora inevitabilmente finisce per smarrirsi. La sua ragione si pretende a misura della realtà, reputando come inesistente ciò che non è da essa misurabile. Analogamente la sua volontà non si sente più interpellata dalla legge che il Creatore ha posto nella sua mente (cfr. Rm 7,23) e cessa di perseguire il bene da cui pure si sente attratta. Concependosi come arbitra assoluta di fronte a verità ed errore, se li figura, illudendosi, come indifferentemente equidistanti. Sparisce così dall'orizzonte dell'esperienza umana la dimensione spirituale della realtà e, conseguentemente, la capacità di percepire il Mistero.
Come potrà a questo punto l'uomo accorgersi di quella tensione che egli porta in sé tra il suo io carico di bisogni e la sua incapacità di risolverli? Come potrà avvertire la pungente contraddizione tra il suo desiderio dell'Essere e Bene Infinito e il suo vivere limitato come ente tra gli enti? Come potrà fare un'esperienza autentica di sé, cogliendo nelle radici più profonde del suo essere l'anelito della Redenzione?

2. Il secondo tipo di errore che impedisce un'esperienza umana autentica, è quello che conduce l'uomo a tentar di spegnere in sé ogni domanda e ogni desiderio che vadano al di là del suo essere limitato, per appiattirsi su ciò che possiede. È forse il più triste dei modi in cui l'uomo possa dimenticare se stesso, perché implica una vera e propria alienazione: ci si estrania dal proprio essere più vero per disperdersi nei beni che si possiedono e che si possono consumare.
Non è certo disprezzabile lo sforzo che l'uomo compie per dare una sicurezza materiale e sociale a sé e ai suoi cari. È meravigliosa la ricerca di solidità e consistenza con cui la natura, attraverso il complesso fenomeno dell'affezione, conduce l'uomo alla donna e questa all'uomo. Ma come è facile praticamente che queste lodevoli sicurezze umane vengano parzializzate o esasperate così da accendere nell'uomo illusori miraggi e false speranze! Gesù nel Vangelo ha espressioni terribili contro questo peccato (Lc 12,16-21).
Anche in questo caso l'uomo si priva di un'esperienza umana integrale, perché non riconosce la sua vera natura di creatura spirituale e lascia quasi morire nel suo cuore ogni anelito a quella verità di sé che lo apra al Dono mirabile della Redenzione.

3. Il terzo tipo di errore, in cui cade l'uomo alla ricerca della sua genuina esperienza, si manifesta quando egli investe tutte le sue energie - intelligenza, volontà, sensibilità - in una interminabile ed esasperante ricerca volta solo alla sua interiorità. Egli diviene così incapace di accorgersi che ogni esperienza psicologica esige, per costituirsi, l'accettazione della realtà oggettiva, raggiunta la quale il soggetto può ritornare su di sé in modo compiuto. L'uomo che si chiude in questa solitudine psicologica volontaria diviene incapace di qualunque comunicazione oggettiva con la realtà. Per questa figura umana, egoistica e patetica, l'altro finisce per essere ridotto ad un fantasma facilmente strumentalizzabile.
Ma l'uomo che si oppone alla necessità innata di aprirsi alla realtà come è in se stessa e alla vita con la sua drammatica verità, si erge in ultima analisi contro il loro Autore, precludendosi la possibilità di trovare in lui la risposta che, sola, potrebbe appagarlo.
Carissimi, l'importanza di aver richiamato queste difficoltà dell'uomo nel vivere la sua integrale esperienza umana sta nel fatto che anche noi in questo Anno Santo della Redenzione ci sentiamo richiamati all'urgenza di essere uomini nuovi per la nostra fede. Anche noi che abbiamo incontrato Cristo, il Redentore, dobbiamo sempre e di nuovo stare ritti di fronte a lui vincendo in noi la tentazione del peccato perché «egli possa portare a compimento l'opera che in noi ha iniziato» (Fil 1,6).
GIOVANNI PAOLO II UDIENZA GENERALE  Mercoledì, 26 ottobre 1983


