CONSULTA L'INDICE PUOI TROVARE OLTRE 4000 ARTICOLI

su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


sabato 25 febbraio 2012

tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***

Un metodo
Chi se lo sarebbe mai aspettato? Addirittura al tramonto del secolo di Prometeo l’intellighenzia cristiana si trova restaurata, restituita a se stessa in modo così semplice, così splendido! La lettera di riconoscimento del Papa al mezzo secolo di lavoro di monsignor Giussani ci fa vedere, più che l’accordo, l’incontro, l’avvenimento dell’incontro di due degli uomini più intelligenti dei nostri tempi, insieme al centro dello stesso prodigio: la restituzione delle facoltà di pensiero all’uomo comune... Più che mai, qui si avvera l’impronta del Santo Spirito, annunciata da Isaia! Perché mi sembra ovvio che la novità del genio di Giussani sta nel dono da lui fatto a tutti di un “metodo” per capire, cioè, per «vivere appieno, con intelligenza e creatività, l’esperienza cristiana» nelle stesse parole del Pontefice. E ha ragione il Santo Padre: don Giussani, uomo di cultura, ha trovato la chiave, la via, il modo di fare scoprire a ognuno che la pienezza della sua intelligenza è inseparabile dall’esperienza della fede vissuta. Lo sapevamo già da sant’Agostino, ma adesso abbiamo tutti quanti i mezzi per provarlo in ogni momento, in ogni operazione del pensiero impegnato: crediamo per capire... Il metodo di Descartes, spostando verso l’uomo l’asse dell’universo intelligibile, ha messo tre secoli per condurlo dall’orgoglio intellettuale alla disperazione, dalla nausea sartriana al nulla esistenziale... Scommetto che fra tre generazioni il metodo di don Giussani avrà spazzato via tutta quell’amarezza... Per aspettare Godot bisogna “diventare” Vladimir o Estragon; invece, per ritrovare Cristo basta seguire le tracce di don Gius... Alleluia!
Bruno
Tolentino, poeta brasilianoTracce N.3, Marzo 2002
quiTOLENTINO meeting rimini il suo interevento al meeting di Rimini 2004

Postato da: giacabi a 20:28 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***

Tracce N.8, Settembre 2003

Cultura - Tolentino

Il mio "incontro" con Cristo

Vando Valentini
Un’educazione moderna, intellettuale, rivoluzionaria. Poi una vita da Dr. Jekill e Mr. Hyde. L’incontro coi grandi della poesia in tutto il mondo e, infine, la scoperta della fede. Storia di un poeta e del suo ritorno alla Chiesa

Bruno
Tolentino nasce in Brasile nel 1940, in una tradizionale e ricca famiglia di Rio de Janeiro. Fin da bambino convive con poeti e scrittori degli ambienti intellettuali carioca, molti dei quali frequentano quotidianamente casa sua. Coltiva, fin dalla più tenera età, la lingua e la cultura francese e inglese, com’è costume nelle case aristocratiche brasiliane dell’epoca. Nel 1964, con il colpo di Stato militare, lascia il Brasile e parte per l’Europa. Vive in Italia due anni, ospite di Ungaretti; quindi in Belgio e in Inghilterra. Elizabeth Bishop lo presenta a Wystan Hugh Auden, che gli offre l’incarico di professore nell’Università di Oxford, dove resterà per quindici anni. Nel 1987 è condannato per traffico di droga: trascorrerà 22 mesi in prigione. Rientra in Brasile nel 1993. Nel 1995 vince il premio “Jabuti” con il libro As horas de Katarina. Nel 1998 si trasferisce a San Paolo dove dirige la rivista di cultura Bravo fino al 2000.

Lei è nato a Rio de Janeiro da una famiglia religiosa, ma nella sua gioventù ha lasciato la Chiesa cattolica. Come ha vissuto il suo rapporto con Dio e il fatto di essere poeta?
Quando avevo appena ventitrè anni mi hanno detto che ero un buon poeta, ma questo non è certo merito mio. Piuttosto era una conseguenza della mia educazione, dei luoghi che frequentavo; e non solo: in questo processo formativo c’entra la grazia dello Spirito Santo. A vent’anni ho vinto il premio “Revelação” con il libro Anulação e outros reparos (Annullamento e altre osservazioni); altri due libri li ho scritti in Francia: Le Vrai Le Vain (Il vero il vano) e Au Colloque dês Monstres (Nel colloquio dei mostri). In Inghilterra ho scritto About the Hunt (A proposito di caccia). Con la conversione la mia poesia è maturata fino a diventare infinitamente più importante. Tra i 17 e i 39 anni ho vissuto in un certo modo, dal quarantesimo anno ho iniziato il mio cammino di ritorno alla Chiesa. Lo Spirito Santo ha sempre collaborato con me, ma io solo in quel momento ho cominciato a collaborare con Lui.

