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domenica 31 maggio 2015

Aforismi di Victor Hugo

  • Aforismi di 

    Victor Hugo

    (a cura di Davide Monda)

    di Océan, e pubblicati, quasi integralmente, soltanto nel 1989. Si tratta di considerazioni e riflessioni sui più svariati argomenti: dalla scienza alla metafisica, dalla filosofia all’attualità; un repertorio di appunti, di materiali su cui ritornare e soprattutto una messe di osservazioni di carattere morale sui rapporti umani le quali, da un lato, appaiono strettamente legate al vissuto dello scrittore, mentre dall’altro ne ribadiscono la straordinaria curiosità intellettuale. *** Da Océan Il pensatore è come la terra: l’uno non conserva l’ombra degli avvenimenti più di quanto l’altra non conservi l’ombra delle nuvole.
     * Serenità e passione: ciò che abbiamo dentro di noi risplende necessariamente all’esterno. Le irradiazioni e gli incendi dell’anima, per quanto profondi, non si possono celare. Scintilla o bagliore, l’occhio ne lascia sfuggire sempre qualcosa. 
    * L’uomo è costretto a fare; la donna può accontentarsi di essere. 
     * Solleva la natura, Dio è sotto. 
    * La natura si vergogna del nostro orgoglio. Quando l’uomo si erge più alto, il filo d’erba si china più in basso. 
     * La gloria è fumo sino al giorno in cui diviene bronzo. 
     * Nelle cose segrete della vita, talora gli uomini hanno il coraggio della vigliaccheria nei confronti delle donne, giammai nei confronti di altri uomini.
     * Talvolta amico è parola priva di senso, nemico mai. 
    * Si parla molto di nemici generosi, di odi generosi. Io non ne ho mai incontrati. Nessuna virtù può albergare nell’odio.
     * Il crimine e il vizio sono le due corna del diavolo. 
    * Il disdegno è la generosità del disprezzo. 
    * Il contemplatore chino su una fossa, il contadino curvo su un solco finiscono sempre col pregare. La terra, se guardata a lungo, vi costringe a guardare il cielo. 
     * Gli ipocriti più miti sono anche i più temibili. Le maschere di velluto sono sempre nere. * Tutte le violenze hanno un domani.
     * Non ridete del cuore altrui.
  • La vera indulgenza consiste nel comprendere e perdonare le colpe che non saremmo capaci di commettere. 
     * Ogni uomo va quotidianamente alla scuola della vita. 
     * L’uomo tende con tale naturalezza alla sofferenza e al dolore che la gioia, per lui, è solo un’occasione per distogliersene. E chiama suoi piaceri “diversivi”.
     * Per la maggior parte del tempo, quel che l’uomo scambia per la grandezza dello spettacolo altro non è che la piccolezza dello spettatore. Il mondo non impressiona Iddio.
     * Siate il padrone che vorreste avere.
     * La coscienza è uno strumento di precisione di estrema sensibilità. 
     * I buoni sono migliori dei giusti.
     * La verità è come il sole: fa veder tutto, ma non si lascia guardare. 
    * L’ipocrisia edulcora il male.
     * Ho un padrone: è il dovere; ho un giudice: sono io.
     * La logica è cosa onesta che appartiene soltanto alla rettitudine. Il crimine ha l’astuzia, o l’imbecillità. 
    * Si soffre sempre solo del male che ci fanno quelli che amiamo. Il male che ci viene da un nemico non conta.
     * L’occhio vede bene Iddio soltanto attraverso le lacrime.
     * Le idee, per natura, sono altere, solitarie, inavvicinabili, impopolari. Sono regine tristi e orgogliose, che la folla guarda passare con una sorta di avversione.
     * L’uomo, strana creatura con ali e radici.
     * In ogni spaccone c’è un codardo. 
    * Gli occhi che piangono di più sono anche quelli che vedono meglio.
     * La moderazione delle leggi fa parte della grandezza delle nazioni.
     * Far sempre il bene che si può, mai fare il male che si può. 
    * Pregate. Lo spirito umano fa più strada con le ginocchia che con i piedi. 
    * Quando l’ombra cresce, è la fine del giorno; quando il dubbio aumenta, è il tramonto della religione. 
    * In Omero, Aiace sta gomito a gomito con Giove; nel Vangelo, Cristo impone le mani su Lazzaro. Il paganesimo divinizza l’uomo; il cristianesimo umanizza Dio.
  • La vita è una frase interrotta. 
    * Morire è maturare. 
     * Quando le leggi sono contro il diritto, c’è solo un modo eroico di protestare contro di esse: violarle.
     * E’ sbalorditiva la quantità di critiche che può contenere un imbecille.
     * La fantasticheria è il vapore del pensiero. 
    * Nei poeti, è lo spirito a vedere. In certi casi, l’occhio della carne non fa che ostacolare l’occhio dello spirito. 
     * Nulla somiglia tanto alla bocca d’un cannone quanto l’orlo d’una bottiglia d’inchiostro. 
    * Il despota, uomo o donna che sia, è despota. Lo stesso vale per lo schiavo. Questi esseri sono come numeri. Hanno l’impersonalità tragica l’uno del male, l’altro della sventura. * L’uomo è un pendolo che oscilla fra il bruto e l’angelo. 
    * Amare e perdonare non è proprio dell’uomo: è proprio di Dio o della donna. * Fra innamorati le spiegazioni sono necessarie; fra amici sono superflue. L’affetto reciproco non ha quel grado di ardente sensibilità che fa sì che il minimo screzio sia un tormento. I vecchi amici si amano anche se ci sono degli screzi. 
     * L’amore vuol sempre sentirsi dire le cose che sa già. 
     * La libertà del cuore è un bene prezioso e gravoso. Non appena si perde, lo si rimpiange. Non appena lo si ritrova, si aspira a perderlo.
     * L’ammirazione è la forma che l’amore assume nello spirito. * I gelosi possiedono uno speciale istinto per fiutare e scoprire le passioncelle, così come i maiali scovano i tartufi.
     * L’amore è l’assoluto, è l’infinito; la vita è il relativo e il limitato. Da qui derivano tutte le segrete e profonde lacerazioni dell’uomo, quando l’amore s’introduce nella sua vita, che non è abbastanza grande per contenerlo. 
     * Spesso ci sono più cose naufragate in fondo a un’anima che in fondo al mare. 
     * L’egoismo segna i confini fra uomo e uomo. *
     * L’uomo che non ama non vive; la donna che non ama non è. 
     * Il cuore vive finché ha qualcosa da amare, così come il fuoco finché ha qualcosa da bruciare. * Amare significa avere una luce nel cuore. La vita può distogliere da un pensiero; una nube può nascondere una stella: ciò non impedisce alla stella né al pensiero di essere fissi, l’una nelle profondità del cielo, l’altro in fondo all’anima.
     * In ogni cosa, la fiducia che si sa ispirare costituisce la metà del successo. La fiducia che si avverte è l’altra metà.
     * La vecchiaia, la morte, l’eternità: tre parole terribili e magiche che, nelle idee della gente, fanno bruscamente svanire – fin dalla loro apparizione – quella dolce e incantevole di amore! Il fatto è che, per la gente, l’amore è solo un passatempo, un imprevisto, un capriccio, un ghiribizzo, una civetteria, l’accordo momentaneo di uno sguardo e d’un sorriso, una cosa che è così, ma che avrebbe potuto essere diversa, e neppure una fiamma. La gente misconosce l’amore sincero ed ignora il vero amore, perché là dove il falso abbonda e si diffonde, come moneta corrente dei cuori e degli spiriti, coniata per tutte le effigi, là – dico – la sincerità è rara e la verità un prodigio. Ma il vero amore – l’unico amore? – non teme le parole terribili e le cose gravi, e le guarda in faccia. E’ la misteriosa unione di un’anima con un’altra anima, e lo sa. La vecchiaia lo stringe ancor di più, la morte lo consacra, l’eternità lo fa continuare.
     * L’amore è più di un’unione, è l’unità. È la fusione simpatetica, profonda, completa, assoluta, ineffabile di due nature: passione, pensiero, istinto e sentimento. Per tutti gli affetti della vita, basta che vi sia un tenero accordo su questo punto, mentre nell’amore l’essere viene assorbito tutto intero. Padre e figlio, madre e bambino, fratello e sorella sono uniti dal cuore; gli innamorati sono uniti dall’anima. * Ogni autentica felicità è fatta d’amore.
  • * Credete, per essere forti. Amate, per essere felici. 
     * I cuori che si amano hanno visioni del vero. * Nell’uomo l’amore si complica con l’egoismo, nella donna con la civetteria. Così, talvolta, l’amore degli uomini è codardo, quello delle donne infedele. Ma, in tali misteri del cuore, nulla è più raro della perfidia nell’uomo e della viltà nella donna. Quando, per caso, incontrate una stranezza del genere, rabbrividite, perché avete a che fare con un mostro. 
     * La nostra collaborazione non nuoce alla creazione. Talvolta l’uomo completa Dio. Noi completiamo il capolavoro. Dio ha fatto la vergine, ma è l’uomo che ha fatto la donna. * Dio, per una forma d’inspiegabile gelosia, non ha voluto che le cose riuscissero ad esprimersi quando toccano il loro più alto grado di esaltazione: il dolore non trova lacrime e l’amore non trova parole.
     * All’interno dell’anima, l’amore fa una luce tremula e cupa: la luce di una fiamma. 
    * La gelosia è capace di tutto, ma non è colpevole di nulla. 
     * Nessuna grazia esteriore è completa se non è compenetrata e vivificata dalla bellezza interiore. La bellezza dell’anima si diffonde come una luce misteriosa sulla bellezza del corpo. * Il merito di una donna è che non si parli di lei. 
     * Una donna degna d’essere amata deve esser capace di far perdere all’innamorato la ragione e l’egoismo. Deve possedere tutto quanto occorre per fare impazzire un uomo e rendere grande un’anima. * L’uomo è la lettura di tutta la mia vita.
     * Nell’amore la separazione avvicina. 
     * La malvagità rende brillanti gli uomini. La bontà rende geniali le donne. Pertanto, ciò che l’ipocrisia di un uomo malvagio più teme è l’acume di una donna buona. 
     * È probabile che ai fiori piaccia essere annusati, così come alle donne piace che sia dato loro del tu. 
    * È ben difficile che l’uomo sia il padrone senza che la donna sia la padrona.
     * Il libro più spaventoso che si potrebbe scrivere sarebbe questo: i crimini delle leggi.

