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sabato 25 febbraio 2012

van thuan


OSERÃ’ ESSERE SEGNO?
***

Colui che vuole essere segno, si vota al sacrificio, come il vecchio Simeone diceva di Gesù: “Questo fanciullo … sarà segno di contraddizione”  Chiunque vuole essere segno condividerà la sorte della Vergine Maria: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”
Il segno deve essere deciso , audace, luminoso , vigilante,
indifferente delle opinioni altrui, ben radicato  e inamovibile,
capace di affrontare le tempeste , le lunghe notti, le prove e i pericoli
.
Se il Signore ti sceglie per essere un segno in questo tempo, accetterai o rifiuterai?
Mose ed Elia volevano sottrarsi , ma la grazia del Signore si è riversata su di loro.
Il potere dei grandi di  questo mondo ha dovuto sottomettersi, perché lo Spirito di Dio
agiva in loro.

CARD. VAN THUAN da: Preghiere di speranza ed. San Paolo

Postato da: giacabi a 10:59 | link | commenti
van thuan


UN SEGNO AUTENTICO
E’ UNA PAROLA DI DIO
***

 
Per ogni tempo  il Signore stabilisce in questo mondo segnali destinati
a guidare l’umanità: sono i santi.
Sono segno di purezza, povertà, fedeltà , coraggio , fede , amore.
La vita di ognuno di loro è un segno , una parola di Dio,
come Gesù è la Parola del Padre.

Sono guide severe, audaci, incrollabili,
come Mosè , come Elia;
pastori venerabili e saggi
come san Giovanni, Atanasio, Cirillo, Agostino;
esseri fragili ma eroici
come le sante Cecilia, Agnese, Lucia.
Ognuno un modo di essere, ogni epoca il suo segno:
tutti proclamano all’unanimità:
“Esiste un Dio ed è amore; il vangelo è il cammino del Regno.
Pentitevi ! Cambiate vita!

CARD. VAN THUAN da: Preghiere di speranza ed. San Paolo

Postato da: giacabi a 10:48 | link | commenti
van thuan


IL MONDO HA BISOGNO DI SEGNI
***

Più  la strada è importante, più la segnaletica deve essere copiosa è chiara.
Si sopprimano tutti i segnali delle vie città o delle autostrade e nell’attimo
accadranno spaventosi incidenti. Sebbene silenzioso il segnale non parla meno allo spirito:
-supplisce alla presenza umana;
-esercita un’influenza considerevole nella vita sociale ed economica;
-può modificare la direzione e l’itinerario quotidiano  di milioni di persone.

Ogni epoca ha i suoi segni che trasformano il modo  di vita e la maniera
di pensare della società. Ogni volta che tu mi chiamerai Signore,
io dovrò avere il coraggio di divenire un segno, anche se gli altri
mi manifestano la loro malevolenza o la loro ostilità.
Niente di sorprendente in tutto ciò poiché questo segnale potrà
obbligarli a fermare la loro corsa oppure retrocedere per impegnarsi in una vita nuova.
Dovranno cambiare direzione, abbandonare il cammino dell’ingiustizia e della menzogna
seguito fino a quel giorno. Giovanni Battista è stato un segno per Erode quando
lo richiamava a fermarsi e a cambiar strada. Ha dovuto pagarlo con la vita
.
CARD. VAN THUAN

Postato da: giacabi a 10:33 | link | commenti
van thuan


LA FORZA DI UN SEGNO
È NELLA SUA DIFFERENZA
***

 

Un segno serve ad attirare l'attenzione. più è luminoso,
 più si distacca dalle cose che lo circondano,
più è grande il suo potere
Così è il faro in mare aperto nell'oscurità della
notte, la lampada rossa in cima alle alte torri e alle
antenne, i semafori rossi e verdi degli incroci
delle arterie nelle nostre città, la segnalazione radar
 destinata alle nostre città.
La forza di un segno è questa diversità: un colore
 che si distingue  dagli altri, una sonorità particolare.
Senza questa differenza non attirerebbe più l'attenzione.

Se non sono diverso dal mondo o se ho paura
esserlo, non sarò più un segno e nessuno mi presterà attenziore.
 Non sarò più capace di trasmettere
al mondo alcun messaggio.Perché il mondo ha
fretta, occupato in mille cose.

Ora il Signore ha bisogno di me come di un segno
 che indichi a ogni uomo il Padre che è nei cieli.
Un segno è una testimonianza.

Può darsi che io debba urlare come la sirena di
un'autoambulanza... Ma la maggior parte del tempo
 il segno agisce in silenzio;gli  basta essere presente,
 costantemente, ostinatamente, coraggiosamente..
 non abbandonare mai il suo posto.
VAN THUAN

Postato da: giacabi a 09:45 | link | commenti
van thuan

mercoledì, 13 aprile 2011

PENSIERI DEL CARD. VAN THUAN
***


 
Il cristiano è una luce che brilla nelle tenebre, il sale della vita per il mondo che non ha sapore, la speranza in mezzo a un'umanità che ha perso la speranza.

Per il tuo apostolato usa il solo metodo efficace: il con­tatto personale. Con esso entri nella vita degli altri, li com­prendi e li ami.Le relazioni personali sono più efficaci delle prediche e dei libri. Il contatto fra le persone e lo scambio «cuore a cuore» sono il segreto della durata della tua opera.

Attieniti saldamente a un unico principio-guida: la preghiera. Nessuno è più forte della persona che prega, perché il Signore ha promesso di concedere tutto a coloro che pregano. Quando siete uniti nella preghiera il Signore è presente fra voi (cf. Mi 18, 20). Ti consiglio con tutto il cuore: oltre al tempo della preghiera «ufficiale», ritirati ogni giorno un'ora, o meglio ancora due, se puoi, per la preghiera personale. Ti assicuro che non sarà tempo sprecato! Nella mia esperienza, in tutti questi anni, ho visto confermate le parole di santa Teresa d'Avila: «Chi non pre­ga non ha bisogno che il demonio lo porti fuori strada: si getterà nell'inferno da sé»

Indossa una sola uniforme e parla un solo linguaggio: la carità. La carità è il segno che tu sei un discepolo del Si­gnore (cf. Gv 13, 35). È il distintivo meno costoso ma che è il più difficile da trovare. La carità è la «lingua» principale. San Paolo la ritene­va molto più preziosa del «parlare le lingue degli uomini e degli angeli» (1Cor 13, 1). Sarà la sola lingua che sopravvi­vrà in cielo.

La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti uniti uno all'altro. Anche la vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all'altro. Disponi bene ogni singolo punto e la linea sarà retta. Vivi con perfezione ogni minuto della vita e questa sarà santa. Il cammino della speranza è lastricato di piccoli atti di speranza. Vivendo in essa ogni minuto, puoi far sì che la speran­za diventi una vita.

Le famiglie cristiane sono il futuro e la speranza della Chiesa. Dovremmo mobilitare tutte le energie delle nostre famiglie per rispondere all'appello della Chiesa; esso le atti­rerà e le incoraggerà ad annunciare al mondo la Buona No­vella. Sono, infatti, sempre più numerosi oggi i tiepidi, co­loro che si allontanano dal vivere la loro fede.

“Non lasciarti scoraggiare dai fallimenti. Se hai cercato di fare la volontà di Dio, ogni fallimento può essere un successo ai suoi occhi, perché questo è il modo che Dio ha scelto. Guarda all’esempio di Gesù sulla Croce”

La famiglia è un focolare di irradiazione che illumina e riscalda tutti. Quando
tutte le famiglie saranno fonte di luce , questo mondo diverrà una grande famiglia
piena di luce e di speranza.  La famiglia cristiana esercita il suo
apostolato attraverso l'ospitalità. Spalancate le vostre case e nello stesso
tempo spalancate i vostri cuori. Una vera casa non può mancare di avere
degli ospiti. L’ospitalità è il modo più adatto, più naturale, per rendere testimonianza
del vostro amore, della vostra unione,della vostra gioia e felicità, della
 vostra apertura agli altri.
L’ arte dell'ospitalità, può così diventare l'apostolato dell' ospitalità. Vivete
in modo tale che ognuno di quelli che visitano la vostra famiglia desideri di
vivere come voi.

Il primo seminario, il primo noviziato, la prima scuola è la famiglia cristiana. Nessun educatore, per quanto dotato ed esperto, può sostituire i genitori. Se questo fondamento vacilla, anche il futuro della Chiesae della società umana sarà incerto e andrà in rovina. Nel suo cinquantesimo compleanno, papa Giovanni XXIII scrisse una lettera ai genitori nel quale diceva:”Cari mamma e papà, oggi sono arrivato ai cinquant’anni Dio per la sua infinità bontà mi ha affidato molti incarichi nella Chiesa, sono stato in tanti posti, ma nessuna scuola mi ha dato un insegnamento più grande o è stata più benefica di quella che ho ricevuto di quando vi sedevo in grembo.”

Postato da: giacabi a 20:13 | link | commenti
van thuan

lunedì, 04 aprile 2011

SECONDO PESCE:
HO SCELTO GESÙ
***
«Un messaggio che voi, giovani d'oggi,
siete chiamati ad accogliere e a gridare ai vostri coetanei:
"L'uomo è amato da Dio!
L'uomo è amato da Dio!
È questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio
del quale la Chiesa è debitrice all'uomo"
(Christifideles laici, n. 34) »

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 9)
Vi ho parlato delle mie esperienze nella sequela di Gesù, per incontrarlo, vivere accanto a lui e quindi portare il suo messaggio a tutti.
Mi domanderete: come mettere in pratica l'unione totale a Gesù in una vita urtata da tanti cambiamenti? Non ve l'ho nascosto, ma per chiarezza ve lo riscrivo, il mio segreto! (cfr. Il cammino della speranza, nn. 979-1001).
Ad inizio di ogni paragrafo sono annotati i numeri da 1 a 24: ho voluto farli corrispondere alle ore di un giorno. In ogni numero, ho ripetuto la parola «uno »: una rivoluzione, una campagna, uno slogan, una forza... Sono cose molto pratiche. Se viviamo 24 ore su 24 radicalmente per Gesù, saremo santi. Sono 24 stelle che illuminano il vostro cammino della speranza.
Non vi spiego questi pensieri, vi invito a meditarli serenamente, come se fosse Gesù a parlare dolcemente, intimamente al vostro cuore. Non abbiate paura di ascoltarlo, di parlare con lui. Non esitate, rileggeteli una volta ogni settimana. Troverete che la grazia splenderà, trasformando la vostra vita.
Come conclusione, preghiamo con la preghiera « Ho scelto Gesù », e non tralasciate di notare i 14 passi nella vita di Gesù.
1. Tu vuoi operare una rivoluzione: rinnovare il mondo. Potrai compiere questa preziosa e nobile missione, che Dio ti ha affidato, solo con «la potenza dello Spirito Santo ». Ogni giorno, lì dove vivi, prepara una nuova Pentecoste.
2. Impègnati in una campagna che ha lo scopo di rendere tutti felici. Sacrificati di continuo, con Gesù, per portare la pace alle anime, sviluppo e prosperità ai popoli. Tale sarà la tua spiritualità, discreta e concreta a un tempo.
3. Resta fedele all'ideale dell'apostolo: «Dare la vita per i propri fratelli ». Infatti, «nessuno ha un amore più grande di questo» (Gv 15,13). Spendi, senza sosta, tutte le tue energie e sii pronto a dare te stesso per conquistare il tuo prossimo a Dio.
4. Grida un solo slogan: «Tutti uno », cioè: unità fra i cattolici, unità fra i cristiani e unità fra le nazioni. «Come il Padre e il Figlio sono uno» (cfr. Gv 17,22-23).
5. Tu credi una sola forza: l'eucaristia, il corpo e sangue del Signore che ti darà la vita: « Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Come la manna nutrì gli israeliti nel loro viaggio verso la terra promessa, così l'eucaristia ti nutrirà nel tuo cammino della speranza (cfr. Gv 6,50).
6. Indossa una sola uniforme e parla un solo linguaggio: la carità. La carità è il segno che tu, sei un discepolo del Signore (cfr. Gv 13,35). E il distintivo meno costoso, ma è il più difficile da trovare. La carità è la «lingua» principale. San Paolo la riteneva molto più preziosa del« parlare le lingue degli uomini e degli angeli» (1 Cor 13,1). Sarà la sola lingua che sopravvivrà in cielo.
7. Attieniti saldamente a un unico principio guida: la preghiera. Nessuno è più forte della persona che prega, perché il Signore ha promesso di concedere tutto a coloro che pregano. Quando siete uniti nella preghiera il Signore è presente fra voi (cfr. Mt 18,20). Ti consiglio con tutto il cuore: oltre al tempo della preghiera «ufficiale », ritìrati ogni giorno un' ora, o meglio ancora due, se puoi, per la preghiera personale. Ti assicuro che non sarà tempo sprecato! Nella mia esperienza, in tutti questi anni, ho visto confermate le parole di santa Teresa d'Avila: «Chi non prega non ha bisogno che il demonio lo porti fuori strada: si getterà nell'inferno da sé ».
8. Osserva una sola regola: il Vangelo. Questa costituzione è superiore a tutte le altre. E la regola che Gesù ha lasciato agli apostoli (cfr. Mt 4,23). Non è difficile, complicata o legalistica come le altre: al contrario è dinamica, gentile e stimolante per la tua anima. Un santo lontano dal Vangelo è un santo falso!
9. Segui lealmente un solo capo: Gesù Cristo e i suoi rappresentanti: il Santo Padre, i Vescovi, successori degli apostoli (cfr. Gv 20,22-23). Vivi e muori per la Chiesa come ha fatto Cristo. N on credere che sia solo il morire per la Chiesa che richiede sacrificio: anche il vivere per la Chiesa ne richiede molto.
10. Coltiva un amore speciale per Maria. San Giovanni Maria Vianney confidava: « Dopo Gesù, il mio primo amore è per Maria ». Se ascolti lei, non perderai la strada; qualunque cosa intraprenderai nel suo nome, non fallirai. Onorala e guadagnerai la vita eterna.
11. La tua sola saggezza sarà la scienza della croce (cfr. 1Cor 2,2). Guarda alla croce e troverai la soluzione a tutti i problemi che ti assillano. Se la croce è il criterio sul quale basi le tue scelte e le tue decisioni, la tua anima sarà in pace.
12. Conserva un solo ideale: essere rivolto verso Dio Padre, un Padre che è tutto amore. Tutta la vita del Signore, ogni suo pensiero e azione avevano un solo scopo: «Che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31), e: «lo faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8,29).
13. C'è un solo male che devi temere: il peccato. Quando la corte dell'imperatore d'Oriente si riunì per discutere la punizione da infliggere a san Giovanni Crisostomo per la franca denuncia rivolta all'imperatrice, furono suggerite le seguenti possibilità:
a) gettarlo in prigione; «ma - dicevano lì avrebbe l'opportunità di pregare e di soffrire per il Signore, come ha sempre desiderato »;
b) esiliarlo; «ma, per lui, non c'è posto dove non abiti il Signore »;
c) condannarlo a morte; «ma così diventerà
un martire e soddisferà la sua aspirazione di andare dal Signore ».
«Nessuna di queste possibilità costituisce per lui una pena; al contrario, le accetterà con gioi
a ».
d) c'è una sola cosa che egli teme molto e che odia con tutto se stesso: il peccato; «ma sarebbe impossibile forzarlo a commettere un peccato! ».
Se temi solo il peccato, la tua forza sarà impareggiabile.
14. Coltiva un solo desiderio: «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10). Che sulla terra i popoli possano conoscere Dio come è conosciuto in cielo; che su questa terra ognuno cominci ad amare gli altri come in cielo; che anche sulla terra ci sia la beatitudine che c'è in cielo. Sforzati di diffondere questo desiderio. Comincia ora a portare la felicità del cielo a ciascuno in questo mondo.
15. Manca una sola cosa: « Va', vendi quanto hai, e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi » (Mc 10,21), cioè devi deciderti una volta per tutte. Il Signore vuole dei volontari, liberi da ogni attaccamento.
16. Per il tuo apostolato usa il solo metodo efficace: il contatto personale. Con esso entri nella vita degli altri, li comprendi e li ami. Le relazioni personali sono più efficaci delle prediche e dei libri. Il contatto fra le persone e lo scambio «cuore a cuore» sono il segreto della durata della tua opera e del suo successo.
17. C'è una sola cosa veramente importante: «Maria si è scelta la parte migliore» quando si sedette ai piedi del Signore (cfr. Lc 10,41-42). Se non hai una vita interiore, se Gesù non è veramente l'anima della tua attività, allora... ma tu sai bene tutto, non c'è bisogno che te lo ripeta.
18. Il tuo solo cibo: «La volontà del Padre» (Gv 4,34); è con essa che tu devi vivere e crescere, le tue azioni devono procedere dalla volontà di Dio. Essa è come un cibo che ti fa vivere più forte e più felice; se vivi lontano dalla volontà di Dio, morrai.
19. Per te, il momento più bello è il momento presente (cfr. Mt 6,34; Gc 4,13-15). Vivilo appieno nell' amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se è come un grande cristallo di milioni di tali momenti. Vedi come è facile?
20. Hai una «magna charta »: le beatitudini (Mt 5,3-12) che Gesù ha pronunciato nel discorso della montagna. Vivile appieno: proverai una felicità che potrai poi comunicare a tutti quelli che incontri.
21. Hai un solo obiettivo importante: il tuo dovere. Non importa se è piccolo o grande, perché tu collabori all' opera del Padre celeste. Egli ha stabilito che questo sia il lavoro che tu devi compiere per realizzare il suo disegno nella storia (cfr. Lc 2,49; Gv 17,4). Molte persone si inventano modi complicati per praticare la virtù e allora si lamentano delle difficoltà che ne derivano. Ma compiere il dovere del proprio stato è la più sicura e semplice forma di ascesi che tu possa seguire.
22. Hai un solo modo per diventare santo: la grazia di Dio e la tua volontà (cfr. 1Cor 15,10). Dio non ti farà mai mancare la sua grazia: ma la tua volontà è abbastanza forte?
23. Una sola ricompensa: Dio stesso. Quando Dio chiese a san Tommaso d'Aquino: «Hai scritto bene su di me, Tommaso: quale ricompensa vuoi? », san Tommaso rispose: «Solo te, Signore! ».
24. ... Tu hai una patria
La campana suona, grave, profonda
Il Viet Nam prega
La campana suona ancora, lancinante, carica
di commozione
Il Viet Nam piange
La campana si ode di nuovo, vibrante, patetica
Il Viet Nam trionfa
La campana rintocca, cristallina
Il Viet Nam spera
Tu hai una patria, il Viet Nam
Un Paese tanto amato, lungo i secoli
È la tua fierezza, la tua gioia
Ama le sue montagne e i suoi fiumi
I suoi paesaggi di broccato e di raso
Ama la sua storia gloriosa
Ama il suo popolo laborioso
Ama i suoi eroici difensori
I fiumi vi scorrono impetuosi
Come scorre il sangue del suo popolo
Le sue montagne sono elevate
Ma più alte ancora le ossa
che vi si ammucchiano
La terra è stretta, ma vasta la tua ambizione
O piccolo Paese molto rinomato!
Aiuta la tua patria con tutta l'anima
Sii fedele ad essa
Difendila col tuo corpo e col tuo sangue
Costruiscila con il tuo cuore e la tua mente
Condividi la gioia dei tuoi fratelli
e la tristezza del tuo popolo
Un Viet Nam
Un popolo
Un'anima
Una cultura
Una tradizione
Cattolico vietnamita,
Ama mille volte la tua patria!
Il Signore te lo insegna, la Chiesa
te lo domanda
Possa l'amore del tuo Paese essere tutt'uno
col sangue
che scorre nelle tue vene.
Preghiera
«HO SCELTO GESÙ»
Signore Gesù,
sul sentiero della speranza,
da duemila anni,
il tuo amore, come un'onda,
ha avvolto tanti pellegrini.
Essi ti hanno amato di un amore palpitante,
con i loro pensieri, le loro parole, le loro azioni.
Ti hanno amato con un cuore
più forte della tentazione,
più forte della sofferenza e anche della morte.
Essi sono stati nel mondo la tua parola.
La loro vita è stata una rivoluzione
che ha rinnovato il volto della Chiesa.

