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sabato 25 febbraio 2012

weil


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Dare un pezzo di pane è più che fare un discorso, come la croce di Gesù è più che una parabola
(S. Weil).

Postato da: giacabi a 07:34 | link | commenti
weil

lunedì, 01 agosto 2011

L'amicizia
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Gli amanti e gli amici desiderano due cose: di amarsi al punto di entrare l'uno nell'altro e diventare un solo essere e di amarsi al punto che la loro unione non ne soffra, quand'anche fossero divisi dalla metà del globo terrestre.
(Simone Weil)
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Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità.
(Madre Teresa di Calcutta
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[L'amicizia] Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dèi, o degli angeli.
Clive Staples Lewis
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 L'amicizia percorre danzando la terra, recando a noi tutti l'appello di aprire gli occhi sulla felicità
Epicuro
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Quaggiù non c'è nulla di più santo da desiderare, nulla di più utile da cercare, nulla più difficile da trovare, niente più dolce da provare, niente più fruttuoso da conservare dell'amicizia.
Rievaulx

All'amico si deve dire la verità; senza di essa il nome di amicizia non vale più nulla.
Rievaulx
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L'uomo d'animo sincero vive soprattutto nella saggezza e nell'amicizia, l'una bene mortale, l'altra bene immortale.
 Epicuro

Postato da: giacabi a 14:54 | link | commenti
amicizia, madre teresa, lewis, weil, aelredo

domenica, 10 aprile 2011

NELLO STUDIO
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"Se si ricerca con vera attenzione la soluzione di un problema di geometria, e se dopo un’ora si è sempre allo stesso punto di partenza, ogni minuto di quest’ora costi­tuisce un progresso in un’altra dimensione, più misterio­sa. Senza che lo si senta, senza che lo si sappia, questo sforzo, in apparenza sterile e senza frutto, ha fatto più luce nella nostra anima. Il frutto si ritroverà un giorno, più tardi, nella preghiera e, per di più, lo si ritroverà sen­za dubbio anche in un qualsiasi campo dell’intelligenza, forse del tutto estraneo alla matematica. Un giorno, co­lui che ha compiuto senza risultato questo sforzo sarà for­se capace di cogliere più direttamente la bellezza di un verso di Racine, proprio grazie a tale sforzo. Ma che il frutto di simile sforzo si debba ritrovare nella preghiera è cosa certa, su questo punto non v’è dubbio.Certezze di questo genere sono date dall’esperienza. Ma se non vi si crede prima di averne fatto la prova, se almeno non ci si comporta come se vi si credesse, non si farà mai l’esperienza che dà accesso a simili certezze.....................
Quand’anche gli sforzi dell’attenzione rimanessero in apparenza sterili per anni, vi sarà un giorno in cui la luce, esattamente propor­zionale a quegli sforzi, inonderà l’anima. Ogni sforzo ag­giunge un poco d’oro a quel tesoro che nulla al mondo può rapire. Gli inutili e penosi sforzi di imparare il lati­no compiuti dal curato d’Ars per lunghi anni, hanno por­tato i loro frutti nel meraviglioso intuito con il quale egli scorgeva l’anima dei penitenti al di là delle loro pa­role e anche del loro silenzio.
Bisogna dunque studiare senza desiderare di otte­nere buoni voti, di passare agli esami, di ottenere alcun risultato scolastico, senza tener conto né dei gusti né del­le attitudini naturali, ma applicandosi con la stessa in­tensità a tutti gli esercizi, considerando che tutti servono a sviluppare l’attenzione, che è l’essenza della preghiera. Nel momento in cui ci si applica a un esercizio, bisogna volerlo compiere correttamente; questa volontà è indispensabile perché vi sia un vero sforzo.................
Molto spesso si confonde l’attenzione con una specie di sforzo muscolare. Se si dice a degli allievi: «E ora fate attenzione», ecco che aggrottano le sopracciglia, trat­tengono il respiro, contraggono i muscoli....
La volontà, quella che all’occorrenza fa serrare i denti e sopportare la sofferenza fisica, è lo strumento principale dell’apprendista nel lavoro manuale, ma, contrariamente all’opinione corrente, non ha quasi alcuna parte nello studio. L’intelligenza può essere guidata soltanto dal desiderio. E perché ci sia desiderio dev’esserci anche piacere e gioia. L’intelligenza si accresce e dà frutti solo nella gioia. La gioia di imparare è indispensabile agli studi, quanto lo è la respirazione per i corridori. Là dove manca, non vi sono studenti ma povere caricature di apprendisti, che alla fine del loro apprendistato non avranno neppure un mestiere. ......
L’attenzione è uno sforzo, forse il più grande degli sforzi, ma uno sforzo negativo. Di per sé non comporta fatica. Quando questa si fa sentire, non è più possibile l’attenzione, a meno che uno non sia già molto esercitato; allora è meglio lasciarsi andare, cercare una distensione e ricominciare un po’ più tardi: rilassarsi e riprendersi, come si inspira e si respira.................
L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pen­siero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’og­getto, nel mantenere in prossimità del proprio pensiero, ma a un livello inferiore e senza contatto con esso, le diverse conoscenze acquisite che si è costretti a utilizzare. Il pensiero, rispetto a tutti i pensieri particolari preesi­stenti, deve essere come un uomo su una montagna, che fissando lontano scorge al tempo stesso sotto di sé, pur senza guardarle, molte foreste e pianure. E soprattutto il pensiero deve essere vuoto, in attesa; non deve cercare nulla ma essere pronto a ricevere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi.
I beni più preziosi non devono essere cercati ma attesi. L’uomo, infatti, non può trovarli con le sue sole forze, e se si mette a cercarli troverà al loro posto dei falsi beni di cui non saprà neppure riconoscere la falsità...... 
La soluzione di un problema di geometria non è in se stessa un bene prezioso ma, poiché è l’immagine di un bene prezioso, le si può applicare la medesima legge. Essendo un piccolo frammento di verità particolare, essa è una pura immagine della Verità unica, eterna e vivente, quella Verità che un giorno ha detto con voce umana: «Io sono la Verità»."
SIMON WEIL