Intervista al Dott. Rege-Gianas: Succhi contro il Tumore ? Sua Esperienza e Metodo

Intervista al Dott. Rege-Gianas: Succhi contro il Tumore ? Sua Esperienza e Metodo

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Intervistiamo per Healthy Blog il Dottor Paolo Rege-Gianas, Neurologo in pensione dell’Ospedale di Garbagnate Milanese, ideatore di una terapia rivoluzionaria.
Dott. Paolo Rege-Gianas, ci riassume in 2 righe la sua carriera professionale ?
Ho conosciuto e cenato in gioventù con Linus Pauling che mi ha regalato due suoi libri e ispirato alcune fantasie giovanili.
Durante l’università sono stato al Policlinico di Milano interno in neurologia fin dal secondo anno di corso.
Laureato, ho lavorato in una clinica psichiatrica, ho rifiutato un lavoro alla NASA che mi era stato offerto per motivi ideologici.
In Neurologia all’ospedale di Garbagnate Milanese dal giugno del 1976, mentre frequentavo la specialità, dopo due anni di lavoro ho vinto un concorso in ruolo e sono stato Dirigente medico di primo livello fino al pensionamento, avvenuto nel luglio del 2012.
Sono specialista in neurologia vascolare essendo stato il primo e più esperto in Lombardia nella tecnica Doppler, consulente in questo campo di vari ospedali compreso Sacco e Niguarda, e della neurologia di pronto soccorso avendo svolto tale attività negli ospedali della ASL n 1 di Milano.
L’anno scorso mi è stato assegnato il titolo di “emerito”.

rege gianas
Come è giunto ad elaborare una terapia per i tumori ? In cosa consiste ?

Avendo sperimentato su me stesso una dieta a base di succhi per tre mesi sulla spinta della lettura del libretto di Norman WalkerSucchi freschi di frutta e verdura”, che promette ottima salute, mi sono visto sparire una iperpigmentazione melaninica cutanea, e svariati nevi sulla cute dell’addome si erano ridimensionati, essendo sulla via di guarigione, sono stato colpito dall’ottima salute ed energia che avevo acquisito.
C’è stato poi il caso del rifiuto di un paziente, affetto da metastasi cerebrale da carcinoma polmonare, di qualsiasi terapia tradizionale, l’instaurare un tentativo terapeutico a base di succhi e in seguito di vegetali crudi, e la sua completa guarigione
.
Dopo la pubblicità che è stata fatta a questo caso sono stato inondato di richieste, e sono avvenute le prime guarigioni di glioblastomi di 4° grado, e di carcinomi polmonari anche metastatici.
Sviluppavo nel frattempo una teoria, che chiamerò di Agnone essendo stata ideata in quella bella cittadina abruzzese, nel giro di una notte insonne a causa di una cena troppo pesante.
Si risolve praticamente nel sottrarre alla cellula neoplastica il suo nutrimento, che è costituito per la stragrande maggior parte dei tumori da glucosio come aveva dimostrato Warburg fino dal 1921, e attendere che le cellule sane riconquistino il sopravvento. Lo ottengo adottando una alimentazione costituita pressoché unicamente da succhi di frutta e di verdura fresca e cruda, assieme a modeste quantità di frutta secca che si può utilizzare sotto forma di latte.
Sta approfondendo il funzionamento teorico ? Pensa di scrivere a riguardo ?
Vorrei che fosse approfondita la validità teorica e sperimentale della teoria, ma non essendo ricercatore né scienziato, e soprattutto affetto da conflitto di interesse, preferisco che la ricerca relativa venga svolta da laboratori esterni e indipendenti dalla mia persona.
Poiché l’Ordine dei Medici cui appartengo mi ha interpellato circa la validità deontologica del promulgare e chiamare “cura” una teoria non sperimentata e quindi non nota né facente parte della medicina ufficiale, ne ho domandato la sperimentazione preventiva.
In carenza di una legislazione, nel frattempo la mia azione è comunque legale non proponendo alcun farmaco nè sovvertimento delle terapie tradizionali già in uso.
La questione è affidata ora ad una commissione che dovrebbe esprimere il suo parere ma da giugno ad adesso non ha dato alcuna comunicazioni al riguardo.

Attualmente quanti pazienti segue ? Può citarci dei casi di successo ?
Le persone che adottano i miei consigli attualmente sono più di un centinaio.
Poiché da poco sono in cura, la maggior parte da meno di pochi mesi o al massimo da un anno non è passato abbastanza tempo da poter trarre conclusioni definitive e su cui poter fondare una indagine statistica, ma molte sono già le testimonianze di guarigione:
2 glioblastomi, 2 astrocitomi, un carcinoma polmonare metastatizzato, un carcinoma gastroenterico. un k prostatico, una metastasi ossea da k mammario.
Moltissime anche le testimonianze di benessere inusitato, di insperate energie e vitalità, anche in persone molto anziane.

Se non erro Lei è salito alla ribalta per aver seguito il signor Antonio Diaco, nel servizio fatto da Le Iene, durante la conferenza Be4eat, ci racconta la storia di questo paziente ?
La storia del signor Antonio a cui si riferisce il primo caso di guarigione di cui sopra costituisce per me una nota dolente.
Dopo una diagnosi sbagliata eseguita in una clinica, da me ne è stata fatta (giugno del 2011) una più giusta di metastasi cerebrale; avendo poi rifiutato chirurgia tradizionale, radioterapia, chemio terapia, terapia steroidea, è stato il primo paziente seguito con un tentativo di terapia a base di succhi, dopo una seduta con Gamma Knife che ha ottenuto un iniziale ma scarso ridimensionamento dell’affezione metastatica.
Seguito personalmente e costantemente dal figlio, e questi essendo stato attirato dalla teoria di Robert Young e della fantomatica alcalinizzazione, non ha potuto continuare ad essere seguito da me per attriti riguardo a quella teoria. Young in seguito è stato incarcerato negli Stati uniti come truffatore, abusante la professione medica, e altri 16 capi di imputazione (fonte Wikipedia).
Poi virata l’alimentazione a vegetali comunque crudi, essendo stato poi seguito dal punto di vista nutrizionale dalla dottoressa Michela De Petris, sta di fatto che dopo un anno dall’inizio l’esame TAC di controllo da me effettuato ha dimostrato la completa guarigione della affezione metastatica.
La documentazione relativa è depositata negli archivi informatici della radiologia del mio ospedale, e alcune illazioni effettuate da altri sanitari che sia guarito per la radioterapia sono prive di fondamento, non avendo subito radioterapia per suo rifiuto.
Durante la conferenza di Vicenza queste cose non si sono potute esprimere appieno per la esiguità del tempo concessomi dall’organizzazione.

La sua terapia ha alcuni elementi in comune con la terapia Gerson, con i contenuti del Prof. Campbell, della Health Science (igienismo naturale), e di altri; ci sono delle differenze ?

La Terapia del Dott. Gerson non è minimamente basata sugli stessi principi, essendo che indica come dannose proteine e lipidi, stante che le proteine animali e vegetali contengono gli stessi aminoacidi e quindi una volta digerite sono indistinguibili, e che i lipidi sono costituenti essenziali delle membrane cellulari, in primis neuronali e degli ormoni steroidei e sessuali, e quindi chi li volesse eliminare compie una azione malvagia nei confronti delle membrane, fosfolipidiche per l’appunto,e della specie.
Indica come causa dei tumori una ipotetica condizione “tossica” dovuta a “tossine” che io non so neppure cosa siano, e che quindi il tumore guarirebbe togliendo queste “tossine” per cui indica una serie di manovre e provvedimenti, noti, non condivisi , assieme a un misto di prescrizione di integratori, rimedi fisici, chimici, consigli igienistici e salutistici svariati.
Il mio approccio è invece unicamente quello di sottrarre al tumore il suo nutrimento quando sia rappresentato da glucidi, e questo è tutto. Una cosa simile non è mai accennata negli scritti a nome Gerson.
La terapia Gerson secondo me funziona perché in pratica fa la stessa cosa che faccio io, fornisce una alimentazione fatta di cibi costituiti da vegetali crudi con eliminazione dei carboidrati, essendo la teoria di Gerson invece basata sulla pretesa di eliminare proteine animali grassi e “tossine”, non si sa su quale base teorica.
Io i grassi invece li fornisco tramite olio (olii anzi), frutta secca (intesa come mandorle noci ecc,) o ridotta in latti e frutta grassa.