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giovanni paoloii, senso religioso

mercoledì, 22 aprile 2009

Dio è la risposta compiuta sul senso della vita umana
 ***


1. «Che è l'uomo e a che può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male?» (Sir 18,7).
Gli interrogativi, posti nella pagina del libro del Siracide, ora ascoltata, interrogativi ai quali fa eco tutta la letteratura biblica sapienziale, che ha riflettuto parimenti sul senso della nascita, della morte e della fragilità dell'uomo, individuano un livello dell'esperienza umana assolutamente comune a tutti gli uomini.
Queste domande sono nel cuore di ogni uomo, come ben dimostra il genio poetico di ogni tempo e di ogni popolo, che quasi profezia dell'umanità, ripropone continuamente la «domanda seria» che rende l'uomo veramente tale.
Esse esprimono l'urgenza di trovare un perché all'esistenza, ad ogni suo istante, alle sue tappe salienti e decisive così come ai suoi momenti più comuni
.
In tali questioni è testimoniata la ragionevolezza profonda dell'esistere umano, poiché l'intelligenza e la volontà dell'uomo vi sono sollecitate a cercare liberamente la soluzione capace di offrire un senso pieno alla vita
. Questi interrogativi, pertanto, costituiscono l'espressione più alta della natura dell'uomo: di conseguenza la risposta ad esse misura la profondità del suo impegno con la propria esistenza.

2. In particolare,
quando il «perché delle cose» viene indagato con integralità alla ricerca della risposta ultima e più esauriente, allora la ragione umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosità. In effetti la religiosità rappresenta l'espressione più elevata della persona umana, perché è il culmine della sua natura razionale. Essa sgorga dall'aspirazione profonda dell'uomo alla verità ed è alla base della ricerca libera e personale che egli compie del divino.
In questa prospettiva si coglie l'importanza dell'insegnamento conciliare che, a proposito della libertà religiosa, afferma: «L'esigenza di libertà nella società umana riguarda soprattutto i beni dello spirito umano e in primo luogo ciò che si riferisce al libero esercizio della religione nella società» («Dignitatis Humanae», 1).
L'attitudine religiosa dell'animo umano si pone come una sorta di capacità connaturale al nostro stesso essere. Per questo,
domande e risposte sul significato ultimo delle cose non si possono mai cancellare dal cuore dell'uomo. Per quanto ci si ostini a rifiutarle e a contraddirle nella propria esistenza, non si riesce tuttavia a tacitarle. Ogni uomo - il più superficiale o il più dotto, il più convinto assertore o il più accanito oppositore della religione - per vivere deve dare, e di fatto dà, una risposta a questa radicale questione.
L'esistenza e l'universalità della domanda sul senso della vita trovano
la conferma più clamorosa nel fatto che chi la nega è costretto ad affermarla nell'istante stesso in cui la nega! Ecco la riprova più solida del fondamento metafisico del senso religioso dell'uomo. E ciò è in perfetta armonia con quanto abbiamo appena detto sulla religiosità come culmine della razionalità.
Il senso religioso dell'uomo non dipende in sé dalla sua volontà, ma è iniziativa di chi l'ha creato. La scoperta del senso religioso è, dunque, il primo risultato che l'uomo consegue, se affronta seriamente l'esperienza di impotenza strutturale che lo caratterizza.
3.
La tradizione religiosa chiama «Dio» la risposta compiuta alla domanda ultima ed esauriente sull'esistenza. La Bibbia, nella quale è documentata in modi svariatissimi e drammatici l'universale presenza del disegno religioso nell'uomo, indica tale fondamentale risposta nel Dio vivo e vero. Tuttavia nei momenti della tentazione e del peccato Israele fabbrica l'idolo, il dio falso e inerte.
Così è per l'uomo di ogni tempo, anche il nostro. Alla domanda sul suo destino ultimo egli può rispondere riconoscendo l'esistenza di Dio, oppure sostituendovi una caricatura di propria invenzione, un idolo come ad esempio il denaro, l'utile o il piacere.
Per questo san Paolo ammonisce duramente nella lettera ai Romani: «Mentre si dichiaravano sapienti sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili» (Rm 1, 22-23). Non è forse racchiuso in questo giudizio di Paolo il senso dell'inevitabilità della domanda religiosa nell'uomo?
Come voce di Dio, luce del suo volto impressa nella nostra mente, l'energica inclinazione del senso religioso è all'erta nell'animo di ogni uomo. Che egli la attui nel riconoscimento di Colui da cui dipende tutto il suo essere, fragile e splendido, o che tenti di sfuggire alla sua presa, inseguendo svariati e parziali motivi per il suo esistere, l'inclinazione del senso religioso resterà sempre alla radice dell'essere umano, creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Dio solo, infatti, può pienamente appagare la sete dello spirito umano, tendente istintivamente al Bene Infinito.
Noi che crediamo in Cristo e che in questo straordinario Anno Santo della Redenzione vogliamo portare con onore il glorioso nome di cristiani, preghiamo perché ogni uomo accolga l'orientamento fondamentale a cui il senso religioso inclina la sua mente
.
 Giovanni PaoloII
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 19 ottobre 1983


