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sabato 25 febbraio 2012

tradizione


Solo nella tradizione è il mio amore
***
Io sono una forza del Passato. 
Solo nella tradizione è il mio amore. 
Vengo dai ruderi, dalle Chiese, 

dalle pale d'altare, dai borghi 
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi, 
dove sono vissuti i fratelli. 
Giro per la Tuscolana come un pazzo, 
per l'Appia come un cane senza padrone. 
O guardo i crepuscoli, le mattine 
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, 
come i primi atti della Dopo storia, 
cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe, 
dall'orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato 
dalle viscere di una donna morta. 
E io, feto adulto, mi aggiro 
più moderno d'ogni moderno 
a cercare i fratelli che non sono più.

Pasolini
"Che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
"Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.
"Che cosa ne pensa della società italiana?
"Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa." 
"Che cosa ne pensa della morte?
"Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione" 
Il regista-Orson Welles, dopo aver letto una poesia di Pasolini ("Io sono una forza del passato...), tenendo tra le mani il libro Mamma Roma, dice infine al giornalista (mentre quest'ultimo idiotamente ride): 
"Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste... Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione... e il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale... Addio." 
In un breve scritto del 1961, infine, Pasolini così si espresse: 
"Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. Nel caso che stiamo ora esaminando [La ricotta] ciò che sopravvive sono quei famosi duemila anni di "imitatio Christi", quell'irrazionalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono a un altro mondo, negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono. Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci compongono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negarne o ignorarne l'esistenza. Io, per me, sono anticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me: se lasciassi ai preti il monopolio del Bene".
«la tradizione rifiuta di sottomettersi alla piccola e arrogante oligarchia di coloro che per caso si trovano ad andare per la maggiore»
Chesterton



Postato da: giacabi a 11:02 | link | commenti
pasolini, tradizione, chesterton

sabato, 14 febbraio 2009

IO SONO UNA FORZA DEL PASSATO
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"Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle Chiese, dalle pale d'altare, dai borghi dimenticati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l'Appia come un cane senza padrone. O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della Dopostoria, cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe, dall'orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro più moderno d'ogni moderno a cercare i fratelli che non sono più".
 Pier Paolo Pasolini

Postato da: giacabi a 07:30 | link | commenti
pasolini, cristianesimo, tradizione

domenica, 11 maggio 2008

Tradizione europea
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«Tradizione europea significa non poter mai vi vere al di là della coscienza riducendola ad un apparato anonimo come la legge o lo stato. Questa fermezza della coscienza è una eredità della tradizione greca, cristiana e borghese. L'irriducibilità della coscienza alle istituzioni è minacciata nell' epoca dei mezzi di comunicazione di massa, degli stati totalitari e della generale computerizzazione della società. Infatti è molto facile per noi riuscire a immaginare istituzioni organizzate così perfettamente da impor- re come legittima ogni loro azione.Basta disporre di una efficiente organizzazione per legittimare qualunque cosa. Così potremmo sintetizzare l'essenza di ciò che ci minaccia: gli stati si programmano i cittadini, le industrie i consumatori, le case editrici i lettori, eccetera... Tutta la società un po' alla volta di viene qualcosa che lo stato si produce».
Vaclav Belohradsky

Postato da: giacabi a 09:09 | link | commenti
nichilismo, tradizione

venerdì, 14 dicembre 2007


Le radici sarde
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ho trovato questa  bella foto nel sito www.sardegna.beniculturali.it/
www.sardegna.beniculturali.it/
Silanus .Si trova a circa 439 m slm. Tra i paesi del Marghine è quello che conserva ancora oggi  un economia agro – pastorale. Anche Silanus fu abitato fin dai tempi più remoti. Tra i siti di maggior importanza ricordiamo: Nuraghe Orolio, il nuraghe di Santa Sarbana con affianco la chiesetta risalente all’XII sec. Di particolare interesse la chiesetta di San Lorenzo risalente al 1150, costruita in pietra basaltica, nel piccolo cortile sono presenti inoltre alcuni betili.                                         da: www.esedrasardegna.it/silanus.htm