Contemplando, fin dalla mia infanzia,
questi fulgidi modelli,
ho concepito un sogno:
offrirti la mia intera vita,
l'unica mia vita che sto vivendo,
per un ideale eterno e inalterabile.
Ho deciso!
Se compio la tua volontà
tu realizzerai questo ideale
ed io mi lancerò in questa meravigliosa avventura.
Ti ho scelto,
e non ho mai provato rimpianti.
Sento che tu mi dici:
«Rimani in me. Rimani nel mio amore! ».
Ma come posso rimanere in un altro?
Soltanto l'amore può realizzare
questo mistero straordinario.
Comprendo che tu vuoi tutta la mia vita.
«Tutto! E per amor tuo! ».
Sul sentiero della speranza
io seguo ogni tuo passo.
I tuoi passi erranti verso la stalla di Betlem.
I tuoi passi inquieti sulla strada d'Egitto.
I tuoi passi veloci verso la casa di Nazaret.
I tuoi passi gioiosi per salire con i genitori al Tempio.
I tuoi passi affaticati nei trent'anni di lavoro.
I tuoi passi solleciti nei tre anni d'annuncio della Buona Novella.
I tuoi passi ansiosi alla ricerca della pecora perduta.
I tuoi passi dolorosi nell' entrare a Gerusalemme.
I tuoi passi solitari davanti al pretorio.
I tuoi passi appesantiti sotto la croce sulla via del Calvario.
I tuoi passi falliti, morto e sepolto in una tomba non tua.
Spoglio di tutto,
senza vestiti, senza un amico.
Abbandonato anche dal Padre tuo,
ma sempre al Padre tuo sottomesso.
Signore Gesù,
in ginocchio,
a tu per tu dinanzi al tabernacolo,
io comprendo:
non potrei scegliere un 'altra strada,
un 'altra strada più felice,
anche se all'apparenza,
ve ne sono di più gloriose.
Ma tu, amico eterno,
unico amico della vita mia,
non vi sei presente.
In te è tutto il cielo con la Trinità,
il mondo intero e l'intera umanità.
Le tue sofferenze sono le mie.
Mie tutte le sofferenze degli uomini.
Mie tutte le cose in cui non c'è né pace né gioia,
né bellezza, né comodità, né amabilità.
Mie tutte le tristezze, le delusioni,
le divisioni, l'abbandono, le disgrazie.
A me ciò che è tuo, perché tu hai tutto,
ciò che è nei miei fratelli perché tu sei in essi.
Credo fermamente in te,
perché tu hai fatto passi trionfanti.
«Sii coraggioso. lo ho vinto il mondo ».
Tu mi hai detto: cammina con passi da gigante.
Va' ovunque nel mondo,
proclama la Buona Novella,
asciuga le lacrime di dolore,
rinfranca i cuori scoraggiati,
riunisci i cuori divisi,
abbraccia il mondo con l'ardore del tuo amore,
consuma ciò che deve essere distrutto,
lascia solo la verità, la giustizia, l'amore.
Ma Signore, io conosco la mia debolezza!
Liberami dall'egoismo,
dalle mie sicurezze,
affinché io non tema più la sofferenza che strazia.
Quanto sono indegno d'essere apostolo.
Rendimi forte contro le difficoltà.
Fa' che non mi preoccupi
della saggezza del mondo.
Accetto d'essere trattato da pazzo,
per Gesù, Maria, Giuseppe...
Voglio mettermi alla prova,
pronto a ogni conseguenza,
incurante delle conseguenze

ad affrontare ogni cosa.
Se mi ordini di dirigere i miei passi coraggiosi
verso la croce,
io mi lascio crocifiggere.
Se mi ordini di entrare nel silenzio
del tuo tabernacolo fino alla fine dei tempi,
me ne avvolgerò,
con passi avventurosi.
Perderò tutto:
ma mi resterai tu.

Il tuo amore sarà là
a inondare il mio cuore
d'amore per tutti.
La mia felicità sarà totale...

È per questo che io ripeto:
Ti ho scelto.
Non voglio che te
e la tua gloria.
Nella residenza obbligatoria
a Giang-xá (Nord Viet Nam),
19 marzo 1980,
Solennità di san Giuseppe

Postato da: giacabi a 17:23 | link | commenti
van thuan

domenica, 03 aprile 2011


6
PRIMO PESCE:
MARIA IMMACOLATA, IL MIO PRIMO AMORE
***
«A Maria affido... le speranze e le attese dei giovani
che, in ogni angolo del pianeta, ripetono con lei:
"Eccomi, sono la serva del Signore,
si compia in me la tua parola" (Lc 1,38)...
pronti ad annunciare poi ai loro coetanei, come gli apostoli:
"Abbiamo trovato il Messia!" (Gv 1,41).

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 10)
«Maria Immacolata, il mio primo amore »: questo pensiero è di Giovanni Maria Vianney, il curato d'Ars. L'ho letto in un libro di François Trochu, quand'ero nel seminario minore.
Mia mamma ha instillato nel mio cuore questo amore a Maria fin da quando ero bambino. Mia nonna, ogni sera, dopo le preghiere della famiglia, recita ancora un rosario. Le ho chiesto la ragione: «Recito un rosario pregando Maria per i sacerdoti ». Essa non sa né leggere né scrivere, ma sono queste mamme, queste nonne, che hanno formato la vocazione nei nostri cuori.
Maria ha un ruolo speciale nella mia vita. Sono stato arrestato il 15 agosto 1975, festa dell'Assunzione di Maria. Sono partito sull' auto della polizia, a mani vuote, senza un soldo in tasca, solo con il rosario, ed ero in pace. Quella notte, sulla strada lunga 450 km, ho recitato più volte il Memorare.
Mi domanderete come Maria mi abbia aiutato a superare le tantissime prove della mia vita. Vi racconterò alcuni episodi, che rimangono ancora vivissimi nella mia memoria.
Quando da sacerdote studiavo a Roma, una volta, nel settembre del 1957, sono andato alla grotta di Lourdes per pregare la Madonna. La parola indirizzata a santa Bernadetta dall'Immacolata mi sembrò destinata anche a me: «Bernadetta, non ti prometto gioie e consolazioni in questa terra, ma prove e sofferenze ». Non senza paura ho accettato questo messaggio. Dopo aver conseguito la laurea, sono tornato in Viet Nam come professore, poi rettore del seminario, vicario generale, e vescovo di Nhatrang dal 1967. Si poteva dire che il mio ministero pastorale fosse coronato da successo, grazie a Dio.
Sono tornato a pregare più volte alla grotta di Lourdes. Mi domandavo spesso: «Forse che le parole indirizzate a Bernadetta non sono per me? Non sono insopportabili le mie croci quotidiane? In ogni caso, sono pronto a fare la volontà di Dio ».
Viene l'anno 1975, l'arresto, la prigione, l'isolamento, più di 13 anni in cattività. Adesso capisco che la Madonna ha voluto prepararmi dal 1957! «Non ti prometto gioie e consolazioni in questa terra, ma prove e sofferenze ». Ogni giorno capisco più intimamente il senso profondo di questo messaggio, e mi abbandono con fiducia nelle mani di Maria.
Quando le miserie fisiche e morali, in carcere, diventano troppo pesanti e mi impediscono di pregare, allora dico l'Ave Maria, ripeto centinaia di volte l'Ave Maria; offro tutto nelle mani dell'Immacolata, pregandola di distribuire grazie a tutti quanti ne abbiano bisogno nella Chiesa. Tutto con Maria, per Maria e in Maria.
Non soltanto prego Maria domandandole la sua intercessione, ma spesso le chiedo: «Madre, che cosa posso fare per te? Sono pronto a eseguire i tuoi ordini, a realizzare le tue volontà per il regno di Gesù ». Allora, una pace immensa invade il mio cuore, non ho più paura.
Quando prego Maria, non posso mai dimenticare san Giuseppe, suo sposo: è un desiderio di Maria e di Gesù, che hanno un grande amore verso san Giuseppe, con titoli specialissimi.
Maria Immacolata non mi ha abbandonato. Mi ha accompagnato lungo tutta la marcia nelle tenebre delle carceri. In quei giorni di prove indicibili, ho pregato Maria con tutta semplicità e fiducia: «Madre, se tu vedi che non potrò più essere utile alla tua Chiesa, concedimi la grazia di consumare la mia vita in prigione. Ma se tu invece sai che potrò ancora essere utile alla tua Chiesa, concedimi di uscire di prigione nel giorno di una tua festa! ».
Un giorno di pioggia, mentre sto preparando il mio pranzo, sento squillare il telefono delle guardie. «Forse questa telefonata è per me! È vero, oggi è il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria al Tempio! ».
Cinque minuti dopo, arriva la mia guardia: - Signor Thuan, lei ha mangiato?
- Non ancora, sto preparando.
- Dopo mangiato, si vesta bene e vada a vedere il capo.
- Chi è il capo?
- Non lo so, ma mi hanno detto di avvisarla. Buona fortuna!
Un'automobile mi ha condotto in un palazzo, dove ho incontrato il Ministro dell'Interno, cioè della Polizia. Dopo i saluti di cortesia, mi ha domandato:
- Lei ha un desiderio da esprimere?
- Sì, voglio la libertà.
- Quando?
- Oggi.
E rimasto molto sorpreso. Spiego:
- Eccellenza, sono stato in prigione abbastanza a lungo; sotto tre pontificati, quello di Paolo VI, di Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II. E inoltre, sotto quattro Segretari generali del Partito comunista sovietico: Breznev, Andropov, Cernenko, Gorbaciov!
Lui,si mette a ridere, e fa segno con la testa: - E vero, è vero!
E voltandosi verso il suo segretario, dice: - Fate il necessario per esaudire il suo desiderio.
Di solito, i capi hanno bisogno di tempo per sbrigare almeno le formalità. Ma in quel momento ho pensato:
- Oggi è la festa della Madonna, la Presentazione. Maria mi libera. Grazie a te, Maria.
Il momento in cui mi sento più figlio di Maria è nella santa messa, quando pronuncio le parole della consacrazione. Sono identificato a Gesù, in persona Christi.
Mi domandate chi è Maria per me nella radicale scelta di Gesù? Sulla croce, Gesù ha detto a Giovanni: «Ecco tua madre!» (Gv 19,29). Dopo l'istituzione dell' eucaristia il Signore non avrebbe potuto lasciarmi niente di più grande di sua Madre.
Per me, Maria è come un vangelo vivente, tascabile, a larga diffusione, più accessibile della vita dei santi.
Per me, Maria è mia Madre, datami da Gesù. La prima reazione di un bambino quando ha paura, è in difficoltà o soffre, è quella di chiamare: « Mamma, mamma! ». Questa parola è tutto per il bambino.
Maria vive completamente per Gesù. La sua missione fu di condividere la sua opera di redenzione. Tutta la sua gloria viene da Lui. Cioè, la mia vita non varrà nulla se mi separo da Gesù.
Maria non si preoccupava solo di Gesù, ma mostrò la sua premura anche per Elisabetta, per Giovanni e per gli sposi di Cana.
Amo molto la parola di santa Teresa di Gesù Bambino: « Voglio tanto essere prete per poter parlare di Maria a tutti ».
Prima correvo da Maria, Madre del perpetuo soccorso; adesso ascolto Maria che mi dice: «Fate tutto ciò che vi dirà Gesù» (Gv 2,5) e spesso domando a Maria: «Madre, che cosa posso fare per te? ». Rimango sempre un bambino, ma un bambino responsabile che sa condividere le sollecitudini di sua mamma.
La vita di Maria si riassume in tre parole: Ecce, Fiat, Magnificat.
«Ecco l'ancella del Signore »: Ecce (Lc 1,38).
« Si faccia di me secondo la tua parola »: Fiat (Lc 1,38).
« L'anima mia magnifica il Signore »: Magnificat (Lc 1,46).
Preghiera
MARIA, MIA MADRE
Maria, Madre mia, Madre di Gesù, Madre nostra, per sentirmi unito a Gesù e a tutti gli uomini, miei fratelli, voglio chiamarti Madre nostra. Vieni a vivere in me, con Gesù tuo amatissimo Figlio, questo messaggio di rinnovamento totale, nel silenzio e nella veglia, nella preghiera e nell'offerta, nella comunione con la Chiesa e con la Trinità, nel fervore del tuo magnificat unito a Giuseppe, tuo santissimo sposo, nel tuo umile e amoroso lavoro per portare a compimento il testamento di Gesù, nel tuo amore per Gesù e Giuseppe, per la Chiesa e l'umanità, nella tua fede incrollabile in seno alle tante prove sopportate per il Regno, nella tua speranza, che ininterrottamente agisce, di costruire un mondo nuovo di giustizia e di pace, di felicità e di vera tenerezza, nella perfezione delle tue virtù, nello Spirito Santo, per divenire testimone della Buona Novella, apostolo del vangelo.
In me, o Madre, continua a operare, a pregare, ad amare, a sacrificarmi; continua a compiere la volontà del Padre, continua a essere la Madre dell'umanità. Continua a vivere la passione e la risurrezione di Gesù. O Madre, mi consacro a Te, tutto a Te, ora e per sempre. Vivendo nel tuo spirito e in quello di Giuseppe, io vivrò nello spirito di Gesù, con Gesù, Giuseppe, gli angeli, i santi, e tutte le anime. Ti amo, o Madre nostra, e condividerò la tua fatica, la tua preoccupazione e il tuo combattimento per il regno del Signore Gesù. Amen.
Nell'isolamento a Hanoi
(Nord Viet Nam),
1°  gennaio 1986,
Solennità di Maria SS. Madre di Dio

 
intervista a card. Van Thuan:

Card. François Xavier Van Thuan - Intervista ...



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van thuan


QUINTO PANE:
AMARE FINO ALL'UNITÀ,
IL TESTAMENTO DI GESÙ
***
« Carissimi giovani,
siete chiamati ad essere testimoni credibili
del V angelo di Cristo,
che fa nuove tutte le cose...
"Avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 15,35)»