La teoria di Campbell, basata sulla somministrazione forzata di caseina a topi in cui era stato artificialmente indotto il tumore, è a mio parere risibile, assieme alle statistiche dello “studio” cinese. Non ha ovviamente assolutamente nessun nesso con la mia. La notorietà e la forza di Campbell sono secondo me solo dovute al fatto che è un ottimo pubblicitario di se stesso.
Quanto alla Health, mi trovo impreparato, la cultura igienistica mi pare comprenda idee molto buone frammiste a espressioni di delirio appannaggio di gruppi minoritari, purtroppo spesso in buona fede. Ultimamente queste stanno avendo troppo spesso il sopravvento però sulla ragione.
E nel cavalcarne l’onda è stata plagiata da grosse multinazionali della nutrizione e case farmaceutiche, che ne snaturano il significato nel nome di una vana pretesa idea di prevenzione.

Trovo invece notevoli connessione con la teoria di Breuss, stante che però anche questa, pur con basi teoriche in parte accettabili, fonda il presupposto della cura sempre nel “dare”, non nel “levare” eccetto che per la pratica del digiuno mitigato da succhi monotoni e zuppe da lui promulgata ma protratta per un tempo assai limitato.
Una sua opinione sui protocolli oncologici della medicina convenzionale ?
Io non ho nulla, beninteso, contro la chemioterapia e la ricerca di nuovi medicamenti sempre più efficienti con minori effetti collaterali che combattano il cancro.
E’ l’uso che se ne fa in pratica a dover essere criticato.
Mi è successo nei viaggi per l’Italia, chiamato dalle persone in cui si annida un tumore, di osservare che tutte sono in chemioterapia.
Ora, è mai posssibile che ogni specie neoplastica indistintamente usufuisca con vantaggio dei chemioterapici?
Che molecole notoriamente impossibilitate a passare la barriera ematoencefalica siano usate a manbassa nei tumori cerebrali?
Che si insista nel prolungare queste terapie senza cambiarle anche quando portano a effetti indesiderati non sopportabili?
Che vengano usate dopo interventi radicali per la “prevenzione”?
Indagando, si scopre che le sale mediche oncologiche sono testimoni di terrorismo psicologico e ricatto costante, espresso dal concetto, spesso senza chiarire bene i vantaggi rispetto agli svantaggi, “o fai questo o morirai” (il che da adito anche a rimaneggiamento del contesto famigliare e ricatti di parenti).

Ho pensato, in un’altra intervista in altra sede, di proporre ai legislatori di considerare gli interventi di dubbia urgenza definiti urgenti, come nuova forma di reato, “terrorismo sanitario”.
Tutto ciò può portare perfino, e mi pare di aver capito che porti, ad aumentare le diagnosi di tumore, con sofferenze inaudite e gratuite, ulteriore inutile aggravio della spesa pubblica e privata.

Si scopre anche che le chemioterapie portano al bilancio delle aziende sanitarie, sia private che pubbliche, e farmaceutiche, somme di denaro ingentissime contribuendo in parte al pareggio o avanzo di bilancio, massimo obbiettivo da raggiungere scavalcando, o magari con la collusione, di un qualsiasi comitato etico, le norme che una volta rappresentavano il fulcro della coscienza medica.
Ciò però grava sui bilanci di stati e regioni già fallimentari e a vantaggio delle case farmaceutiche.
In rapporto alla mia proposta terapeutica non vi è nessuna controindicazione ad effettuarla contemporaneamente, salvo il fatto che indesiderate anemizzazioni, disturbi di assorbimento della mucosa gastrointestinale, diarree, nausee e malori non vengano poi addossate come dipendenti della alimentazione liquida, quando sono effetti evidenti ed eclatanti delle chemioterapie.
Sta facendo delle conferenze in Italia ? Dove e quando possiamo incontrarla prossimamente ?

Riguardo alle conferenze dopo quelle di Milano, del Lago di Garda e di Bergamo ne era stata programmata una a Brescia ma forse non si farà entro la fine dell’anno perché ho avuto dei probemi di tempi con gli organizzatori.
Prossimo appuntamento a Firenze, ma anche questo che doveva essere il 5 dicembre è stato spostato, prima perché concomitante con lo sciopero generale, poi per spostamento di sede dalla sala consigliare della Regione Toscana a causa del rinnovo della giunta regionale, mi hanno detto probabilmente a Palazzo Vecchio, con mio grande onore ma non si sa in che data.
In seguito spero a Roma e forse a Napoli.

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Dottore, un ultimo pensiero di speranza per i malati ?
Che si possano unire in forme di socializzazione non minoritaria, che usufruiscano di una informazione chiara e sicura non interessata o contaminata da aggiotaggio, che diagnosi e terapie servano a loro e a nient’altro, che medici e ospedali tornino ed essere riferimenti di fiducia con comprensione e rassicurazione nei confronti dei pazienti e non di terrorismo, magari facendo dei corsi di formazione di psicologia della famiglia (intendo ai medici) e tendenti alla disassuefazione dalla droga del bilancio aziendale, considerando sopratutto che i soldi sono i nostri e non i loro.
Che non debba più succedere quello che sta avvenendo proprio adesso, che una giovane donna madre di due bimbi sia obbligata, per voler seguire il mio consiglio, ad abbandonare la sua famiglia e perfino la nazione che la ospita.

Mia carissima nemica, quante litigate sul Nulla

Mia carissima nemica, quante litigate sul Nulla

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Atea dalla grande onestà intellettuale, a Dio preferì un atto di fede nel nichilismo. Credeva in una tecnologia interamente dedicata al progresso e al benessere dell'Uomo




Il più bel ricordo che ho di Margherita Hack è quando a Siena mi disse che preferiva il Nulla.Eravamo entrambi ospi­ti dell’Arcivescovo di Siena, mon­signor Gaetano Bonicelli, che aveva deciso di dar vita a una se­rie di incontri tra scienziati, uno credente e l’altro ateo.
L'astrofisica Margherita Hack
La serie veniva aperta da noi due.

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La Chiesa Universitaria era stracol­ma. Attacca lei e spiega i motivi per cui non poteva credere in Dio. Nel mio intervento spiego i motivi per cui io credevo (e cre­do) in Dio.
Ed ecco come viene fuori il Nul­la. Il messaggio che viene dalla Scienza- dicevo e dico- è che esi­ste una Logica Rigorosa cui il mon­do deve obbedire, dall’univer­so subnucleare all’universo fat­to con stelle e galassie. La pro­fessoressa Hack lavora studian­do l’universo fatto con stelle e galassie. Io lavoro invece stu­diando l’universo subnuclea­re, le cui leggi e regolarità sono necessarie per capire che cos’è una stella. E infatti il mistero del Sole ha resistito fino a quando­a metà degli anni ’40 del secolo scorso - non è stato capito che cos’è una stella.
Se l’uomo avesse continuato a osservare sempre meglio le stelle, ancor oggi non saprem­mo che cos’è una stella. La luce che emette il nostro sole è un fe­nomeno che avviene sulla su­perficie di una stella. Perché non si spegne né esplode ce lo dicono le leggi dell’universo su­bnucleare. Il sole è infatti una candela a fusione nucleare. Non si spegne in quanto ha una valvola di sicurezza perfetta. Questa valvola è la cosiddetta carica debole (da non confon­dere con la carica elettrica) la cui prima misura di alta preci­sione è stata fatta al Cern dal mio gruppo. La candela nuclea­re non esplode in quanto essa si raffredda perfettamente emet­tendo neutrini. Il sole brilla più di neutrini che di luce. Che do­vessero esistere i neutrini non lo aveva capito nessuno fino a metà del secolo scorso. Adesso, grazie ai lavori fatti con la mac­china del Cern ( Lep), è fuori di­scussione che esistono tre tipi di neutrini. Il fisico che ha pro­posto l’esistenza del terzo tipo di neutrini facendo i primi espe­rimenti al Cern è colui che dice all’amica Hack:se l’universo su­bnucleare non fosse retto da una logica rigorosa io sarei di­soccupato. Non saprei cosa fa­re domani. Né avrei mai potuto far niente nella mia carriera di fi­sico impegnato a decifrare la lo­gica scritta nel libro della natu­ra. Se c’è una logica deve esser­ci un Autore. Ecco perché io cre­do in Colui che ha fatto il Mon­do. L’ateismo nega l’esistenza dell’Autore. Negare l’esistenza di questa logica corrisponde a negare l’esistenza della Scien­za. L’ateismo non sa dimostra­re com’è possibile l’esistenza di una logica senza che ci sia Co­lu­i che di questa logica è l’Auto­re. Ecco perché io dico che l’ateismo non è atto di ragione ma di fede nel Nulla.
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Margherita Hack è un esem­pio di onestà intellettuale e di forte impegno per la più civile delle battaglie culturali: scien­za senza segreti e né frontiere.

giovedì 28 maggio 2015

La conversione di Oscar Wilde

La conversione di Oscar Wilde

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Icona del movimento gay ebbe in realtà parole molto dure sulla propria vita omosessuale e una chiara conversione a Cristo



Oscar Wilde_ © Public Domain






In questi giorni in cui l'Irlanda cattolica si scopre “moderna” in molti articoli si parla del più famoso degli omosessuali cattolici: Oscar Wilde, artista geniale dallo spirito sopraffino che affrontò il carcere a causa delle leggi omofobe della Gran Bretagna vittoriana. E' dunque divenuto – comprensibilmente – l'icona dell'orgoglio gay. Peccato che Wilde non ne fosse affatto orgoglioso.