Chiesa e nuraghe di Santa Sabina




Postato da: giacabi a 16:14 | link | commenti
tradizione

giovedì, 29 novembre 2007

La cultura di un popolo
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«La cultura di un popolo è quel complesso di valori vissuti come verità che appaiono dai riti, dai gesti, dai costumi e si esprime nella oralità oltre che nella scrittura. Abituati come siamo a ritenere come cultura l’istruzione, soprattutto quella scolastica, giudichiamo ignoranti quei popoli che l’abbiano scarsa o nulla e crediamo di beneficarli riempendone i territori di scuole dopo averne distrutto le tradizioni e mutilato il paesaggio, nonché dilapidato le materie prime. Ora siamo diventati colonizzatori di noi stessi. Dopo aver distrutto la cultura altrui, stiamo distruggendo la nostra e tocca a noi stavolta sopportare quella che è forse la maggior sofferenza per l’uomo: il franamento culturale».
Rodolfo Quadrelli


Postato da: giacabi a 14:49 | link | commenti
tradizione

venerdì, 22 dicembre 2006

LA TRADIZIONE DELLA CHIESA
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Il cristianesimo è una componente viva del mondo contemporaneo. La Chiesa cristiana è una delle realtà dei nostri tempi. La si può amare, la si può odiare, ma nessun osservatore moderno la può negare. Se si intende studiare gli avvenimenti da cui è nato il cristianesimo, se si vuole stabilire quale compito avesse in questo il suo fondatore, non si può iniziare a scavare, come archeologi, alla ricerca delle tracce di una civiltà dimenticata, né si può come paleontologi ricostruire qualcosa di scomparso. Gli avvenimenti attorno all'insorgere del cristianesimo appartengono al vivo processo di sviluppo della Chiesa che esiste fino a oggi, che ha un ininterrotto legame col proprio fondatore, legame che dall'oggi passa attraverso venti secoli nel lontano passato fino alla sua stessa origine: Cristo. La Chiesa presente in tutti i continenti e che oggi tende all'unità, è la stessa che, ad esempio, ha subìto il contraccolpo della Riforma, ha vissuto il periodo dei lumi, la debolezza dei credenti e dei religiosi, la gloria della fede pronta al sacrificio missionario, ha saputo dare la profonda conoscenza teologica medievale, la spiritualità delle cattedrali e della loro arte. E' la stessa Chiesa che ha lottato contro i barbari ed è stata perseguitata dagli imperatori romani. (...)
La comunità cristiana portava in sé il nucleo di una nuova vita e di un nuovo ordine sociale. Quella fede, il cui fondatore nacque al tempo di Cesare Augusto e fu giustiziato sotto il suo successore Tiberio, ha continuato a svilupparsi. I credenti hanno creato rapidamente una comunità enorme, a cui portavano rispetto come a Dio e a cui consacravano la propria vita. (...)
Ritorniamo a ciò che possiamo osservare attorno a noi, nel nostro mondo moderno, e cerchiamo di seguire il flusso del cristianesimo andando contro corrente fino alla fonte. Se vogliamo riconoscere la vita più profonda del cristianesimo, osserviamo alcune vere comunità cristiane. Ci accorgeremo che oltre ad attività sociali e di studio, la Chiesa ha qualcosa di unico: una liturgia unica. Fra i diversi uffici liturgici presenti nella Chiesa, ve n'è uno proprio e fondamentale. A questo ufficio restano fedeli tutte le vere comunità cristiane. Alcune lo chiamano Cena del Signore, altri Eucarestia, altri santa Comunione e santa messa. Ma qualunque siano i modi di tale gesto e in qualunque modo lo si chiami, vi ritroviamo sempre i tratti fondamentali delle assemblee cristiane domenicali di cui scriveva già attorno all'anno 112 Plinio all'imperatore Traiano. (...)