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 8)
Una notte in cui sono malato, nella prigione di Phú Khánh , vedo passare un poliziotto e grido: « Per carità, sono molto ammalato, mi dia un po' di medicina! ». Lui risponde: «Qui non c'è carità, né amore, c'è soltanto la responsabilità ».
Questa è l'atmosfera che respiriamo in prigione.
Quando vengo posto in isolamento, sono prima affidato a un gruppo di cinque guardie: due di loro sono sempre con me. I capi le cambiano ogni due settimane con un altro gruppo, perché non siano «contaminati» da me. In seguito hanno deciso di non cambiarli più, altrimenti tutti sarebbero stati contaminati!
All'inizio, le guardie non parlano con me, rispondono solo «yes » e « no ». E veramente triste; voglio essere gentile, cortese con loro, ma è impossibile, evitano di parlare con me. Non ho niente da dare loro in regalo: sono prigioniero, perfino tutti i vestiti sono timbrati a grandi lettere «cai-tao», cioè «campo di rieducazione». Come devo fare?
Una notte, mi viene un pensiero: «Francesco, tu sei ancora molto ricco. Tu hai l'amore di Cristo nel tuo cuore. Ama loro come Gesù ti ha amato ». L'indomani ho cominciato ad amarli, ad amare Gesù in loro, sorridendo, scambiando parole gentili. Comincio a raccontare storie sui miei viaggi all'estero, come vivono i popoli in America, Canada, Giappone, Filippine, Singapore, Francia, Germania... l'economia, la libertà, la tecnologia. Questo ha stimolato la loro curiosità e li ha spinti a domandarmi moltissime cose. Pian piano siamo diventati amici. Vogliono imparare le lingue straniere, francese, inglese... Le mie guardie diventano miei scolari! L'atmosfera della prigione è molto cambiata, la qualità delle nostre relazioni è molto migliorata. Perfino con i capi della polizia. Quando hanno visto la sincerità delle mie relazioni con le guardie, non soltanto mi hanno chiesto di continuare ad aiutarli nello studio delle lingue straniere, ma hanno anche mandato nuovi studenti presso di me.
Un giorno un capo mi domanda:
- Lei cosa pensa del giornale Il cattolico?
- Questo giornale non fa bene né ai cattolici né al governo, ha piuttosto allargato la fossa di separazione.
- Perché si esprime male; usano male i vocaboli religiosi, e parlano in modo offensivo. Come rimediare a questa situazione?
- Primo, bisogna capire esattamente che cosa significa tale parola, tale terminologia religiosa...
- Lei può aiutarci?
- Sì, vi propongo di scrivere un Lexicon del linguaggio religioso, dalla A alla Z; quando avrete un momento libero, vi spiegherò. Spero che così potrete capire meglio la struttura, la storia, lo sviluppo della Chiesa, le sue attività...
Mi hanno dato della carta, ho scritto questo Lexicon di 1500 parole, in francese, inglese, italiano, latino, spagnolo, cinese, con la spiegazione in vietnamita. Così, pian piano, con la spiegazione, la mia risposta alle questioni sulla Chiesa, e accettando anche le critiche, questo documento diventa «una catechesi pratica ». Hanno molta curiosità di sapere che cosa sia un abate, un patriarca; quale differenza vi sia tra ortodossi, cattolici, anglicani, luterani; da dove provengano i fondi finanziari della Santa Sede...
Questo dialogo sistematico dalla A alla Z aiuta a correggere molti sbagli, molte idee preconcette; diventa ogni giorno più interessante, anzi affascinante.
In questo tempo, sento che un gruppo di 20 giovani della polizia studia latino con un ex catechista, per essere in grado di capire i documenti ecclesiastici. Una delle mie guardie appartiene a questo gruppo; un giorno mi chiede se posso insegnargli un canto in latino.
- Ce ne sono tanti, e così belli - ho risposto io.
- Lei canta, io scelgo - propone lui.
Ho cantato Salve Regina, Veni Creator, Ave maris stella... Potete indovinare quale canto ha scelto? Il Veni Creator.
Non posso dire quanto sia commovente sentire ogni mattina un poliziotto comunista scendere dalla scala di legno, verso le 7, per andare a fare ginnastica, e poi lavarsi cantando il Veni Creator nella prigione.
Quando c'è l' amore, si sente la gioia e la pace, perché c'è Gesù in mezzo a noi. «Indossa una sola uniforme e parla un solo linguaggio: la carità» (Il cammino della speranza, n. 984).
Sulle montagne di Viñh Phú, nella prigione di Viñh Quang, un giorno di pioggia ho dovuto tagliare la legna. Ho domandato alla guardia:
- Posso chiederle un favore?
- Cos'è? La aiuterò.
- Vorrei tagliare un pezzo di legno in forma di croce.
- Lei non sa che è severamente proibito avere qualsiasi segno religioso?
- Lo so, ma siamo amici, e prometto di nasconderla.
- Sarebbe estremamente pericoloso per noi due.
- Chiuda gli occhi, lo farò adesso, e sarò molto cauto.
Lui va via e mi lascia solo. Ho tagliato la croce e l'ho tenuta nascosta in un pezzo di sapone fino alla mia liberazione. Con una cornice di metallo, questo pezzo di legno è diventato la mia croce pettorale.
In un' altra prigione, ho chiesto un pezzo di filo elettrico alla mia guardia, già diventata mio amico. Lui, spaventato:
- Ho studiato alla scuola di polizia che, se qualcuno vuole un filo elettrico, significa che vuole suicidarsi.
Ho spiegato:
- I sacerdoti cattolici non commettono suicidio.
-
Ma che cosa ci fa con un filo elettrico?
- Vorrei fare una catenella per portare la mia croce.
- Come può fare una catena con un filo elettrico? E impossibile!
- Se lei mi porta due piccole tenaglie, gliela mostrerò.
-
È troppo pericoloso!
- Ma siamo amici!
Ha esitato, poi ha detto:
- Risponderò fra tre giorni.
Dopo tre giorni, mi ha detto:
- E difficile rifiutare qualcosa a lei. Ho pensato così: questa sera porterò due piccole tenaglie, dalle 7 alle 11, e in quel tempo dobbiamo finire questo lavoro. Lascerò andare il mio compagno a «Hanoi by night ». Se lui ci vedesse, partirebbe una denuncia pericolosa per ambedue.
Abbiamo tagliato il filo elettrico in pezzi delle dimensioni di un fiammifero, li abbiamo forgiati... e la catena è finita prima delle 11.
Questa croce e questa catena le porto con me ogni giorno, non perché sono ricordi della prigione, ma perché indicano una mia convinzione profonda, un costante richiamo per me: solo l'amore cristiano può cambiare i cuori, non le armi, le minacce, i media.
È stato molto difficile per le mie guardie capire come si possa perdonare, amare i nostri ne mici, riconciliarsi con loro.
- Lei ci ama veramente?
- Sì, vi amo sinceramente.
- Anche quando le facciamo del male? Quando soffre perché è stato in prigione per tanti anni senza giudizio?
- Pensate agli anni che abbiamo vissuto insieme. Vi ho amato realmente!
- Quando lei sarà libero, non manderà i suoi
a farci del male, a noi e alle nostre famiglie?
- No, continuerò ad amarvi, anche se voi volete uccidermi.
- Ma perché?
- Perché Gesù mi ha insegnato ad amarvi. Se non lo faccio, non sono più degno di essere chiamato cristiano.
Non c'è abbastanza tempo per raccontarvi altre storie molto commoventi, che sono testimonianze della forza liberatrice dell' amore di Gesù.
Nel Vangelo, Gesù, vedendo la folla che l'ha seguito per tre giorni, ha detto: «Misereor super turbam» (Mt 15,32), «sono come pecore senza pastore» (cfr. Mc 6,34)... Nei momenti più drammatici, in prigione, quando ero quasi sfinito, senza forza per. pregare né meditare, ho cercato un modo per riassumere l'essenziale della mia preghiera, del messaggio di Gesù, e ho usato questa frase: « Vivo il testamento di Gesù ». Cioè amare gli altri come Gesù mi ha amato, nel perdono, nella misericordia, fino all'unità, come egli ha pregato: «Che tutti siano uno come tu, Padre, in me ed io in te» (Gv 17,21). Ho pregato spesso: « Vivo il testamento d'amore di Gesù ». Voglio essere il ragazzo che ha offerto tutto ciò che aveva. È niente, 5 pani e 2 pesci, ma è «tutto» ciò che aveva, per essere «strumento dell' amore di Gesù ».
Carissimi giovani, papa Giovanni Paolo II vi lancia il suo messaggio: «Incontrerete Gesù là dove gli uomini soffrono e sperano: nei piccoli villaggi disseminati lungo i continenti, apparentemente ai margini della storia, come era Nazaret; nelle immense metropoli dove milioni di esseri umani vivono spesso come estranei. Gesù abita accanto a voi... il suo volto è quello dei più poveri, degli emarginati, vittime non di rado di un ingiusto modello di sviluppo, che pone il profitto al primo posto e fa dell'uomo un mezzo anziché un fine... Gesù abita tra quanti lo invocano senza averlo conosciuto. Gesù abita tra gli uomini e le donne "insigniti del nome cristiano", ma alla vigilia del terzo millennio diventa ogni giorno più urgente il dovere di riparare lo scandalo della divisione tra cristiani (Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 5)
Il più grande errore è non accorgersi che gli altri sono Cristo. Ci sono molte persone che non lo scopriranno che nell'ultimo giorno.
Gesù fu abbandonato sulla croce e lo è ancora in ogni fratello e sorella che soffre in ogni angolo del mondo. La carità non ha confini; se ha confini non è più carità.
Preghiera
CONSACRAZIONE
Padre d'immenso amore e onnipotente, sorgente della mia speranza e della mia gioia.
1 - «Tutto ciò che è mio è tuo» (Lc 15,31).
«Chiedete e vi sarà dato» (Mt 7,7).
Padre, fermamente lo credo: il tuo amore ci oltrepassa all'infinito. Come può l'amore dei tuoi figli competere con il tuo?
Oh! L'immensità del tuo amore paterno! Tutto ciò che è tuo è mio. Mi hai consigliato di pregare nella sincerità. Allora mi affido a Te, Padre colmo di bontà.
2 - «Tutto è grazia ». «Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno» (Mt 6,8).
Padre, fermamente lo credo: hai ordinato ogni cosa per il nostro maggior bene, da sempre. Non cessi di guidare la mia vita. Accompagni ciascuno dei miei passi. Cosa potrò temere? Prostrato, adoro la tua santa volontà. Mi rimetto totalmente nelle tue mani, è per tuo mezzo che ogni cosa avviene. lo che sono tuo figlio, credo che tutto è grazia.
3 - «Tutto posso in colui che mi dà forza» (Fil 4,13). «A lode della sua gloria» (Ef 1,6).
Padre, fermamente lo credo:
niente oltrepassa la potenza della tua Provvidenza. Il tuo amore è infinito, e io voglio accettare tutto con cuore gioioso. Eterne la lode e la riconoscenza. Uniti alla Vergine Maria, associando le loro voci a quelle di tutte le nazioni, san Giuseppe e gli angeli cantano la gloria di Dio nei secoli dei secoli, Amen.
4 - «Fate tutto per la gloria di Dio» (1 Cor 10,31). «Sia fatta la tua volontà» (Mt 6,10).
Padre, fermamente e senza esitazione credo che tu operi e agisci in me. Sono oggetto del tuo amore e della tua tenerezza. Tutto ciò che può darti ancora più lode realizzalo in me!
Non chiedo che la tua gloria, questo basta alla mia soddisfazione e alla mia felicità. Questa è la mia aspirazione più grande, il desiderio pressante dell'anima.
5 - «Tutto per la missione! Tutto per la Chiesa! ».
Padre, fermamente lo credo: mi hai affidato una missione, tutta segnata dal tuo amore. Mi prepari il cammino. lo non smetto di purificarmi e di ancorarmi nella risoluzione.
Sì sono deciso: diverrò una silenziosa offerta, servirò da strumento nelle mani del Padre. Consumerò il mio sacrificio, attimo dopo attimo, per amore della Chiesa: «Eccomi, sono pronto!
».
6 - « Ho desiderato ardentemente di mangiare questa pasqua con voi» (Lc 22,15). «Tutto è compiuto» (Gv 19,30).
Amatissimo Padre! Unito al santo Sacrificio che continuo a offrire, mi inginocchio in questo istante e per Te pronuncio la parola cha sale dal mio cuore: «Sacrificio
».
Un sacrificio che accetta l'umiliazione come la gloria, un sacrificio gioioso, un sacrificio integrale... Canta la mia speranza e tutto il mio amore.
Prigione di Phú Khánh
(Centro Viet Nam),
1° settembre 1976,
Festa dei santi Martiri Vietnamiti

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van thuan


QUARTO PANE:
LA MIA SOLA FORZA, L'EUCARISTIA
***
«Attorno alla mensa eucaristica
si realizza e si manifesta l'armoniosa unità della Chiesa,
mistero di comunione missionaria,
nella quale tutti si sentono figli e fratelli»

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 7)
« Lei ha potuto celebrare la Messa in prigione? », è la domanda che molti mi hanno posto più volte. E hanno ragione: l'eucaristia è la più bella preghiera, è il culmine della vita di Gesù. Quando rispondo «sì », conosco già la domanda seguente: « Come ha potuto procurar si il pane e il vino? ».
Quando fui arrestato, dovetti andarmene subito, a mani vuote. L'indomani, mi è permesso di scrivere per chiedere le cose più necessarie: vestiti, dentifricio... Ho scritto al mio destinatario: «Per favore, mi mandi un po' di vino, come medicina contro il mal di stomaco ». I fedeli capiscono cosa significa; mi mandano una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l'etichetta
«medicina contro il mal di stomaco », e delle ostie celate in una fiaccola contro l'umidità. La polizia mi ha domandato:
- Lei ha male allo stomaco?
- Sì.
- Ecco, un po' di medicina per lei.
Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua nel palmo della mano, celebro la mia Messa.
Comunque, dipendeva dalla situazione. Sulla nave che ci portava verso nord, ho celebrato nella notte e comunicato i prigionieri intorno a me. Talvolta devo celebrare quando tutti vanno al bagno dopo la ginnastica. Nel campo di rieducazione siamo divisi in gruppi di 50 persone; dormiamo su un letto comune, ciascuno ha diritto a 50 cm. Ci siamo arrangiati in modo che ci siano cinque cattolici con me. Alle 21 e 30 bisogna spegnere la luce e tutti devono dormire. Mi curvo sul letto per celebrare la Messa, a memoria, e distribuisco la comunione passando la mano sotto la zanzariera. Fabbrichiamo sacchettini con la carta dei pacchetti di sigarette, per conservare il Santissimo Sacramento. Gesù eucaristico è sempre con me nella tasca della camicia.
Ricordo ciò che ho scritto: «Tu credi in una sola forza: l'eucaristia, il Corpo e Sangue del Signore che ti darà la vita. "Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv
10,10). Come la manna nutrì gli Israeliti nel loro viaggio verso la Terra Promessa, così l'Eucaristia ti nutrirà nel tuo cammino della speranza (cfr. Gv 6,50)» (Il cammino della speranza, n. 983).
Ogni settimana, ha luogo una sessione di indottrinamento, a cui deve partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittiamo per passare un pacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sanno che Gesù è in mezzo a loro, è lui che cura tutte le sofferenze fisiche e mentali. La notte, i prigionieri si alternano in turni di adorazione; Gesù eucaristico aiuta in modo tremendo con la sua presenza silenziosa. Molti cristiani ritornano al fervore della fede durante questi giorni; anche buddhisti e altri non cristiani si convertono. La forza dell' amore di Gesù è irresistibile. L'oscurità del carcere diventa luce, il seme è germinato sotto terra durante la tempesta.
Offro la Messa insieme al Signore: quando distribuisco la comunione dò me stesso insieme al Signore per farmi cibo per tutti. Questo significa che sono sempre totalmente al servizio degli altri.
Ogni volta che offro la messa ho l'opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla Croce con Gesù, di bere con lui il calice amaro.
Ogni giorno, recitando o ascoltando le parole della consacrazione, confermo con tutto il cuore e con tutta l'anima un nuovo patto, un patto eterno fra me e Gesù, mediante il suo Sangue mescolato al mio (1Cor 11,23-25).
Gesù sulla croce iniziò una rivoluzione. La vostra rivoluzione deve cominciare dalla mensa eucaristica e da qui essere portata avanti. Così potrete rinnovare l'umanità.
Ho trascorso 9 anni in isolamento. Durante questo periodo celebro la Messa ogni giorno verso le 3 del pomeriggio: l'ora di Gesù agonizzante sulla croce. Sono solo, posso cantare la mia Messa come voglio, in latino, francese, vietnamita... Porto sempre con me il sacchettino che contiene il Santissimo Sacramento: «Tu in me ed io in te ».
Sono le più belle Messe della mia vita.
La sera, dalle 21 alle 22, faccio un'ora di adorazione, canto Lauda Sion, Pange lingua, Adoro Te, Te Deum e cantici in lingua vietnamita, malgrado il rumore dell' altoparlante che dura dalle 5 del mattino alle 11 e 30 della sera. Sento una singolare pace di spirito e di cuore, e la gioia, la serenità della compagnia di Gesù e Maria e Giuseppe. Canto Salve Regina, Salve Mater, Alma Redemptoris mater, Regina coeli... in unità con la Chiesa universale. Malgrado le accuse, le calunnie contro la Chiesa, canto Tu es Petrus, Oremus pro Pontifice nostro, Christus vincit... Come Gesù ha sfamato la folla che lo seguiva nel
deserto, nell' eucaristia è lui stesso che continua ad essere cibo di vita eterna.
Nell'eucaristia annunciamo la morte di Gesù e proclamiamo la sua risurrezione. Vi sono momenti di tristezza infinita, come faccio? Guardare a Gesù crocifisso e abbandonato sulla croce. Agli occhi umani, la vita di Gesù è fallita, è inutile, è frustrata, ma, agli occhi di Dio, sulla croce Gesù ha compiuto l'azione più importante della sua vita, perché ha versato il suo sangue per salvare il mondo. Quanto Gesù è unito a Dio, quando, sulla croce, non può più predicare, curare gli infermi, visitare la gente, fare miracoli, ma rimane nell'immobilità assoluta!
Gesù è il mio primo esempio di radicalismo dell' amore, per il Padre e per le anime. Gesù ha dato tutto: «Infinem dilexit» (Gv 13,1), fino al« Consummatum est» (Gv 19,30). E il Padre ha amato il mondo « ut Filium suum unigenitum traderet» (Gv 3,16). Dare tutto se stesso come un pane per essere mangiato «pro mundi vita» (Gv 6,51).
Gesù ha detto: «Misereor super turbam » (Mt 15,32). La moltiplicazione dei pani è un annuncio, un segno dell' eucaristia che Gesù istituirà fra poco.
Carissimi giovani, ascoltate il Santo Padre: « Gesù vive in mezzo a noi nell' eucaristia... fra le incertezze e le distrazioni della vita quotidiana, imitate i discepoli in cammino verso Emmaus... Invocate Gesù, perché lungo le strade delle tante Emmaus dei nostri tempi rimanga sempre con voi. Sia lui la vostra forza, Lui il vostro punto di riferimento, Lui la vostra perenne speranza» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 7). .
Preghiera
PRESENTE E PASSATO
Gesù amatissimo,
questa sera, in fondo alla mia cella,
senza luce, senza finestra, caldissima,
penso con fortissima nostalgia alla mia vita pastorale.
Otto anni da vescovo, in questa residenza,
a soltanto due chilometri dalla mia cella di prigionia,
sulla stessa strada, sulla stessa spiaggia...
Sento le onde del Pacifico, le campane della cattedrale.
- Una volta celebravo con patena e calice dorati,
ora il tuo sangue nel palmo della mia mano.
- Una volta percorrevo il mondo per conferenze e raduni,
ora sono recluso in una cella stretta, senza finestra.
- Una volta andavo a visitarti nel tabernacolo,
ora ti porto, giorno e notte, con me nella tasca.
- Una volta celebravo la messa davanti a migliaia di fedeli,
ora nell' oscurità della notte, passando la comunione sotto le zanzariere.
- Una volta predicavo gli esercizi spirituali ai preti, ai religiosi, ai laici...
ora un prete, anche lui prigioniero, mi predica gli Esercizi di sant'Ignazio attraverso le crepe del legno.
- Una volta impartivo la benedizione solenne con il Santissimo nella cattedrale,
ora faccio l'adorazione eucaristica ogni sera alle
21, in silenzio, cantando sottovoce il Tantum Ergo, la Salve Regina, e concludendo con questa breve preghiera: «Signore, ora sono contento di accettare tutto dalle tue mani: tutte le tristezze, le sofferenze, le angosce, persino la mia morte. Amen ».
Sono felice, qui, in questa cella,
dove sulla stuoia di paglia ammuffita crescono funghi bianchi,
perché tu sei con me,
perché tu vuoi che viva qui con te.
Ho parlato molto nella mia vita,
adesso non parlo più.
È il tuo turno, Gesù, di parlarmi.
Ti ascolto: che cosa mi hai sussurrato?
È un sogno?
Tu non mi parli del passato, del presente,
non mi parli delle mie sofferenze, angosce...
Tu mi parli dei tuoi progetti, della mia missione.
Allora canto la tua misericordia,
nell'oscurità, nella mia fragilità, nel mio annientamento.
Accetto la mia croce
e la pianto, con le mie due mani, nel mio cuore.
Se tu mi permettessi di scegliere, non cambierei
perché tu sei con me!
Non ho più paura, ho capito,
ti seguo nella tua passione
e nella tua risurrezione
Nell'isolamento,
prigione di Phú Khánh (Centro Viet Nam),
7 ottobre 1976,
Festa del santo Rosario