Lei dice, se ho ben capito, che nella conversione ciò che già esisteva prima diventa ancora più vero?
La mia conversione è stata un processo che è passato anche attraverso la prigione. Mi spiego con degli accenni.
A partire dalla conversione ho capito che non potevo più vivere una doppia vita, la vita del “medico” e del “mostro” (Dr. Jekill e Mr. Hyde; ndr); prima di convertirmi facevo un po’ di tutto: traffico di droga, sono andato in Libano, mi sono messo in mezzo alla guerra e altre faccende di questo tipo. Un giorno una ragazza libanese mi ha detto: «Tu devi avere onore nel tuo modo di vivere»; vale a dire: mi mancava integrità. L’ho capito veramente solo quando un mio ex-alunno di Essex è diventato maestro dei novizi dei monaci benedettini; l’ho incontrato a una cerimonia ed è stato lui a parlarmi per la prima volta di integrità.
La mia educazione è stata tipicamente francese: educazione alla furbizia, all’originalità, un’educazione antitradizionale, rivoluzionaria, secondo la quale non ci sono virtù morali e tutte le cose sono strumentali, dei mezzi per raggiungere determinati fini.
Ci sono voluti sette anni per allontanarmi da questo pensiero “moderno”. Così ho capito perché i miei grandi maestri in poesia sono stati Manuel Bandeira in Brasile, Ungaretti in Italia, Saint-John Perse in Francia e W. H. Auden in Inghilterra: erano tutti cattolici.
Mi ci sono voluti sette anni per capire che il mio problema non era religioso; non era neppure una questione di fede, nel senso del credere in Dio, come dice Katarina nel mio libro (Le ore di Katarina): «Il fatto di credere non ti rende migliore». Il mio era un problema di moralità, come dice Giussani: «Ciò che ti migliora è guardare una presenza». Davanti a Cristo non puoi più imbrogliare, davanti a una presenza non puoi essere ambiguo. Quando la presenza è reale, ti costringe.
La nozione di persona, così, mi è diventata più chiara. Si può essere persona davanti a qualcuno, davanti a Cristo.
In questi sette anni ho dovuto strapparmi di dosso questa seconda natura che è la mia educazione laica. Perché questo succedesse, come ho detto, è stato necessario arrivare perfino alla prigione. Perché in prigione ero privato anche dei mezzi materiali per imbrogliare; la polizia mi vigilava costantemente, non potevo più avere una doppia vita.
Il cristianesimo non è una teoria, non è neppure la voce di Dio; è semplicemente la presenza di Qualcuno reale-soprannaturale che sta sempre con te, e davanti al quale tu devi fare tutto quello che la vita ti spinge a fare.

Quali aspetti della sua poesia crede che siano maturati?
Con la mia conversione non sono diventato un miglior poeta. L’esigenza del reale era presente anche in gioventù; dicevo: il reale è questa costante correzione del comportamento umano, il reale esiste e sta lì perché la persona ricerchi sempre un modo di conviverci, perché nella persona maturi un rispetto fondamentale per il reale. Quarant’anni dopo, nel 2002, ho conosciuto il pensiero di don Giussani sull’“inesorabile positività del reale”, e così ho scoperto questo punto di contatto con lui. Che non ho incontrato né con Von Balthasar né con Eric Voegelin, neppure con altri grandi pensatori che pure mi hanno influenzato.
Un altro aspetto molto importante del mio incontro con don Giussani riguarda il ruolo del laico. Dalla sconfitta del pensiero rivoluzionario in poi il ruolo del laico (del professore, dello scrittore, del giornalista, dell’intellettuale) è sempre più importante per testimoniare Cristo in questo mondo laicizzato. In Russia è stata bruciata la Bibbia e osteggiata la Chiesa, ma tutto è passato attraverso Tolstoj e Dostoevskij.
Tornando alla sua domanda iniziale sulla mia conversione: è successo come nella parabola del sale. Cristo è il sale. Il sale non cambia il sapore di ciò che si mangia, lo esalta; il pesce diventa più pesce, la carne più carne. Allo stesso modo l’incontro con Cristo non cambia ciò che sei: tu diventi te stesso, cioè diventi quello che eri destinato ad essere. Come diceva Pindaro: «Diventa ciò che sei». C’è un livello della persona che solamente Dio può conoscere. In questa prospettiva l’atto poetico è un antipasto di questa pienezza.

Siamo abituati a sentir parlare di crisi dell’ideologia. Lei trova che l’ideologia sia veramente in crisi?
Non credo che la “dama idea” passi di moda e neppure che desista. Ciò che è in crisi è un certo modo di presentarsi dell’ideologia, ma la “dama idea” non molla l’osso, perché il suo esatto contrario è la libertà. Se c’è una cosa che l’epoca moderna non accetta è la libertà. In questo ultimo periodo, in cui il cristianesimo è sulla difensiva, anche la libertà è in crisi, perché la libertà è il rapporto dell’uomo - continuo e creativo - con la realtà. Il cristianesimo è questa chiamata al rapporto responsabile dell’uomo con l’uomo Figlio di Maria, che è nato in un certo giorno e che abitava in una certa via e che quindi non posso ridurre a una idea. Dove non c’è questo rapporto col fatto umano fondamentale - il Figlio che è uscito dal ventre di Maria - la “dama idea” rappresenta sempre il suo show sulla scena del mondo e ottiene successo.
Basta guardare ad alcune scuole cattoliche; per trasformarle in quello che abbiamo davanti agli occhi è stato necessario prima di tutto svuotare il cristianesimo del suo contenuto, riducendolo a un’ottima idea (la lotta per i poveri, l’unione per risolvere i problemi del paese, etc.), così la scuola è diventata un’istituzione. Perché questo potesse succedere si è dovuto far sparire tutto ciò che nel cristianesimo ha il profumo di pura umanità: Maria e i Santi. Per fare in modo che la “dama idea” possa controllare il gioco è necessario relegare il cristianesimo nel regno del pensiero, trasformarlo nella millesima idea che l’umanità non ha posto in pratica. Non si tratta più di quell’inesorabile positività del reale che mi si impone e che si impone all’altro.