Genio, sregolatezza e pentimento
La vita di Oscar Wilde fu spesso tormentata da un cinico disprezzo per gli altri, come dimostrano i suoi salaci aforismi, dall’assillante ricerca di un piacere trasgressivo fine a sé stesso attraverso ogni tipo di condotta, intrattenendo talvolta rapporti che lo stesso scrittore definirà alla fine della sua vita come umilianti. Nel 1898, all’uscita dal carcere dopo aver scontato due anni per la condanna contro la morale, scrive “De Profundis”, un romanzo epistolare dedicato proprio al suo amante e causa della sua rovina, Alfred Douglas, al quale ricorda ”…solo nel fango ci incontravamo” ed aggiunge: “ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi”.

Una conversione autentica
A poche settimane dalla morte, intervistato da un giornalista del Daily Chronicle, dichiarava tra l’altro: ”Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni”. Concludeva quindi in maniera risoluta: ”Ho intenzione di esservi accolto al più presto”.

In un celebre aforisma dichiarava tra l’ironico e il feroce che: La Chiesa cattolica è soltanto per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana”. Riguardo il peccato e il peccatore, merita di riportare quanto scrive, sempre nel “De Profundis”: ”Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi. Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell’iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato”.

L'esperienza del carcere
Prosegue poi ricordando ciò che affermava la filosofia greca: “Neanche gli dèi possono mutare il passato” ed a questo Wilde risponde: ”Cristo dimostrò che il più comune peccatore poteva farlo, che anzi era l’unica cosa che egli sapesse fare. […] È difficile, per la maggior parte della gente, afferrare quest’idea. Oso dire che occorre andare in carcere per capirla bene. In tal caso, forse, vale la pena d’andarvi”.

Similmente su questo tema, Wilde confidava all’amico Andrè Gide: “La pietà è un sentimento meraviglioso, che prima non conoscevo […] Sapete quale nobile sentimento sia la pietà? Ringrazio Dio, sì, ogni sera ringrazio Dio in ginocchio di avermela fatta conoscere. Sono entrato in prigione con il cuore di pietra; non pensavo che al mio piacere… Ora il mio cuore si è aperto alla pietà. Ho capito che la pietà è il sentimento più profondo, più bello che esista. Ed ecco perché non serbo rancore verso chi mi ha condannato, né per nessuno dei miei detrattori: è merito loro se ho imparato cos’è la pietà”.

Sincero “papista”
Oscar Wilde ebbe anche l'occasione di incontrare due Papi nel visitare Roma. Il primo fu Pio IX, che suscitò in lui tale entusiasmo da dedicargli la poesia “Urbis Sacra Aeterna”, inserita in seguito in una raccolta di liriche dal titolo assai significativo ”Rosa Mystica”, l’altro fu il successore, Leone XIII, per il quale tra l’altro scrive: ”Quando vidi il vecchio bianco Pontefice, successore degli apostoli e padre della cristianità, portato in alto sopra la folla, passarmi vicino e benedirmi dove ero inginocchiato, io sentii la mia fragilità di corpo e di anima scivolare via da me come un abito consunto e ne provai piena consapevolezza”. Wilde fu caustico con le religioni, ma mai dissacrante...

Una comitiva complessa
Molti degli amici di Oscar Wilde che con lui condividevano l'amore per gli eccessi si convertì al cattolicesimo a cominciare proprio da Alfred Douglas, l’amante per il quale Wilde finì in carcere, ed anche suo padre, il marchese Queensberry, che essendosi dichiarato sempre ateo e materialista, in punto di morte si convertì alla Chiesa cattolica.
Similmente a Robert Ross, il suo migliore amico che lo assistette fino all’ultimo, ma anche suo figlio Vivian, John Gray (che ispirò il famoso racconto di Dorian Gray), divenne addirittura sacerdote assai apprezzato in Scozia. Si convertì anche pittore Aubrey Beardsley. Hunter Blair prese l’abito benedettino e il poeta Andrè Raffalovich divenne terziario domenicano. Improbabile che tutto questo sia un caso (Rai Vaticano, 15 dicembre 2011).

Come spiega Paolo Gulisano, scrittore e saggista esperto del mondo britannico (è autore di diversi volumi su Tolkien, Lewis, Chesterton e Belloc) che ha qualche tempo fa ha pubblicato: “Il Ritratto di Oscar Wilde” (Editrice Ancora, pag 190 euro 14), in una intervista a Zenit:
 



“Non solo un’esteta, il cantore dell’effimero, il brillante protagonista dei salotti londinesi, ma anche un uomo che dietro la maschera dell’amoralità si interrogava e invitava a porsi il problema di ciò che fosse giusto o sbagliato, vero o falso, persino nelle sue principali commedie degli equivoci.
Wilde è ancora oggi una icona gay per il celebre processo subito che segnò la fine della sua fortuna.


Può riassumere in breve la vicenda giudiziaria ed anche la correzione di prospettiva che lei introduce?
Gulisano: Wilde non può essere definito tout court “Gay”: aveva amato profondamente sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli che aveva sempre amato teneramente e ai quali, da bambini, aveva dedicato alcune tra le più belle fiabe mai scritte, quali “Il Gigante egoista” o “Il Principe Felice”. Il processo fu un guaio in cui finì per aver querelato per diffamazione il Marchese di Queensberry, padre del suo amico Bosie, che lo aveva accusato di “atteggiarsi a sodomita”. Al processo Wilde si trovò di fronte l’avvocato Carson, che odiava irlandesi e cattolici, e la sua condanna non fu soltanto il risultato dell’omofobia vittoriana.


Qual è stato il tormentato rapporto tra Wilde e la verità cattolica, rapporto che è un po' il file rouge del suo lavoro?
Gulisano: Il cammino esistenziale di Oscar Wilde può anche essere visto come un lungo e difficile itinerario di conversione al cattolicesimo. Una conversione di cui nessuno parla, e che fu una scelta meditata a lungo, e a lungo rimandata, anche se - con uno dei paradossi che tanto amava- , Wilde affermò un giorno a chi gli chiedeva se non si stesse avvicinando troppo pericolosamente alla Chiesa Cattolica: "Io non sono un cattolico. Io sono semplicemente un acceso papista". Dietro la battuta c’è la complessità della vita che può essere vista come una lunga e difficile marcia di avvicinamento al Mistero, a Dio (30 giugno 2012).

Inedito SOLZENICYN: Est e Ovest, due sistemi sbagliati

 Inedito SOLZENICYN: Est e Ovest, due sistemi sbagliati 

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Se vogliamo comprendere nella sua essenza la condizione dell’umanità di oggi, il grado della sua disperazione e quello della sua speranza – e la stampa non può non annoverare tra i suoi compiti più elevati anche questo – dovremo necessariamente innalzarci parecchio rispetto alle caratterizzazioni, formulazioni e ricette politiche. E allora ci apparirà forse chiaro, anche se non avremo da rallegrarcene, che il pericolo maggiore non proviene dal fatto che il mondo è diviso in due sistemi sociali alternativi, ma dal fatto che i due sistemi non solo sono entrambi viziati ma presentano lo stesso difetto e quindi nessuno di loro, con la sua attuale visione del mondo, promette esiti soddisfacenti. Attraverso tutte le casualità del concreto sviluppo dei vari paesi e nel corso di molti secoli, questo difetto si è organicamente connaturato nell’umanità contemporanea e alla grande distanza possiamo esaminarlo.