Postato da: giacabi a 21:21 | link | commenti
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TERZO PANE:
UN PUNTO FERMO, LA PREGHIERA
***
« Sappiate riascoltare,
nel silenzio della preghiera,
la risposta di Gesù:
"Venite e vedrete" »

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 2)
Dopo la mia liberazione, molte persone mi hanno detto: «Padre, lei ha avuto molto tempo per pregare, in prigione ». Non è così semplice come potreste pensare. Il Signore mi ha permesso di sperimentare tutta la mia debolezza, la mia fragilità fisica e mentale. Il tempo passa lentamente in prigione, particolarmente durante l'isolamento. Immaginate una settimana, un mese, due mesi di silenzio... Sono terribilmente lunghi, ma quando si trasformano in anni, diventano un' eternità. Un proverbio vietnamita dice: « Un giorno in prigione è come mille autunni fuori ». Vi sono giorni in cui, stremato dalla stanchezza, dalla malattia, non arrivo a recitare una preghiera!
Mi viene alla memoria una storia, quella del vecchio Jim. Ogni giorno, alle 12, Jim entrava in chiesa, per non più di due minuti, poi usciva. Il sacrestano era molto curioso e un giorno fermò Jim e gli domandò:
- Perché vieni qui ogni giorno?
- Vengo per pregare.
- Impossibile! Quale preghiera puoi dire in due minuti?
- Sono un vecchio ignorante, prego Dio a mio modo.
- Ma che cosa dici?
- Dico: Gesù, eccomi, sono Jim. E me ne vado.
Passano gli anni. Jim, sempre più vecchio, malato, entra in ospedale, nel reparto dei poveri. In seguito, sembra che Jim stia per morire, e il prete e la religiosa infermiera stanno vicino al suo letto.
- Jim, dicci: perché, da quando sei entrato in questo reparto, tutto è cambiato in meglio, e la gente è diventata più contenta, felice e amichevole?
- Non lo so. Quando posso camminare, giro di qua e di là, visitando tutti, li saluto, chiacchiero un po'; quando sono a letto, chiamo tutti, li faccio ridere tutti, li rendo tutti felici. Con Jim, sono sempre felici.
- Ma tu, perché sei felice?
- Voi, quando ricevete una visita ogni giorno, non siete felici?
- Certo. Ma chi viene a visitarti? Non abbiamo mai visto nessuno.
- Quando sono entrato in questo reparto, vi ho chiesto due sedie: una per voi, una riservata per il mio ospite, non vedete?
- chi è il tuo ospite?
- È Gesù. Prima andavo in chiesa a visitarlo, adesso non posso più; allora, alle 12, Gesù viene.
- E che cosa ti dice Gesù?
- Dice: Jim, eccomi, sono Gesù!...
Prima di morire, lo vediamo sorridere e fare un gesto con la mano verso la sedia vicina al suo letto, invitando qualcuno a sedere. Sorride di nuovo e chiude gli occhi.
Quando le forze mi mancano e non riesco neanche a recitare le mie preghiere, ripeto: « Gesù, eccomi, sono Francesco ». Vengono gioia e consolazione, ed esperimento che Gesù risponde: «Francesco, eccomi, sono Gesù ».
Voi mi domandate: quali sono le tue preghiere preferite?
Sinceramente, amo molto le preghiere brevi e semplici del Vangelo:
«Non hanno più vino! » (Gv 2,3).
«Magnificat...» (Lc 1,46-55).
«Padre, perdona loro... » (Lc 23,34).
«In manus tuas...» (Lc 23,46).
«Ut sint unum... Tu in me...» (Gv 17,21).
«Miserere mei peccatoris»
(Lc 18,13).
«Ricordati di me quando sarai in paradiso» (Lc 23,42-43).
In carcere non ho potuto portare con me la Bibbia; allora ho raccolto tutti i pezzetti di carta che ho trovato e mi sono fatto una minuscola agenda, in cui ho riportato più di 300 frasi del Vangelo; questo Vangelo ricostruito e ritrovato è stato il mio vademecum quotidiano, il mio scrigno prezioso da cui attingere forza e alimento mediante la lectio. divina.
Amo pregare con l'intera parola di Dio, con le preghiere liturgiche, i salmi, i cantici. Amo molto il canto gregoriano, che ricordo a memoria in gran parte. Grazie alla formazione in seminario, questi canti liturgici sono entrati profondamente nel mio cuore! Poi, le preghiere nella mia lingua nativa, che tutta la famiglia prega ogni sera nella cappella familiare, così commoventi, che ricordano la prima infanzia. Soprattutto le tre Ave Maria e il Memorare che mia mamma mi ha insegnato a recitare mattina e sera.
Come ho detto, sono stato 9 anni in isolamento, cioè solo con due guardie. Per evitare le malattie dovute all'immobilità, come l'artrosi, camminavo tutto il giorno facendo massaggi, esercizi fisici ecc., pregando con canti come Miserere, Te Deum, Veni Creator e l'inno dei martiri Sanctorum meritis. Questi canti della Chiesa, ispirati alla parola di Dio, mi comunicano un grande coraggio per seguire Gesù. Per apprezzare queste bellissime preghiere, è stato necessario sperimentare l'oscurità del carcere e prendere coscienza del fatto che le nostre sofferenze sono offerte per la fedeltà alla Chiesa. Questa unità con Gesù, nella comunione con il Santo Padre e tutta la Chiesa, la sento in modo irresistibile quando ripeto, durante la giornata: «Per ipsum et cum ipso et in ipso... ».
Mi viene in mente una semplicissima preghiera di un comunista, è vero, che prima era una spia, ma che dopo è diventato mio amico. Prima della sua liberazione mi ha promesso: «La mia casa dista 3 km dal santuario della Madonna di Lavang. Ci andrò per pregare per lei ». Credo alla sua amicizia, ma dubito che un comunista vada a pregare la Madonna. Ecco, un giorno, forse 6 anni dopo, mentre ero in isolamento, ho ricevuto una sua lettera! Scriveva: «Caro amico, ti avevo promesso di andare a pregare la Madonna di Lavang per te. Lo faccio ogni domenica, se non piove. Prendo la mia bicicletta quando sento suonare la campanella. La basilica è interamente distrutta dal bombardamento, allora vado al monumento dell'apparizione, che rimane ancora intatto. Prego per te così: Madonna, non sono cristiano, non conosco le preghiere, ti domando di dare al signor Thuan ciò che lui desidera ». Sono commosso fino nel profondo del mio cuore; certamente la Madonna lo esaudirà.
Nel Vangelo che stiamo meditando, prima di compiere il miracolo, prima di nutrire la gente affamata, Gesù ha pregato. Gesù vuole insegnarmi: prima del lavoro pastorale, sociale, caritativo, bisogna pregare.
Giovanni Paolo II vi dice: «Conversate con Gesù nella preghiera e nell' ascolto della Parola; gustate la gioia della riconciliazione nel sacramento della penitenza; ricevete il Corpo e il Sangue di Cristo nell' eucaristia... Scoprite la verità su di voi stessi, l'unità interiore e troverete il "Tu" che guarisce dalle angosce, dagli incubi, da quel soggettivismo selvaggio che non dà la pace» (Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 3).
Preghiera
BREVI PREGHIERE EVANGELICHE
Penso, Signore, che Tu mi hai donato
un modello di preghiera.
A dire il vero, non ne hai lasciato che uno solo: il Padre nostro.
E breve, conciso
e denso.
La tua vita, Signore, è una preghiera,
sincera
e semplice,
rivolta al Padre.
È accaduto che la tua preghiera fosse lunga,
senza formule fatte,
come la preghiera sacerdotale
dopo la Cena:
ardente
e spontanea.
Ma abitualmente, Gesù, la Vergine, gli apostoli usano preghiere brevi, ma molto belle che essi associano alla loro vita quotidiana. lo che sono debole e tiepido, amo queste brevi preghiere davanti al Tabernacolo, alla scrivania, per strada, solo. Più le ripeto, più ne sono penetrato. Sono vicino a Te, Signore.
Padre perdona loro,
perché
non sanno quello che fanno.
Padre, che siano una cosa sola.
Sono la serva del Signore.
Non hanno vino.
Ecco tuo figlio, ecco tua madre!
Ricordati di me, quando sarai nel tuo Regno.
Signore, cosa vuoi che faccia?
Signore, Tu sai tutto, Tu sai che Ti amo.
Signore, abbi pietà di me, povero peccatore.
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tutte queste brevi preghiere, legate l'una all'altra, formano una vita di preghiera. Come una catena di gesti discreti, di sguardi, di parole intime formano una vita d'amore. Esse ci conservano in un ambiente di preghiera senza distoglierei dal compito presente, ma aiutandoci a santificare ogni cosa.
Nell'isolamento
a Hanoi (Nord Viet Nam),
25 marzo 1987,
Festa dell' Annunciazione

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van thuan


SECONDO PANE:
DISCERNERE TRA DIO E LE OPERE DI DIO
***
«Ãˆ vero, Gesù è un amico esigente che indica mete alte...
Abbattete le barriere della superficialità e della paura,
riconoscendovi come uomini e donne "nuovi" »

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 3)
Quando ero studente a Roma, una persona mi ha detto: « La tua più grande qualità è di essere "dinamico", il tuo più grande difetto è di essere "aggressivo" ». In ogni caso sono molto attivo, sono uno scout, cappellano dei Rover, è uno stimolo che mi spinge ogni giorno: correre con l'orologio, devo fare tutto ciò che mi è possibile per confermare e sviluppare la Chiesa nella mia diocesi di Nhatrang, prima che vengano i tempi difficili, quando saremo sotto il comunismo!
Aumentare il numero dei seminaristi maggiori, da 42 a 147, in 8 anni; di quelli minori, da 200 a 500 in 4 seminari; formazione permanente dei preti di 6 diocesi della Chiesa metropolita di Bue; sviluppare e intensificare la formazione dei nuovi movimenti dei giovani, dei laici, dei consigli pastorali... Amo molto la mia prima diocesi, Nhatrang.
Ed ecco, devo lasciare tutto per andare subito a Saigon, secondo l'ordine di papa Paolo VI, senza avere l'opportunità di dire addio a tutti coloro con i quali sono unito dallo stesso ideale, dalla stessa determinazione, dalla condivisione delle prove come delle gioie.
Quella notte, quando ho registrato la mia voce per un ultimo saluto alla diocesi, è stata l'unica volta in 8 anni in cui ho pianto, e pianto amaramente!
Poi le tribolazioni a Saigon, l'arresto; sono stato ricondotto indietro nella mia prima diocesi di Nhatrang, nella prigionia più dura, non lontano dal mio vescovado. Mattina e sera nell'oscurità della mia cella sento le campane della cattedrale, dove ho passato 8 anni, che mi lacerano il cuore; la notte sento le onde del mare davanti alla mia cella.
Poi in fondo a una nave che porta 1500 prigionieri affamati, disperati. E nel campo di rieducazione di Viñh-Quang, in mezzo ad altri prigionieri tristi e malati, nelle montagne.
Soprattutto, la lunga tribolazione di 9 anni in isolamento, solo con due guardie, una tortura mentale, nella vacuità assoluta, senza lavoro, camminando nella cella dalla mattina fino alle nove e mezzo della sera per non essere distrutto dall' artrosi, al limite della pazzia.
Più volte sono tentato, tormentato dal fatto che ho 48 anni, età della maturità; ho lavorato 8 anni come vescovo, ho acquisito molte esperienze pastorali, ed ecco sono isolato, inattivo, separato dal mio popolo, a 1700 km di distanza!
Una notte, dal profondo del mio cuore ho sentito una voce che mi suggeriva: «Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che tu:hai compiuto e desideri continuare a fare, visite pastorali, formazione dei seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani, costruzione di scuole, di foyer per studenti, missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani... tutto questo è un' opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutte queste opere, mettendole nelle sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in lui. Dio lo farà infinitamente meglio di te; lui affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere! ».
Avevo sempre imparato a fare la volontà di Dio. Ma questa luce mi porta una forza nuova, che cambia totalmente il mio modo di pensare, e che mi aiuta a superare momenti fisicamente quasi impossibili.
A volte un programma ben svolto deve essere lasciato incompiuto; alcune attività iniziate con tanto entusiasmo vengono intralciate; missioni ad alto livello degradate ad attività mino
ri. Forse sei turbato e scoraggiato. Ma il Signore mi ha chiamato a seguire lui o questa iniziativa o quella persona? Lascia fare al Signore: egli risolverà tutto per il meglio.
Mentre mi trovo nella prigione di Phu-Khanh, in una cella senza finestra, fa caldissimo, soffoco, sento la mia lucidità venir meno pian piano fino all'incoscienza; talvolta la luce rimane accesa giorno e notte, talvolta è sempre buio; c'ètanta umidità che crescono dei funghi sul mio letto. Nel buio, ho visto un buco in basso nel muro (per far scorrere l'acqua): così, ho passato più di cento giorni per terra, mettendo il naso davanti a questo buco per respirare. Quando piove, si alza il livello dell' acqua; piccoli insetti, piccole rane, lombrichi e millepiedi entrano dall' esterno; li lascio venire, non ho più forze per cacciadi via.
Scegliere Dio e non le opere di Dio: Dio mi vuole qui e non altrove.
Quando i comunisti mi caricano nel fondo della nave Hâi-Phòng con altri 1500 prigionieri, per essere trasportati a nord, vedendo la disperazione, l'odio, il desiderio di vendetta sulle facce dei detenuti, condivido la loro sofferenza, ma subito questa voce mi richiama: « Scegli Dio e non le opere di Dio », e io mi dico: «Davvero, Signore, è qui la mia cattedrale, qui è il popolo di Dio che tu mi hai dato affinché me ne prenda cura. Devo assicurare la presenza di Dio iN mezzo a questi fratelli disperati, miserabili. E la tua volontà, allora è la mia scelta ».
Arrivato sulle montagne di Viñh-Phu, nel campo di rieducazione, dove ci sono 250 prigionieri, la maggior parte non cattolici, questa voce mi richiama: «Scegli Dio e non le opere di Dio ». «Sì, Signore, tu mi mandi qui per essere il tuo amore in mezzo ai miei fratelli, nella fame, nel freddo, nel lavoro faticoso, nell'umiliazione, nell'ingiustizia. Scelgo te, la tua volontà, sono il tuo missionario qui ».
Da questo momento, una nuova pace riempie il mio cuore, e rimane con me 13 anni. Sento la mia debolezza umana, rinnovo questa scelta di fronte alle situazioni difficili, e la pace non mi è mai mancata.
Quando dichiaro: «Per Dio e per la Chiesa », resto silenzioso alla presenza di Dio e mi chiedo onestamente: «Signore, lavoro solo per te? Sei sempre il motivo essenziale di tutto quello che faccio? Mi vergognerei ad ammettere che ci sono altri motivi più forti ».
Scegliere Dio e non le opere di Dio.
E una scelta bella, ma difficile. Giovanni Paolo II vi interpella: «Carissimi giovani, come i primi discepoli, seguite Gesù! Non abbiate paura di avvicinarvi a Lui... Non abbiate paura della "vita nuova" che Egli vi offre: Lui stesso vi dà la possibilità di accoglierla e di metterla in pratica, con l'aiuto della sua grazia e il dono del suo spirito» (Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 3).
Giovanni Paolo II incoraggia i giovani mostrando loro l'esempio di santa Teresa di GesùBambino: «Percorrete con lei [Teresa] la via umile e semplice della maturità cristiana, alla scuola del V angelo. Restate con lei nel "cuore" della Chiesa, vivendo radicalmente la scelta per Cristo» (Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 9).
Il ragazzino del Vangelo ha fatto questa scelta, offrendo tutto: 5 pani e 2 pesci nelle mani di Gesù, con fiducia. Gesù ha fatto "le opere di Dio", dando da mangiare a 5000 uomini più donne e bambini.
Preghiera
DIO E LA SUA OPERA
A causa del tuo amore infinito,
Signore,
mi hai chiamato a seguirti,
a essere tuo figlio e tuo discepolo.
Poi mi hai affidato una missione
che non somiglia a nessun'altra,
ma con lo stesso obiettivo degli altri:
essere tuo apostolo e testimone.
Tuttavia, l'esperienza mi ha insegnato
che io continuo a confondere le due realtà:
Dio e la sua opera.
Dio mi ha dato il compito delle sue opere.
Alcune sublimi,
altre più modeste;
alcune nobili,
altre più ordinarie.
Impegnato nella pastorale in parrocchia,
tra i giovani,
nelle scuole,
tra gli artisti e gli operai,
nel mondo della stampa,
della televisione e della radio,
vi ho messo tutto il mio ardore
impiegando tutte le capacità.
Non ho risparmiato niente,
neanche la vita.
Mentre ero così appassionatamente
immerso nell'azione,
ho incontrato la sconfitta
dell'ingratitudine,
del rifiuto di collaborazione,
dell'incomprensione degli amici,
della mancanza di appoggio dei superiori,
della malattia e dell'infermità,
della mancanza di mezzi...
Mi è anche capitato, in pieno successo,
mentre ero oggetto di approvazione,
di elogi e di attaccamento per tutti,
di essere all'improvviso spostato
e cambiato di ruolo.
Eccomi, allora, preso dallo stordimento vado a tentoni,
come nella notte oscura.
Perché, Signore, mi abbandoni?
Non voglio disertare la tua opera.
Devo portare a termine il tuo compito,
ultimare la costruzione della Chiesa...
Perché gli uomini attaccano la tua opera?
Perché la privano del loro sostegno?
Davanti al tuo altare, accanto all'eucaristia,
ho sentito la tua risposta,
Signore:
«Sono io colui che segui e non la mia opera!
Se lo voglio mi consegnerai il compito affidato.
Poco importa chi prenderà il tuo posto;
è affar mio.
Devi scegliere Me!
».
Nell'isolamento
a Hanoi (Nord Viet Nam),
11 febbraio 1985,
Memoria dell' Apparizione dell'Immacolata a Lourdes