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studiare, weil

lunedì, 13 settembre 2010

I beni più preziosi
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I beni più preziosi non devono essere cercati ma attesi. L’uomo, infatti, non può trovarli con le sue sole forze, e se si mette a cercarli troverà al loro posto dei falsi beni di cui non saprà neppure riconoscere la falsità.
Simone Weil

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weil

venerdì, 12 febbraio 2010

Tutto concorre al bene
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Qualsiasi cosa accada, non importa che dal nostro punto di vista sia felice, infelice o indifferente, è sempre una tenerezza di Dio per noi.

Postato da: giacabi a 21:22 | link | commenti
weil


La croce
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Iddio pena, attraverso lo spessore infinito del tempo e della specie, per raggiungere l’anima e sedurla. Se essa si lascia strappare, anche solo per un attimo, un consenso puro e intero, allora Iddio la conquista. E quando sia divenuta cosa interamente sua, l’abbandona. La lascia totalmente sola.  Ed essa  a sua volta, ma a tentoni, deve attraversare lo spessore infinito del tempo e dello spazio alla ricerca di colui che essa ama. Così l’anima rifà in senso inverso il viaggio che Iddio ha fatto verso di lei. E ciò è la croce.
 Simone Weil(OG 98).


Postato da: giacabi a 18:03 | link | commenti
croce, weil


***

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni.
Simone Weil (Q IV 182-183)


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weil


Il seme
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Non siamo in grado di muoverci verticalmente. Non possiamo fare neppure un passo verso il cielo. Dio attraversa l’universo e viene fino a noi. Al di là dello spazio e del tempo infinito, l’amore infinitamente più infinito di Dio viene ad afferrarci. Viene quando è la sua ora. Noi abbiamo facoltà di acconsentire ad accoglierlo o di rifiutare. Se restiamo sordi, egli torna e ritorna ancora, come un mendicante; ma un giorno, come un mendicante non torna più.
Se noi acconsentiamo, Dio depone in noi un piccolo seme e se ne va. Da quel momento, a Dio non resta altro da fare, e a noi nemmeno, se non attendere. Dobbiamo soltanto non rimpiangere il consenso che abbiamo accordato, il sì nuziale. Non è facile come sembra, perché la crescita del seme, in noi, è dolorosa.
 Simone Weil (AD 98-99)