Noi – tutti noi, la nostra comune civiltà – ci siamo come imbarcati su una giostra, la stessa per tutti, e abbiamo compiuto un lungo percorso orbitale. Come per i bambini sui cavalli della giostra nel loro giro, ci era sembrato non dovesse finire mai – sempre avanti, sempre più veloci, mai di lato, mai di sghembo. Questa severa traiettoria orbitale è stata: Rinascimento - Riforma - Illuminismo - rivoluzioni fisiche cruente - società democratiche - tentativi socialisti. Questo percorso non poteva essere evitato giacché a suo tempo il Medioevo non aveva saputo trattenere l’umanità, visto che pretendeva di realizzare il Regno di Dio sulla Terra con la costrizione e la confisca dei diritti essenziali della persona a vantaggio del Tutto. Ci trascinavano, ci spingevano nello Spirito con la violenza e noi ci siamo svincolati gettandoci a capofitto nella Materia, e anche qui senza limiti. E ha avuto in tal modo inizio la lunga epoca dell’individualismo umanistico, e l’edificazione di una civiltà basata sul principio: l’uomo è la misura di tutte le cose, e l’uomo è più di tutto.

Si è trattato di un ineluttabile cammino che nel complesso ha assai arricchito l’esperienza del consorzio umano ma ecco che anch’esso, sotto i nostri occhi, è prossimo a esaurirsi: gli errori negli enunciati fondamentali, non abbastanza valutati all’inizio di quel percorso, ora presentano il conto. Elevando a suprema misura di tutte le cose l’uomo, con tutta la sua imperfezione e cupidigia, consegnandosi senza limiti né freni alla Materia siamo arrivati all’inquinamento, al dilagare dei rifiuti, affondiamo in un mare di spazzatura, che colma fino all’orlo tutte le sfere della nostra esistenza quotidiana. Nella sfera materiale questa contaminazione globale è fin troppo evidente, ha avvelenato l’aria, l’acqua, gran parte delle terre abitate e comincia a invadere gli altri ambienti; allo stesso modo ha oscenamente premiato i nostri poderosi sforzi produttivi, caricando quotidianamente ogni singolo e ogni famiglia di allettanti stampati pubblicitari, impacchettature e plastiche varie che poi defluiscono in imponenti masse di rifiuti urbani.
Ma anche nella sfera cosiddetta spirituale questa spazzatura ci intasa, ci soffoca – in quantità voluminose, che esorbitano dalla capienza dei nostri occhi, orecchi, del nostro petto. Ci imbottiscono senza sosta di squillanti postulati pretendendoli universali e pacifici per tutti, mentre invece sono solo ideuzze mediocri e piatte, come, per dire, la pseudoscienza o l’arte da parati che le accompagnano, come tutto ciò che non riconosce sopra di sé alcuna responsabilità che travalichi quella dell’Individuo, nel senso di tu, io e chiunque dica la sua, come gli viene l’estro. La civiltà del frastuono ci ha completamente privati di una vita interiore raccolta, ha trascinato le nostre anime al mercato: quello dei partiti o quello dei commerci. Nella sfera sociale il nostro plurisecolare cammino è sfociato in alcuni casi sull’orlo dell’anarchia, in altri in uno stabile dispotismo. In mezzo a questi due temibili esiti, i governi democratici si rivelano, sotto i nostri occhi l’uno dopo l’altro, impotenti e irrilevanti – per il fatto che le varie formazioni al loro interno, piccole o grandi, non vogliono saperne di autolimitarsi a favore del Tutto.


Questa consapevolezza che deve pur esserci un qualche Tutto, qualcosa di Superiore – qualcosa che un tempo poneva un limite alle nostre passioni e irresponsabilità – l’abbiamo perduta chissà dove. Ma questa idea da noi smarrita è stata ripresa e custodita con sollecitudine dalle feroci tirannie moderne e in particolare tempestivamente riproposta col nome di Socialismo. Ma l’insegna è ingannevole e il termine improprio: il mezzo secolo della sua applicazione mostra
a sufficienza che anche là delle masse abbiamo fatto strame per la vita agiata di piccoli gruppi – per giunta di gente dappoco, immondizia. Questo percorso è stato dunque una traiettoria orbitale, lungo la quale ci siamo liberati dal potere della violenza per tornare a un potere anch’esso arbitrario – non tutti almeno per ora, ma presto ne saranno minacciati tutti, data la comune malattia del declino della volontà e della perdita di prospettive. E l’orbita minaccia di chiudersi al livello più basso.

Mi sembra evidente che il consorzio civile sia ora alla vigilia di una svolta della storia universale (della vita, dell’esistenza e della concezione del mondo) analoga per importanza a quella che dal Medioevo ha portato all’Età Moderna – sempre che noi non la si trascuri per ignavia e pochezza d’animo. Proprio il vostro paese, l’Italia, è stato a suo tempo quello che per primo ha meglio evidenziato la precedente svolta storica. Può essere che oggi siate tra i primi a percepire il baratro della nostra situazione attuale e, con la vostra sensibilità, possiate aiutarci a trovare quelle forme che ci rendano più facile il passaggio a un’orbita di livello più elevato, dove apprendere a rispettare una giusta armonia tra la nostra natura fisica e quella spirituale. Troveremmo così l’elevatezza spirituale necessaria a riscoprire che l’essere umano non è il coronamento dell’universo ma che sopra di lui c’è il Sommo Spirito.
A causa dei ritmi minacciosamente rapidi della vita d’oggi, disponiamo per la comprensione e la realizzazione di questa svolta epocale di assai meno tempo di quello che occorse nei meno frenetici XIV o XVI secolo. E con tutta la sanguinosa esperienza degli ultimi secoli la scelta stessa delle forme del cambiamento deve obbedire a criteri d’altro genere, meno rozzi e più elevati; abbiamo già imparato che l’abbattimento violento degli Stati, i colpi di mano rivoluzionari non aprono la via al radioso avvenire ma a una rovina ancora più grave, un arbitrio e una violenza peggiori di prima. E se pure è destino che nel nostro futuro vi siano rivoluzioni salvifiche, devono essere rivoluzioni morali, vale a dire un fenomeno mai visto, qualcosa che tocca a noi scoprire, comprendere e realizzare.

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Perché la ribellione alla menzogna è la vera resistenza

Repubblica 27.5.15
Solgenitsyn
Perché la ribellione alla menzogna è la vera resistenza
                                                                                  ***
“Dopo i periodi di violenza i regimi usano le bugie come armi”: l’analisi attualissima del Nobel russo
“Se invece ci facciamo vincere dalla paura smettiamo almeno di lamentarci”
di Aleksandr Solgenitsyn


IL TESTO Il brano inedito in Italia che qui pubblichiamo è un estratto del testo Vivere senza menzogna! scritto da Aleksandr Solgenitsyn il 12 febbraio 1974 a Mosca E ora pubblicato, insieme ad altri testi dello scrittore premio Nobel russo, nella raccolta Il respiro della coscienza (Jaca Book pagg. 236 euro 20) in libreria da domani

Ci siamo così irrimediabilmente disumanizzati che per la modesta pappatoria di oggi siamo disposti a dar via tutti i nostri princìpi, l’anima, tutti gli sforzi dei nostri predecessori e le opportunità dei nostri posteri — qualsiasi cosa pur di non arrecare turbamento alla nostra precaria esistenza. Non sappiamo più cosa siano l’orgoglio, la fermezza, un cuore fervido. Non ci spaventa nemmeno la morte nucleare, la terza guerra mondiale (ci sarà pure un buco dove nascondersi) — una sola cosa temiamo: di dover fare quei pochi passi che ci separano dal coraggio civico!