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van thuan


PREFAZIONE
***
Carissimi giovani,
contemplare un bellissimo panorama, le colline verdi e il mare azzurro con le onde bianche, mi fa pensare a Gesù in mezzo alla moltitudine. Guardandovi in faccia, con gli occhi di Gesù, vi dico con tutto il mio cuore: «Giovani, vi amo! I love you! ».
Voglio ispirarmi al Vangelo di san Giovanni, capitolo 6, per parlarvi oggi. Alzatevi, ascoltate la parola di Gesù:
«Gesù, alzati gli occhi e vista molta gente venire a sé, dice a Filippo: "Da dove potremo comperare pane per sfamare costoro?". Questo lo diceva per metterlo alla prova; egli infatti ben sapeva quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non bastano per dame un pezzetto a ciascuno". Gli dice uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simone Pietro: "C'è qui un ragazzetto che ha cinque pani d'orzo e due pesci. Ma che cos'è questo per così tanta gente?". Disse Gesù: "Fateli sedere!". L'erba in quel luogo era abbondante. Si sedettero dunque gli uomini, all'incirca cinquemila. Gesù prese allora i pani e, rese grazie, li distribuì a coloro che erano seduti; ugualmente fece dei pesci, quanti ne vollero» (Gv 6,5-11)
Nel cammino verso il Giubileo del 2000, cerchiamo chi è Gesù, perché lo amiamo, come lasciarci amare da Gesù, fino a seguirlo nel radicalismo delle nostre scelte, senza pensare alla lunghezza del percorso, alla stanchezza della marcia sotto il sole d'estate, alla lontananza di ogni conforto?
Il Santo Padre ha scritto: «In comunione con tutto il popolo di Dio che cammina verso il grande Giubileo dell'anno 2000, vorrei invitarvi quest' anno a fissare lo sguardo su Gesù, Maestro e Signore della nostra vita, mediante le parole registrate nel vangelo di Giovanni: "Maestro, dove abiti?" "Venite e vedrete" (Gv 1,38-39)» (Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997).
Come giovane, prete, vescovo, ho già percorso una parte del cammino, a volte nella gioia, a volte nella sofferenza, in prigione, ma sempre portando in cuore una speranza traboccante.
Ero imbarazzato quando mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza della sequela di Gesù. Non è bello parlare di se stessi. Ma ricordo che, in un suo scritto, il compianto cardinale Suenens, ha chiesto a Veronica: «Lei mi lascia parlare della sua vita solo oggi, perché prima non l'ha accettato? ». «Perché adesso capisco che la mia vita non appartiene a me, ma tutta a Dio; Dio può disporne come vuole per il bene delle anime ». Giovanni Paolo II ha condensato bene questo pensiero nel titolo della sua autobiografia: Dono e mistero, come Maria lo ha fatto nel Magnificat.
Allora, carissimi giovani, faccio come nel brano del Vangelo, dove Gesù offre cinque pani e due pesci: è niente davanti a una folla di migliaia di persone, ma è tutto suo, e Gesù fa anche tutto, è dono e mistero. Come il ragazzo del brano evangelico, riassumo la ,mia esperienza in sette punti: 5 pani e 2 pesci. E niente, ma è tutto ciò che ho. Gesù farà il resto.
Più volte soffro interiormente perché i mass media vogliono farmi raccontare cose sensazionali, accusare, denunciare, eccitare la lotta, la vendetta... Questo non è il mio scopo. Il mio più grande desiderio è di trasmettervi il mio messaggio dell' Amore, nella serenità e nella verità, nel perdono e nella riconciliazione. Voglio condividervi le mie esperienze: come ho incontrato Gesù in ogni momento della mia esistenza quotidiana, nel discernimento tra Dio e le opere di Dio, nella preghiera, nell' eucaristia, nei miei fratelli e nelle mie sorelle, nella Vergine Maria, guida del mio cammino. Insieme a voi voglio gridare: «Viviamo il testamento di Gesù! V archi amo la soglia della speranza! ».
Roma, 2 febbraio 1997 Festa della Purificazione di Maria
Vietnam: Popolazione: 75.000.000
Cattolici: 6.000.000
3 Arcidiocesi e 22 diocesi
François-Xavier Nguyen Van Thuan, vescovo a Nhatrang dal 1967 al 1975, arcivescovo coadiutore a Saigon dal 1975, fu arrestato a Saigon il 15 agosto 1975 e detenuto nelle carceri di: Saigon, Nhatrang, Saigon, Haipong ldicembre 1976), Vinh Phu (dicembre 1976), Hanoi (1977-1988). È stato liberato il21 novembre 1988.
1
PRIMO PANE:
VIVERE IL MOMENTO PRESENTE
***
« È lungo i sentieri dell'esistenza quotidiana
che potete incontrare il Signore!...
Questa è la fondamentale dimensione dell'incontro:
non si ha a che fare con qualcosa,
ma con Qualcuno, con il "Vivente" »

(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 1)
Mi chiamo Francesco Nguyen Van Thuan e sono vietnamita, ma in Tanzania e in Nigeria i giovani mi chiamano Uncle Francis; così è più semplice chiamarmi zio Francesco, o meglio solo Francesco.
Fino al 23 aprile 1975 sono stato, per 8 anni, vescovo di Nhatrang, nel centro del Viet Nam, la prima diocesi che mi è stata affidata, dove mi sentivo felice, e verso la quale conservo sempre la mia predilezione. Il 23 aprile 1975 Paolo VI mi ha promosso arcivescovo coadiutore di Saigon. Quando i comunisti sono arrivati a Saigon, mi hanno detto che questa nomina era frutto di un complotto tra il Vaticano e gli imperialisti, per organizzare la lotta contro il regime comunista. Tre mesi dopo, sono stato chiamato al Palazzo presidenziale per esservi arrestato: era il giorno dell' Assunzione della Beata Vergine, 15 agosto 1975.
Quella notte, su una strada lunga 450 km che porta al luogo della mia residenza obbligatoria, tanti pensieri confusi vengono alla mia mente: tristezza, abbandono, stanchezza, dopo 3 mesi di tensioni. .. Ma nella mia mente sorge chiara una parola che disperde tutto il buio, la parola che monsignor
John Walsh, vescovo missionario in Cina, pronunciò quando fu liberato dopo 12 anni di prigionia: «Ho passato la metà della mia vita ad aspettare ». E verissimo: tutti i prigionieri, incluso io stesso, aspettano ogni minuto la liberazione. Ma poi ho deciso: « Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore ».
Non è una ispirazione improvvisa, ma una convinzione che ho maturato in tutta la vita. Se io passo il mio tempo ad aspettare, forse le cose che aspetto non arriveranno mai. La sola cosa che sicuramente arriverà è la morte.

Nel villaggio di Cày Vong, dove sono stato assegnato con residenza obbligatoria, sotto la sorveglianza aperta e nascosta della polizia « confusa» tra il popolo, giorno e notte mi sentivo ossessionato dal pensiero: Popolo mio! Popolo mio che amo tanto: gregge senza pastore! Come posso entrare in contatto con il mio popolo, proprio nel momento in cui hanno più bisogno del loro pastore? Le librerie cattoliche sono state confiscate, chiuse le scuole; le suore, i religiosi insegnanti vanno a lavorare nei campi di riso. La separazione è uno shock che distrugge il mio cuore.
« Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore; ma come? ».
Una notte, viene una luce: «Francesco, è molto semplice, fai come san Paolo quando era in prigione: scriveva lettere a varie comunità ». La mattina seguente, nell'ottobre 1975, ho fatto segno a un ragazzo di 7 anni, Quang, che ritornava dalla Messa alle 5, ancora nel buio: «Di' a tua mamma di comprare per me vecchi blocchi di calendari ». Nella tarda sera, di nuovo al buio, Quang mi ha portato i calendari, e tutte le notti di ottobre e di novembre del 1975 ho scritto al mio popolo il mio messaggio dalla cattività. Ogni mattina, il ragazzo veniva a raccogliere i fogli per portarli a casa e far ricopiare il messaggio dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Ecco come è stato scritto il libro Il cammino della speranza, pubblicato in 8 lingue: vietnamita, inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, coreano, cinese.
La grazia di Dio mi ha dato l'energia per lavorare e per continuare, anche nei momenti più disperati. Ho scritto il libro di notte, in un mese e mezzo, perché avevo paura di non poterlo terminare: temevo di essere trasferito in un altro luogo. Quando sono arrivato al numero 1001 ho deciso di fermarmi: sono come le «mille e una notte »...
Nel 1980, in residenza obbligatoria a Giangxa, nel Viet Nam del Nord, ho scritto, sempre di notte e in segreto, il mio secondo libro, Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II, poi il mio terzo libro, I pellegrini del cammino della speranza:
« Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore ».
Gli apostoli avrebbero voluto scegliere la via facile: « Signore, lascia andare la folla, così che possa procurarsi il cibo... ». Ma Gesù vuole agire nel momento presente: «Date loro da mangiare voi stessi» (Lc 9,13). Sulla croce, quando il ladrone gli ha detto: «Gesù, ricordati di me, quando verrai nel tuo regno », egli ha risposto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,42-43). Nella parola« oggi» sentiamo tutto il perdono, tutto l'amore di Gesù.
Padre Massimiliano Kolbe viveva questo radicalismo quando ripeteva ai suoi novizi: « Tutto, assolutamente, senza condizione ». Ho sentito Dom Helder Camara dire: «La vita è imparare ad amare ». Una volta, Madre Teresa di Calcutta mi ha scritto: «L'importante non è il numero di azioni che facciamo, ma l'intensità di amore che mettiamo in ogni azione ».
Come attingere questa intensità di amore nel
momento presente? Penso che devo vivere ogni giorno, ogni minuto come l'ultimo della mia vita. Lasciare tutto ciò che è accessorio, concentrarmi soltanto sull'essenziale. Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefonata, ciascuna decisione è la cosa più bella della mia vita, riservo a tutti il mio amore, il mio sorriso; ho paura di perdere un secondo, vivendo senza senso...
Ho scritto nel libro Il cammino della speranza: «Per te, il momento più bello è il momento presente (cfr. Mt 6,34; Gc 4,13-15). Vivilo appieno nell' amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se sarà come un cristallo formato da milioni di tali momenti. Vedi come è facile?» (CS, n. 997).
Carissimi giovani, nel momento presente Gesù ha bisogno di voi. Giovanni Paolo II vi chiama, insistente, ad affrontare le sfide del mondo di oggi: « Viviamo in un' epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all'usura del tempo e nel pianeta si vanno ridisegnando confini e frontiere. L'umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata (Mt 9,36), ma la parola di Dio non tramonta; percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa (Mt 24,35). La fede della Chiesa è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (Eb 13,8)» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 2).
Preghiera
IN PRIGIONE, PER CRISTO
Gesù,
ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta,
sono stato arrestato.
Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang
quattrocentocinquanta chilometri di distanza
in mezzo a due poliziotti,
ho cominciato l'esperienza di una vita di carcerato.
Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione,
il mio cuore lacerato
per essere allontanato dal mio popolo.
Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura:
«E stato annoverato tra i malfattori
- et cum iniquis deputatus est» (Lc 22,37).
Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthiet, Nhatrang:
con tanto amore verso i miei fedeli,
ma nessuno di loro sa che il loro Pastore
sta passando,
la prima tappa della sua Via crucis.
Ma in questo mare di estrema amarezza,
mi sento più che mai libero. Non ho niente con me,
neanche un soldo, eccetto il mio rosario
e la compagnia di Gesù e Maria.
Sulla strada della prigionia ho pregato:
«Tu sei il mio Dio e il mio tutto
».
Gesù,
ormai posso dire come san Paolo:
«Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione
- ego Franciscus, vinctus Jesu Christi pro vobis» (Ef 3,1).
Nel buio della notte
in mezzo a questo oceano di ansietà, d'incubo,
piano piano mi risveglio:
«Devo affrontare la realtà
».
«Sono in prigione,
se aspetto il momento opportuno
per fare qualcosa di veramente grande,
quante volte nella vita mi si presenteranno
simili occasioni?
No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno,
per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario
».

Gesù,
io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore.
La linea retta
è fatta di milioni di piccoli punti uniti uno all'altro.
Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all'altro.
Dispongo perfettamente ogni singolo punto
e la linea sarà retta.
Vivo con perfezione ogni minuto
e la vita sarà santa.
Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranza.
La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza.
Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo.
Ogni minuto voglio dirti:
Gesù, ti amo,
la mia vita è sempre una «nuova ed eterna alleanza» con te.
Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa:
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo...
Residenza obbligatoria
a Cây-Vông (Nhatrang, Centro Viet Nam),
16 agosto 1975,
all'indomani dell'Assunzione di Maria

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van thuan

domenica, 01 marzo 2009

«Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo»
(Mt 1, 1)
***
Il presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace commenta la genealogia di Gesù secondo il Vangelo di Matteo
di François Xavier Nguyên Van Thuân

L’evangelista Matteo inizia la sua testimonianza su Gesù con queste parole: «Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo...» (Mt 1, 1).
      Quando nelle celebrazioni liturgiche ricorre questo brano evangelico, non di rado sentiamo un certo imbarazzo. C’è chi considera la lettura di tale testo come un esercizio senza significato, quasi un arido elenco di nomi, su cui è difficile costruire prediche ad effetto piene di riflessioni spirituali. Altri lo leggono di corsa, rendendolo incomprensibile ai fedeli; altri ancora ne tagliano alcuni pezzi, abbreviandolo.
      Per me che sono vietnamita, e in generale per tutti noi asiatici, la memoria dei nostri antenati è una cosa a cui teniamo molto. Seguendo la nostra cultura, spesso nelle nostre case conserviamo con pietà e devozione il libro della nostra genealogia familiare. Io stesso conosco i nomi di 15 generazioni dei miei antenati, fin dal 1698, quando la mia famiglia ha ricevuto il santo battesimo. Quando ripenso alla mia genealogia, mi accorgo di appartenere ad una storia che è più grande di me. E colgo con maggior profondità il senso della mia propria storia.
      Per questo ringrazio la santa madre Chiesa che, almeno due volte all’anno, nel tempo dell’Avvento e nella festa della Natività di Maria, fa risuonare durante le nostre celebrazioni liturgiche, fin nella più sperduta cappellina cattolica, i nomi di quegli uomini che hanno avuto, secondo il misterioso disegno di Dio, un ruolo importante nella storia della salvezza e nella realtà del popolo d’Israele.
      Sono convinto che le parole del documento della genealogia di Gesù Cristo esprimono qualcosa di essenziale dell’Antica e della Nuova Alleanza, hanno a che fare con il cuore del mistero della salvezza che ci trova uniti tutti – cattolici, ortodossi e protestanti.
      Questo brano della Scrittura ci schiude il mistero della storia della salvezza come mistero della misericordia. Esso ci richiama a quanto proclama la Vergine Maria nel Magnificat, il suo cantico profetico che la Chiesa ripete ogni giorno nella lode del vespro: il disegno misericordioso e fedele di Dio si è compiuto secondo la promessa fatta «ad Abramo e alla sua discendenza per sempre» (Lc 1, 55). Davvero, la misericordia di Dio si estende e si estenderà di generazione in generazione, «perché eterna è la sua misericordia» (cfr. Sal 100, 5; 136).
      Il Libro della genealogia di Gesù Cristo si articola in tre parti. Nella prima sono nominati i patriarchi; nella seconda i re prima dell’esilio di Babilonia; nella terza i re venuti dopo l’esilio.

      Ciò che colpisce in primo luogo nella lettura del testo è il mistero della predilezione, della scelta da parte di Dio. Dio fa misericordia perché è libero. Il suo è un dono gratuito incomprensibile ai parametri del calcolo umano, tanto da apparire a volte scandaloso.
      Così, nel Libro della genealogia di Gesù Cristo appare che Abramo, invece di scegliere il primogenito Ismaele, figlio della schiava Agar, ha scelto Isacco, il secondogenito, figlio della promessa, figlio della moglie Sara («In Isacco ti sarà data una discendenza»). Come notava l’esegeta Erik Peterson: «La generazione carnale non costituisce, da sola, la razza di Abramo nel senso della promessa divina, ma sono figli di Abramo quelli ai quali il nome di Dio è dato in sovrappiù [...]. Non vi è vera filiazione se non là dove c’è la promessa».
      A sua volta, Isacco voleva benedire il primogenito Esaù ma, alla fine, ha benedetto piuttosto Giacobbe, secondo il misterioso disegno di Dio.
      Giacobbe non trasmette la continuità familiare della stirpe che avanza storicamente verso il Messia, né a Ruben, il primogenito, né a Giuseppe, il più amato, il migliore di tutti, colui che ha perdonato i suoi fratelli e li ha salvati dalla fame in Egitto. La scelta è caduta su Giuda, il quarto figlio, che pure insieme agli altri fratelli aveva venduto Giuseppe ai mercanti che lo avevano condotto in Egitto.
      Il mistero sorprendente della libera scelta degli antenati del Messia da parte di Dio incomincia a sollecitare la nostra attenzione. Questa pagina illumina anche il mistero della nostra elezione, di come è capitato anche a noi di diventare, per grazia, cristiani. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15, 16). Non siamo stati scelti a causa dei nostri meriti, ma solamente a causa della sua misericordia. «Ti ho amato di amore eterno», dice il Signore (Ger 31, 3). Questa è la nostra sicurezza. «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato» (Is 49, 1). È questo il nostro unico vanto: la consapevolezza di essere stati gratuitamente chiamati e scelti. «Egli solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi, i principi del suo popolo» (Sal 113, 7-8).
      Infatti, se consideriamo i nomi dei re presenti nel documento della genealogia di Gesù, possiamo constatare che prima dell’esilio solo due di essi sono stati fedeli a Dio: Ezechia e Giosia. Gli altri sono stati idolatri, immorali, assassini.
      Anche nel periodo dopo l’esilio, fra i numerosi re nominati, troviamo solo due personaggi che sono rimasti sempre fedeli al Signore: Salatiel e Zorobabele. Gli altri sono o pubblici peccatori o figure sconosciute.
      In Davide, il più famoso fra i re che hanno dato i natali al Messia, si intrecciano fedeltà a Dio, peccati e delitti: con amare lacrime egli confessa nei suoi salmi i peccati di adulterio e il crimine di assassinio, specialmente nel Salmo 50, che nella liturgia della Chiesa cattolica è diventato preghiera penitenziale.
      Anche le donne che Matteo nomina all’inizio del suo Vangelo come madri che trasmettono la vita, dal grembo della benedizione di Dio, ci colpiscono per le loro storie. Sono donne che si trovano tutte in una situazione irregolare e di disordine morale: Tamar è una peccatrice, che con l’inganno ha avuto un’unione incestuosa col genero Giuda; Raab è la prostituta di Gerico, che accoglie e nasconde le due spie israelitiche inviate da Giosuè, e viene ammessa nella comunità israelita; Rut una straniera; della quarta donna non si dice il nome, si dice soltanto «quella che era stata moglie di Uria». Si tratta di Betsabea, la compagna di adulterio di David.
      Scriveva il grande poeta francese
Charles Péguy, che mi è molto caro: «Bisogna riconoscerlo, la genealogia carnale di Gesù è spaventosa. Pochi uomini hanno avuto forse tanti antenati criminali, e così criminali. Particolarmente così carnalmente criminali. È in parte ciò che dà al mistero dell’Incarnazione tutto il suo valore, tutta la sua profondità, un arretramento spaventoso. Tutto il suo impeto, tutto il suo carico di umanità. Di carnale. Quantomeno per una parte, e per una gran parte».
      Perché
il fiume di queste generazioni umane, gonfio di peccati e di crimini, diventa una sorgente di acqua limpida man mano che ci avviciniamo alla pienezza dei tempi: con Maria, la Madre, ed in Gesù, il Messia, vengono riscattate tutte le generazioni.
      Questa lista di nomi di criminali, di adultere e di meretrici che Matteo evidenzia nella stirpe umana di Gesù non scandalizzi noi poveri peccatori. Essa fa risaltare il mistero della misericordia di Dio. Anche nel Nuovo Testamento, Gesù ha scelto Paolo, che lo ha perseguitato, e Pietro, che lo ha rinnegato, al quale erano così devoti i cristiani lapsi dei primi tempi, quelli che nei momenti più duri delle persecuzioni, per paura, avevano ceduto alle pressioni, abiurando la propria fede. Pietro e Paolo, un rinnegato e uno zelante persecutore, sono le colonne della Chiesa. In questo mondo, se un popolo scrive la sua storia ufficiale, di regime, parlerà delle sue vittorie, dei suoi eroi, della sua grandezza. È un caso unico, mirabile e stupendo, trovare un popolo che nella sua storia ufficiale non nasconde i peccati dei suoi antenati.
      Con il parto mirabile e stupendo di Maria, che celebriamo nella festa del Natale, il Regno è venuto, la pienezza dei tempi è già arrivata. Ma Gesù afferma che il Regno sta crescendo lentamente, di nascosto, come un granello di senape. Tra la pienezza e la fine dei tempi, la Chiesa è in cammino come popolo della speranza.
      Scriveva ancora Charles Péguy: «La fede che mi piace di più è la speranza».
     