Lei ha condiviso l’ultimo anno di vita e tutta la malattia di don Virgilio Resi. Cosa le suscita l’esperienza della sofferenza e del dolore?
La seconda parte del mio ultimo libro O mundo como idèia (Il mondo come idea) parla esattamente di questo: la sofferenza e la sua funzione di trasfigurazione.
Nel dramma che abbiamo vissuto con don Virgilio è come se ancora una volta Cristo avesse consacrato la sua Chiesa. Il movimento dipendeva immensamente da lui, don Virgilio era un uomo brillante, con una grande umanità. O si guarda alla sua morte come a un martirio, come a un’unzione eccezionale di Dio che ha donato il suo stesso Figlio, oppure non si capisce niente.
Gli ultimi mesi di don Virgilio sono stati molto dolorosi. Mi diceva: «L’altro giorno parlavamo della “inesorabile positività del reale”. E ora? O tutto questo è positivo oppure tutto quello che ci siamo detti e che ci stiamo dicendo è un discorso falso». In quel momento non pensavamo che sarebbe morto nel giro di due mesi. Ora don Virgilio è nella Gloria, con tutto quello che ha sofferto... è chiaro che un po’ di nostalgia la sento, ma la nostra chiamata non è per diventare come don Virgilio, ognuno di noi è ciò che è. Ognuno però deve percorrere il suo stesso cammino, identificarsi con lui e offrire il proprio sacrificio. Per me il martirio è un altro: è sopportare questo popolo che non capisce ciò di cui parlo con la mia poesia.

Postato da: giacabi a 20:23 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***
 
O MUNDO COMO IDEIA - Bruno Tolentino

Il 27 giugno scorso(2007) si è spenta la voce di Bruno Tolentino, il più illustre e prolifico poeta brasiliano contemporaneo, per diversi anni direttore della prestigiosa rivista Bravo, attorno alla quale era riuscito a raccogliere i più significativi fermenti del mondo intellettuale di quella immensa e feconda nazione.


Amico personale di Giuseppe Ungaretti, presso il quale soggiornò durante un breve periodo durante gli anni di esilio in Europa seguiti al colpo di stato del 1964 in Brasile, nel corso delle sue lunghe peregrinazioni ebbe il privilegio di frequentare i più illustri intellettuali e poeti del secolo scorso tra cui spiccano i nomi di Sartre, Serao, Montale, Bishop, Auden, Pasolini, Levi  e Quasimodo.
Bruno Tolentino deve la sua fama al conseguimento nel 1995 e nel 2006 del premio Jabuti, il più importante riconoscimento letterario del suo paese , a vent'anni di onorato insegnamento ad Oxford ma anche a due anni di soggiorno in carcere sotto le pesanti accuse di spaccio e contrabbando. Ma in Italia, ove tornava periodicamente essendovi  strettamente legato dalle antiche radici famigliari e da un sentimento di profondo affetto, negli ultimi anni era noto soprattutto per lo stretto sodalizio con Don Giussani e l'ambiente culturale cattolico a seguito della sua  radicale conversione religiosa. 
Tra le sue opere più prestigiose ricordiamo "O mundo como Idéia ", in cui il poeta manifesta il bisogno di varcare le anguste sembianze della prefigurazione concettuale, che privano l'uomo della necessità di infinitarsi  nel ampio respiro della totalità dell'essere.  
L'arte ebbe a dire una volta è una menzogna che dice la verità ma il varco di montaliana memoria attraverso cui raggiungerla e che lo ha condotto dapprima nei bassifondi di Varsavia, quindi sul teatro di guerra libanese ed infine nelle segrete delle carceri si è materializzato infine nell'incanto dolente di una notte stellata sotto le sembianze inattese di una conversione alla fede cattolica. E pur consegnando alla storia la parabola esistenziale di un poeta che ha lambito tutte le correnti culturali del Novecento, pur resistendo stoicamente al richiamo del senso di appartenenza,  si congeda da questo mondo nella convinzione che il poeta sia un uomo inutile e che il problema non stia nella ricerca di una rettitudine morale ma nella possibilità di una piena realizzazione dell'essere attraverso il calvario di un'estenuante ricerca anche tra gli anfratti più oscuri.

O MUNDO COMO IDÉIA
O mundo como idéia (ou pensamento).
Entre a gnose e o real (talvez) o acordo.
Mas no ramo (imperene) cantão tordo
(provisório) e invisível vem o vento
e leva o canto e deixa um desalento,
a queixa dos sentidos... Não recordo
se sonhei tudo isso ou não: um tordo
e a noite em meus ouvidos um momento,
outro rapto no vento... Mas supor
que o triunfo moral do cognitivo
restitua-me o ser menos a dor,
é resignar-me a um perfume tão rápido
que não existe quase, insubstantivo
como a Idéia... Não: o mundo como rapto!