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giovanni paoloii, senso religioso

martedì, 21 aprile 2009

L’uomo, è immagine di Dio
***


L’uomo, per quanto considerato per se stesso finito, è anche immagine di Dio e sorgente dell’infinità in se stesso. Giacché è scopo a se stesso, ed ha in se stesso il valore infinito e la destinazione all’eternità.
(Hegel)

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Lo scopo della vita
***

Mi sa tanto che tu, Jonathan, sei un uccello come se ne trova uno su un milione. Per lo più, noialtri ci abbiamo messo un’infinità di tempo ad arrivare fin qui. Passavamo da un mondo all’altro, ognuno quasi uguale al precedente, e, subito, ci si scordava donde venivamo né ci importava dove fossimo diretti. Insomma si viveva alla giornata. Hai idea di quante vite ci sarà toccato vivere, prima che ci passasse per il cervello che c’è, al mondo, qualcos’altro che conta, oltre al mangiare, al beccarci fra di noi, oltre insomma alla legge dello Stormo? Ma mille volte, Jon, ma diecimila! E poi, dopo quel piccolo barlume, saranno occorse altre cento vite prima che cominciassimo a intuire che c’è una cosa chiamata perfezione. E poi, altre cento vite prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarsi il più possibile a quell’ideale.
“R. Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, cit.


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senso religioso

domenica, 19 aprile 2009

LA SETE DEL CUORE UMANO

***

Pepoli mio? di che speranze il core
Vai sostentando? in che pensieri, in quanto
O gioconde o moleste opre dispensi
L'ozio che ti lasciàr gli avi remoti,
Grave retaggio e faticoso? E' tutta,
In ogni umano stato, ozio la vita,

……………………………..al duro morso
Della brama insanabile che invano
Felicità richiede, esso da tutti
Lati cercando, mille inefficaci
Medicine procaccia, onde quell'una
Cui natura apprestò, mal si compensa.
Lui delle vesti e delle chiome il culto
E degli atti e dei passi, e i vani studi
Di cocchi e di cavalli, e le frequenti
Sale, e le piazze romorose, e gli orti,
Lui giochi e cene e invidiate danze
Tengon la notte e il giorno; a lui dal labbro
Mai non si parte il riso; ahi, ma nel petto,
Nell'imo petto, grave, salda, immota
Come colonna adamantina, siede
Noia immortale, incontro a cui non puote
Vigor di giovanezza, e non la crolla
Dolce parola di rosato labbro,
E non lo sguardo tenero, tremante,
Di due nere pupille, il caro sguardo,
La più degna del ciel cosa mortale.
……………. 

G. Leopardi Al Conte Carlo Pepoli (1826)



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leopardi, senso religioso


LA SETE DEL CUORE UMANO
***

1. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua perché non abbia sete” (Gv 4, 15). La domanda della Samaritana a Gesù esprime, nel suo significato più profondo, il bisogno incolmabile e il desiderio inesauribile dell’uomo. Infatti ogni uomo degno di questo nome si accorge inevitabilmente di una incapacità congenita di rispondere a quel desiderio di verità, di bene e di bellezza che scaturisce dal profondo del suo essere. Man mano che si inoltra nella vita, egli si scopre, proprio come la Samaritana, incapace di spegnere la sete di pienezza che porta dentro di sé.

Da oggi, fino a Natale, le riflessioni di questo incontro settimanale saranno sul tema dell’anelito dell’uomo alla Redenzione. L’uomo ha bisogno di un Altro; vive, lo sappia o meno, in attesa di un Altro, che redima questa sua innata incapacità a saziare le sue attese e le sue speranze.