 

Postato da: giacabi a 17:41 | link | commenti
chieffo, weil

mercoledì, 30 dicembre 2009

L'amicizia
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L'incontro e la separazione sono due forme dell'amicizia, contengono lo stesso bene, in un caso sotto forma di piacere, e nell'altro sotto forma di sofferenza. (...)
La distanza è interamente intessuta di amicizia, poiché coloro che si amano non possono essere separati. (...)
L'amicizia è il miracolo grazie al quale un essere umano accetta di guardare a distanza, e senza avvicinarsi, la persona che gli è necessaria come il nutrimento.
Simone Weil, in Attesa di Dio

Postato da: giacabi a 20:52 | link | commenti (1)
amicizia, weil

martedì, 29 dicembre 2009

L'Amore
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L'Amore mi aprì le braccia
e la mia anima indietreggiò,
colpevole di fango e di vergogna.
Ma, con rapido sguardo, l'Amore
vide la mia debolezza fin dal mio primo istante
e venne più vicino chiedendomi dolcemente
se qualcosa mi mancava.
"Un invitato" risposi "degno di essere qui".
"Tu sarai quello", disse l'Amore.
Io, il maligno, l'ingrato?
O mio amato, non posso neppure guardarti.
L'Amore prese la mia mano e replicò sorridendo:
- "Chi ha fatto i tuoi occhi, se non io?"
- "E' vero, Signore, ma li ho sporcati;
lascia la mia miseria vada dove si merita".
- "E non sai tu" disse l'Amore "chi ne portò su di se il castigo?"
- "Mio amato, allora ti servirò".
- "Occorre che tu ti sieda", disse l'Amore, "che tu gusti il mio cibo".
E io mi sedetti e mangiai.


S. Weil


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gesù, weil

mercoledì, 23 dicembre 2009

Simone Weil a Joë Bousquet
*** 
.


Mi ha profondamente commossa constatare che ha dedicato una viva attenzione alle poche pagine che le ho mostrato. Non ne traggo la conclusione che meritino attenzione. Considero tale attenzione come un dono gratuito e generoso da parte sua. L’attenzione è la forma più rara e più pura della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono. Fin dalla mia infanzia non desidero altro che averne ricevuto, prima di morire, la piena rivelazione. Mi sembra che lei sia orientato verso questa scoperta. In effetti, ritengo di non aver conosciuto, da quando sono giunta in questa regione, nessuno il cui destino non sia di gran lunga inferiore al suo; tranne un’eccezione. (L’eccezione, lo dico di sfuggita, è un domenicano di Marsiglia quasi completamente cieco, di nome padre Perrin. Deve essere stato nominato da poco, credo, priore in un convento di Montpellier; se capitasse a Carcassonne, ritengo che varrebbe la pena di organizzare un incontro tra voi.)
La scoperta che le dicevo è in fondo il soggetto della storia del Graal. Solamente un essere predestinato ha la facoltà di domandare ad un altro: «Qual è dunque il tuo tormento? ». E non gli è data nascendo. Deve passare per anni di notte oscura in cui vaga nella sventura, nella lontananza da tutto quello che ama e con la consapevolezza della propria maledizione. Ma alla fine riceve la facoltà di rivolgere una simile domanda, nel medesimo istante ottiene la pietra di vita e guarisce la sofferenza altrui.
E questo, ai miei occhi, l’unico fondamento legittimo di ogni morale; le cattive azioni sono quelle che velano la realtà delle cose e degli esseri oppure quelle che assolutamente non commetteremmo mai se sapessimo veramente che le cose e gli esseri esistono. Reciprocamente, la piena cognizione che le cose e gli esseri sono reali implica la perfezione. Ma anche infinitamente lontani dalla perfezione possiamo, purché si sia orientati verso di essa, avere il presentimento di questa cognizione; ed è cosa rarissima. Non v’è altra autentica grandezza. Parlo di tutto questo non propriamente come un cieco, ma come un quasi cieco potrebbe parlare della luce. Almeno penso di vedere abbastanza per avere potuto riconoscere in voi questo orientamento.
E un regno in cui opera il semplice desiderio, purché autentico, non la volontà; in cui il semplice orientamento fa avanzare, a patto che si resti sempre rivolti verso lo stesso punto. Tre volte felice colui che è stato posto una volta nella direzione giusta. Gli altri si agitano nel sonno. Colui che procede nella giusta direzione è libero da ogni male. Benché sia, più di chiunque altro, sensibile alla sventura, benché la sventura gli procuri soprattutto un sentimento di colpa e di maledizione, tuttavia per lui la sventura non costituisce un male. A meno che non tradisca e non distolga lo sguardo, sarà sempre preservato. Anche quando si sente completamente abbandonato da Dio e dagli uomini, è comunque preservato da ogni male. Per aver parte a questo privilegio basta desiderarlo. E' proprio questo desiderio a essere cosa estremamente difficile e rara. La maggior parte di coloro che sono convinti di averlo, non l’hanno.
Tutta la parte mediocre dell’anima si rivolta e vuole soffocare il desiderio da cui si sente minacciata di morte, e riesce il più delle volte a raggiungere il suo scopo attraverso qualche menzogna. Allora si sente al sicuro. Gli sforzi, la tensione della volontà non la turbano. Si sente unicamente minacciata dalla presenza nell’anima di un punto di desiderio puro. Quanto prima le manderò la copia di alcuni versi di Eschilo e di Sofocle con il mio tentativo di traduzione. Anche un Nuovo Testamento in greco. Mi rimprovero di non averle detto una cosa a Carcassonne. Questa. Poiché lei ha bisogno di far venire un farmaco da Marsiglia, se in qualche modo posso esserle utile, disponga di me. Non tema di causarmi disturbo, se sarà necessario.
Creda alla mia amicizia.
 