La Chiesa fa memoria di tutto questo in ogni luogo e in ogni tempo. Fa memoria del fatto che il suo fondatore in una notte ha detto e compiuto le cose più preziose: in quella stessa notte è caduto nelle mani dei suoi nemici, ed è morto di morte violenta - come ci attesta il corpo sacrificato e il sangue versato. Proprio così, tramite la liturgia della Chiesa che si svolge nelle chiese di tutto il mondo o nelle piccole comunità nelle case, arriviamo a quello stesso punto della storia che possiamo raggiungere anche con un concreto e obiettivo studio storico, al punto che è il fondamento della Chiesa, quando il suo fondatore "patì sotto Ponzio Pilato". Tutto tende a questo punto preciso. (...) La Chiesa fa memoria nella sua liturgia di quel reale avvenimento, di quel concreto fatto storico che si può determinare nello spazio e nel tempo come qualsiasi altro evento della storia. La memoria della Chiesa si fonde con questo avvenimento in un processo ininterrotto. Alla santa messa, all'Eucarestia oggi prendono parte anziani che già 50 o 60 anni prima hanno sentito queste stesse parole alla presenza dei loro anziani genitori... E alla santa messa sono oggi presenti anche quei giovani che trasmetteranno queste stesse parole ai loro nipoti. In tal modo continua la trasmissione della memoria viva.
Durante venti secoli di storia non v'è stata settimana, né giorno in cui la Chiesa non si sia ricordata delle parole di Gesù e della sua morte. Ogni generazione ha accolto questa sacra memoria dalla precedente e l'ha trasmessa a quella successiva. Chiariamo questa continuità con un esempio. Intorno all'anno 200 morì a Lione, in Francia, il vescovo Ireneo, una delle personalità cristiane più significative dell'epoca. Si è conservata fino ai giorni nostri una lettera da lui scritta all'amico e compagno di studi Florino. Ireneo in questa lettera rammenta la loro comune vita di studenti a Smirne, in Asia minore. In particolare egli ricorda quando partecipavano alle lezioni di Policarpo, vescovo di Smirne, il quale era morto ottantenne nel 155. Policarpo non doveva essere molto giovane quando i due amici frequentavano le sue lezioni. Ireneo ricorda che Policarpo raccontava loro gli avvenimenti collegati a "Giovanni, discepolo del Signore" che aveva conosciuto personalmente Gesù, e che Policarpo poté conoscere a sua volta personalmente molti anni addietro. Così Ireneo, in Francia e 200 anni dopo la nascita di Cristo, poteva ricordare Giovanni che aveva conosciuto direttamente Gesù, a sua volta tramite una persona, Policarpo, che aveva conosciuto direttamente Giovanni. Quando il vescovo di Lione durante la messa spezzava il pane nella sua piccola comunità cristiana in memoria della morte di Gesù, non pensava ad un concetto preso dai libri, bensì al maestro Policarpo, il cui amico e apostolo Giovanni aveva conosciuto personalmente Gesù. Così si è conservata la memoria della Chiesa. La memoria collettiva, trasmessa di generazione in generazione, è ciò che chiamiamo tradizione. L'origine della Chiesa e il suo Fondatore ci sono noti fondamentalmente grazie a questa tradizione viva, che scaturisce dai concreti ricordi di coloro che furono testimoni immediati degli avvenimenti e che si incontrarono personalmente con Gesù. Questa tradizione viva fu successivamente redatta così che nessuno potesse rimaneggiarla. Il Nuovo testamento comprende l'intero tesoro della tradizione ininterrotta su Gesù, sulla sua morte e sulla sua azione nella Chiesa. I documenti principali di questa tradizione viva sono i quattro vangeli: essi descrivono la persona di Gesù mantenuta nel vivo ricordo della gente. Avvicinandoci ai vangeli non accostiamo qualche dimenticato episodio storico, qualche relitto archeologico oppure qualche vecchio manoscritto ritrovato in una grotta. Gli avvenimenti di Gesù sono ancora vivi e non scompariranno mai dalla memoria della più antica e viva comunità del mondo occidentale, mai scompariranno dalla memoria della Chiesa. Gesù con la sua opera vive in essa e parla con la viva parola dei vangeli.

Dal libro Jezis zd'aleka a zblizka, (ed. Dobra kniha, 1981) sulla figura di Cristo.