Ma come potrà incontrarsi con lui? Condizione indispensabile per questo incontro risolutivo è che l’uomo prenda coscienza della sete esistenziale che lo affligge e della sua radicale impotenza a spegnerne l’arsura. La via per giungere a tale presa di coscienza è, per l’uomo di oggi come per quello di tutti i tempi, la riflessione sulla propria esperienza. Lo aveva intuito già la saggezza antica. Chi non ricorda la scritta che campeggiava bene in vista sul tempio di Apollo a Delfi? Essa diceva appunto: “Uomo, conosci te stesso”. Questo imperativo, espresso in modi e forme diverse anche in più antiche aree di civiltà, ha attraversato la storia e si ripropone con la medesima urgenza anche all’uomo contemporaneo.

Il Vangelo di Giovanni in taluni episodi salienti documenta assai bene come Gesù stesso, nel proporsi quale Inviato del Padre. abbia fatto leva su questa capacità che l’uomo possiede di capire il suo mistero riflettendo sulla propria esperienza. Basti pensare al citato incontro con la Samaritana, ma anche a quelli con Nicodemo, con l’adultera o il cieco nato.

2. Ma come definirla questa esperienza umana profonda che indica all’uomo la strada dell’autentica comprensione di sé? Essa è il paragone continuo tra l’io e il suo destino. La vera esperienza umana avviene solo in quella genuina apertura alla realtà che consente alla persona, intesa come essere singolare e consapevole, carico di potenzialità e di bisogni, capace di aspirazioni e di desideri, di conoscersi nella verità del suo essere.

E quali sono le caratteristiche di una simile esperienza, grazie alla quale l’uomo può affrontare con decisione e serietà il compito del “conosci te stesso”, senza perdersi lungo il cammino di tale ricerca? Due sono le condizioni fondamentali che egli dovrà rispettare.

Dovrà anzitutto essere appassionato a quel complesso di esigenze, bisogni e desideri che caratterizzano il suo io. In secondo luogo dovrà aprirsi ad un incontro oggettivo con tutta la realtà.

San Paolo non cessa di richiamare ai cristiani queste fondamentali caratteristiche di ogni esperienza umana quando sottolinea con vigore: “Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3, 23), oppure quando invita i cristiani di Tessalonica a “vagliare ogni cosa e trattenere ciò che è buono” (1 Ts 5, 21). In questo continuo paragone col reale alla ricerca di ciò che corrisponda o meno al proprio destino, l’uomo fa l’esperienza elementare della verità, quella che dagli Scolastici e da san Tommaso è stata definita in modo mirabile come “adeguazione dell’intelletto alla realtà” (San Tommaso, De Veritate, q. 1 a. 1 corpus).

3. Se per essere vera l’esperienza deve essere integrale e aprire l’uomo alla totalità, si capisce bene dove stia per l’uomo il rischio dell’errore: egli dovrà guardarsi da ogni parzializzazione. Dovrà vincere la tentazione di ridurre l’esperienza, ad esempio, a mere questioni sociologiche o ad elementi esclusivamente psicologici. Così come dovrà temere di scambiare per esperienza schemi e “pregiudizi” che l’ambiente in cui normalmente vive e opera gli propone: pregiudizi tanto più frequenti e rischiosi oggi perché ammantati dal mito della scienza o dalla presunta completezza dell’ideologia.

Come è difficile per l’uomo di oggi approdare alla sicura spiaggia della genuina esperienza di sé, quella nella quale gli si può adombrare il vero senso del suo destino! egli è continuamente insidiato dal rischio di cedere a quegli errori di prospettiva che, facendogli dimenticare la sua natura di “essere” fatto ad immagine di Dio, lo lasciano poi nella più desolante delle disperazioni o, che è ancora peggio, nel più inattaccabile cinismo.
Alla luce di queste riflessioni quanto appare liberante la frase pronunciata dalla Samaritana: “Signore . . . dammi di quest’acqua perché non abbia più sete . . .”! Veramente essa vale per ogni uomo, anzi a ben vedere è una profonda discrezione della sua stessa natura.

Infatti l’uomo che affronta seriamente se stesso e osserva con occhio chiaro la sua esperienza secondo i criteri che abbiamo esposti, si scopre più o meno consapevolmente come un essere a un tempo carico di bisogni, cui non sa trovare risposta, e attraversato da un desiderio, da una sete di realizzazione di sé, che non è capace, da solo, di appagare.