È questa la nostra grande chiamata. Non per nostro merito, ma «perché eterna è la sua misericordia». Oggi, come nei tempi dell’Antico e del Nuovo Testamento, Dio agisce nei poveri di spirito, negli umili, nei peccatori che per il dono libero della sua predilezione si convertono a lui con tutto il cuore, trovando felicità oltre ogni attesa.


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van thuan

lunedì, 02 febbraio 2009

Nguyen Van Thuan.
Il cardinale martire
***
Era vescovo a Saigon. Dopo la "liberazione" fu imprigionato per tredici anni. Storia non conformista d´un grande testimone della fede

di Sandro Magister



L´uomo che vedi qui sopra, ritratto dal grande fotografo Marco Delogu, è il cardinale vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. È morto a Roma lunedì 16 settembre 2002. Aveva 74 anni.

La storia della sua vita ha la freschezza degli antichi atti dei martiri. Eppure è modernissima. Anticipatrice. Così avanti sui tempi che ancor oggi pochi, troppo pochi, nell´Occidente laico e cristiano, sanno guardare con occhi di giustizia alla nazione nella quale egli è nato.

Perché il Vietnam è tabù, da quando è stato "liberato". A Roma c´Ã¨ voluta una pattuglia di radicali controcorrente per indire una manifestazione, sabato 21 settembre, a favore della libertà vera in quel paese.

Nguyên Van Thuân era da pochi giorni arcivescovo coadiutore di Saigon, nel 1975, quando la città cadde in potere dei comunisti del nord.

E subito fu messo in prigione. Perché nipote dell´ucciso, famigerato presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem.

Ma egli non era che l´ultimo di una genealogia che aveva dato al Vietnam non una schiera di despoti, ma di testimoni della fede.

Nel 1885 tutti gli abitanti del villaggio di sua madre erano stati bruciati nella chiesa parrocchiale, eccetto suo nonno, che in quel tempo studiava in Malesia. E prima ancora, tra il 1698 al 1885, i suoi antenati paterni furono vittime di molte persecuzioni. Il suo bisnonno paterno, insieme con gli altri familiari, era stato forzatamente assegnato a una famiglia non cristiana in modo che perdesse la fede. E raccontava questa vicenda al giovane François Xavier. Gli narrava che ogni giorno, all'età di 15 anni, faceva a piedi 30 chilometri per portare a suo padre, in prigione perché cristiano, un po' di riso e un po' di sale.

Sua mamma Elisabeth lo aveva educato cristianamente fin da quando era piccolino. Ogni sera gli insegnava le storie della Bibbia e gli raccontava le vicende dei martiri, specialmente dei suoi antenati.

Finché toccò a lui. Impadronitisi di Saigon, i comunisti lo accusarono d´essere parte di un «complotto tra il Vaticano e gli imperialisti». Il 15 agosto 1975, festa dell'Assunta, lo arrestarono. Aveva solo la tonaca e il rosario in tasca. Ma già nel mese di ottobre cominciò a scrivere messaggi dal carcere, su foglietti che gli procurava di nascosto un bambino di 7 anni, Quang.

Visse in prigione per tredici anni, senza giudizio né sentenza. Da Saigon fu prima trasferito in catene a Nha Trang. Quindi al campo di rieducazione di Vinh-Quang, sulle montagne. Passò momenti durissimi, come il viaggio su una nave con 1500 prigionieri affamati e disperati.

Poi il lungo isolamento, durato nove anni. C'erano due guardie solo per lui. In carcere non poté portare con sé la Bibbia. Allora raccolse tutti i pezzetti di carta che trovava e compose un minuscolo libro sul quale trascrisse più di 300 frasi del Vangelo che ricordava a memoria. Celebrava messa ogni giorno con il palmo della mano a far da calice, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua. Il vino se l´era procurato così. Appena arrestato gli avevano permesso di scrivere una lettera per chiedere ai parenti le cose più necessarie. Domandò allora un po' di medicina per digerire. I famigliari compresero il significato vero della richiesta e gli mandarono una bottiglietta con il vino della messa e con l'etichetta: «medicina contro il mal di stomaco». Le briciole di pane consacrato le conservava in pacchetti di sigarette.

Era in isolamento ad Hanoi quando una ufficiale della polizia gli portò un piccolo pesce che lui avrebbe dovuto cucinare. Il pesce era avvolto in due pagine dell'"Osservatore Romano", che la polizia usava requisire quando arrivava per posta. Senza farsi notare egli lavò bene quei due fogli e li fece asciugare al sole, conservandoli quasi come una reliquia. Nell'isolamento della prigione, quelle due pagine erano per lui un segno di unione con Roma e la cattedra di Pietro.

Durante l'isolamento era solito dire la messa intorno alle 3 del pomeriggio, l'ora di Gesù sulla croce. Tutto da solo, cantava la messa in latino, in francese e in vietnamita. Cantava anche gli inni come il Te Deum, il Pange Lingua, il Veni Creator Spiritus.

La sua bontà, il suo amore anche per i nemici, colpiva non poco le guardie. Sulle montagne di Vinh Phù, nella prigione di Vinh Quang, chiese una volta a una guardia il permesso di tagliare un pezzetto di legno a forma di croce. E quello lo accontentò. In un'altra prigione chiese alla guardia un pezzo di filo elettrico. Temendo che volesse suicidarsi, l'agente si spaventò. Ma Nguyen Van Thuân gli spiegò che voleva fare semplicemente una catenella per portare la sua croce. Dopo tre giorni la guardia ricomparve con un paio di pinze e insieme composero una catenella. Da quella croce e da quella catena Nguyen Van Thuân non si separò più. Le portò sempre al collo, anche dopo la sua liberazione, avvenuta il 21 novembre 1988. E anche dopo il suo esilio forzato a Roma, nel 1991, e la sua nomina a cardinale, nel 2001.

E sempre con quella povera croce sul petto è morto, lunedì 16 settembre.



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van thuan

lunedì, 13 ottobre 2008

L Ave Maria
 ***
“In quei terribili anni di isolamento, i più duri della mia vita – ha ricordato spesso il Prelato vietnamita -, vedevo solo due guardie che avevano l'ordine di non rivolgermi parola. Mi sentivo abbandonato da tutti e ho provato la stessa sofferenza di Gesù, solo sulla Croce. Ho pensato ai miei parrocchiani, ai fedeli, ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi che erano fuori, anche loro abbandonati e nella sofferenza, molti uccisi. In quell'abisso della mia debolezza, fisica e mentale, ho ricevuto la Grazia della Madonna. Non potevo più celebrare, ma ho recitato centinaia di volte l'Ave Maria, e la Madonna mi ha dato la forza di essere unito a Gesù inchiodato sulla Croce: ho sentito come Gesù abbia potuto salvare l'Umanità, lì, solo sulla Croce, nell'immobilità assoluta.
Le guardie poco a poco mi capirono. Diventammo amici. Mi aiutarono. Mi permisero di tagliare un pezzo di legno in forma di Croce. Lo nascosi nel sapone. Mi tagliai un pezzo piccolo piccolo di filo elettrico. Mi prestarono due piccole tenaglie. Mi aiutarono a lavorarlo. Questa Croce che porto è fatta con il legno della prigione e quel filo elettrico! Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l'evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l'amore verso Dio".
Servo di Dio Cardinale François Xavier Nguyen Van Thuan


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preghiere, maria, van thuan

domenica, 14 settembre 2008

Il miracolo

 di Van Thuan

             ***
François Xavier Nguyen Van Thuan nasce ad Hue, in Vietnam, il 17 aprile 1928.
Viene ordinato sacerdote nel giugno del 1953 e, dopo la laurea in diritto canonico conseguita a Roma nel 1959, torna in Vietnam, dove diviene vescovo di Nha Trang nel 1967.
Il 24 aprile 1975 viene nominato arcivescovo di Saigon, ma solo pochi mesi dopo,
il 15 agosto viene arrestato ed imprigionato dai dirigenti del regime comunista.
Trascorrerà tredici anni in prigione, di cui ben nove in isolamento.
Scarcerato il 21 novembre 1988 ed espulso dal paese, tornerà a Roma, dove sarà nominato presidente del Pontificio Consiglio "Giustizia e Pace".
Nominato cardinale nel 2001, conclude la sua avventura terrena il 16 settembre 2002, a seguito di lunga e dolorosa malattia.

Nel 2000 Giovanni Paolo II lo aveva chiamato a tenere gli esercizi spirituali quaresimali della Curia Romana. Van Thuan rimase perplesso di fronte alla richiesta del papa: "Santo Padre, cado delle nuvole, sono sorpreso. Forse potrei parlare della speranza ?".
"Porti la sua testimonianza !" fu la risposta del papa.
Questi che seguono sono stralci di essa.
Un cammino di croce e resurrezione, come quello che ci apprestiamo a rivivere in questi giorni di preparazione alla Pasqua.


IN PRIGIONE

Il 15 agosto 1975, festa dell’Assunta, a Saigon sono stato invitato a recarmi al Palazzo dell’Indipendenza. Là sono stato arrestato. Erano le 14.00. In quel momento tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose erano stati convocati al Teatro dell’Opera, allo scopo di evitare ogni reazione da parte del popolo. Inizia così per me una nuova e specialissima tappa della mia lunga avventura.
Sono partito da casa vestito con la tonaca, con un rosario in tasca. Durante il viaggio verso la prigione, mi rendo conto che sto perdendo tutto. Non mi resta che affidarmi alla Provvidenza di Dio. Pur in mezzo a tanta ansia, sento una grande gioia: oggi è la festa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo.
Da quel momento è vietato chiamarmi vescovo, padre… Sono il signor van Thuan. Non posso più portare nessun segno della mia dignità. Senza preavviso, mi viene chiesto, anche da parte di Dio, un ritorno all’essenziale”.
“Durante la mia lunga tribolazione di nove anni di isolamento, in una cella senza finestre, a volte sotto la luce elettrica per molti giorni, a volte nell’oscurità, mi sentivo soffocare per il caldo e l’umidità, al limite della pazzia. Ero ancora un giovane vescovo, con otto anni di esperienza pastorale. Non riuscivo a dormire, ero tormentato al pensiero di dover abbandonare la diocesi, di lasciar andare in rovina tante opere che avevo avviato per Dio. Sperimentavo come una rivolta in tutto il mio essere.
Una notte, dal profondo del cuore una voce mi disse: “Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che hai compiuto e desideri continuare a fare, è un’opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutto ciò, fallo subito, e abbi fiducia in lui! Dio farà le cose infinitamente meglio di te. Egli affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere!”. …Da quel momento una nuova forza ha riempito il mio cuore e mi ha accompagnato per 13 anni. Sentivo la mia debolezza umana, rinnovavo questa scelta di fronte alle situazioni difficili, e la pace non mi è mai mancata”.
TESTIMONE DI SPERANZA
“Dopo il mio arresto, vengo portato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang, un viaggio di 450 km, in mezzo a due poliziotti. Ha inizio l’esperienza di una vita da carcerato: non ho più orario.
In quei giorni, in quei mesi tanti sentimenti confusi mi arrovellano la mente: tristezza, paura, tensione. Il mio cuore è lacerato per la lontananza dal mio popolo. Nel buio della notte, in mezzo a questo oceano di angoscia, piano piano mi risveglio: “Devo affrontare la realtà. Sono in prigione. Se aspetto il momento opportuno per fare qualcosa di veramente grande, quante volte mi si presenteranno simili occasioni? C’è una sola cosa che arriverà certamente: la morte. Occorre afferrare le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in modo straordinario”. Nelle lunghe notti in prigione, mi rendo conto che vivere il momento presente è la via più semplice e più sicura alla santità”.
“Io non aspetterò - mi sono detto -. Voglio vivere il momento presente, colmandolo di amore.
Il cammino della speranza è fatto di piccoli passi di speranza. La vita di speranza è fatta di brevi passi di speranza.
Ogni minuto voglio dirti: Gesù, ti amo, la mia vita è sempre una “nuova ed eterna alleanza con te”.
“Quando avevo perso tutto ed ero in prigione, ho pensato di prepararmi un vademecum che mi potesse consentire di vivere anche in quella situazione la Parola di Dio. Non avevo né carta né quaderni, ma la polizia mi forniva dei fogli sui quali avrei dovuto scrivere le risposte alle tante domande che mi facevano. Allora, a poco a poco, ho cominciato a sottrarre alcuni di questi pezzi di carta e sono riuscito a fare una minuscola agenda sulla quale giorno per giorno ho potuto scrivere, in latino, più di 300 frasi della sacra Scrittura che ricordavo a memoria. La Parola di Dio, così ricostruita, è stata il mio vademecum quotidiano, il mio scrigno prezioso da cui attingere forza e alimento”.
“Nella prigione di Phu-Khanh, i cattolici dividevano il Nuovo Testamento, che avevano portato di nascosto, in piccoli foglietti, se li distribuivano e li imparavano a memoria. Siccome il pavimento era di terra o di sabbia, quando sentivano i passi dei poliziotti, nascondevano la Parola di Dio sotto il suolo.
La sera, al buio, ognuno recitava a turno la parte che aveva imparato. Era impressionante e commovente sentire nel silenzio e nell’oscurità la Parola di Dio, il Vangelo vivo, recitato con tutta la forza d’animo da cristiani che lo vivevano sulla loro pelle".
"Quando sono stato arrestato, ho dovuto andarmene subito a mani vuote. L'indomani mi è stato permesso di scrivere ai miei per chiedere le cose più necessarie. Ho scritto tra l'altro: Per favore, mandatemi un po' di vino, come medicina contro il mal di stomaco. I fedeli hanno subito capito e mi hanno mandato una piccola bottiglia di vino per la Messa con l'etichetta: "Medicina contro il mal di stomaco" e delle ostie nascoste in una fiaccola contro l'umidità. Così ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d'acqua nel palmo della mano, ho celebrato la Messa. Era questo il mio altare ed era questa la mia cattedrale ! Era la vera medicina dell'anima e del corpo. Ogni volta avevo l'opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla croce con Gesù, di bere con lui il calice più amaro. Ogni giorno, recitando le parole della consacrazione, confermavo con tutto il cuore e con tutta l'anima un nuovo patto, un patto eterno fra me e Gesù, mediante il suo sangue mescolato al mio. Erano le più belle Messe della mia vita !"
L’ARTE DI AMARE
"Un giorno dovevo tagliare un bel po' di legname. Allora ho domandato ad una delle guardie:
“Mi permette di tagliare un pezzo di legno in forma di croce?”
“Ma perché?”
Ho detto semplicemente: “Per un ricordo! “
“ È vietato! “ - è stata la secca risposta – “Sì, lo so. Ma lei é mio amico”.
“ Ma se sarò scoperto, sarò punito !”.
“ È vero che io non posso fare questo davanti ai suoi occhi, ma lei chiuda gli occhi, non mi guardi. “
Allora è andato via, e così ho potuto tagliare un pezzo di legno in forma di croce che ho nascosto nel sapone finché sono stato in carcere.
Poi, quando fui rimesso in libertà, l'ho ricoperto con un po' di metallo ed è diventa­ta la mia croce di vescovo.
Più tardi in un'altra prigione presso Hanoi ho domandato ad un'altra guardia:
“ Lei può aiutarmi? “
“A fare cosa? “
“Voglio tagliare un pezzo di filo elettrico.”
Preoccupato, mi chiede: “ Lei vuole suicidarsi? “
No. Io devo vivere per portare avanti i valori del cristianesimo.
“Allora che cosa vuol fare? “
“ Una catena per portare la mia croce. “
“ Ma come si può fare una catena con filo elettrico? “
- Io posso farla. Mi presti due piccole tenaglie e glielo mostrerò.
È andato via senza dirmi niente. Pochi giorni dopo è tornato:
- Io non posso rifiutarle questo, perché lei è troppo buon amico. Domani è il mio turno di guardia dalle sette alle undici. Porterò il filo elettrico. Però abbiamo solo queste quat­tro ore. Dopo, se qualcuno viene e ci vede può denunciarci, per cui bisogna finire entro quel tempo.
Abbiamo finito effettivamente in quattro ore. Ed è questa catena che oggi sostiene la mia croce pettorale.
Ma non si tratta solo di un ricordo. Essa serve, adesso come allora, a rendere viva la chiamata di Gesù che abbiamo ascoltato nel vangelo appena letto: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati. Io ho dato la mia vita per voi. Date anche voi la vita per i vostri amici» (cf Gv 15, 12-13). È il segno del più grande amore".
MARIA
“Durante la marcia nelle tenebre da carcerato, ho pregato Maria con tutta semplicità: “Madre, se tu vedi che non potrò essere più utile alla tua Chiesa, concedimi la grazia di consumare la mia vita in prigione. Altrimenti, concedimi di uscire dalla prigione in una tua festa”.
Un giorno, mentre mi sto preparando il pranzo, sento squillare il telefono delle mie guardie. “Forse questa telefonata è per me! E’ vero, oggi è il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria al Tempio!”. Poco dopo una delle guardie viene e mi dice: “Dopo il pranzo si vesta bene. Andrà a vedere il capo”. In quel pomeriggio ho incontrato il Ministro degli Interni. “Lei ha un desiderio da esprimere?” “Sì, Signor Ministro, voglio la libertà”. “Quando?”. “Oggi”. Il Ministro mi guarda molto sorpreso. Spiego: “Signor Ministro, sono stato troppo a lungo in prigione. Sotto tre pontificati. Quello di Paolo VI, di Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II. E inoltre sotto quattro Segretari generali del Partito comunista sovietico”. Lui si mette a ridere e voltandosi verso il suo segretario dice: “Fate il necessario per esaudire il suo desiderio”. Esulto: Maria mi libera: Grazie a te, Madre! Buona festa!
LA LIBERTA’
"Quando sono stato nominato cardinale dal Santo Padre, ho sentito nel mio cuore: Io non sono degno, pregate per me. Nella grazia gratuita del Signore mi sento pieno della sua misericordia. Ho passato 13 anni in carcere. Adesso per me dare la vita significa lavorare nel servizio alla Chiesa e all'umanità nel dicastero Giustizia e Pace. In esso posso diminuire la miseria nel mondo, portare la pace, cancellare il debito, alleviare la fame e la malattia nel mondo".
CON GIOIA E CON AMORE
"C'è stato un fatto che per me fu impressionante. Tutta la corrispondenza che io potevo ricevere erano soltanto due lettere dalla mia mamma ogni anno. Ma un giorno mi è arrivata una lettera di Chiara Lubich. Non so come, ma è arrivata, la polizia me l'ha passa­ta. E' stata una grande gioia e sostegno, per­ché mi sono sentito in comunione con voi tutti pur essendo isolato e lontano".