Purché non ci si debba allontanare dal gregge, andandocene un po’ per conto nostro — e se poi ci ritroviamo senza il filoncino di pane bianco, lo scaldabagno a gas, il permesso di soggiorno a Mosca? C’è un concetto capace di assicurarci una vita tranquilla finché campiamo e ce l’hanno inculcato in tutte le salse ai circoli di educazione politica, finché ci è entrato bene in testa: l’ambiente, le condizioni sociali, non se ne esce, l’essere determina la coscienza, e allora cosa c’entriamo noi? Noi non possiamo farci niente. Possiamo al contrario fare tutto! Ma preferiamo mentire a noi stessi, per metterci il cuore in pace. Non sono affatto “loro” i colpevoli di tutto, siamo noi stessi, soltanto noi! Ci obietteranno: ma in effetti che cosa si può fare concretamente? Ci hanno tappato la bocca, non ci prestano ascolto, non chiedono il nostro parere. Come fare per costringere quelli ad ascoltarci? Non c’è comunque modo di far cambiare loro idea.
La cosa più naturale sarebbe non rieleggerli! — già, se nel nostro paese ci fossero le rielezioni. Dunque, un circolo chiuso? Davvero senza via d’uscita? E possiamo solo aspettare passivamente che, di punto in bianco, qualcosa succeda da sé? Ma quel qualcosa che ci sta addosso non si scollerà mai da sé, se noi tutti continueremo ad accettarlo, ossequiarlo e rafforzarlo ogni giorno, se non ci decideremo ad affrontarlo cominciando da dove è più vulnerabile. Dalla menzogna.
Quando la violenza irrompe nel pacifico consorzio umano il suo volto arde di tracotante certezza ch’essa espone, grida perfino, sulle proprie insegne: «Io sono la Violenza! Fate largo, muovetevi o vi metto sotto!». Ma la violenza invecchia altrettanto rapidamente e di lì a pochi anni già non è più così sicura di sé e per darsi un contegno, per rendersi più presentabile si cerca immancabilmente un’alleata ed è la Menzogna. Infatti la violenza non ha altro modo di mascherarsi se non la menzogna, e la menzogna non può persistere se non per mezzo della violenza. E la violenza non ha bisogno di farci sentire tutti i giorni, su ogni spalla, il peso della propria zampa: essa pretende da noi solo che ci sottomettiamo alla menzogna, che partecipiamo un giorno dopo l’altro alla menzogna — e tanto basta per essere sudditi fedeli.
E proprio qui troviamo la chiave, da noi finora trascurata, e invece così semplice e accessibile, per la nostra liberazione: la non partecipazione personale alla menzogna! Se infatti sempre più gente non vuole avere a che fare con la menzogna, essa inizia a scomparire. Come una malattia contagiosa, che esiste finché ci sono persone da infettare. Non ci viene chiesto di scendere in piazza, non siamo abbastanza maturi per proclamare in pubblico la verità, esprimere ad alta voce quel che pensiamo — non fa per noi, troppo rischioso. Ma almeno rifiutiamoci di dire quello che non pensiamo. Presa coscienza del limite oltre il quale inizia la menzogna (e la sensibilità al riguardo è soggettiva) — ritrarsi da questa cancrenosa frontiera! E allora ciascuno di noi si faccia coraggio e scelga: o restare servo cosciente della menzogna (oh, certo, non perché vi sia propenso, ma per mantenere la famiglia, per tirare su i figli, e nello spirito della menzogna!) oppure decidere che è giunto il momento di riscuotersi, di diventare una persona onesta che merita il rispetto dei figli e dei contemporanei. (...) Sì, all’inizio non sarà facile. Qualcuno perderà temporaneamente il lavoro. Ai giovani che vogliono vivere secondo verità questo complicherà parecchio fin dall’inizio la loro giovane esistenza: infatti anche le verifiche a domande e risposte sono infarcite di menzogna e bisogna scegliere. Ma per nessuno che voglia mantenersi onesto rimangono comunque scappatoie di sorta: non c’è giorno, per nessuno di noi, neanche nelle più inoffensive scienze tecniche, nel quale non si debba scegliere in che direzione andare: verso la verità o verso la menzogna, verso l’indipendenza dello spirito o il servilismo spirituale. E chi non avrà avuto coraggio bastante neanche per difendere la propria anima eviti perlomeno di menar vanto per le proprie idee progressiste, non si pavoneggi dei suoi titoli di accademico, artista del popolo, benemerito di questo o di quello, o generale e dica semplicemente a se stesso: sono una bestia e un vigliacco, voglio solo restarmene al calduccio e a pancia piena.
Per gente come noi intorpidita dall’inazione, perfino questa via — la più moderata tra le varie forme di resistenza — risulterà tutt’altro che facile. Più facile comunque, senza paragoni, dell’immolarsi col fuoco o anche di uno sciopero della fame: le fiamme non ti avvolgeranno le membra, gli occhi non ti scoppieranno per il calore e un po’ di pane nero e un bicchiere d’acqua potabile si troveranno sempre per la tua famiglia. Quel grande popolo d’Europa che abbiamo ingannato e tradito — il popolo cecoslovacco — non ci ha forse mostrato che un petto inerme può resistere anche ai carri armati se in esso batte un cuore degno? Sarà una via irta di ostacoli? — però la meno gravosa di quelle possibili. Una scelta non facile per il corpo — ma l’unica per l’anima. Una via non facile — tuttavia anche da noi ci sono persone, decine di persone, che da anni si attengono a questi criteri, vivono secondo verità. Non si tratta allora di avviarsi per primi su questa via ma di unirsi a chi l’ha già fatto! Quanto più numerosi e concordi saremo nell’intraprenderla, tanto più agevole e breve ci sembrerà! Se saremo migliaia, non potranno tenerci testa, neanche ci proveranno. Se diventeremo decine di migliaia, il nostro paese cambierà talmente da non riconoscerlo più.
Se invece ci facciamo vincere dalla paura, smettiamo almeno di lamentarci di quelli che ci toglierebbero anche l’aria per respirare — siamo noi stessi a farlo! Incurviamo ancor di più la schiena, aspettiamo di vedere come va, e i nostri amici biologi contribuiranno ad avvicinare il giorno in cui potranno leggerci nel pensiero e riprogrammare i nostri geni.
Se anche stavolta ci lasceremo vincere dalla paura vorrà dire che siamo delle nullità, che per noi non c’è nessuna speranza e che ci meritiamo il disprezzo di Puškin: «A che pro alla mandria della libertà i doni?... / Il loro sol retaggio da generazioni / Sono il giogo, la frusta ed i sonagli».

lunedì 25 maggio 2015

si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici

si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici
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 Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.

Il pensiero può farvi ammalare o guarire



di Stefano Lorenzetto

Il Dr. Enzo Soresi, tisiologo, anatomopatologo, oncologo, già primario di pneumologia al Niguarda di Milano, nel libro “Il cervello anarchico” racconta casi di persone uccise dallo stress o salvate dallo choc carismatico della fede.