L’uomo si scopre così collocato dalla sua stessa natura nell’atteggiamento di attesa di un Altro che completi la sua mancanza. Un’inquietudine pervade in ogni momento la sua esistenza, come suggerisce Agostino all’inizio delle sue Confessioni (I, 1): “Ci hai fatti per te, o Signore, ed è inquieto il nostro cuore finché non riposa in te”. L’uomo, prendendo sul serio la sua umanità, percepisce di essere in una situazione di impotenza strutturale!

Cristo è Colui che lo salva. Egli solo può toglierlo da questa situazione di stallo, colmando la sete esistenziale che lo tormenta. 
 GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 12 ottobre 1983


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giovanni paoloii, senso religioso

lunedì, 06 aprile 2009

 IL MIO CUORE SI GONFIA PER TE, TERRA
***

Il mio cuore si gonfia per te, Terra,
come la zolla a primavera.
Io torno.
I miei occhi son nuovi. Tutto quello
che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m'intenerisce e mi dà gioia.

In te mi lavo come dentro un'acqua
dove si scordi tutto di se stesso.
La mia miseria lascio dietro a me
come la biscia la sua vecchia pelle.
Io non sono più io, io sono un altro.
Io sono liberato di me stesso.

Terra, tu sei per me piena di grazia.
Finché vicino a te mi sentirò
così bambino, fin che la mia pena
in te si scioglierà come la nuvola
nel sole,
io non maledirò d'esser nato.

Io mi sono seduto qui per terra
con le due mani aperte sopra l'erba,
guardandomi amorosamente intorno.
E mentre così guardo, mi si bagna
di calde dolci lacrime la faccia.
(Camillo Sbarbaro)
grazie a: billacorgan

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senso religioso

sabato, 28 marzo 2009

L’io polverizzato
***
   “In un mondo e in una cultura sempre più virtuali, 
l’unità e la continuità dell’io fondato 
sulla coscienza e sui valori appaiono non solo
 pericolanti, ma quasi dimenticati in una
 polverizzazione indistinta in cui tutto è
 interscambiabile con tutto, in una universale 
indifferenza che sbriciola sentimenti, visioni
 del mondo, gerarchia di affetti, il senso stesso
 dell’esperienza. L’IO individuale, scomposto
 e rimesso insieme di continuo come in un videogame,
cerca di salvarsi afferrandosi alle cose; 
si salva nell’inventario di cio' che ha vissuto.” 
 Claudio Magris
da: corrieredellasera
 

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senso religioso

domenica, 15 febbraio 2009

Come può esserci ordine senza intelligenza?
***

La scienza ha molto a che vedere con l'ordine dell'universo: senza ordine non ci sarebbe scienza. E come può esserci ordine senza intelligenza? Quanto più la scienza progredisce più ordine si scopre, in una progressione che ha del meraviglioso. Il progresso scientifico non sopprime la capacità di stupirsi di chi pensa: risolve alcuni problemi, ma ne rivela altri ancora più profondi, in cui l'ordine è ancora più grande e complesso. Questa è la quinta "via" razionale di san Tommaso per giungere a Dio, e la scienza, progredendo, offre una base sempre più estesa in suo favore.
(Mariano Artigas, Le frontiere dell'evoluzionismo, Ares, 1993, pp. 83-84).

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senso religioso

giovedì, 11 dicembre 2008

La Strada
***  
com'è bello questo pezzo !
Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso li, per esempio.
– Quale?
– Questo... Uno qualunque... Be', anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto.
– E a cosa serve?
– Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?
– Chi?
Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tu' testa di carciofo.

dal film Gelsomina di Fellini

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senso religioso

sabato, 08 novembre 2008

Tutto in me esige Dio!
***
   “Tu sei solo e lo sai. Tu sei nato per vivere sotto le ali di un altro
Pavese Mestiere di vivere

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pavese, senso religioso


Tutto in me esige Dio!
***
"Dio è morto ma, ma l’uomo non è diventato ateo. Questo silenzio del trascendente, congiunto alla permanenza del bisogno religioso presso l’uomo moderno, ecco il grande enigma oggi e ieri. Dio tace e tutto in me esige Dio! "
·         J.-P. Sartre (cit. da G. Bevilacqua in Equivoci: mondo moderno e Cristo, Morcelliana 1953, p.89).

