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lunedì 15 maggio 2017

Morale laica, anche i non credenti ne sono diffidenti

Morale laica, anche i non credenti ne sono diffidenti

«Come vivere senza la grazia? Come essere santi senza Dio? È il problema che domina il ventesimo secolo». La citazione di Albert Camus risulta davvero azzeccata se si leggono i risultati di un recente e curioso studio, condotto dal dipartimento di Psicologia della Nottingham Trent University, in Inghilterra.
La ricerca, pubblicata su The International Journal for the Psychology of Religion, ha voluto valutare il “pregiudizio anti-ateo” della società inglese, testando un campione di persone sulle reazioni ad una vignetta in cui venivano descritte le azioni di un insegnante disonesto ed inaffidabile. Secondo i risultati, il 66% ha detto che l’uomo era probabilmente un insegnante ateo. La nota curiosa è che il 43% dei partecipanti si è dichiarato ateo, il 33% invece era cristiano, ed il resto apparteneva ad altre fedi. «La diffidenza anti-atea», hanno concluso, «è profondamente e culturalmente radicata indipendentemente al gruppo di appartenenza di un individuo, tant’è che anche la maggior parte degli atei si è scoperta provare la stessa istintiva diffidenza».
Probabilmente avrebbe risposto allo stesso modo anche il celebre filosofo laico Norberto Bobbio, dato che scrisse: «La morale razionale che noi laici proponiamo è l’unica che abbiamo, ma in realtà è irragionevole». La morale laica risulta irragionevole agli occhi di Bobbio perché è priva di fondamenta, se manca il chiodo a cui appendere l’etica allora tutto si gioca nelle mere e vacque opinioni personali. In una intervista, disse: «Gli uomini sono cattivi. Il male è la storia umana. È la sconfitta di Dio e la sconfitta della ragione. Questo secolo lo dimostra più di ogni altra epoca. E il cristianesimo, dov’è il cristianesimo? […]. Come diceva Croce, non possiamo non dirci cristiani. Senza l’etica cristiana non c’è convivenza. Ma il cristianesimo come fede è un’altra cosa. E io non riesco a non dubitare». Anche Jean-Paul Sartre viveva dilemmi simili: «Senza Dio svanisce ogni possibilità di ritrovare dei valori in un cielo intelligibile; non può più esserci un bene a priori, poiché non c’è nessuna coscienza infinita e perfetta per pensarlo; non sta scritto da nessuna parte che il bene esiste, che bisogna essere onesti, che non si deve mentire» (J.P. Sartre, L’esistenzialismo è un umanismo, Mursia 2007).
Come ha ben spiegato il card. Carlo Maria Martini, «chi non fa riferimento» a princìpi cristiani, «dove trova la luce e la forza per operare il bene non solo in circostanze facili, ma anche in quelle che mettono alla prova fino al limite delle forze umane e soprattutto in quelle che pongono a confronto con la morte? Perché l’altruismo, la sincerità, la giustizia, il rispetto per gli altri, il perdono dei nemici sono sempre un bene e devono essere preferiti, anche a costo della vita, ad atteggiamenti contrari? E come fare per decidere con certezza nei casi concreti che cosa è altruismo e che cosa non lo è? E se non c’è una giustificazione ultima e sempre valida di tali atteggiamenti, come è praticamente possibile che essi siano sempre prevalenti, che siano sempre quelli vincenti? Se persino coloro che dispongono di argomenti forti per un comportamento etico fanno fatica a conformarvisi, che cosa sarà di coloro che dispongono di argomenti deboli, incerti è vacillanti?».
Data l’impossibilità di rispondere adeguatamente a queste domanda, l’arcivescovo di Milano concludeva: «Faccio fatica a vedere come un’esistenza ispirata da queste norme (altruismo, sincerità, giustizia, solidarietà, perdono) possa sostenersi a lungo e in ogni circostanza se il valore assoluto della norma morale non viene fondato su princìpi metafisici o su un Dio personale. Che cosa fonda infatti la dignità umana se non il fatto che ogni essere umano è persona aperta verso qualcosa di più alto e di più grande di sé? Solo così essa non può essere circoscritta in termini intramondani e gli viene garantita una indisponibilità che nulla può mettere in questione» (C.M. Martini, In cosa crede chi non crede, Liberal 1996, pp.20,21).
Vittorio Messori ha scritto (in “Tempi” 17 febbraio 2010): “Norberto Bobbio, di cui sono stato discepolo – parlo quindi di quello che è considerato un guru, un ‘papa laico’, non certo un clericale – ci diceva spesso, nelle aule dell’università torinese: «La morale razionale che noi laici proponiamo è l’unica che abbiamo, ma in realtà è irragionevole». È semplice: perché si dovrebbe fare il bene piuttosto che il male, se facendo il male mi verrà un vantaggio e nessun svantaggio? Non c’è alcuna risposta ragionevole a questa domanda. Se manca il chiodo a cui appendere l’etica, allora nessuna etica è razionalmente possibile. Quel chiodo non può che venire da un Legislatore fuori di noi, che per il credente è Dio”.
 Manzoni ai suoi contemporanei: "ogni morale senza religione non è che un codice senza tribunali. Le leggi possono essere perfettissime, come rispettarle se non c'è chi le garantisca ?"

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