Bruno Tolentino
IL MONDO COME IDEA

Il mondo come idea (o pensiero)
Tra la gnosi e la realtà (forse) l'accordo.
Ma nel ramoscello (imminente) canta il tordo
(inatteso) e invisibile sopraggiunge il vento
portandosi via il canto e lasciando una malinconia,
a lagnarsi dei sensi.... Non ricordo
se ho sognato tutto questo oppure no: un tordo
e la notte nei miei orecchi un istante,
un'altro raptus nel vento...Ma supporre
che il trionfo morale della consapevolezza
possa ridarmi meno dolore,
è abbandonarmi rapito ad un profumo
che quasi non esiste, infondato
come l'idea....Non il mondo come raptus !

(Traduz. di Suerda Maria Alves)

Gian Paolo Grattarola
da: http://www.biblogit.splinder.com

Postato da: giacabi a 20:18 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***

«Incontrando Cristo mi sono scoperto uomo»
Juliana Perez

Ricordo di un grande poeta, scrittore, maestro. Ma soprattutto di un animo inquieto. Che nella conversione ha trovato se stesso. E nell’amicizia con Cl, una casa

Bruno Tolentino, nato il 12 novembre 1940, è uno dei più grandi scrittori brasiliani del XX secolo. Cresciuto in una famiglia ricca a Rio de Janeiro, dove ha un contatto continuo con gli intellettuali e scrittori più importanti dell’epoca, ha una formazione cattolica, ma a 17 anni abbandona la religione.
Nel 1964, con il colpo di stato militare in Brasile, parte per l’Europa. Sbarca a Cardiff, in Galles. Elizabeth Bishop, poetessa americana, lo presenta al poeta inglese Wystan Hugh Auden. Nello stesso anno conosce anche Giuseppe Ungaretti. Lavora come traduttore-interprete e insegna alle università di Bristol, Essex e Oxford.
Intellettuale dalla vita intensa e contraddittoria, nel 1987 è accusato di traffico di droga, arrestato e condannato a 11 anni di prigione. Per 22 mesi sconta la condanna a Dartmoor. Poi la pena viene sospesa. Ed è in questo periodo che Tolentino riprende il suo rapporto con la Chiesa. «Il mio cammino di ritorno è iniziato verso i quarant’anni - racconta lui stesso -. Lo Spirito Santo non ha mai smesso di collaborare con me, ma in quel momento ho iniziato a collaborare con Lui. Ho vissuto il mio rapporto con il Mistero per mano a Maria, con cui ho sempre avuto un rapporto stretto, anche quando non credevo nel Suo Figlio. Con la mia conversione, non sono diventato un poeta migliore. La ricerca del reale era già presente quando ero giovane, perché il reale è questa costante correzione dell’atteggiamento umano... È come nella parabola del sale: Cristo è il sale; il sale ravvivail gusto del cibo. Non cambia il gusto, fa il pesce più pesce, la carne più carne. L’incontro con Cristo non cambia quel che sei, sei te stesso nella dose perfetta: quel che eri destinato a essere. Io sono in questo processo di diventare sempre di più me stesso».
Nel 1993 Tolentino torna in Brasile dove vive circondato da giovani affascinati dalla sua umanità
. Vince i più importanti premi di poesia, ma è anche molto combattuto nell’ambito accademico per la sua critica all’ideologia che da almeno due decenni sta distruggendo la cultura e l’educazione brasiliana. Come lui stesso dice, «il mondo odia Cristo e non vuole che Lui sia conosciuto». Così, di lui si parla poco.
Dopo la conversione, Tolentino ha sempre cercato un posto per lui dentro la Chiesa. E nel 2000, quando abita nel centro di San Paolo, riceve una visita inaspettata. La professoressa Marli Pirozzelli aveva letto alcune cose su di lui e conosceva il suo lavoro come editore di Bravo!, una delle più importanti riviste di cultura del Paese. Insieme ad alcuni amici di Comunione e Liberazione, Marli cercava aiuto per far partire un centro culturale nella città e per questo decide di cercare Tolentino. Lui accetta subito l’invito,
ma vuole anche conoscere quell’esperienza di Chiesa che sta dietro all’opera. Così incomincia a conoscere don Giussani e riconosce nel suo carisma gli stessi maestri del pensiero e dell’arte cristiana che lo hanno accompagnato nella conversione: Newman, Guardini, Von Balthasar, Eliot, Claudel, Piero della Francesca, Beato Angelico. Nel 2001 si trasferisce a Belo Horizonte per vivere con don Virgilio Resi con cui ha un’intensa amicizia. Nel 2004 è invitato al Meeting di Rimini (v. Speciale Meeting, in allegato a Tracce, ottobre 2004, p. 106) e conosce don Giussani. Lì, durante la presentazione di un libro di don Giussani, testimonia la sua gratitudine: «Il cristianesimo è una comunicazione, non di qualcosa, ma della totalità dell’essere, e questa totalità non può essere che in una persona viva: è uno sguardo, due occhi che trovano due occhi. (...) Per questo ho capito che il movimento non è niente se non è un metodo... È un modo di entrare in rapporto, di incontrare Gesù». Dopo la morte di don Virgilio, nel 2003, fa un periodo a Salvador, e poi ritorna a San Paolo. All’inizio del 2007, già di salute molto debole, Tolentino viene accolto da una casa di donne dei Memores Domini. E lì rimane fino alla sua morte, lo scorso 27 giugno.