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sartre, senso religioso

mercoledì, 29 ottobre 2008

Il senso sacro
 ***
  Non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Né bisogna fare unicamente della preghiera una pozione calmante, un rimedio contro la nostra paura della sofferenza, della malattie della morte. Qual è dunque il significato del senso sacro? E quale posto assegna la natura stessa alla preghiera nella nostra vita? In realtà è un posto molto importante. In tutte le epoche gli uomini dell’Occidente hanno pregato. La Città antica era principalmente una istituzione religiosa. I Romani innalzavano templi ovunque. I nostri antenati dei Medio Evo coprivano di cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della Cristianità. E ai nostri giorni ancora, al di sopra di ogni villaggio s’innalza un campanile. Con le chiese, come con le università e le officine, i pellegrini venuti dall’Europa instaurarono nel Nuovo Mondo la civiltà occidentale. Nel corso della nostra storia pregare è stato un bisogno elementare come quello di conquistare, di lavorare, di costruire o di amare.
In verità il senso sacro sembra essere un impulso proveniente dal più profondo della nostra natura, un’attività fondamentale. Le sue variazioni in un gruppo umano sono quasi sempre legate a quelle di altre attività basilari, il senso morale e il carattere, e talora il senso estetico. Ma proprio a questa parte tanto importante di noi stessi noi abbiamo permesso di atrofizzarsi e spesso di scomparire.
 A. Carrel, La Preghiera, Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 28-44.

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persona, senso religioso, carrel

martedì, 21 ottobre 2008

L’attesa
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E' noto che agli ebrei era vietato investigare il futuro. La torah e le preghiera li istruiscono invece sulla memoria. Ciò liberava dal fascino del futuro, a cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini.
Ma non per questo il futuro divenne presso gli ebrei  un tempo omogeneo e vuoto. Poichè ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia.
Walter Benjamin

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senso religioso

sabato, 18 ottobre 2008

Il cuore dell’uomo
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Giudico che quella sul senso della vita è la più grande e la più urgente delle domande. Il cuore dell'uomo, infatti, resta sempre uguale, con una infinita nostalgia di infinito che nessuna creatura umana, nessuna soddisfazione terrena, nessun benessere materiale potrà mai colmare
Camus

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venerdì, 17 ottobre 2008

Non esistono amori felici
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Nulla appartiene all’uomo Né la sua forza
Né la sua debolezza né il suo cuore E quando crede
Di aprire le braccia la sua ombra è quella di una croce
E quando crede di stringere la felicità la stritola
La sua vita è uno strano e doloroso divorzio
Non esistono amori felici

La sua vita somiglia a quei soldati disarmati
Ch’eran stati preparati a un diverso destino

A che può servire che s’alzino al mattino
Loro che si ritrovano la sera sfaccendati inerti
Dite queste parole Mia vita E trattenete le lacrime
Non esistono amori felici

Mio amore bello mio caro amore mia lacerazione
Ti porto in me come un uccello ferito
E quelli senza capire ci guardano passare

Ripetendomi dietro le parole che ho intrecciato
E che per i tuoi grandi occhi così presto morirono
Non esistono amori felici

Il tempo per imparare a vivere è già passato
Piangano nella notte i nostri cuori all’unisono
Quanta infelicità per la più piccola canzone
Quanti rimpianti per scontare un fremito
Quanti singhiozzi per un accordo di chitarra

Non esistono amori felici

Non esistono amori che non siano dolore
Non esistono amori che non strazino
Non esistono amori che non lascino il segno

E non più che di te l’amor di patria
Non esistono amori che non si nutrano di pianto
Non esistono amori felici
Ma è il nostro amore di noi due
Louis Aragon

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domenica, 05 ottobre 2008

Se non guardiamo in Alto diventiamo bestie
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Secondo i più recenti studi pare che ci sia stato un periodo della vita umana in cui eravamo quadrupedi, e che l’essere quadrupedi sia scomparso perché l’uomo ha incominciato a guardare le stelle, e nel guardare le stelle la struttura fisiologica si è articolata nel senso che abbiamo anche oggi. Adesso culturalmente sta avvenendo l’opposto, stanno rimettendoci in una posizione “da quadrupedi”, perché invece di guardare le stelle, cioè il senso, guardiamo noi stessi e le nostre reazioni, quindi corriamo il pericolo di tornare quadrupedi, sia moralmente sia culturalmente. Anni fa ho apprezzato le arti rupestri: lì si vede con molta chiarezza il momento in cui l’uomo capisce che la sua vita sta nel guardare il cielo
L. Negri, Emergenza educativa