 
 

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weil

venerdì, 26 dicembre 2008

Il desiderio di Dio
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Gli amanti e gli amici desiderano due cose: di amarsi al punto di entrare l'uno nell'altro e diventare un solo essere e di amarsi al punto che la loro unione non ne soffra, quand'anche fossero divisi dalla metà del globo terrestre. Tutto ciò che l'uomo desidera invano quaggiù, è perfetto e reale in Dio. Tutti i nostri desideri impossibili sono il segno del nostro destino e diventano buoni per noi proprio nel momento in cui non speriamo più di realizzarli.
Simone Weil

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weil

giovedì, 25 dicembre 2008

Buon Natale
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Al di sopra dell’infinità dello spazio e del tempo, l’amore infinitamente più infinito è venuto ad afferrarci. Simone Weil

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natale, weil

giovedì, 18 dicembre 2008

L’umiltà
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L’umiltà è la virtù più indispensabile nella ricerca della verità
 S. Weil


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weil

domenica, 23 novembre 2008

Il desiderio di Cristo
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E’ meraviglioso,è inesprimibilmente inebriante, pensare che fu l’amore e il desiderio del Cristo a far zampillare in Grecia l’invenzione della dimostrazione.
S. Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane, Roma, 1984

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weil

sabato, 01 novembre 2008

Fa splendere il Tuo volto
***
Un pittore non disegna il posto in cui si trova. Ma osservando il suo quadro, io conosco la sua posizione rispetto alle cose disegnate. Secondo la concezione della vita umana espressa negli atti e nelle parole di un uomo, io so (…) se egli guarda questa vita da un punto situato quaggiù o dall’alto del cielo. … Il Vangelo contiene una concezione della vita umana, non una teologia. Se di notte all’aperto, accendo una torcia elettrica, non è guardando la lampadina che ne giudico la potenza, ma guardando la quantità di oggetti illuminati. Il valore di una forma di vita religiosa, o più in generale spirituale, lo si valuta in base all’illuminazione proiettata sulle cose di quaggiù. Le cose carnali sono il criterio delle cose spirituali. Solo le cose spirituali hanno valore, ma le cose carnali sono le uniche ad avere un’esistenza constatabile. Quindi il valore delle prime è constatabile solo come illuminazione proiettata sulle seconde. (Q IV 185)
  Simone Weil  

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cristianesimo, weil


Il bello
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“Il bello è un’attrazione carnale che tiene a distanza e implica una rinuncia. Compresa la rinuncia più intima quella dell’immaginazione. Si vuol mangiare tutti gli altri oggetti del desiderio. Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che esso sia”
                  ***
 "In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza religiosa. (Ecco quello che oggi non si sa più.) Una melodia gregoriana testimonia quanto la morte di un martire."
  Simone Weil  

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bellezza, weil


La salvezza sta nello sguardo ***


          "Una delle verità capitali del cristianesimo, oggi misconosciuta da tutti, è che la salvezza sta nello sguardo. Il serpente di bronzo è stato innalzato affinché gli uomini che giacciono mutilati in fondo alla degradazione lo guardino e siano salvati..."
Simone Weil      Attesa di Dio, Milano 1998.