Postato da: giacabi a 20:08 | link | commenti
 Brasile - Bruno Tolentino
***

Un metodo
Chi se lo sarebbe mai aspettato? Addirittura al tramonto del secolo di Prometeo l’intellighenzia cristiana si trova restaurata, restituita a se stessa in modo così semplice, così splendido! La lettera di riconoscimento del Papa al mezzo secolo di lavoro di monsignor Giussani ci fa vedere, più che l’accordo, l’incontro, l’avvenimento dell’incontro di due degli uomini più intelligenti dei nostri tempi, insieme al centro dello stesso prodigio: la restituzione delle facoltà di pensiero all’uomo comune... Più che mai, qui si avvera l’impronta del Santo Spirito, annunciata da Isaia! Perché mi sembra ovvio che la novità del genio di Giussani sta nel dono da lui fatto a tutti di un “metodo” per capire, cioè, per «vivere appieno, con intelligenza e creatività, l’esperienza cristiana» nelle stesse parole del Pontefice. E ha ragione il Santo Padre: don Giussani, uomo di cultura, ha trovato la chiave, la via, il modo di fare scoprire a ognuno che la pienezza della sua intelligenza è inseparabile dall’esperienza della fede vissuta. Lo sapevamo già da sant’Agostino, ma adesso abbiamo tutti quanti i mezzi per provarlo in ogni momento, in ogni operazione del pensiero impegnato: crediamo per capire... Il metodo di Descartes, spostando verso l’uomo l’asse dell’universo intelligibile, ha messo tre secoli per condurlo dall’orgoglio intellettuale alla disperazione, dalla nausea sartriana al nulla esistenziale... Scommetto che fra tre generazioni il metodo di don Giussani avrà spazzato via tutta quell’amarezza... Per aspettare Godot bisogna “diventare” Vladimir o Estragon; invece, per ritrovare Cristo basta seguire le tracce di don Gius... Alleluia!
Bruno
Tolentino, poeta brasilianoTracce N.3, Marzo 2002
quiTOLENTINO meeting rimini il suo interevento al meeting di Rimini 2004

Postato da: giacabi a 20:28 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***

Tracce N.8, Settembre 2003

Cultura - Tolentino

Il mio "incontro" con Cristo

Vando Valentini
Un’educazione moderna, intellettuale, rivoluzionaria. Poi una vita da Dr. Jekill e Mr. Hyde. L’incontro coi grandi della poesia in tutto il mondo e, infine, la scoperta della fede. Storia di un poeta e del suo ritorno alla Chiesa

Bruno
Tolentino nasce in Brasile nel 1940, in una tradizionale e ricca famiglia di Rio de Janeiro. Fin da bambino convive con poeti e scrittori degli ambienti intellettuali carioca, molti dei quali frequentano quotidianamente casa sua. Coltiva, fin dalla più tenera età, la lingua e la cultura francese e inglese, com’è costume nelle case aristocratiche brasiliane dell’epoca. Nel 1964, con il colpo di Stato militare, lascia il Brasile e parte per l’Europa. Vive in Italia due anni, ospite di Ungaretti; quindi in Belgio e in Inghilterra. Elizabeth Bishop lo presenta a Wystan Hugh Auden, che gli offre l’incarico di professore nell’Università di Oxford, dove resterà per quindici anni. Nel 1987 è condannato per traffico di droga: trascorrerà 22 mesi in prigione. Rientra in Brasile nel 1993. Nel 1995 vince il premio “Jabuti” con il libro As horas de Katarina. Nel 1998 si trasferisce a San Paolo dove dirige la rivista di cultura Bravo fino al 2000.

Lei è nato a Rio de Janeiro da una famiglia religiosa, ma nella sua gioventù ha lasciato la Chiesa cattolica. Come ha vissuto il suo rapporto con Dio e il fatto di essere poeta?
Quando avevo appena ventitrè anni mi hanno detto che ero un buon poeta, ma questo non è certo merito mio. Piuttosto era una conseguenza della mia educazione, dei luoghi che frequentavo; e non solo: in questo processo formativo c’entra la grazia dello Spirito Santo. A vent’anni ho vinto il premio “Revelação” con il libro Anulação e outros reparos (Annullamento e altre osservazioni); altri due libri li ho scritti in Francia: Le Vrai Le Vain (Il vero il vano) e Au Colloque dês Monstres (Nel colloquio dei mostri). In Inghilterra ho scritto About the Hunt (A proposito di caccia). Con la conversione la mia poesia è maturata fino a diventare infinitamente più importante. Tra i 17 e i 39 anni ho vissuto in un certo modo, dal quarantesimo anno ho iniziato il mio cammino di ritorno alla Chiesa. Lo Spirito Santo ha sempre collaborato con me, ma io solo in quel momento ho cominciato a collaborare con Lui.