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martedì, 30 settembre 2008

Il cuore di ogni uomo
desidera la stessa cosa 
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Una volta trovai un amico. “Fortunato me – dissi – è stato fatto per me”. Ma ora trovo nuovi e nuovi amici, che sembrano essere fatti per me, e altro e altro ancora, fatto per me. E' mai possibile che noi tutti, su tutta la terra, siamo stati fatti l'uno per l'altro?»
G.K. Chesterton, Autobiografia


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domenica, 28 settembre 2008

Il senso del vivere
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“ Nessuno ha tempo o modo d'arrestarsi un momento a considerare, se quel che vede fare agli altri, quel che lui stesso fa, sia veramente ciò che sopratutto gli convenga, ciò che gli possa dare quella certezza vera, nella quale solamente potrebbe trovar riposo. Il riposo che ci è dato dopo tanto fragore e tanta vertigine è gravato da tale stanchezza, intronato da tanto stordimento, che non ci è più possibile raccoglierci un minuto a pensare. Con una mano ci teniamo la testa, con l'altra facciamo un gesto da ubriachi.
Svaghiamoci!
Sì. Più faticosi e complicati del lavoro troviamo gli svaghi che ci si offrono; sicché dal riposo non otteniamo altro che un accrescimento di stanchezza.
Guardo per via le donne, come vestono, come camminano, i cappelli che portano in capo; gli uomini, le arie che hanno o che si danno; ne ascolto i discorsi, i propositi; e in certi momenti mi sembra così impossibile credere alla realtà di quanto vedo e sento, che non potendo d'altra parte credere che tutti facciano per ischerzo, mi domando se veramente tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita, che di giorno in giorno sempre più si complica e s'accelera, non abbia ridotto l'umanità in tale stato di follia, che presto proromperà frenetica a sconvolgere e a distruggere tutto.
Pirandello ,Quaderni di Serafino Gubbio operatore


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venerdì, 26 settembre 2008

Il cuore desidera l’Infinito
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Le creature non nascono con un desiderio, se di quel desiderio non esiste una soddisfazione. Un bimbo ha fame: esiste il cibo. Un anatroccolo vuole nuotare: esiste l’acqua e così via. Se trovo in me un desiderio che nessuna esperienza di questo mondo è in grado di soddisfare, la spiegazione più probabile è che io sia stato creato per un altro mondo”.
C. Lewis

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sabato, 13 settembre 2008

L’uomo è desiderio di infinito
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« Nulla di finito, nemmeno l'intero mondo, può soddisfare l'animo umano che sente bisogno dell'eterno. »

Soren Kierkegaard

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giovedì, 11 settembre 2008

Il senso religioso
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" Se l'uom tra bara e culla
Si perpetua, e le sue croci
Son legno di un tronco immortale
E le sue tende frale germoglio
D'inesausto rigoglio,
Questo è cieco destin che si trastulla?
Se van dall'universo eterne voci
e dagli atomi ai soli si marita
Fra glorie ardenti e tenebrosi falli
Una grandezza infinita
Che lo spirito intende,
Questo è per nulla?

Clemente Rebora


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mercoledì, 11 giugno 2008

Il senso religioso
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Alla mia solitudine di gelo ,
al mio sgomento , al mio lento morire
parla ne le stellate notti il cielo
d'altre arcane vicende da subire
sempre dentro al mistero e in questo anelo .
" E fino a quando ?" l'anima sospira .
Infinito silenzio in alto accoglie
la sua dimanda . Pur tremarne mira
le stelle in ciel , quasi animate foglie
d'una selva , ove arcano alito spira . Pirandello : Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me


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martedì, 10 giugno 2008

Il senso religioso
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 "noi siamo legati all’invisibile più strettamente che al visibile... Ciò che per i filosofi è la ragione, per i poeti in senso stretto è la fede. L’intera nostra vita è culto religioso"
Novalis


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