Enzo SoresiDopo una vita passata a dissezionare cadaveri, a curare tumori polmonari, a combattere tubercolosi, bronchiti croniche, asme, danni da fumo, il professor Enzo Soresi, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello. Negli ultimi dieci anni, cioè da quando ha lasciato l’ospedale per dedicarsi alla libera professione e tuffarsi con l’entusiasmo del neofita negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche.
C’era già arrivato per intuizione il filosofo ateniese Antifonte, avversario di Socrate, nel quinto secolo avanti Cristo, quando affermò: “In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto”. Soresi c’è arrivato dopo aver visto gente ammalarsi o guarire con la sola forza della mente. Ecco cosa dice, riguardo due casi da lui trattati: «Avevo in cura una signora di Milano il cui marito, integerrimo commercialista, la sera andava a bucare le gomme delle auto. Per il dispiacere s’era ammalata di tubercolosi. Io lo chiamo “danno biologico primario”. Un altro caso riguarda un agricoltore sessantenne con melanoma metastatico, che incontrò Madre Teresa di Calcutta, ricevette in dono un’immaginetta sacra e guarì. Io lo chiamo “shock carismatico”».
Il professore ha dato una spiegazione scientifica al miracolo: «Il melanoma è un tumore che viene identificato dagli anticorpi dell’organismo, tant’è vero che si sta studiando da 30 anni un vaccino specifico. Non riusciamo a controllarlo solo perché l’antigene tumorale è talmente aggressivo da paralizzare il sistema immunitario. Nel caso del contadino ha funzionato una combinazione di fattori: aspettativa fideistica, strutture cerebrali arcaiche, Madre Teresa, la consegna del santino. Risultato: il suo organismo ha sprigionato fiumi di interferoni e interleuchine che hanno attivato gli anticorpi e fatto fuori il cancro».
Come Soresi illustra nel libro “Il cervello anarchico” già ristampato quattro volte, la nostra salute dipende da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. «Il secondo ci difende e ci organizza la vita. Ci tollera. Il fattore più importante è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. Abbiamo 40 miliardi di linfociti, che quando si attivano, producono ormoni cerebrali. Non c’è limite alla plasticità cerebrale, non c’è limite alla neurogenesi. Esiste un flusso continuo di cellule staminali prodotte dal cervello: chi non le utilizza, le perde».
Camminare fa bene alla salute«Le premesse della longevità sono dunque due: camminare 40 minuti tre volte la settimana – altrimenti si blocca il ricambio delle cellule e non si libera un fattore di accrescimento, il Bdnf, che nutre il cervello – e studiare, leggere, fare un’attività che impegni la mente». Secondo il medico-scrittore, è questa la strada per allungare la vita di almeno 10 anni. «Quando ci impegniamo a leggere, le staminali vengono catturate dalla zona dell’encefalo interessata a queste attività. Se io, ad esempio, sottopongo oggi la sua testa a una scintigrafia e poi lei si mette a studiare il cinese, fra tre anni in un’altra scintigrafia vedrò le nuove mappe cerebrali che si sono create per immagazzinare questa lingua. Oppure prendiamo i tassisti di Londra: hanno un ippocampo più grande del normale, perché mettono in memoria la carta topografica di una città che si estende per 6 miglia».
«Il professor Soresi è cresciuto in mezzo alle lastre: suo padre Gino, tisiologo, combatteva la Tbc nel sanatorio Vialba di Milano, oggi ospedale Sacco. Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma. «È un tumore polmonare che ha la caratteristica di esordire con sindromi paraneoplastiche, cioè con malattie che non c’entrano nulla col cancro: artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, sclerodermia, reumatismo articolare. È una neoplasia che nel 100% dei casi scompare con quattro cicli di chemioterapia. Eppure uccide lo stesso nel giro di sei mesi. Era diventato la mia ossessione: non riuscire a guarire una cosa che sparisce! Com’è possibile? Ci ho messo 30 anni a capirlo: perché il microcitoma ha una struttura neuroendocrina. La massa nel polmone scompare, ma si espande con metastasi ovunque. Ne ho concluso che la medicina non è una vera scienza. Tutt’al più una scienza in progresso, diciamo una scienza inesatta».
«Ma torniamo al cervello. Alla nascita il cervello non è ancora programmato, bensì in fase evolutiva. L’interazione con l’ambiente lo strutturerà. Ora poniamo l’ipotesi di un neonato che nasca in una famiglia dove la madre sia ansiosa e stressata e il padre ubriacone e manesco: si capisce bene che i segnali che il neonato riceverà, saranno ben diversi da quelli che sarebbero auspicabili per una crescita armonica. E questo vale almeno fino al terzo anno di vita, quando nasce il linguaggio, che attiva la coscienza del sé, e l’individuo assume una sua identità. Di questi primi tre anni d’inconsapevolezza non sappiamo nulla, è una memoria implicita, un mondo sommerso al quale nessuno ha accesso, neanche l’interessato, neppure con la psicoanalisi. Ma sono tre anni importantissimi».
«Ai tempi in cui facevo le autopsie, aprivo il cranio e nemmeno sapevo a che cosa servissero i lobi frontali. Li chiamavamo “lobi silenti”, proprio perché ne ignoravamo la funzione. Molti anni dopo s’è scoperto che sono la sede dell’etica, i direttori d’orchestra di ogni nostra azione. A quel punto sono addirittura arrivato a fare le diagnosi a distanza. Se mi telefonavano dalla clinica dicendo che un paziente con un tumore polmonare s’era messo d’improvviso a urlare frasi sconce o aveva tentato di violentare la caposala, capivo, dalla perdita del senso etico, che era subentrata una metastasi al lobo frontale destro».
mente-benessere-malattia.pg«Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria. Aveva colto la funzione secretiva di un organo endocrino che non produce solo i neurotrasmettitori cerebrali – la serotonina, la dopamina, le endorfine – ma anche le citochine, cioè la chiave di volta dei tre sistemi che formano il network della vita. Le citochine sono 4 interferoni, che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica. Se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine flogogene, che producono processi infiammatori. Ecco perché il futuro della medicina è tutto nel cervello».
«Facciamo un esempio di come il cervello da solo può curare una patologia. Avevo un paziente affetto da asma, che era ossessivo nel riferire i sintomi. Più gli davo terapie, più peggiorava. Tornò dopo tre mesi che non lo vedevo, dicendo di essere guarito grazie ad una fattucchiera che gli aveva tolto il malocchio, infilandogli gli spilloni nel materasso. Riesco a spedirlo da uno psichiatra, il quale accerta che il paziente era in delirio psicotico. Conclusione: da delirante stava bene, da presunto normale gli tornava l’asma. Si tratta di effetto placebo paragonabile a quello dei finti farmaci. L’effetto placebo arriva a rispondere fino al 60% nel far scomparire un sintomo. Ma noi medici non possiamo sfruttarlo, altrimenti sarebbe un inganno».
«Esiste, tuttavia, anche l’effetto nocebo. Facciamo un esempio. Avevo come paziente una donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito, un imprenditore, fratello di un noto politico, la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò dicendo: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie e quindi il tumore. Almeno morì contenta, sei mesi dopo. Un altro esempio? Una cara amica con bronchiettasie bilaterali. Antibiotici su antibiotici. Qual era il movente? Non andava più d’accordo col marito. Per due anni non la vidi, quindi la cercai al telefono: “Enzo, mi sono separata, vado in chiesa tutte le mattine, sto bene”. L’assetto psichico stabilizzato le aveva consentito di ritrovare la salute.»
«Un altro esempio: colf di 55 anni, origine salernitana, tradizionalista. Mai un giorno di malattia. La figlia le dice: “vado in Inghilterra a fare la cameriera”. Dopo 10 giorni di stress, si ritrova un ginocchio dolorante e gonfio. La lastra evidenzia un’artrosi della tibia, che non si era mai attivata, ma che al momento del disagio psichico è esplosa. C’è voluto un intervento chirurgico per risolvere il problema».
D: Nel libro “Il cervello anarchico” si fa riferimento anche a sogni premonitori.
«Viene da me uno psichiatra milanese, forte fumatore, con dolori scheletrici bestiali. Mi racconta d’aver sognato la sua tomba con la data della morte sulla lapide. Lastra e Tac negative. Era un tumore polmonare occulto, con metastasi ossee diffuse. Morì esattamente nel giorno che aveva sognato. Del resto, anche il famoso psicoanalista Carl Gustav Jung fece un sogno di questo tipo: mentre dormiva avvertì un forte colpo alla nuca, dopodiché gli apparve in sogno un amico che gli disse: “Mi sono sparato. Ho lasciato il testamento nel secondo scaffale della libreria”. L’indomani andò a casa dell’amico: si era suicidato e la busta era nel posto indicato».
D: I miracoli secondo lei che cosa sono? Eventi soprannaturali o costruzioni del cervello?
«Io sono per un pensiero laico. Credo nella forza della parola. Se noi due ci parliamo, piano piano modifichiamo il nostro assetto biologico, perché la parola è un farmaco, la relazione è un farmaco. Di sicuro anche credere in Dio, avere una fede, fa bene. Un gioielliere milanese mi portò la madre, colpita da metastasi epatiche. Potei prescriverle soltanto la morfina per attenuare il dolore. La compagna brasiliana di quest’uomo aveva una sorella monaca, che faceva parte di una congregazione religiosa, che nella foresta amazzonica pregava per incentivare guarigioni a distanza. Dal momento in cui le suore iniziarono a pregare per la povera donna, da quel preciso istante la paziente oncologica, che prima urlava per il dolore, non soffrì più».
D: Come si mantiene dunque in buona salute il cervello?
«Ho un cugino architetto, mio coetaneo, che sembrava un rottame. S’è iscritto all’università della terza età, si è appassionato allo studio della lingua egiziana. Tutti i giorni passa almeno cinque ore davanti al computer e ha già tradotto quattro libri in italiano dall’egiziano. Come risultato è ringiovanito, ha cambiato faccia».
D: Sappiamo tutto del cervello?
«Nooo! Sul piano anatomico e biologico ne sappiamo intorno al 70%. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo. Lei calcoli che ogni anno vengono pubblicati 25.000 lavori scientifici di neurobiologia».
Ha mai sperimentato su di sé disagi psichici che hanno influenzato il suo stato di salute?
«Nel 1971 ho sofferto moltissimo per la morte di mia moglie Marisa, uccisa da un linfogranuloma a 33 anni. Era una pittrice. Devo tutto a lei, ma la malattia cambiò la sua arte. Cominciò a dipingere corpi sfilacciati, cuori gettati sopra le montagne. Fu irradiata in maniera scorretta, per cui nell’ultimo anno di vita rimase paralizzata. Nostro figlio Nicolò, nato nel 1968, l’ho cresciuto io. Marisa mi ha però lasciato un modello perfetto: un bambino che riesce a sopportare persino la perdita più straziante, solo perché la mamma ha saputo far sviluppare armonicamente il suo cervello nei primi tre anni di vita».
Tratto da: Psicosomatica: “Il cervello vi ammala o vi guarisce”, di Stefano Lorenzetto. A cura di Fisicaquantistica.it
Fonte: ilgiornale.it (stefano.lorenzetto@ilgiornale.it)

martedì 19 maggio 2015

Gli occhi di Marthe Robin

Gli occhi di Marthe Robin
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Marthe è una straordinaria mistica. Figlia della profonda Francia contadina, questa ragazza di grande forza interiore, dopo ripetuti gravi problemi, dal 1928 resta completamente paralizzata e perfino impossibilitata a deglutire. Vivrà inchiodata al suo letto, senza più poter dormire, senza più poter mangiare né bere alcunché, nutrendosi solo dell’eucaristia che inspiegabilmente poteva deglutire. Non vedeva. Ogni venerdì riviveva le sofferenze della Passione di Gesù del quale portava le stimmate.


Ecco un capitolo del nuovo libro di Antonio Socci “La guerra contro Gesù” (Rizzoli)

          La storia di Alessandra dimostra che infine dal pantano della cultura nichilista, che genera disperazione, non ci libera un’altra cultura, neanche cattolica, ma un incontro, dove si sperimenta che davvero Gesù è vivo, oggi e opera potentemente (e questa è la prova della sua resurrezione).

          Così come i sofismi di certi antichi filosofi greci sull’impossibilità del movimento venivano spazzati via non da altri sofismi contrapposti, ma dalla concretezza di un uomo in movimento. Dal fatto che accade.

          Anche i pregiudizi ideologici dell’esegesi razionalista (poiché un pregiudizio è impermeabile agli argomenti altrui) sono spazzati via di colpo solo da un fatto in cui ci si imbatte e che mostra tangibilmente Gesù esistente e vivo, quindi risorto, operante qui e ora. E’ quanto accadde – secondo Guitton – a uno dei più radicali fra gli esegeti razionalisti: Paul-Louis Couchoud.

          Abbiamo già visto il suo pensiero espresso in “Le mystère de Jésus”. Ecco le sue parole: “L’idea che Dio si sia incarnato… ci urta. E’ una concezione prekantiana. Essa è stata accettata da grandi spiriti come sant’Agostino, san Tommaso, Pascal; però oggi è inammissibile”[1].