Lei dice, se ho ben capito, che nella conversione ciò che già esisteva prima diventa ancora più vero?
La mia conversione è stata un processo che è passato anche attraverso la prigione. Mi spiego con degli accenni.
A partire dalla conversione ho capito che non potevo più vivere una doppia vita, la vita del “medico” e del “mostro” (Dr. Jekill e Mr. Hyde; ndr); prima di convertirmi facevo un po’ di tutto: traffico di droga, sono andato in Libano, mi sono messo in mezzo alla guerra e altre faccende di questo tipo. Un giorno una ragazza libanese mi ha detto: «Tu devi avere onore nel tuo modo di vivere»; vale a dire: mi mancava integrità. L’ho capito veramente solo quando un mio ex-alunno di Essex è diventato maestro dei novizi dei monaci benedettini; l’ho incontrato a una cerimonia ed è stato lui a parlarmi per la prima volta di integrità.
La mia educazione è stata tipicamente francese: educazione alla furbizia, all’originalità, un’educazione antitradizionale, rivoluzionaria, secondo la quale non ci sono virtù morali e tutte le cose sono strumentali, dei mezzi per raggiungere determinati fini.
Ci sono voluti sette anni per allontanarmi da questo pensiero “moderno”. Così ho capito perché i miei grandi maestri in poesia sono stati Manuel Bandeira in Brasile, Ungaretti in Italia, Saint-John Perse in Francia e W. H. Auden in Inghilterra: erano tutti cattolici.
Mi ci sono voluti sette anni per capire che il mio problema non era religioso; non era neppure una questione di fede, nel senso del credere in Dio, come dice Katarina nel mio libro (Le ore di Katarina): «Il fatto di credere non ti rende migliore». Il mio era un problema di moralità, come dice Giussani: «Ciò che ti migliora è guardare una presenza». Davanti a Cristo non puoi più imbrogliare, davanti a una presenza non puoi essere ambiguo. Quando la presenza è reale, ti costringe.
La nozione di persona, così, mi è diventata più chiara. Si può essere persona davanti a qualcuno, davanti a Cristo.
In questi sette anni ho dovuto strapparmi di dosso questa seconda natura che è la mia educazione laica. Perché questo succedesse, come ho detto, è stato necessario arrivare perfino alla prigione. Perché in prigione ero privato anche dei mezzi materiali per imbrogliare; la polizia mi vigilava costantemente, non potevo più avere una doppia vita.
Il cristianesimo non è una teoria, non è neppure la voce di Dio; è semplicemente la presenza di Qualcuno reale-soprannaturale che sta sempre con te, e davanti al quale tu devi fare tutto quello che la vita ti spinge a fare.

Quali aspetti della sua poesia crede che siano maturati?
Con la mia conversione non sono diventato un miglior poeta. L’esigenza del reale era presente anche in gioventù; dicevo: il reale è questa costante correzione del comportamento umano, il reale esiste e sta lì perché la persona ricerchi sempre un modo di conviverci, perché nella persona maturi un rispetto fondamentale per il reale. Quarant’anni dopo, nel 2002, ho conosciuto il pensiero di don Giussani sull’“inesorabile positività del reale”, e così ho scoperto questo punto di contatto con lui. Che non ho incontrato né con Von Balthasar né con Eric Voegelin, neppure con altri grandi pensatori che pure mi hanno influenzato.
Un altro aspetto molto importante del mio incontro con don Giussani riguarda il ruolo del laico. Dalla sconfitta del pensiero rivoluzionario in poi il ruolo del laico (del professore, dello scrittore, del giornalista, dell’intellettuale) è sempre più importante per testimoniare Cristo in questo mondo laicizzato. In Russia è stata bruciata la Bibbia e osteggiata la Chiesa, ma tutto è passato attraverso Tolstoj e Dostoevskij.
Tornando alla sua domanda iniziale sulla mia conversione: è successo come nella parabola del sale. Cristo è il sale. Il sale non cambia il sapore di ciò che si mangia, lo esalta; il pesce diventa più pesce, la carne più carne. Allo stesso modo l’incontro con Cristo non cambia ciò che sei: tu diventi te stesso, cioè diventi quello che eri destinato ad essere. Come diceva Pindaro: «Diventa ciò che sei». C’è un livello della persona che solamente Dio può conoscere. In questa prospettiva l’atto poetico è un antipasto di questa pienezza.

Siamo abituati a sentir parlare di crisi dell’ideologia. Lei trova che l’ideologia sia veramente in crisi?
Non credo che la “dama idea” passi di moda e neppure che desista. Ciò che è in crisi è un certo modo di presentarsi dell’ideologia, ma la “dama idea” non molla l’osso, perché il suo esatto contrario è la libertà. Se c’è una cosa che l’epoca moderna non accetta è la libertà. In questo ultimo periodo, in cui il cristianesimo è sulla difensiva, anche la libertà è in crisi, perché la libertà è il rapporto dell’uomo - continuo e creativo - con la realtà. Il cristianesimo è questa chiamata al rapporto responsabile dell’uomo con l’uomo Figlio di Maria, che è nato in un certo giorno e che abitava in una certa via e che quindi non posso ridurre a una idea. Dove non c’è questo rapporto col fatto umano fondamentale - il Figlio che è uscito dal ventre di Maria - la “dama idea” rappresenta sempre il suo show sulla scena del mondo e ottiene successo.
Basta guardare ad alcune scuole cattoliche; per trasformarle in quello che abbiamo davanti agli occhi è stato necessario prima di tutto svuotare il cristianesimo del suo contenuto, riducendolo a un’ottima idea (la lotta per i poveri, l’unione per risolvere i problemi del paese, etc.), così la scuola è diventata un’istituzione. Perché questo potesse succedere si è dovuto far sparire tutto ciò che nel cristianesimo ha il profumo di pura umanità: Maria e i Santi. Per fare in modo che la “dama idea” possa controllare il gioco è necessario relegare il cristianesimo nel regno del pensiero, trasformarlo nella millesima idea che l’umanità non ha posto in pratica. Non si tratta più di quell’inesorabile positività del reale che mi si impone e che si impone all’altro.