Postato da: giacabi a 14:28 | link | commenti (1)
weil


«Egli è disceso e mi ha presa» ***
 

         «…È stato durante una di queste recite che, come io vi ho scritto, il Cristo in persona è disceso e mi ha presa»[14]. In quella poesia, che recitava verso la fine del 1938, «Love», conosciuta ad opera di un giovane inglese incontrato a Solesmes, Cristo era disceso e l’aveva presa.

Love - Amore

L’amore m’invitò; ma l’anima mia indietreggiò,
colpevole di polvere e di peccato.
Ma chiaroveggente l’Amore, vedendomi esitare
fin dal mio primo passo,
mi si accostò con dolcezza, domandandomi
se qualcosa mi mancava.
«Un invitato», risposi, «degno di essere qui».
L’Amore disse: «Tu sarai quello».
Io, il malvagio, l’ingrato? Ah! Mio diletto,
non posso guardarti.
L’Amore mi prese per mano, sorridendo rispose:
«Chi fece questi occhi, se non io?»
«È vero, Signore, ma li ho macchiati;
che vada la mia vergogna dove merita».
«E non sai tu» disse l’Amore, «chi ne prese
il biasimo su di sé?»
«Mio Diletto, allora servirò».
«Bisogna tu sieda» disse l’Amore, «per gustare
il mio cibo».
Così mi sedetti e mangiai
Ripetendola con la massima attenzione, recitandola a memoria, specie quando l’emicrania si fa più insopportabile, Simone fa l’esperienza dell’Amore di Dio.
         «Spesso, nei momenti culminanti delle violente crisi di mal di testa, mi sono esercitata a recitarla, ponendovi tutta la mia attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza che essa racchiude. Credevo di recitarla soltanto come una bella poesia ma, a mia insaputa, quella recitazione aveva la virtù di una preghiera. Fu proprio durante una di queste recitazioni che, come già vi scrissi, Cristo stesso è disceso e mi ha presa. Nei miei ragionamenti sull’insolubilità del problema di Dio, non avevo mai previsto questa possibilità di un contatto reale, da persona a persona, quaggiù, fra un essere umano e Dio»[15].
         Simone Weil, in compagnia di sua madre, si era recata durante la settimana santa dello stesso anno, in un’abbazia, molto famosa per la bellezza della liturgia, per ascoltare il canto gregoriano. Vi rimase dalla domenica delle Palme al martedì dopo Pasqua e partecipò a tutti i riti, destando un grande stupore. Rimase molto colpita dalla presenza di un giovane inglese che tornava dalla comunione quasi trasformato dall’incontro sacramentale e, tramite lui, riceve «per la prima volta, l’idea di una efficacia soprannaturale dei sacramenti»[16].
         Questo giovane le fa conoscere i poeti metafisici inglesi e quindi la poesia che ella «recitava solamente come se fosse un poema», ma che a sua insaputa, «aveva l’efficacia di una preghiera»[17].
«Il Cristo in persona è disceso e mi ha presa»[18].