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van thuan


Amare Gesù

nel momento presente

di Francois Xavier Nguyen VanThuanArcivescovo del Viet Nam
 ***
«Per una strana alienazione - ha scritto il grande teologo ortodosso Evdokimov - l'uomo di questo mondo vive nel passato, nei suoi ricordi o nell'attesa del suo avvenire; quanto al momento recente, egli cerca di evaderne, esercita il suo spirito inventivo per meglio "ammazzare il tempo".
Quest'uomo non vive nel qui e ora, ma in fantasticherie di cui è inconsapevole. (...) Il passato e il fu­turo, nella loro astratta dislocazione, sono insistenti, e non hanno accesso all'eternità; questa non converge che verso il momento presente e e non si dà che a chi si rende totalmente presente in quel momento. E’ solo in questi istanti che la si può raggiungere e vivere nell'immagine del pre­sente eterno» 1.
Vorrei, in questa meditazione, soffermarmi sul momento presente. E’ nel presente che inizia l'avv­entura della speranza. Esso è l'unico tempo che possediamo nelle nostre mani. Il passato è già pas­sato, il futuro non sappiamo se ci sarà. La nostra ricchezza è il presente.
Vivere il presente è la regola dei nostri tempi. Nei ritmi frenetici della nostra epoca, occorre fer­marsi nel momento presente come unica chance per «Vivere» veramente ed introdurre, sin d'ora, la no­stra vita terrena nel corso della vita eterna.


Via alla santità

Dopo il mio arresto, nell'agosto del 1975, ven­go trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang, un viaggio di 450 km, in mezzo a due po­liziotti. Ha inizio l'esperienza di una vita da carce­rato: non ho più orario. Un proverbio vietnamita dice: «Un giorno in prigione vale mille autunni in libertà». L'ho sperimentato: in prigione tutti aspet­tano la liberazione, ogni giorno, ogni minuto. 
In quei giorni, in quei mesi tanti sentimenti confusi mi arrovellano la mente: tristezza, paura, tensione. Il mio cuore è lacerato per la lontananza dal mio popolo. Nel buio della notte, in mezzo a questo oceano di angoscia, piano piano mi risve­glio: «Devo affrontare la realtà. Sono in prigione. Se aspetto il momento opportuno per fare qualco­sa di veramente grande, quante volte mi si presen­teranno simili occasioni? C'è una sola cosa che ar­riverà certamente: la morte. Occorre afferrare le oc­casioni che si presentano ogni giorno, per compiere ­azioni ordinarie in modo straordinario».
Nelle lunghe notti in prigione, mi rendo conto che vivere il momento presente è la via più semplic­e e più sicura alla santità. Nasce da questa convin­zione una preghiera:
«Gesù, io non aspetterò; vivo il momento presente, colmandolo di amore.
La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti uniti l'uno all'altro.
Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e minuti uniti l'uno all'altro.
Dispongo perfettamente ogni singolo punto e la linea sarà retta. Vivo con perfezione ogni minuto e la vita sarà santa.
Il cammino della speranza è fatto di piccoli passi di speranza. La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza.
Come te, Gesù, che hai fatto sempre ciò che píace al Padre tuo.
Ogni minuto voglio dirti: Gesù, ti amo, la mia Vita è sempre una "nuova ed eterna alleanza" con te.
Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo..
.».

Impegno e dono

Nel Vangelo, Gesù ci esorta sempre di nuovo a vivere il presente. Egli ci fa chiedere al Padre il pa­ne solo per «oggi» e ci ricorda che basta l'affanno di «ogni giorno» (cf. Mt 6, 34).
Egli ci interpella totalmente in ogni attimo. E allo stesso tempo ci fa dono di ogni cosa. Sulla cro­ce, al ladrone che gli dice: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno», risponde: «Oggi sarai con me in paradiso» (cf. Lc23, 42-43). In que­sta parola: «oggi» vi è tutto il perdono, l'amore di Gesù.
San Paolo accentua al massimo l'identificazio­ne con Cristo in ogni momento, al punto da creare una nuova terminologia assai espressiva: confixus cruci (Gal 2, 20), consepulti (Rm 6, 4; Col 2, 12), conmortui sumus, convivemus (2 Tm 2, 11; c£ 2 Cor 7, 3), consurrexistis (Col 3, 1). L'Apostolo parla del­l'unione di Gesù con noi come di una realtà inde­fettibile, una vita senza intervallo che impegna tut­to il nostro essere ed attende la nostra risposta: Cri­sto è morto ed è ritornato alla vita, per essere il Si­gnore dei morti e dei vivi. Per questo «sia che viviamo, sia che moriamo siamo del Signore» (cf. Rm 14, 8-9). «Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1 Cor 10, 31).
Nel Quarto Vangelo, questa dimensione cristo­logica si apre alla dimensione trinitaria: «Perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me» (Gv 17, 22-23).

“Nel presente «in sinu Dei»”

Tutti i santi e i grandi testimoni concordano sull'importanza del presente. Essi vivono uniti a Gesù ciascun momento della loro vita, secondo il proprio ideale incarnato nel loro essere. Per Igna­zio di Loyola è Ad maiorem Dei gloriam, per Elisa­betta della Trinità In laudem gloriae, per Giovanni Bosco Da mihi animas, per Madre Teresa è Miseri­cordia. Per Raul Follereau è Gesù nei lebbrosi, per Jean Vanier Gesù negli handicappati mentali.
Impersonando, nell'attimo presente, il loro ideale, i santi vivono una vita che si realizza nella sua essenza.
Scrive san Paolo della Croce:
«Fortunata l'anima che riposa in sinu Dei, sen­za pensare al futuro, ma procura di vivere momen­to per momento in Dio, senz'altra sollecitudine che di far bene la sua volontà in ogni evento
» 2.
E Teresa di Lisieux afferma:
«La mia vita è un baleno, un'ora che passa, è un momento che presto mi sfugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi»
3.
«Chi conosce la via della santità - dice una grande figura spirituale del nostro tempo - torna e ritorna appassionatamente all'ascetica che essa ri­chiede: vivere in Dio nell'attimo presente della vita. Così si è completamente alienati da tutto ciò che non è Dio e immersi in Dio ovunque Egli è presen­te. Allora la nostra vita non è più tanto "esistere", ma pienamente "essere", perché Dio, Colui che è, è in essa»4.

Discernere la voce di Dio

Discernere tra le varie intime voci quella di Dio (cf. GS 16), per compiere nel presente il suo volere, è un continuo esercizio, cui i santi si sono docil­mente sottoposti. Ed in questo continuo esercizio, il discernimento si fa sempre più facile perché la voce di Dio dentro di noi si amplifica, si irrobustisce.
Alle volte non è semplice. Ma se crediamo al­l'amore di Dio possiamo compiere con tranquillità quella che pensiamo essere la sua volontà, con la fi­ducia che, se non lo è, Egli ci rimetterà sul giusto binario.
«Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo dise­gno», ricorda Paolo ai Romani (Rm 8, 28).
E Raissa Maritain scrive: «I doveri di ogni istante sotto le oscure apparenze nascondono la ve­rità del divino volere; essi sono come i sacramenti del momento presente» 5.
Origene ci lascia questo bel consiglio: «Non è in un luogo che bisogna cercare il santuario, ma negli atti, nella vita e nei costumi. Se essi sono secon­do Dio, se si conformano ai comandi di Dio, poco importa perfino che tu sia in casa o in piazza: che dico "in piazza"? Poco importa perfino che tu ti trovi in teatro: se stai servendo il Verbo di Dio tu sei nel santuario, non avere alcun dubbio» 6.

Come colmare ogni momento d'amore

Quando ero costretto alla residenza obbligato­ria nel villaggio di Cay Vong, sotto la sorveglianza della polizia, giorno e notte mi sentivo ossessionato dal pensiero: «Popolo mio! Popolo mio che amo ,tanto: gregge senza pastore! Come posso entrare in contatto con il mio popolo, proprio nel momento in cui hanno più bisogno del loro pastore? Le li­brerie cattoliche sono state confiscate, chiuse le scuole; le suore, i religiosi insegnanti sono dispersi; alcuni vanno a lavorare nei campi di riso, altri si trovano nelle "regioni di nuova economia" in mez­zo al popolo, nei villaggi. La separazione è uno choc che distrugge il mio cuore.
Io non aspetterò - mi sono detto -. Voglio vi­vere il momento presente, colmandolo di amore; ma come?».
Una notte viene una luce: «Francesco, è molto semplice. Fai come san Paolo quando era in prigio­ne: scriveva lettere a varie comunità». 
La mattina seguente, ho fatto un cenno a un ra­gazzo di sette anni, Quang, che ritornava dalla mes­sa alle 5, ancora nel buio, e gli ho chiesto: «Di' a tua mamma di comprare per me vecchi blocchi di ca­lendari». A tarda sera, di nuovo al buio, Quang mi ha portato i calendari e tutte le notti di ottobre e di novembre 1975 ho scritto alla mia gente il mio mes­saggio dalla prigionia. Ogni mattina il ragazzo veni­va a prendere i fogli per portarli a casa e far rico­piare il messaggio dai suoi fratelli e dalle sue sorel­le. È nato così il libro Il cammino della speranza, pubblicato ora in 11 lingue. 
Nel 1989, quando sono finalmente uscito dalla prigione, ho ricevuto una lettera di Madre Teresa, con queste parole: «Non è il numero delle nostre attività che importa, ma l'intensità di amore che mettiamo in ogni azione».

Quell'attimo che sarà l'ultimo

Vivere attimo per attimo con intensità è il se­greto per saper vivere bene anche quell'attimo che sarà l'ultimo. Scrive Paolo VI nel suo «Pensiero al­la morte»:
«Non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente il dovere ri­sultante dalle circostanze in cui mi trovo, come Tua volontà. Fare presto. Fare tutto. Fare bene. Fare lietamente: ciò che ora Tu vuoi da me, anche se su­pera immensamente le mie forze e se mi chiede la vita. Finalmente, a quest'ultima ora»
7.
Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefo­nata, ciascuna decisione, devono essere la cosa più bella della nostra vita. Riserviamo a tutti il nostro amore, il nostro sorriso, senza perdere un secondo.
Ogni attimo della nostra vita sia
l'attimo primo
l'attimo ultimo
l'attimo unico.
Vorrei concludere questa meditazione con una preghiera della santa suor Faustina Kowalska:
«Se guardo il futuro, m'investe la paura,
Ma perché inoltrarsi nel futuro? Mi è cara soltanto l'ora presente,
perché il futuro forse non albergherà nella mia anima.
Il tempo passato non è in mio potere
Per cambiare, correggere o aggiungere qualche cosa.
Né i sapienti, né i profeti han potuto far questo.
Affidiamo pertanto a Dio ciò che appartiene al passato.
O momento presente, tu mi appartieni com­pletamente,
Desidero utilizzarti per quanto è in mio potere (...)
Perciò, confidando nella Tua Misericordia,
Avanzo nella vita come un bambino,
 E ogni giorno Ti offro il mio cuore
Infiammato d'amore per la Tua maggior glo­ria» 8.
1 1 P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, Bologna 1968, 257-258.
2 San Paolo della Croce, Lettere, I, Roma 1924, pp. 645-646.
3 Teresa di Lisieux, (Poésie) Mon chant d'Aujourd'hui, in: (Euvres complètes, Paris 1996, pp. 645-646.
4 Chiara Lubich, Scritti Spirituali/2, Roma 19843, p. 129.
5 Diario di Raissa, a cura di J. Maritain, Brescia 1968, p. 146. 6 Omelia sul Levitico, 12, 4: SC 287, 182.
6 Omelie sul Levitico, 12,4:SC287,182
7 Paolo VI, Pensiero alla morte, in: « L; Osservatore Roma­no», 5 agosto 1979, p. 5.
8 Davanti a Lui. Pagine dal Diario, Milano 1999, pp. 31-32.
 F. X. Nguyen Van Thuan, Testimoni della Speranza - Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Giovanni Paolo II, Edizioni Città Nuova, Roma, 2000, pp. 71-80


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van thuan

giovedì, 20 marzo 2008

Un vero padre,
 trasparenza dell'unico Padre celeste rivelato dal buon pastore Gesù
***
 
“Voglio ricordare in proposito un piccolo episodio di cui sono venuto a conoscenza. Un giorno due preti giovani, francesi, passavano per piazza san Pietro per andare all'udienza privata dal Santo Padre.
Un barbone li ferma e chiede loro: "Dove andate?". Alla risposta "dal Santo Padre" egli aggiunge: "Posso mandare un messaggio al Papa? Ditegli che qui c'è un prete rinnegato: io".
I due giovani preti, giunti in presenza del Papa, glielo hanno riferito. Il Papa invece di dimostrare la sua tristezza, la sua scontentezza per questo, ha subito detto ai due preti di andare a cercare il barbone e portarlo da lui. Essi lo hanno cercato, ma era sparito, era andato altrove, e cercare un barbone nella città di Roma non è certo facile.
Lo hanno cercato per molti giorni e alla fine lo hanno trovato.
Si sono presentati alla guardia svizzera per salire dal Papa. Naturalmente in mancanza di un biglietto di autorizzazione, i gendarmi hanno fatto difficoltà, fin quando una telefonata del segretario del Santo Padre ha autorizzato la visita.
Quel barbone tutto sporco, ricoperto di cenci, è andato dal Santo Padre così, nello stato in cui era. Appena il Papa l'ha visto e ha sentito che i due giovani francesi lo presentavano come un prete, si è inginocchiato e gli ha detto: "Padre, tu hai la facoltà per farlo, io desidero confessarmi".
I due giovani preti, sconvolti, sono usciti. Solo Dio conosce il dialogo che si è svolto tra il Papa e quel prete barbone. Così agisce un padre!
Noi diciamo che questo Papa è grande perché ha viaggiato tanto, più che se fosse andato sulla Luna. Ma è grande soprattutto per il suo amore di padre, ha fatto riscoprire la sua identità a quel rinnegato, gli ha ricordato che il sigillo dell'ordinazione era ancora dentro di lui. Dunque è un vero padre, trasparenza dell'unico Padre celeste rivelato dal buon pastore Gesù.
Card. F.X.N. Van Thuan da: Gioia di essere con Cristo padri e pastori

                                                                                 

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giovanni paoloii, van thuan


La formazione cristiana
 fonte di vita gioiosa
***
“Sulla base della mia esperienza posso affermare che la formazione teologica e spirituale è fondamentale per vivere nel tempo la fedeltà al dono che ci è stato affidato. Negli anni in cui sono stato privato di tutto, perfino della possibilità di leggere qualcosa, mi sono tornate continuamente nella mente e nel cuore i capisaldi della mia formazione di cristiano, di sacerdote e di vescovo. Senza l'assimilazione profonda di quei valori, primo fra tutti l'amore per la verità e l'esigenza di obbedire a Dio e di piacergli in tutto, forse non sarei sopravvissuto.
Molti dei miei compagni di carcere, incapaci di perdonare a chi ci faceva del male, sono morti anche dopo la liberazione per le conseguenze dell'ira accumulata e dei traumi subiti. Non erano isolati, vivevano in compagnia di altri, ma tornati a casa, dalla famiglia che li aspettava con ansia, rimanevano in un angolo, traumatizzati, e pieni di astio contro i parenti che non avevano fatto di tutto per liberarli prima, contro il governo, contro i comunisti; siccome non possono vendicarsi, odiano. Questo fa loro male e dopo pochi mesi muoiono.
Perdonando sempre tutti, cercando di amare tutti e di mettere così in pratica la vita a cui ero stato formato, non solo sono sopravvissuto ma sono rimasto nella pace e nella gioia
. Ecco perché mi sembra che
dobbiamo curare sempre la nostra formazione e quella dei giovani che si preparano al sacerdozio: se le fondamenta sono buone, la casa regge tutti i colpi della vita e se la manutenzione è accorta essa resterà sempre bella e capace di accogliere e donare la vita.”
Card. F.X.N. Van Thuan da:Gioia del dono di una Chiesa di comunione

                                                                                                     a P.