Couchoud esprimeva con perfetta lucidità il “pregiudizio” dei moderni.

          Egli infatti eliminava “a priori” la possibilità dell’incarnazione perché “inconcepibile”, pretesa tipica del razionalismo moderno secondo il quale ciò che supera le possibilità del raziocinio umano non esiste (come se l’Essere fosse stato partorito dagli uomini e quindi dovesse star “dentro” la loro mente, quando è evidente il contrario: gli uomini sono “contenuti” dentro l’Essere e la loro mente è piuttosto una finestra aperta sull’infinito che una scatola contenente il Tutto)[2].

          Il suo pensiero si inseriva nel filone “mitico” dell’esegesi, quello che da David Strauss ritiene che Gesù sia stato “inventato”, come Dio incarnato che soffre e redime, per dare concretezza a un pensiero, a un simbolo dell’immaginario collettivo. Couchoud, filosofo, esegeta, medico, docente universitario, fondatore di un nota collana di libri “anticristiana”, arrivava alle conclusioni estreme.

          Jean Guitton, che fu suo amico e ha scritto molto su di lui e la sua parabola umana e intellettuale, sintetizza così il suo caso: “Egli era la persona più estranea al cristianesimo che vi sia stata al mondo (negava l’esistenza storica di Gesù)”[3]

          Quella sua negazione a priori dell’esistenza storica di Gesù non aveva il supporto di veri argomenti storici, perché anzi i documenti dimostrano il contrario. La sua era una paradossale conclusione filosofica ed esegetica che nasceva dal riconoscere che la riduzione di Gesù a semplice rabbi, fatta dagli esegeti alla Loisy e Renan, faceva sorgere un problema ancor più grande di quello che pretendeva di risolvere, perché così diventava assolutamente impossibile spiegare “la nascita del cristianesimo”, che ai suoi occhi appariva “un’incredibile assurdità e il più bizzarro dei miracoli”[4].

Era dunque su posizioni radicalmente anticristiane.

          Eppure anche Couchoud capovolge la sua posizione e si converte – secondo la testimonianza di Guitton[5], contestata da alcuni – perché un giorno si imbatte in un fatto, nella presenza evidente di Gesù vivo e operante nel XX secolo. La clamorosa conversione di Couchoud si verifica grazie al suo incontro con Marthe Robin.

          Marthe è una straordinaria mistica. Figlia della profonda Francia contadina, questa ragazza intelligentissima, dolce, semplice, di grande forza interiore, nata nel 1902 e morta il 6 febbraio 1981, dopo ripetuti gravi problemi, dal 1928 resta completamente paralizzata e perfino impossibilitata a deglutire.

          Per 50 anni, nel suo villaggio tra il Rodano e le Alpi, vivrà inchiodata al suo letto, senza più poter dormire, senza più poter mangiare né bere alcunché, nutrendosi solo dell’eucaristia che inspiegabilmente poteva deglutire. Non vedeva. Ogni venerdì riviveva le sofferenze della Passione di Gesù del quale portava le stimmate. Dal suo letto di dolore, tramite le persone che andavano da lei, ha fondato centinaia di centri di preghiera in tutto il mondo, i “Foyers di carità”. Il 15 ottobre 1925 aveva messo nero su bianco il suo atto di abbandono e offerta al Signore: “una vera e propria lettera d’amore. Ha ventitré anni, è il suo fidanzamento”[6].

Ecco le sue parole:

Signore, mio Dio, hai domandato tutto alla tua piccola serva. Prendi dunque e accogli tutto.

In questo giorno mi affido a Te senza riserve e senza nulla in cambio.

O mio amato, è solo Te che voglio…

E per amor tuo  rinuncio a tutto…

O Dio d’amore prendi la mia memoria e tutti i suoi ricordi.

Prendi la mia intelligenza e fa’ che sia a servizio solo della tua massima gloria…

Prendi tutta la mia volontà…

Prendi il mio corpo e tutti i suoi sensi, il mio spirito e tutte le sue facoltà, il mio cuore e tutti i suoi affetti.

Ricevi l’immolazione che ogni giorno e ogni ora io Ti offro in silenzio. Degnati di accoglierla e trasformarla in grazie e benedizioni per tutti coloro che amo, per la conversione dei peccatori e la santificazione delle anime…

Prendi e santifica tutte le mie parole, tutte le mie azioni, tutti i miei desideri.

Sii per l’anima mia il suo bene e il suo tutto. La dono e l’abbandono a Te.

Accetto con amore tutto ciò che viene da Te: dolore, sofferenze, gioia, consolazione, aridità, abbandono, rinuncia, disprezzo, umiliazione, lavoro, prove…

Dio mio, Tu conosci la mia fragilità e l’abisso infinito della mia grande debolezza. Se un giorno dovessi essere infedele alla Tua suprema volontà, se dovessi… disertare il Tuo cammino d’amore, oh!, te ne supplico, fammi la grazia di morire all’istante!

O Dio dell’anima mia, o sole divino, io Ti amo, Ti benedico, Ti lodo, mi abbandono tutta a Te. Mi rifugio in Te.

Nel Tuo seno… Prendimi con Te.

Non voglio vivere che in Te.



          Riferisce Jean Guitton: “Mi accadde di parlare con de Gaulle di Marthe Robin e di sentirgli dire che la considerava forse la persona più eccezionale di questo secolo. Il cardinale Daniélou condivideva questa opinione[7].

          Il fatto curioso è che Guitton, importante filosofo cattolico, conobbe Marthe proprio su invito di Couchoud che con lei aveva intrecciato una grande amicizia: “un’amicizia che legava il più grande ateo dell’esegesi alla persona mistica più singolare del mondo”[8].

          Guitton dà ancora qualche flash su Marthe: “Possedeva un carisma superiore a qualunque altra persona che io abbia mai conosciuto. Non so spiegarlo: quella donna era isolata da tutto; lottava continuamente contro il demonio. Non si poteva entrare nella sua stanza senza che tutti i mobili fossero scagliati a terra, non si sa come[9].

          Il vescovo di Valence incaricò due illustri medici di visitare Marthe ed esprimere il loro parere scientifico. Il dottor André Ricard, chirurgo degli Ospedali di Lione, e il dottor Jean de Chaume, professore alla Facoltà di medicina e primario della Clinica neuropsichiatrica di Lione, la visitarono per un’intera giornata e stilarono un rapporto medico in cui, sotto giuramento, scrissero:

Non presenta turbe psichiche di rilievo, né segni di affezione clinica: escludiamo la frode, la simulazione e l’origine isterica delle manifestazioni (stigmate, inedia, visioni, estasi); siamo obbligati a riconoscere la nostra impotenza; dichiariamo la presenza di vere stigmate sanguinanti, al di fuori di ogni imbroglio e preferiamo riconoscere che non vediamo né la causa né il meccanismo in base alle nostre attuali conoscenze e le consideriamo di ordine soprannaturale”[10].

L’incontro e l’amicizia con Marthe Robin fu decisivo per Couchoud.

          Il grande ateo, lo studioso razionalista, non poteva negare l’evidenza del Mistero, in quella presenza. Le scrisse: “Ignoro quello che ignori. Vorrei sapere quello che sai. Di quello che preghi, mi giunge il profumo. Non dimenticarti di me, o piena di vita!”. Jean Guitton, che ha conosciuto e seguito questa loro amicizia, testimonia la conversione finale di Couchoud nel libro “Ogni giorno che Dio manda in terra” [11].


Note:

[1] Cit in storia esegesi spadafora… p. 228

[2] Quello straordinario maestro di razionalità che è don Luigi Giussani osserva: “Se c’è un delitto che una religione può compiere è quello di dire ‘io sono l’unica strada’. E’ esattamente ciò che pretende il cristianesimo. Non è ingiusto sentirsi ripugnare di fronte a tale affermazione. Ingiusto sarebbe non domandarsi il motivo di tale pretesa” (All’origine della pretesa cristiana, p. 31). Quindi l’atteggiamento razionale, osserva Giussani, è quello di chi si chiede – davanti a simile pretesa – se sia vera oppure no, se sia accaduto oppure no, se Dio si è davvero fatto uomo o no. Perché “se fosse accaduto, questa strada sarebbe l’unica… perché l’avrebbe tracciata Dio” (p. 34).

[3] Guitton, Ritratto di Marthe Robin, p. 19.

[4] Cit. in Messori, Ipotesi su Gesù, p. 152

[5] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, cit. pp. 157-159

[6] Così scrive Raymond Peyret, in “Marthe Robin” (Massimo…), p. 24. Da questo libro riprendo anche il testo scritto da Marthe.

[7] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, p. 112

[8] Guitton, Ritratto di Marthe Robin, p. 25

[9] Guitton, Ogni giorno che Dio manda in terra, p. 112

[10] Guitton-Antier, Poteri misteriosi della fede, Piemme, p. 206

[11] Guitton riferisce i fatti in “Ogni giorno che Dio manda in terra”, pp. 157-158

Link utili:
http://www.antoniosocci.com