Postato da: giacabi a 14:15 | link | commenti
chiesa, tradizione

giovedì, 07 settembre 2006

La poesia della tradizione
(Pier Paolo Pasolini 1971 - da Trasumanar e organizzar )

Oh generazione sfortunata!
Cosa succederà domani, se tale classe dirigente
quando furono alle prime armi
non conobbero la poesia della tradizione
ne fecero un'esperienza infelice perché senza
sorriso realistico gli fu inaccessibile
e anche per quel poco che la conobbero, dovevano dimostrare
di voler conoscerla sì ma con distacco, fuori dal gioco.
Oh generazione sfortunata!
che nell'inverno del '70 usasti cappotti e scialli fantasiosi
e fosti viziata
chi ti insegnò a non sentirti inferiore —
rimuovesti le tue incertezze divinamente infantili —
chi non è aggressivo è nemico del popolo! Ah!
I libri, i vecchi libri passarono sotto i tuoi occhi
come oggetti di un vecchio nemico
sentisti l'obbligo di non cedere
davanti alla bellezza nata da ingiustizie dimenticate
fosti in fondo votata ai buoni sentimenti
da cui ti difendevi come dalla bellezza
con l'odio razziale contro la passione;
venisti al mondo, che è grande eppure così semplice,
e vi trovasti chi rideva della tradizione,
e tu prendesti alla lettera tale ironia fintamente ribalda,
erigendo barriere giovanili contro la classe dominante del passato
la gioventù passa presto; oh generazione sfortunata,
arriverai alla mezza età e poi alla vecchiaia
senza aver goduto ciò che avevi diritto di godere
e che non si gode senza ansia e umiltà
e così capirai di aver servito il mondo
contro cui con zelo «portasti avanti la lotta»:
era esso che voleva gettar discredito sopra la storia — la sua;
era esso che voleva far piazza pulita del passato — il suo;
oh generazione sfortunata, e tu obbedisti disobbedendo!
Era quel mondo a chiedere ai suoi nuovi figli di aiutarlo
a contraddirsi, per continuare;
vi troverete vecchi senza l'amore per i libri e la vita:
perfetti abitanti di quel mondo rinnovato
attraverso le sue reazioni e repressioni, sì, sì, è vero,
ma sopratutto attraverso voi, che vi siete ribellati
proprio come esso voleva, Automa in quanto Tutto;
non vi si riempirono gli occhi di lacrime
contro un Battistero con caporioni e garzoni
intenti di stagione in stagione
né lacrime aveste per un'ottava del Cinquecento,
né lacrime (intellettuali, dovute alla pura ragione)
non conosceste o non riconosceste i tabernacoli degli antenati
né le sedi dei padri padroni, dipinte da
—e tutte le altre sublimi cose
non vi farà trasalire (con quelle lacrime brucianti)
il verso di un anonimo poeta simbolista morto nel
la lotta di classe vi cullò e vi impedì di piangere:
irrigiditi contro tutto ciò che non sapesse di buoni sentimenti
e di aggressività disperata
passaste una giovinezza
e, se eravate intellettuali,
non voleste dunque esserlo fino in fondo,
mentre questo era poi fra i tanti il vostro dovere,
e perché compiste questo tradimento?
per amore dell'operaio: ma nessuno chiede a un operaio
di non essere operaio fino in fondo
gli operai non piansero davanti ai capolavori
ma non perpetrarono tradimenti che portano al ricatto
e quindi all'infelicità
oh sfortunata generazione
piangerai, ma di lacrime senza vita
perché forse non saprai neanche riandare
a ciò che non avendo avuto non hai neanche perduto:
povera generazione calvinista come alle origini della borghesia
fanciullescamente pragmatica, puerilmente attiva
tu hai cercato salvezza nell'organizzazione
(che non può altro produrre che altra organizzazione)
e hai passato i giorni della gioventù
parlando il linguaggio della democrazia burocratica
non uscendo mai della ripetizione delle formule,
ché organizzar significar per verba non si poria,
ma per formule sì,
ti troverai a usare l'autorità paterna in balia del potere
imparlabile che ti ha voluta contro il potere,
generazione sfortunata!
Io invecchiando vidi le vostre teste piene di dolore
dove vorticava un'idea confusa, un'assoluta certezza,
una presunzione di eroi destinati a non morire
oh ragazzi sfortunati, che avete visto a portata di mano
una meravigliosa vittoria che non esisteva!

Postato da: giacabi a 14:34 | link | commenti
pasolini, tradizione

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