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cristianesimo, van thuan

martedì, 18 marzo 2008

I difetti di Gesù
***
Introduzione     Card. François-Xavier Nguyen Van Thuan
Aveva un sorriso coinvolgente, pieno di pace e serenità quando mi disse:
"Se il Signore mi concederà la vita, potrei guidare tutto il ritiro?".
"Io gli avevo chiesto soltanto di dirigere la conferenza introduttiva e risposi con gratitudine: "Eminenza, questo sarebbe meraviglioso!"
Così, nel febbraio 2002, a guidare gli Esercizi Spirituali per un gruppo di 50 sacerdoti, fu il Card. François-Xavier Nguyen Van Thuan, venuto a mancare a Roma, all'età di 74 anni, lo scorso 16 settembre.
Nato il 17 aprile 1928, a Phu Cam, un paesino della provincia di Hue, in Vietnam, era il primo di 8 figli e nipote del Primo Presidente della Repubblica del Vietnam del Sud. Dopo il seminario, fu ordinato sacerdote nel giugno del 1953. Studiò Diritto Canonico a Roma e partecipò a Corsi Spirituali e Apostolici nell'Europa di quel tempo. AI suo ritorno lavorò per un certo periodo nel campo della formazione dei sacerdoti. Poi, il 24 giugno 1967, fu nominato Vescovo della Diocesi costiera di Nha Trang.
Nel 1975, una settimana prima che Saigon cadesse nelle mani delle forze comuniste, fu nominato dalla Santa Sede Arcivescovo coadiutore della Diocesi di quella città. La sua nomina venne però rifiutata dalle autorità comuniste. 1115 agosto 1975 fu convocato presso il Palazzo dell'Indipendenza, consegnato ai militari della Regione e portato in una piccola parrocchia di Cay Vong, dove fu messo sotto sorveglianza.
Iniziò così la sua lunga prigionia che durò per ben 13 anni, durante i quali conobbe nel 1976, la terribile prigione di Phu Khanh e il campo di rieducazione di Vinh Phu nel Vietnam Settentrionale. In seguito, fu posto sotto sorveglianza prima a Giang Xa, poi presso Hanoi.
Sebbene il 28 novembre 1988 fosse terminata ufficialmente la sua prigionia, non ebbe il permesso di raggiungere il suo posto di Arcivescovo Coadiutore a Ho Chi Minh (l'antica Saigon). Gli venne quindi assegnata una residenza nella casa dell'Arcivescovo di Hanoi. Durante un soggiorno a Roma, nel settembre del 1991, si rese conto che il governo vietnamita non lo avrebbe più lasciato rientrare nel suo paese.
Cominciò così a lavorare in Vaticano, e fu nominato Presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace il 24 giugno 1998.
Nella Quaresima del 2000, commosse milioni di persone, che poterono conoscere alcuni passaggi degli Esercizi Spirituali predicati per il Santo Padre e per i membri della Curia Romana. Nelle sue meditazioni profuse le sue esperienze spirituali maturate nel carcere. Il giorno delle sue esequie nella basilica di San Pietro, il Santo Padre nell'omelia ha sottolineato: « Spera in Dio! Con quest'invito a confidare nel Signore il caro Porporato aveva iniziato le meditazioni degli Esercizi Spirituali. Le sue esortazioni mi sono rimaste impresse nella memoria per la profondità delle riflessioni, arricchite da continui ricordi personali, in gran parte relativi ai tredici anni passati in carcere. Raccontava che proprio in prigione aveva compreso che il fondamento della vita cristiana è "scegliere Dio solo", abbandonandosi totalmente nelle sue mani paterne».
Sua Eminenza scelse di vivere con noi durante il ritiro, benché abitasse poco lontano: "forse posso fare del bene" disse. Infatti, ogni sera, abbiamo avuto l'opportunità e il privilegio di conoscere la profondità del suo cuore, nei momenti di scambio e di colloquio più familiari.
Ci parlò anche della sua necessità, per motivi di salute, di seguire una dieta particolare: "Solo un po' di pesce, niente latte, un po' di riso... Ho un tumore", disse sorridendo mentre si toccava lo stomaco.
Sono convinto che Sua Eminenza abbia preparato questo ritiro sapendo che sarebbe stata la sua ultima opportunità di parlare a dei sacerdoti.
Una volta la sua segretaria mi ha chiamato: "Sua Eminenza vorrebbe parlare con Lei".
Voleva, in tutta semplicità, chiedermi un parere su una nuova idea. "Cosa pensa di questo? Le dieci A per ogni sacerdote" - una idea geniale per riassumere tutto il ritiro.
Per tutti noi partecipanti, questo ritiro è stato come un cenacolo, nel quale abbiamo potuto rinnovare profondamente la nostra fede e la nostra vocazione sacerdotale, guidati da un maestro e martire del 20° secolo.
P. Dermot Ryan, LC
Gioia dell'incontro con Gesù
di:Card. François-Xavier Nguyen Van Thuan
Cari Amici, Fratelli carissimi nella grazia del battesimo e del sacerdozio! Innanzitutto i miei cordialissimi saluti e auguri di amore e di pace.
A quale scopo sono venuto proprio qui, in questi giorni? La risposta è semplice: sono venuto per la nostra santificazione, che è la cosa più urgente che il Signore vuole da noi sacerdoti per il nuovo millennio: "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Ts 4,3). Come sapete la lettera da cui è tratta questa frase, indirizzata ai cristiani di Tessalonica, è il più antico scritto cristiano. L'apostolo Paolo sin dall'inizio ha voluto dire la cosa più importante e necessaria, e continua a ripetercela oggi. Come articolerò questo incontro con voi?
Vorrei meditare con voi sulle Gioie dei testimoni della speranza.
L'incontro con Cristo nella mia vita.
Il primo punto della mia prima tappa parte da un testo di Matteo: "Se vuoi essere perfetto, va, vendi i tuoi beni e seguimi" (Mt 19,21). È il messaggio di Giovanni Paolo II ai giovani di Tor Vergata: "Non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio" (18 Agosto 2000). A voi sacerdoti qui adunati voglio dire analogamente: non abbiate paura di essere i sacerdoti santi del nuovo millennio!
Vorrei iniziare questa riflessione sulla chiamata alla santità da un esame di coscienza molto personale: nella mia vita, e anche adesso da cardinale, ho avuto ed ho paura delle esigenze del Vangelo: ho paura della santità, di essere santo. Mi piacciono le mezze misure. Invece Cristo mi richiama ogni minuto ad amare Dio con tutto il mio cuore, con tutta l'anima, con tutte le mie forze, con tutto me stesso. Ogni giorno io ho vissuto momenti come quelli del giovane nel Vangelo che se ne va triste perché ha molti beni.
Nella mia vita ho molto predicato, a ogni categoria di persone, ma talvolta non ho osato chiedere la santità. Ho parlato della gioia, della speranza, dell'impegno, ma ho avuto paura di parlare della santità, come se fosse qualcosa che la gente non può comprendere o accettare come possibile. Ho sottovalutato la buona volontà della gente e la forza della grazia del Signore.
Io sono stato in prigione più di tredici anni: ho avuto momenti duri, anche molto duri. Tante volte non ho osato pensare alla santità: ho voluto essere fedele alla Chiesa, non rinnegare nulla della mia scelta. Ma non ho pensato sufficientemente ad essere santo, mentre Cristo in verità ha detto: "Siate perfetti come il Padre vostro è perfetto" (Mt 5,48).
Lo scorso anno sono stato operato per l'asportazione - almeno parziale - di un tumore. Mi hanno tolto due chili e mezzo del tumore: sono rimasti nel mio ventre quattro chili e mezzo, che non possono essere asportati. Ed io ho avuto paura di essere santo con tutto questo: questa è stata la mia sofferenza. Essa però è durata solo fino al momento in cui ho visto la volontà di Dio in quanto mi succedeva ed ho accettato di portare questo peso fino alla morte, e di conseguenza di non poter dormire che un'ora e mezza ogni notte. Accettando questo, sono ora nella pace: nella sua volontà è la mia pace! Fino a quando Dio vorrà, vorrò essere come Lui vorrà da me, per me!
Chi è il Cristo che mi viene incontro?
Nella Sacra Scrittura preghiamo spesso con il Salmi sta: "Fa' splendere il Tuo volto" (Sal 80,4) o "Cerco il Tuo volto" (Sal 27,8). E questo senza fine, fino al giorno in cui potremo vedere Cristo faccia a faccia.
Un giorno i carceri eri mi hanno domandato: "Chi è Gesù Cristo? Perché tu soffri per Lui?" Anche i giovani mi hanno spesso chiesto: "Chi è Gesù Cristo per Lei e come mai ha lasciato tutto per Lui? Lei poteva avere casa, famiglia, beni, un buon avvenire e ha lasciato tutto per seguire Gesù; Chi è dunque Gesù nella sua vita?"
È difficile dire le qualità di Dio: sono trascendenti. Egli è onnipotente, onnisciente, onnipresente... Mi sembra più facile dire i difetti di Gesù. Alcuni di voi avete forse sentito parlare dei cinque difetti di Gesù, di cui ho trattato negli esercizi spirituali alla Curia romana. Alcuni Cardinali e Vescovi dopo questa meditazione mi hanno chiesto dove fossero gli altri difetti. Oggi, se volete, vi dico anche gli altri. l cinque difetti di cui avevo parlato alla Curia erano:
Gesù non ha buona memoria, perché sulla Croce il buon ladrone gli chiede di ricordarsi di lui in Paradiso e Gesù non risponde come avrei fatto io "fa' prima venti anni di purgatorio", ma dice subito di sì: "Oggi tu sarai con me in paradiso" (Lc 23,43).
Con la Maddalena fa la stessa cosa, e ugualmente con Zaccheo, con Matteo ecc. "Oggi la salvezza entra in questa casa" (Lc 19,9), dice a Zaccheo. Gesù perdona e non ricorda che ha perdonato. Questo è il suo primo difetto.
Il secondo difetto è che Gesù non conosce la matematica: un pastore ha cento pecore. Una si è smarrita: lascia le novantanove per andare a cercare quella smarrita e quando la incontra la porta sulle spalle per tornare all'ovile (Mt 18, 12). Se Gesù si presentasse all'esame di matematica sarebbe certamente bocciato, perché per lui uno è uguale a novantanove.
Il terzo difetto di Gesù è che non conosce la logica: una donna ha perduto una dracma. Accende la luce per cercare in tutta la casa la dracma perduta e quando l' ha trovata va a svegliare le amiche per festeggiare con loro (Lc 15, 8). Si vede che è veramente illogico il suo comportamento, perché sapendo che la dracma era comunque in casa, avrebbe potuto aspettare la mattina seguente e dormire. Invece cerca subito, senza perdere tempo, di notte. D'altra parte, svegliare le amiche non è meno illogico. Anche la causa per cui festeggiare l'aver trovato una dracma - non è poi tanto logico. Infine, per festeggiare una dracma ritrovata dovrà spendere più di dieci dracme...
Gesù fa lo stesso: in cielo il Padre, gli angeli e i santi hanno più gioia per un peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza.
Il quarto difetto è che Gesù sembra essere un avventuriero: di solito un politico alle elezioni fa propaganda e promesse: la benzina costerà meno, le pensioni saranno più alte, ci sarà lavoro per tutti, non ci sarà più inflazione... Gesù, invece, chiamando gli apostoli, dice: "Chi vuoi venire dopo di me, lasci tutto, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Seguirlo, dunque, per andare dove? Gli uccelli hanno un nido, le volpi una tana, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo... Seguire Gesù è un'avventura: fino all'estremità della terra, senza auto, senza cavallo, senza oro, senza mezzi, senza bastone, unicamente con la fede in Lui.
Non vi sembra che sia proprio un avventuriero? Eppure, da venti secoli siamo ancora in molti ad entrare nell'associazione dei suoi avventurieri, come Lui, con Lui.
Il quinto difetto di Gesù è che non conosce l'economia e la finanza, perché va a cercare quelli che lavorano alle tre e alle sei e alle nove e paga gli ultimi come i primi (Mt 20, 1ss).
Se Gesù fosse economo di una comunità o direttore di una banca, farebbe bancarotta, perché paga chi lavora meno come chi ha fatto tutto il lavoro.
A questi cinque difetti, vorrei aggiungerne ancora nove:
Il sesto è che Gesù è amico dei pubblicani e dei peccatori: come vedete, frequenta cattive compagnie!
Il settimo è che ama mangiare e bere: lo accusano di essere un mangione e un beone.
Poi, ed è l'ottavo difetto, sembra matto: i parenti stessi pensano così di Lui e davanti a Pilato gli mettono addosso una tunica bianca per dire che è matto. Il soldato romano gli dice: "Tu hai salvato gli altri, se sei Dio scendi dalla croce, salva te stesso" (Mt 27,40. 42). Quel matto che è Gesù non lo fa.
Il nono difetto è che Gesù ama i piccoli numeri, mentre la gente ama la massa, la grande folla: va alla ricerca della Maddalena, della Samaritana, dell'Adultera... La "carta magna" di Gesù -le beatitudini - appare come un fiasco: beati i poveri, gli oppressi, gli afflitti, i perseguitati, ecc. (Lc 6, 20). Gesù ama tutto questo: chi lo segue deve essere matto come lui!
Il decimo difetto è l'insuccesso continuo: la sua vita è piena di insuccessi. Cacciato dal suo paese è sconfitto, perseguitato, rifiutato, condannato a morte...
Ancora, ed è il difetto numero undici, Gesù è un professore che ha rivelato il tema dell'esame: se fosse un insegnante sarebbe licenziato subito! Il tema dell'esame e il suo svolgimento è descritto a puntino da lui: verranno gli angeli, convocheranno i buoni alla destra, i cattivi alla sinistra, e tutti saremo giudicati sull'amore (Mt 25,31ss). Sapendo questo, tutti potrebbero essere promossi!
Il dodicesimo difetto è che Gesù è un Maestro che ha troppa fiducia negli altri. Chiama gli apostoli quasi tutti illetterati, ed essi lo rinnegheranno. Nel tempo continuerà a chiamare gente come noi, peccatori. La via di Dio passa per i limiti umani: chiama Abramo, che non ha figli ed è vecchio; chiama Mosè, che non sa parlare bene; chiama dodici uomini mediocri e ignoranti, e uno di essi lo consegnerà; e per chiamare i pagani sceglie un violento e un persecutore, Saulo; e nella Chiesa continua a fare così...
Gesù è un temerario incorreggibile: perciò ha scelto me, ha scelto voi, noi tutti poveri peccatori. Gesù non si corregge proprio!
Il tredicesimo difetto è che Gesù è molto imprudente: si dice che per essere un leader bisogna prevedere. Gesù non prevede: soprattutto, non prevede la morte dei suoi discepoli.
Richiede loro di essere fedeli fino alla morte: però non sembra occuparsi di quello che viene dopo... Gesù trascende la saggezza umana: che cosa succederà, quando tutti saranno morti, a loro e a quelli che verranno dopo di loro?
Il quattordicesimo difetto è la povertà: di essa il mondo ha molta paura. Oggi si parla tanto di lotta alla povertà: Gesù esige dalla sua Chiesa e dai pastori la povertà, qualcosa di cui tutti hanno paura. Gesù ha vissuto senza casa, senza assicurazione, senza deposito, senza tomba, senza eredità, umanamente e materialmente senza sicurezza alcuna.
Questi quattordici difetti possono essere oggetto di una vera e propria via della Croce, con le sue quattordici stazioni da meditare.
Nel mondo non c'è una strada col nome di Gesù: c'è Piazza Pio XII, Piazza Cardinal tal dei tali, ma non c'è Piazza o Via Gesù di Nazaret.
La sua strada è questa via della Croce, carica dei suoi difetti, che siamo chiamati a fare nostri...
E noi abbiamo creduto al suo amore
Mi domanderete: "perché Gesù ha questi difetti?" Rispondo: "perché è Amore!" E l'amore autentico non ragiona, non pone limiti, non calcola, non ricorda il bene che ha fatto e le offese che ha ricevuto, non pone mai condizioni. Se ci sono condizioni, non c'è più amore.
Il sacerdote di questo nuovo millennio è quello che ha incontrato Gesù e in cui il popolo può incontrare Gesù.
Quando medito su questo, sento il mio cuore pieno di felicità, di gioia e di pace. Spero che alla fine della mia vita - quando sarò giudicato sull'amore Gesù mi riceva come l'ultimo lavoratore della sua
vigna, a cui dà la stessa ricompensa del primo, dicendomi come al ladrone pentito: "Oggi stesso sarai con me in paradiso" (Lc 23, 43).
Io con Zaccheo, con la Samaritana, con la Maddalena, con Agostino e tutti gli altri canterò la misericordia per tutta l'eternità, ammirando eternamente le meraviglie che Dio riserva ai suoi eletti.
Mi rallegro perciò di vedere Gesù con i suoi difetti, che sono grazie a Dio incorreggibili, e che sono il grande motivo della mia speranza.
Carissimi fratelli in Cristo! Non mi piace troppo il Cristo Re nella Sua Maestà, ma preferisco il Gesù di Pietro sulla barca, il Gesù che chiama la Maddalena con il suo nome: "Maria!" (Gv 20, 16), e che all'adultera dice "Neanch'io ti condanno" (Gv 8,10); il Cristo dei piccoli, dei semplici, dei poveri, così vicino a noi che ci dice: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi, ed io vi ristorerò" (Mt 11,28), e che mi dice: "Francesco, tutto ciò che è mio, è tuo!". Desidero che nessuno mi scacci, allontanandomi da Te.
Voglio poterTi vedere da vicino, bere alla Tua coppa, riposare il capo sul Tuo petto, ascoltarTi dire: "Francesco, chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9).
Carissimi fratelli, Gesù non ci chiama a diventare tutti dei dottori, dei profeti, o a parlare le lingue, ma ci dona la grazia di essere dei santi, anche se io sono peccatore!
Non abbiate paura! Perché dove abbonda il peccato, là sovrabbonda la grazia! Vi supplico: Non abbiate paura di essere santi, i sacerdoti santi del nuovo millennio. E per esserlo c'è bisogno di una sola cosa: l'amore!
 UN MENÙ DOLCE: I DIFETTI DI GESÙ
(14 stazioni da una "Via Crucis" che mi porta alla speranza)
1. Gesù non ha buona memoria
2. Gesù non conosce la matematica
3. Gesù non conosce la logica
4. Gesù sembra essere un avventuriero
5. Gesù non conosce l'economia e la finanza 
6. Gesù è amico dei pubblicani e dei peccatori 
7. Gesù è accusato di essere un mangione e un beone
8. Gesù sembra matto
9. Gesù ama i piccoli numeri
10. Gesù è l'insuccesso continuo
11. Gesù è un professore che ha rivelato il tema dell'esame
12. Gesù ha troppa fiducia negli altri
13. Gesù è molto imprudente
14. Gesù è povero
Gesù ha questi difetti perché è Amore!



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