         Esperienza singolare

         Questa “discesa” s’imprimerà nel suo cuore, nella sua anima. Qualche anno prima, aveva avuto un’altra esperienza straordinaria. Nell’estate del 1935, in Portogallo, ove, con i suoi, assistendo ad una processione sul mare e ascoltando i canti tristi delle donne, intuisce che il cristianesimo è la religione degli schiavi e che gli schiavi non possono non aderirvi; perciò è la religione per lei.
         Sperimenta sulla sua pelle la preoccupazione del lavoro, del denaro, la paura della disoccupazione, la malattia. «I miei compagni di schiavitù», andava ripetendo, «sono gli operai».
         È pervasa da una profonda tristezza da toglierle il respiro. Nel 1937, in Italia, dopo aver partecipato alla guerra civile spagnola ed esserne uscita delusa e amareggiata per la miseria dell’uomo, della malattia, visita Assisi che le offre in dono una forte esperienza spirituale. «La patria della mia anima!».
         E ricorderà questo singolare evento quando nel 1942 scriverà a p. Perrin: «Nel 1937 ho trascorso ad Assisi due giorni meravigliosi. Là stando sola nella piccola cappella romanica del XII sec. di s. Maria degli Angeli, incomparabile meraviglia di purezza, ove s. Francesco ha pregato molto spesso, qualcosa di più forte di me mi ha obbligato, per la prima volta nella mia vita, a inginocchiarmi»[19].
         A Solesmes nel 1938 Cristo stesso in persona «discese e la prese». Il cristianesimo del Portogallo, il «qualcosa di più forte» di Assisi, ora è «Qualcuno», è una persona e ha il volto di Cristo.
         Lottando contro il mal di testa, da cui era affetta da sempre e lasciando la carne soffrire da sola, riesce a gustare il canto gregoriano e i sacri riti della settimana santa: «Questa esperienza mi ha permesso di comprendere meglio, per analogia, la possibilità di amare l’amore divino attraverso la sventura. Proprio mentre si celebravano quegli uffici liturgici il pensiero della passione di Cristo è entrato in me una volta per tutte»[20].
         La condizione di dolore, di sofferenza fisica, e la passione di Cristo si unificano. Il Cristo della Croce, il Cristo della Passione che «scende» nella sua sventura umana. Saranno queste le tematiche che impronteranno le sue riflessioni e le sue scelte concrete di vita.
         Scrivendo al poeta Bousquet dice: «Durante quel periodo, la Parola di Dio non aveva nessun posto nei miei pensieri. L’ha avuto solo dal giorno in cui, circa tre anni e mezzo fa non ho potuto rifiutarlo… ho sentito (senza essere  preparata per niente, dato che non avevo mai letto i mistici) una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, inaccessibile ai sensi e all’immaginazione… da allora il nome di Dio e di Cristo si sono intessuti sempre più irresistibilmente ai miei pensieri»[21].



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gesù, weil


La realtà è Cristo
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“Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio. … Così pure, la prova che un bambino sa fare una divisione non sta nel ripetere la regola; sta nel fatto che fa le divisioni. (Q IV 182-183).”


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sabato, 23 febbraio 2008

La ricerca di Dio
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Chi cerca Dio è come un bambino che non sa se c’è del pane da qualche parte, ma che grida di avere fame. Il pericolo consiste non nel fatto che l’anima dubiti se c’è il pane o no, ma il pericolo sta nel fatto che si persuada con una menzogna di non avere fame. Può persuadersene solamente con una menzogna, perché la realtà della sua fame non è una credenza, ma una certezza. Può dubitare di Dio, ma non del fatto che lui abbia fame di Dio
 Simone Weil



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senso religioso, weil

domenica, 30 settembre 2007

INFELICITA' E BELLEZZA

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Spesso si sarebbe tentati di piangere lacrime di sangue al pensiero che l'infelicità distrugge degli infelici incapaci di farne uso. Ma, a voler consi­derare le cose freddamente, si tratta in quel caso semplicemente di uno sciupìo non meno penoso di quello a cui è sottoposta la bellezza del mondo.
Quante volte la luce delle stelle, il rumore delle onde del mare, il silenzio dell'ora che precede l'alba, vengono inutilmente a proporsi all'attenzione degli uomini?
Non prestare attenzione alle bellezze del mondo è forse un peccato d'ingra­titudine così grande da meritare il castigo dell'infelicità.
In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno.
Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa. (Ecco quello che oggi non si sa più). Una melodia gregoriana testimonia quanto la morte di un martire.
Simone Weil

 

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bellezza, weil


L’ uomo
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L’uomo vive secondo tre modalità: pensando, contemplando, agendo. Quindi, ritenendo che nell’universo qualcosa corrisponda a queste tre modalità, si forma le idee del vero, del bello e del bene
 Simone Weil
 

Postato da: giacabi a 13:04 | link | commenti
senso religioso, weil

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