Lei ha condiviso l’ultimo anno di vita e tutta la malattia di don Virgilio Resi. Cosa le suscita l’esperienza della sofferenza e del dolore?
La seconda parte del mio ultimo libro O mundo como idèia (Il mondo come idea) parla esattamente di questo: la sofferenza e la sua funzione di trasfigurazione.
Nel dramma che abbiamo vissuto con don Virgilio è come se ancora una volta Cristo avesse consacrato la sua Chiesa. Il movimento dipendeva immensamente da lui, don Virgilio era un uomo brillante, con una grande umanità. O si guarda alla sua morte come a un martirio, come a un’unzione eccezionale di Dio che ha donato il suo stesso Figlio, oppure non si capisce niente.
Gli ultimi mesi di don Virgilio sono stati molto dolorosi. Mi diceva: «L’altro giorno parlavamo della “inesorabile positività del reale”. E ora? O tutto questo è positivo oppure tutto quello che ci siamo detti e che ci stiamo dicendo è un discorso falso». In quel momento non pensavamo che sarebbe morto nel giro di due mesi. Ora don Virgilio è nella Gloria, con tutto quello che ha sofferto... è chiaro che un po’ di nostalgia la sento, ma la nostra chiamata non è per diventare come don Virgilio, ognuno di noi è ciò che è. Ognuno però deve percorrere il suo stesso cammino, identificarsi con lui e offrire il proprio sacrificio. Per me il martirio è un altro: è sopportare questo popolo che non capisce ciò di cui parlo con la mia poesia.

Postato da: giacabi a 20:23 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***
 
O MUNDO COMO IDEIA - Bruno Tolentino

Il 27 giugno scorso(2007) si è spenta la voce di Bruno Tolentino, il più illustre e prolifico poeta brasiliano contemporaneo, per diversi anni direttore della prestigiosa rivista Bravo, attorno alla quale era riuscito a raccogliere i più significativi fermenti del mondo intellettuale di quella immensa e feconda nazione.


Amico personale di Giuseppe Ungaretti, presso il quale soggiornò durante un breve periodo durante gli anni di esilio in Europa seguiti al colpo di stato del 1964 in Brasile, nel corso delle sue lunghe peregrinazioni ebbe il privilegio di frequentare i più illustri intellettuali e poeti del secolo scorso tra cui spiccano i nomi di Sartre, Serao, Montale, Bishop, Auden, Pasolini, Levi  e Quasimodo.
Bruno Tolentino deve la sua fama al conseguimento nel 1995 e nel 2006 del premio Jabuti, il più importante riconoscimento letterario del suo paese , a vent'anni di onorato insegnamento ad Oxford ma anche a due anni di soggiorno in carcere sotto le pesanti accuse di spaccio e contrabbando. Ma in Italia, ove tornava periodicamente essendovi  strettamente legato dalle antiche radici famigliari e da un sentimento di profondo affetto, negli ultimi anni era noto soprattutto per lo stretto sodalizio con Don Giussani e l'ambiente culturale cattolico a seguito della sua  radicale conversione religiosa. 
Tra le sue opere più prestigiose ricordiamo "O mundo como Idéia ", in cui il poeta manifesta il bisogno di varcare le anguste sembianze della prefigurazione concettuale, che privano l'uomo della necessità di infinitarsi  nel ampio respiro della totalità dell'essere.  
L'arte ebbe a dire una volta è una menzogna che dice la verità ma il varco di montaliana memoria attraverso cui raggiungerla e che lo ha condotto dapprima nei bassifondi di Varsavia, quindi sul teatro di guerra libanese ed infine nelle segrete delle carceri si è materializzato infine nell'incanto dolente di una notte stellata sotto le sembianze inattese di una conversione alla fede cattolica. E pur consegnando alla storia la parabola esistenziale di un poeta che ha lambito tutte le correnti culturali del Novecento, pur resistendo stoicamente al richiamo del senso di appartenenza,  si congeda da questo mondo nella convinzione che il poeta sia un uomo inutile e che il problema non stia nella ricerca di una rettitudine morale ma nella possibilità di una piena realizzazione dell'essere attraverso il calvario di un'estenuante ricerca anche tra gli anfratti più oscuri.

O MUNDO COMO IDÉIA
O mundo como idéia (ou pensamento).
Entre a gnose e o real (talvez) o acordo.
Mas no ramo (imperene) cantão tordo
(provisório) e invisível vem o vento
e leva o canto e deixa um desalento,
a queixa dos sentidos... Não recordo
se sonhei tudo isso ou não: um tordo
e a noite em meus ouvidos um momento,
outro rapto no vento... Mas supor
que o triunfo moral do cognitivo
restitua-me o ser menos a dor,
é resignar-me a um perfume tão rápido
que não existe quase, insubstantivo
como a Idéia... Não: o mundo como rapto!

Bruno Tolentino
IL MONDO COME IDEA

Il mondo come idea (o pensiero)
Tra la gnosi e la realtà (forse) l'accordo.
Ma nel ramoscello (imminente) canta il tordo
(inatteso) e invisibile sopraggiunge il vento
portandosi via il canto e lasciando una malinconia,
a lagnarsi dei sensi.... Non ricordo
se ho sognato tutto questo oppure no: un tordo
e la notte nei miei orecchi un istante,
un'altro raptus nel vento...Ma supporre
che il trionfo morale della consapevolezza
possa ridarmi meno dolore,
è abbandonarmi rapito ad un profumo
che quasi non esiste, infondato
come l'idea....Non il mondo come raptus !

(Traduz. di Suerda Maria Alves)

Gian Paolo Grattarola
da: http://www.biblogit.splinder.com

Postato da: giacabi a 20:18 | link | commenti
tolentino


 Brasile - Bruno Tolentino
***

«Incontrando Cristo mi sono scoperto uomo»
Juliana Perez

Ricordo di un grande poeta, scrittore, maestro. Ma soprattutto di un animo inquieto. Che nella conversione ha trovato se stesso. E nell’amicizia con Cl, una casa

Bruno Tolentino, nato il 12 novembre 1940, è uno dei più grandi scrittori brasiliani del XX secolo. Cresciuto in una famiglia ricca a Rio de Janeiro, dove ha un contatto continuo con gli intellettuali e scrittori più importanti dell’epoca, ha una formazione cattolica, ma a 17 anni abbandona la religione.
Nel 1964, con il colpo di stato militare in Brasile, parte per l’Europa. Sbarca a Cardiff, in Galles. Elizabeth Bishop, poetessa americana, lo presenta al poeta inglese Wystan Hugh Auden. Nello stesso anno conosce anche Giuseppe Ungaretti. Lavora come traduttore-interprete e insegna alle università di Bristol, Essex e Oxford.
Intellettuale dalla vita intensa e contraddittoria, nel 1987 è accusato di traffico di droga, arrestato e condannato a 11 anni di prigione. Per 22 mesi sconta la condanna a Dartmoor. Poi la pena viene sospesa. Ed è in questo periodo che Tolentino riprende il suo rapporto con la Chiesa. «Il mio cammino di ritorno è iniziato verso i quarant’anni - racconta lui stesso -. Lo Spirito Santo non ha mai smesso di collaborare con me, ma in quel momento ho iniziato a collaborare con Lui. Ho vissuto il mio rapporto con il Mistero per mano a Maria, con cui ho sempre avuto un rapporto stretto, anche quando non credevo nel Suo Figlio. Con la mia conversione, non sono diventato un poeta migliore. La ricerca del reale era già presente quando ero giovane, perché il reale è questa costante correzione dell’atteggiamento umano... È come nella parabola del sale: Cristo è il sale; il sale ravvivail gusto del cibo. Non cambia il gusto, fa il pesce più pesce, la carne più carne. L’incontro con Cristo non cambia quel che sei, sei te stesso nella dose perfetta: quel che eri destinato a essere. Io sono in questo processo di diventare sempre di più me stesso».
Nel 1993 Tolentino torna in Brasile dove vive circondato da giovani affascinati dalla sua umanità
. Vince i più importanti premi di poesia, ma è anche molto combattuto nell’ambito accademico per la sua critica all’ideologia che da almeno due decenni sta distruggendo la cultura e l’educazione brasiliana. Come lui stesso dice, «il mondo odia Cristo e non vuole che Lui sia conosciuto». Così, di lui si parla poco.
Dopo la conversione, Tolentino ha sempre cercato un posto per lui dentro la Chiesa. E nel 2000, quando abita nel centro di San Paolo, riceve una visita inaspettata. La professoressa Marli Pirozzelli aveva letto alcune cose su di lui e conosceva il suo lavoro come editore di Bravo!, una delle più importanti riviste di cultura del Paese. Insieme ad alcuni amici di Comunione e Liberazione, Marli cercava aiuto per far partire un centro culturale nella città e per questo decide di cercare Tolentino. Lui accetta subito l’invito,
ma vuole anche conoscere quell’esperienza di Chiesa che sta dietro all’opera. Così incomincia a conoscere don Giussani e riconosce nel suo carisma gli stessi maestri del pensiero e dell’arte cristiana che lo hanno accompagnato nella conversione: Newman, Guardini, Von Balthasar, Eliot, Claudel, Piero della Francesca, Beato Angelico. Nel 2001 si trasferisce a Belo Horizonte per vivere con don Virgilio Resi con cui ha un’intensa amicizia. Nel 2004 è invitato al Meeting di Rimini (v. Speciale Meeting, in allegato a Tracce, ottobre 2004, p. 106) e conosce don Giussani. Lì, durante la presentazione di un libro di don Giussani, testimonia la sua gratitudine: «Il cristianesimo è una comunicazione, non di qualcosa, ma della totalità dell’essere, e questa totalità non può essere che in una persona viva: è uno sguardo, due occhi che trovano due occhi. (...) Per questo ho capito che il movimento non è niente se non è un metodo... È un modo di entrare in rapporto, di incontrare Gesù». Dopo la morte di don Virgilio, nel 2003, fa un periodo a Salvador, e poi ritorna a San Paolo. All’inizio del 2007, già di salute molto debole, Tolentino viene accolto da una casa di donne dei Memores Domini. E lì rimane fino alla sua morte, lo scorso 27 giugno.

Postato da: giacabi a 20:08 | link | commenti
tolentino

Nessun commento: