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lunedì 31 marzo 2014

Sonchus Oleraceus

Lu Zangune del Salento leccese

 (Sonchus Oleraceus)

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Lu Zangune del Salento leccese (Sonchus Oleraceus)




Il Crespigno “Lu Zangune” è una pianta della famiglia delle Composite.

Secondo lo storico e naturalista latino Plinio il Vecchio, un piatto del corroborante Sonchus Oleraceus nutrì il leggendario eroe greco Teseo prima che egli affrontasse il Minotauro, la creatura, in parte uomo e in parte toro, che viveva nel labirinto di Creta.

Per secoli, le foglie di questa pianta sono state bollite come gli spinaci oppure consumate crude nell’insalata invernale.

Tutte le specie del genere Sonchus sono originarie dell’Europa Mediterranea e dell’Africa, ma l’uomo le ha introdotte involontariamente anche in America e in Australia. Nel passato, si riteneva che le foglie di questa pianta fossero in grado di rianimare e restituire le forze a uomini e animali in preda all’arsura.

Nel caso della lepre, alla quale – chissà perché? – si attribuiva un carattere malinconico, la Sonchus Oleraceus era efficace anche per combattere “tristezza”.

Il botanico inglese del secolo XVII William Coles sosteneva che le scrofe, a motivo di “un certo loro istinto naturale”, sapessero che il lattice presente nel fusto di questa pianta incrementava la loro produzione di latte.

Descrizione


Pianta erbacea annuale alta circa 50 cm (Fam. Asteraceae). Le foglie sono di colore verde scuro, con margine dentato e irregolare (da cui il nome “crespa”) e nervatura più chiara, amplessicauli e disposte lungo un fusto ramificato e cavo, contenete un latice bianco.

I capolini sono piccoli e gialli, simili a quelli del cardo.

Raccolta o coltivazione

Tipica pianta alimurgica esclusivamente raccolta allo stato spontaneo, è facile da rinvenire nelle aree ruderali e incolte tanto della pianura che della collina, al punto da comportarsi da infestante, resa difficile da eliminare a causa della profonda radice a fittone.

Proprio l’ampia disponibilità e la facilità con cui la si incontra nelle zone facilmente frequentate dall’uomo (i dintorni delle fattorie, dei campi coltivati e dei pascoli, i margini dei sentieri) sono tratti comuni a quasi tutte le specie spontanee commestibili.

Usi

Oltre che cosmopolita in senso botanicoecologico, lo è anche in senso culinario dato che il suo uso in gastronomia include tutti i continenti. Alcune varietà e specie affini possono essere particolarmente spinose e non trovano quindi impiego alimentare, per il quale si privilegiano le foglioline giovani in quanto meno amare e meno coriacee di quelle adulte. È considerato un eccellente succedaneo della cicoria, sia fresco sia cotto. Le foglie vengono utilizzate crude in insalate, tipicamente durante il periodo invernale quando le piante da insalata a foglia coltivate sono ancora quiescenti o non germogliate. Più frequentemente trovano uso per preparare ripieni di crescioni, frittate e paste, oppure all’interno di minestre/misticanze cotte tradizionali assieme a numerose altre specie spontanee. La cottura è importante dal punto di vista sensoriale, in quanto aumenta la palatabilità riducendo il gusto amaro e migliorando la consistenza.

Oltre all’uso alimentare, le farmacopee popolari riportano anche usi fitoterapici nella riduzione delle infiammazioni intestinali o dell’iperacidità gastrica. In passato la radice veniva torrefatta per essere impiegata come surrogato del caffè.

Componenti principali

Salvo rare eccezioni (i fichi, il genere Lactuca, la papaya), le piante che contengono latice non sono commestibili a causa della presenza di alcaloidi o di sostanze irritanti. Anche nel caso del crespigno (Zangune) la presenza di latice non va a detrimento della sua edibilità, resa ostica solo dall’accumulo nelle foglie adulte di sesquiterpeni lattonici estremamente amari e simili a quelli prodotti dalla cicoria.

Etimologia dei nomi italiani:


sonco: dal latino sonchu(m), a sua volta dal greco soncos o sonchos.
cicerbita: secondo alcuni dal latino cicer=cece, con riferimento alla forma dei suoi piccoli semi; secondo altri dal latino Cicharba, nome di una pianta, ricorrente isolato nel capitolo IV° del De medicamentis di Marcello Empirico (IV°-V° secolo d. C.), senza altra indicazione che consenta l’identificazione certa con la nostra.

Etimologia del nome scientifico: Sonchus dal latino sonchu(m), a sua volta dal greco soncos o sonchos; oleràceus significa erboso.



Etimologia del nome della famiglia: Compositae è il participio passato femminile plurale di compònere=comporre, formato da cum=insieme e pònere=porre; Asteraceae è forma aggettivale modellata sul classico aster=stella, con riferimento ai fiori a capolino.



Etimologia del nome dialettale: la stessa dell’italiano sonco, con aggiunta di un suffisso accrescitivo.

Testimonianze di due autori classici, il primo Plinio (latino), il secondo Discoride (greco)

Plinio (I° secolo d. C.): “Viene mangiato anche il sonco – sicché presso Callimaco Ecale lo mette sulla mensa per Teseo – , l’uno e l’altro, il bianco e il nero. Sarebbero entrambi simili alla lattuga se non fossero spinosi, col gambo lungo un braccio, pieno di angoli, all’interno vuoto, ma che emette se spezzato copioso latte. Il bianco, per il quale la bianchezza proviene dal latte, è utile a chi soffre di ortopnea messo come condimento nei cibi, al modo delle lattughe. Erasistrato afferma che con esso vengono eliminati i calcoli attraverso l’orina e che una volta mangiato elimina l’alito cattivo. Il succo nella misura di tre bicchieri riscaldato nel vino bianco e nell’olio facilita i parti così che subito dopo aver partorito la donna può camminare. Viene somministrato pure da bere. Lo stesso gambo cotto facilita nelle nutrici la produzione di latte e conferisce ai neonati un colorito migliore, è utilissimo alle donne che si sentono raddensare il latte. Il succo viene istillato nelle orecchie, caldo viene bevuto contro la stranguria nella misura di un bicchiere e in caso di ulcera allo stomaco insieme col seme del cocomero e con pinoli. Viene applicato pure negli ammassi [di grasso?] del sedere [cellulite?]. Viene bevuto contro il morso di serpenti e scorpioni, la radice viene applicata ad empiastro. La stessa cotta in olio e scorza di melagrana è presidio contro le malattie degli orecchi. Tutto questo vale per il sonco bianco. Cleemporo sconsiglia di mangiare il nero poiché fa male, non così per il bianco. Agatocle sostiene che il suo succo è efficace anche contro il sangue del toro [contro le ferite provocate dal toro?], tuttavia riconosce che il nero ha potere rinfrescante e che perciò va applicato con la polenta. Zenone consiglia la radice di quello bianco nella stranguria)”. “Riempie le mammelle di latte Il crescione col vin cotto, il brodo di sonco cotto nel farro” .

Dioscoride (I° secolo d. C.): De materia medica, II, 158 : “Il sonco: due sono le sue specie, una più selvatica e alquanto spinosa, l’altra più tenera e commestibile. Il gambo è angoloso, un po’ vuoto e subito dopo rosseggiante: le foglie sono tutte attorno ad intervalli regolari, frastagliate. Hanno proprietà rinfrescanti e moderatamente astringenti, per cui giovano applicate alle gastriti e alle infiammazioni. Il succo bevuto giova al bruciore di stomaco e stimola la produzione di latte. Posto poi in una pelle di pecora giova alle infiammazioni del sedere e della matrice. Tanto l’erba quanto la radice applicate in cataplasmo a turno sono un rimedio contro il morso degli scorpioni. L’altro sonco, pure lui tenero, diventa quasi un albero, con foglie larghe che abbracciano il gambo che non ha rami: pure questo ha gli stessi effetti”.

Se si insegnasse la bellezza alla gente

 Se si insegnasse la bellezza alla gente
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"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore ". 
 Peppino Impastato

domenica 30 marzo 2014

la ciottola e il vecchio






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nonno davanti_fuoco

 
C’era una volta un povero vecchio, che non ci vedeva più, non ci sentiva più e le ginocchia e le mani gli tremavano.
E quando era a tavola non poteva tener fermo il cucchiaio e faceva cadere la minestra sulla tovaglia e qualche volta gliene scappava anche dalla bocca.

La moglie di suo figlio se n’era ormai schifita e, purtroppo, anche suo figlio. E non lo vollero più a tavola con loro. Il povero vecchio doveva star seduto accanto al camino e mangiava un poco di zuppa in una scodella di terracotta.
Un giorno, siccome le sue mani tremavano, gli cadde la scodella per terra e si ruppe. La nuora gliene disse di tutti i colori e il povero vecchio non rispose nulla. Gli comprarono una scodella di legno e gli dissero: “Questa certo non la romperai!”. Una sera suo figlio e le nuora videro il loro bimbo, che raccattava i cocci della scodella di legno e cercava di unirli.

Il padre gli disse: “Che fai?”.
Rispose il bambino: “Riaggiusto la scodella di legno, per dar da mangiare a te e alla mamma, quando sarete vecchi!”.

Ora il nonno mangia ancora a tavola con gli altri, che lo trattano bene e gli vogliono bene.
(Fratelli Grimm - Riduzione di G. Pascoli)

In realtà, è Gesù che cercate

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In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; 
è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; 
è Lui la bellezza che tanto vi attrae; 
è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso
è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; 
è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. 
 E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.
Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono.

XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
VEGLIA DI PREGHIERA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II



Annientate nell'uomo la fede nella propria immortalità

Annientate nell'uomo la fede nella propria immortalità
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Annientate nell'uomo la fede nella propria immortalità, e non solo in lui si inaridirà di colpo l'amore, bensì qualsiasi forza vitale in grado di perpetuare la vita nel mondo. E non basta: allora non vi sarà più nulla di immorale e tutto sarà lecito, persino l'antropofagia.  .... e l'egoismo spinto fino al delitto, deve  essere non solo consentito all'uomo, ma addirittura riconosciuto necessario come via d'uscita più ragionevole , se non già più nobile della sua condizione.
(Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

PENSIERI DI PAVESE

PENSIERI DI PAVESE
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 La poesia nasce dagli istanti in cui leviamo il capo e scopriamo con stupore la vita. Anche la normalità diventa poesia quando si fa contemplazione, cioè cessa di essere normalità e diventa prodigio...”   “I miei racconti sono -  in quanto riescono - storie di un contemplatore che osserva accadere cose più grandi di lui”.
Dal diario “Il mestiere di vivere”

“Noi non andremo verso il popolo. Perché siamo già popolo. Andremo se mai verso l’uomo. Perché questo è l’ostacolo, la crosta da rompere : la solitudine dell’uomo, di noi e degli altri. Il nuovo stile sta tutto qui. E, con questo, la nostra felicità.
Sapevamo e sappiamo che dappertutto, dentro gli occhi più ignari e più torvi, cova una carità, un’innocenza che sta in noi condividere. (...) Parlare. Le parole sono il nostro mestiere. Sentiamo tutti di vivere in un tempo in cui bisogna riportare le parole alla solida e nuda nettezza di quando l’uomo le creava per servirsene. Il nostro compito è difficile ma vivo. E’ anche il solo che abbia un senso e una speranza. Sono uomini quelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noialtri quando scordiamo che la vita è comunione”.
 Dal primo numero del giornale “Unità”, 20 maggio 1945, dal suo articolo dal titolo “Ritorno all’uomo

UN'INTERVISTA A CARLO RUBBIA, NOBEL PER LA FISICA

UN'INTERVISTA A CARLO RUBBIA, NOBEL PER LA FISICA 
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La più grande forma di libertà è quella di potersi domandare da dove veniamo o dove andiamo. La libertà ti permette di porgere a te stesso la domanda in modo onesto e chiaro, ma calmo e sereno, in quanto non si tratta di una domanda di emergenza. Non ha niente a che fare con quelle procedure d'urgenza che devi "sbrigare in caso di". È troppo bella e profonda, per essere turbata da interessi immediati. Il problema è iscritto nel nostro bagaglio intellettuale, che lo vogliamo o no. Non esiste forma di vita umana che non si sia posta questa domanda. E non c'è forma di società umana che non abbia cercato in qualche modo di darvi una risposta. Il mancare a questo appuntamento è una perdita, una disumanizzazione, un meccanismo interno di autopunizione. Quello che impressiona di più, della domanda, è la sua universalità. È comune a tutti. Metti in questa stanza dieci uomini che non si conoscono, di cultura, religione, età, storie diverse. Mettine cento in una piazza. Mille in un paese. Milioni in una città. Miliardi. Che cos'hanno, in comune, se non questa domanda? Tutti se la pongono, o se la porranno. Tutti cercano una risposta. E le risposte saranno dieci, saranno cento, saranno mille, o milioni: una diversa dall'altra. Ciò che conta, in fondo, è la domanda comune, più che la risposta. La risposta, conta poco. Anche perché sappiamo benissimo che, questa risposta, non la conosceremo mai. Se la risposta giusta non la sapremo mai, e proprio qui, in questo mistero, sta tutto il suo fascino, tante saranno le risposte degli uomini. «Tante quanti sono gli uomini sulla terra. Per ciascuno di noi, la risposta che diamo sarà quella giusta. Non vedo perché una risposta A sia meglio o peggio di una risposta B. Non riesco a discernere. Credo che tutto ciò faccia parte di un nostro bagaglio etico, e penso che quello che conta sia il rispetto del nostro umanesimo, del nostro essere uomini. E poiché tutti noi pensiamo che il nostro essere uomini sia qualcosa che ci mette al di sopra di tutti gli altri esseri viventi sulla terra, per forza dobbiamo anche pensare che siamo stati fatti a immagine di qualcosa di ancora più importante di noi. È difficile non crederci, quasi impossibile. È addirittura inevitabile. Talmente inevitabile che penso sia scritto dentro di noi. Non vedo come non si possa dire di sì all'esistenza di qualcosa di aggiuntivo. Io sono un ottimista, mi è facile credere a questo. Tra l'altro, non bisogna solo essere ottimisti, basta essere dei buoni osservatori. Come diceva anche Einstein, Dio è distribuito nella natura. È davvero così, ne sono più che certo. La natura è costruita in maniera tale che non c'è dubbio che non sia costruita così per un caso. Più uno studia i fenomeni della natura, più si convince profondamente di ciò. Esistono delle leggi naturali di una profondità e di una bellezza incredibili. Non si può pensare che tutto ciò si riduca a un accumulo di molecole. Lo scienziato in particolare, riconosce fondamentalmente l'esistenza di una legge che trascende, qualcosa che è al di fuori e che è immanente al meccanismo naturale. Riconosce che questo "qualcosa" ne è la causa, che tira le file del sistema. È un "qualcosa" che ci sfugge. Più ci guardi dentro, più capisci che non ha a che fare col caso. Io porto spesso l'esempio di quella sorta di misticismo che ti prende in una notte piena di stelle. Lo stesso meccanismo di meraviglia, direi quasi di religiosità, ti prende quando, anziché guardare le stelle da lontano, le osservi dall'interno. Quello stesso sentimento che provi guardando da lontano le stelle, si amplifica, si concretizza ancora di più. Il sentimento che prova un profano assistendo a un fenomeno naturale grandioso come un cielo pieno di stelle, un tramonto, l'immensità del mare, per uno scienziato è ancora più grande, in quanto respira qualcosa di veramente perfetto nella sua struttura. Questa perfezione esiste, è nella profondità delle cose. Non è un'ombra, non è un'apparenza. L'uomo di scienza osserva la natura nella sua forma più perfetta, e deve farlo con intelligenza, modestia, bontà. Deve farsi piccolo piccolo, come quando guardi un animale selvaggio muoversi libero e felice nella foresta. Io mi sento profondamente onorato di potervi assistere, di poter capire. Lo scienziato può osservare e apprezzare qualcosa di sublime. E non lo registra solo per sé. Ha il dovere di trasmetterlo a tutta la gente del mondo. Quindi, non esiste antitesi, fra natura e uomo. La natura con la sua perfezione, ti fa arrivare a pensare che non c'è "caso". Lo scienziato osserva le leggi fisiche, le leggi della natura, e trova che sono immutabili nello spazio e nel tempo. Il più lontano possibile da noi, nello spazio e nel tempo, tutto si svolge come ciò che si svolge sotto i nostri occhi. Non puoi pretendere che queste leggi siano uniche, immutabili, esatte, e perfette, e non pensare che dietro questo meccanismo di immutabilità e perfezione ci sia qualcosa che ne garantisce la stabilità. Ordine e stabilità nelle leggi naturali non possono essere arbitrarie. C'è qualcuno che fa sì che queste continuità siano assicurate. Se osservi tutto ciò, non puoi che concludere che, in qualche modo, ci deve essere un meccanismo, un qualcosa di superiore, di trascendente. (In EDGARDA FERRI, La tentazione di credere. Inchiesta sulla fede, Rizzoli, Milano 1987, pp. 205-207)

Amare costa

Amare costa
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 Amare costa.
Costa dire “Hai ragione”
costa dire “Perdonami”
ed anche dire “Ti perdono” costa.
Costa fare una cosa
che non hai voglia di fare
ma che l’altro vuole.
Costa cercare di capire.
Costa tenere il silenzio.
La fedeltà costa
e sorridere al suo cattivo umore
e trattenere le lacrime che ci fanno soffrire.
A volte costa impuntarsi, a volte costa cedere.
Costa dover dire “E’ colpa mia”.
Costa confidarsi e ricevere confidenze.
Costa sopportare i difetti,
costa cancellare le piccole ombre,
costa condividere i dolori.
Costa la lontananza e costano i distacchi.
Costano le nubi passeggere,
costa avere opinioni differenti,
a volte costa dire di “Sì”
Eppure a questo prezzo si genera e si conserva l’amore.
Gli spiccioli non servono.

Il viaggio

  Il viaggio
***
Credevo che il mio viaggio
fosse giunto alla fine,
all’estremo delle mie forze,
che la via davanti a me fosse sbarrata,
che le provviste fossero finite
e fosse giunta l’ora di ritrarmi
nel silenzio e nell’oscurità.

Ma ho scoperto che la tua volontà
non conosce fine per me.
E quando le vecchie parole sono morte,
nuove melodie sgorgano dal cuore;
dove i vecchi sentieri son perduti,
appare un nuovo paese meraviglioso.


Tagore

sabato 29 marzo 2014

L’Artemisia Annua, l’erba miracolosa


Artemisia, ecco la verità sull' "erba magica" contro il tumore

Per il direttore scientifico dell'Istituto dei Tumori di Milano, Marco Pierotti, potrebbe essere "una goccia di speranza". Ma ci vorranno ancora molti anni

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di Eleonora Lorusso
Sarebbe in grado di distruggere il 98% delle cellule tumorali in pochissime ore, solo 16. Si chiama Artemisia Annua ed è stata rinominata "erba magica" proprio per questo suo presunto "potere". A sostenere l'efficacia delle cure a base di questa erba di origine cinese sono soprattutto alcuni medici dell'Università della California che, come riporta la rivista Spirit Science and Metaphysic , hanno condotto studi che "mostrano che l'artemisina ferma il fattore di trascrizione 'E2F1' e interviene nella distruzione delle cellule tumorali del polmone, il che significa che controlla la crescita e la riproduzione delle cellule del cancro".
Per il dottor Len Saputo si tratta addirittura di una cancer smart bomb, una bomba intelligente contro il cancro: l'artemisia, infatti, si sarebbe rivelata efficace nella distruzione del 75% delle cellule tumorali resistenti alle radiazioni, nel cancro al seno, ovvero dove un'elevata propensione ad accumulo di ferro, in sole 8 ore, balzate fino al 100% dopo soltanto 24 ore.
Ma questa "erba magica" è davvero così efficace?
"Si tratta di studi interessanti e che hanno un fondamento" spiega a Panorama.it  Marco Pierotti, direttore scientifico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano . "Anche se a prima vista si potrebbe pensare ad una di quelle notizie da lasciar perdere, esistono studi in proposito fin dal 2001, mentre quello più recente risale al 2011, quando sono stati condotti esperimenti in vitro".
Come funziona l'Artemisia Annua?
Questa erba era usata nella medicina cinese, poi venne dimenticata per un lungo periodo, fino a quando negli anni '70 si ritrovarono manoscritti che ne indicavano l'uso come antimalarico. Diciamo che può dare degli effetti positivi là dove c'è un'alta concentrazione di ferro, situazione che si verifica in alcuni tipi di tumore (non tutti, però), per garantire la rapida riproduzione delle cellule tumorali, sulle quali questa erba risulta "tossica". Insomma, non si tratta di una sorta veleno di scorpione...
Insomma, non è proprio una "bufala", ma cosa dicono gli studi in proposito?
L'ultimo lavoro, come accennato, risale al 2011 quando una company, che detiene un "mezzo brevetto", ha creato in laboratorio una molecola sintetica che riproduce gli effetti dell'erba. Al momento dunque esistono dati sperimentali in vitro, ma perché si possa davvero usare il principio alla base dell'azione dell'Artemisia Annua ci vorranno ancora diversi passaggi, dalle procedure su animali fino alle sperimentazioni cliniche. Insomma, occorrono ancora anni.
Cosa bisogna pensare allora della notizia dell'efficacia di questa erba?
L'atteggiamento corretto è partire dal presupposto che il cancro è una malattia complicata, dovuta alla complessità del nostro organismo e al fatto che la vita media si è allungata. Dunque non bisogna assumere un atteggiamento di chiusura verso eventuali cure non convenzionali, purché queste siano razionali e rispettino la metodologia della comunità scientifica. Il caso Stamina, ad esempio, dimostra che forse i 3 milioni di euro destinati alla sperimentazione sono stati tolti ad un'altra cura con la quale si potevano salvare delle vite.
Dunque non resta che aspettare?
Esatto, non resta che aspettare, perché la cura con l'erba Artemisia non è al momento una cura disponibile: possiamo considerarlo come un farmaco in via di sviluppo, una goccia di speranza, dal momento che ogni giorno in Italia si diagnosticano mille casi di cancro.
da:scienza.panorama.it/
 


L’Artemisia Annua, l’erba miracolosa che sarebbe in grado di distruggere il 98% delle cellule cancerogene in 16 ore !!

L’Artemisia Annua, per lo più ignorata dalla comunità medica, avrebbe effetti notevoli per la cura del cancro
NEW YORK (WSI) – Il cancro può essere considerata come una delle malattie più mortali sul nostro pianeta, dove si sono spesi molti soldi per la ricerca medica, cercando d
i trovare una cura definitiva.
Una delle tante cure è quella nota come “erba magica”, per lo più ignorata dalla comunità medica, ma che in realtà distrugge fino al 98% delle cellule cancerogene in sole 16 ore.
Secondo quanto riporta Spirit Science and Metaphysic questa tecnica veniva usata nella medicina cinese e il solo utilizzo dell’erba, chiamata Artemisia Annua, riduceva le cellule tumorali del polmone del 28% e, in combinazione con il ferro, sconfiggeva il cancro.
In passato l’artemisinina è stata utilizzata come un potente rimedio antimalarico ma ora è dimostrato che questa cura è efficace anche nella lotta contro il cancro. Questo perché quando si aggiunge del ferro alle cellule tumorali infettate, attacca selettivamente le cellule “cattive”, e lascia quelle “buone” intatte.
Gli scienziati che seguono le ricerche, condotte presso l’Università della California, hanno dichiarato: “In generale i nostri risultati mostrano che l’artemisinina ferma il fattore di trascrizione ‘E2F1′ e interviene nella distruzione delle cellule tumorali del polmone, il che significa che controlla la crescita e la riproduzione delle cellule del cancro”.
Utilizzando una varietà resistente alle radiazioni delle cellule del cancro al seno (che aveva anche una elevata propensione per l’accumulo di ferro) l’artemisinina si è dimostrata avere un tasso di uccisione del cancro del 75% dopo appena 8 ore, e uno del quasi 100% dopo appena 24 ore.

ARTEMISIA ABSENTHIUM RICERCHE E DOVE TROVARLA

28 November 28 2001, Environmental News Network:Una pillola atossica potrebbe essere presa dai pazienti e dalle paziente per combattere il cancro al seno e la leucemia. Suona come una fantasia, ma questo trattamento sta diventando realtà grazie ad un team della University of Washington, che ha condotto ricerche su un antico rimedio cinese per la malaria.
Il prof. Henry Lai e il suo assistente prof. Narendra Singh hanno sondato le proprietà chimiche di un derivato dell'artemisia per la cura al cancro al seno. E i risultati sono stati sorprendenti.
"Non appare solo efficace, ma anche molto selettivo," ha detto Lai. "E' altamente tossico per le cellule cancerose ma ha un impatto marginale sulle normali cellule del seno."
L'uso dell'amara artemisia, non è nulla di nuovo. Usata per secoli per liberare il corpo dai vermi, è anche un ingrediente dell'assenzio, una bevanda alcolica, vietata in molti Paesi. Anche l'Artemisinina, il composto trovato da Lai e Singh per combattere il cancro, non è nulla di nuovo. Era estratto dalla Artemisia annua L., millenni fa, dai Cinesi che la usavano per combattere la malaria. Questo trattamento si perse poi nel tempo ma riscoperto negli scavi archeologici del 1970 che portarono alla luce ricette di antichi rimedi medici.

Ampiamente usato ora in Asia e Africa per combattere la malaria, l'artemisinina reagisce alle alte concentrazioni di ferro contenute nel parassita della malaria.
Quando l'artemisinina entra in contatto con il ferro, ne deriva una reazione chimica che depone atomi caricati, ciò che i chimici chiamano radicali liberi, che attaccano le membrane cellulari, smembrandole e ammazzando il parassita della singola cellula.
Intorno al 1994, Lai iniziò ad ipotizzare che il processo potesse funzionare anche con il cancro.
" Le cellule cancerose hanno bisogno di molto ferro per replicare il DNA quando si dividono" Ha spiegato Lai. "Come risultato, le cellule cancerogene hanno una maggior concentrazione di ferro, delle cellule normali. Quando cominciammo a comprendere come funzionava l'artemisinina, cominciai a chiedermi se potevamo usare quella conoscenza per intervenire sulle cellule cancerose".
Lai inventò un metodo potenziale per iniziare a cercare finanziamenti, ottenendo una sovvenzione dal Breast Cancer Fund in San Francisco. Nel frattempo L'università di Washington brevettò la sua idea.
L'idea fondamentale - affermano Lai e Singh- era di "gonfiare" le cellule cancerogene con il massimo di concentrazione di ferro, quindi introdurre artemisinina per uccidere, in modo selezionato, il cancro. Nello studio in questione, dopo 8 ore erano rimaste solo il 25% di cellule cancerogene. Ma dopo 16 ore quasi tutte le cellule erano morte.
Uno studio precedente, che riguardava la leucemia produsse risultati ancora più impressionanti: le cellule cancerogene furono eliminate in 8 ore. Una spiegazione potrebbe essere quella del livello di ferro nelle cellule della leucemia, che "hanno la concentrazione più alta di ferro di tutte le cellule cancerogene", spiegò Lai. "Le cellule di leucemia hanno più di 1000 volte la concentrazione di ferro delle cellule normali.
Il passaggio successivo, secondo Lai, è quello di testare sugli animali malati. Uno studio precedente fu fatto su un cane con un cancro alle ossa, così grave che non poteva nemmeno camminare: guarì in 5 giorni dal trattamento. Ma certo serve una campionatura più rigorosa.

UBUNTU


UBUNTU
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Un antropologo propose un gioco ad alcuni bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta.
Quando gli fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per m
ano e si misero a correre insieme, dopodiché, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio.

Quando fu chiesto ai bambini perché avessero voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero “UBUNTU: come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?”

UBUNTU nella cultura africana sub-sahariana vuol dire: “Io sono perché noi siamo”

(Matteo Gracis)

Lettera di Abraham Lincoln all'insegnate di suo figlio

Lettera di Abraham Lincoln all'insegnate di suo figlio
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"Caro professore, lei dovrà insegnare al mio ragazzo che non tutti gli uomini sono giusti, non tutti dicono la verità; ma la prego di dirgli pure che per ogni malvagio c'è un eroe, p
er ogni egoista c'è un leader generoso.

Gli insegni, per favore, che per ogni nemico ci sarà anche un amico e che vale molto più una moneta guadagnata con il lavoro che una moneta trovata.

Gli insegni a perdere, ma anche a saper godere della vittoria, lo allontani dall'invidia e gli faccia riconoscere l'allegria profonda di un sorriso silenzioso.

Lo lasci meravigliare del contenuto dei suoi libri, ma anche distrarsi con gli uccelli nel cielo, i fiori nei campi, le colline e le valli.


Nel gioco con gli amici, gli spieghi che è meglio una sconfitta onorevole di una vergognosa vittoria, gli insegni a credere in se stesso, anche se si ritrova solo contro tutti.

Gli insegni ad essere gentile con i gentili e duro con i duri e a non accettare le cose solamente perché le hanno accettate anche gli altri.


Gli insegni ad ascoltare tutti ma, nel momento della verità, a decidere da solo.


Gli insegni a ridere quando è triste e gli spieghi che qualche volta anche i veri uomini piangono.

Gli insegni a ignorare le folle che chiedono sangue e a combattere anche da solo contro tutti, quando è convinto di aver ragione.
Lo tratti bene, ma non da bambino, perché solo con il fuoco si tempera l'acciaio.

Gli faccia conoscere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso.

Gli trasmetta una fede sublime nel Creatore ed anche in se stesso, perché solo così può avere fiducia negli uomini.


So che le chiedo molto, ma veda cosa può fare, caro maestro".

Abraham Lincoln


Libri: una passione
La finestra aperta sul mondo

venerdì 28 marzo 2014

Messa del Papa con i parlamentari italiani: no ai "dottori del dovere", apriamo il cuore a Dio


Messa del Papa con i parlamentari italiani: no ai "dottori del dovere", apriamo il cuore a Dio

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2014-03-27 Radio Vaticana
Al tempo di Gesù c’era una classe dirigente che si era allontanata dal popolo, lo aveva “abbandonato”, incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e di scivolare verso la corruzione. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina presso l'Altare della Cattedra in San Pietro, alla presenza di 493 parlamentari italiani. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Interessi di partito, lotte interne. Le energie di chi comandava ai tempi di Gesù erano per queste cose al punto che quando il Messia si palesa ai loro occhi non lo riconoscono, anzi lo accusano di essere un guaritore della schiera di Satana. Ad ascoltare di primo mattino le parole di Papa Francesco nella Basilica Vaticana c’è gran parte del parlamento italiano, compresi nove ministri e i presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini. La prima lettura, tratta dal Libro di Geremia, mostra il profeta dare voce al “lamento di Dio” verso una generazione che, osserva il Papa, non ha accolto i suoi messaggeri e che invece si giustifica per i suoi peccati. “Mi hanno voltato le spalle”, cita Papa Francesco, che commenta: “Questo è il dolore del Signore, il dolore di Dio”. E questa realtà, prosegue, è presente anche nel Vangelo del giorno, quella di una cecità nei riguardi di Dio soprattutto da parte dei leader del popolo:
“Il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio”.
Persone, prosegue Papa Francesco, che hanno sbagliato strada. Hanno fatto resistenza alla salvezza di amore del Signore e così sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del dovere”:
Hanno rifiutato l’amore del Signore e questo rifiuto ha fatto sì che loro fossero su una strada che non era quella della dialettica della libertà che offriva il Signore, ma quella della logica della necessità, dove non c’è posto per il Signore. Nella dialettica della libertà c’è il Signore buono, che ci ama, ci ama tanto! Invece, nella logica della necessità non c’è posto per Dio: si deve fare, si deve fare, si deve… Sono diventati comportamentali. Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini. Gesù li chiama, loro, ‘sepolcri imbiancati’”.
La Quaresima, conclude Papa Francesco, ricorda che “Dio ci ama tutti” e che dobbiamo “fare lo sforzo di aprirci” a Lui:
“In questa strada della Quaresima ci farà bene, a tutti noi, pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della libertà dove c’è l’amore, e domandarci, tutti: Ma io sono su questa strada? O ho il pericolo di giustificarmi e andare per un’altra strada?, una strada congiunturale, perché non porta a nessuna promessa. E preghiamo il Signore che ci dia la grazia di andare sempre per la strada della salvezza, di aprirci alla salvezza che viene soltanto da Dio, dalla fede, non da quello che proponevano questi ‘dottori del dovere’, che avevano perso la fede  e reggevano il popolo con questa teologia pastorale del dovere”

martedì 25 marzo 2014

Il Dottor Money e i martiri della follia gender


Il Dottor Money e i martiri della follia gender

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Un libro racconta la tragedia dei gemelli Reimer


Miguel Cuartero Samperi










© Public Domain Il triste caso dei gemelli Reimer. Che gioia nella famiglia Reimer quando il 22 agosto del 1965 nacquero i due gemellini omozigoti Bruce e Brian, due bei maschietti identici che, come tutti i bebè, vennero al mondo con quell'aria innocente di chi non sa immaginare quali avventure, quali gioie e quali dolori avrebbero dovuto affrontare in questa vita. Nessuno, in quel momento, avrebbe potuto minimamente sospettare le dolorose e atroci vicende che attendevano i due piccoli neonati di Winnipeg (Canada). Gli ingredienti che hanno rovinato l'esistenza delle due creature furono un maldestro errore chirurgico degno dei peggiori casi di malasanità e l'intervento di un folle dottore più interessato alle sue fantomatiche teorie scientifiche che al benessere dei suoi pazienti: lo psicologo e sessuologo neozelandese John William Money.



Un tragico errore. A circa sette mesi dalla nascita fu diagnosticato ai gemelli un problema di fimosi risolvibile con una piccola operazione.  Quello che doveva essere un semplice intervento chirurgico di circoncisione si convertì in una tragedia quando, a causa di un errore del medico o per il malfunzionamento del cauterizzatore, l'organo sessuale del piccolo Bruce venne bruciato e irrimediabilmente compromesso. Fu così che il piccolo Bruce perse l'uso del pene, ustionato per errore, e iniziò il suo doloroso calvario.

L'incontro col mostro. Fu a questo punto che i genitori, disperati per la situazione del piccolo Bruce, incontrarono sul loro cammino il fondatore della "teoria del genere", il dottore John William Money (che in italiano si tradurrebbe "dottor Denaro"). Nel febbraio del 1967 lo videro in un programma televisivo: lo psicologo si presentava come un luminare, un pioniere nel campo del cambio di sesso, fu tra i primi a contrapporre il "genere" al sesso biologico e ad affermare, con pretesa di rigore scientifico, che la cultura e l'educazione potevano imprimere sull'individuo un progetto diverso da quello previsto dalla natura. In altre parole: se la natura definiva il sesso biologico, il genere veniva deciso dalla persona, "creato" e rafforzato  dall'esterno (prescindendo dal patrimonio sessuale genetico) tramite operazioni chirurgiche, cure ormonali e - soprattutto - una educazione sociale e culturale al "genere" scelto. Dopo essersi occupato di persone affette da ermafroditismo, Money iniziò a sperimentare le sue teorie operando veri e propri cambiamenti di sesso diventando l'esperto numero uno nel campo della riassegnazione sessuale e gestendo la prima clinica al mondo dedicata a questi interventi.


Una malsana idea. I genitori disperati per il futuro di Bruce e colpiti dalla sicurezza con cui si presentava il dottor Money, decisero di incontrarlo e di affidare alla sua esperienza il caso dei due gemelli. Il disperato bisogno di aiuto di Ron e Janet coincise con la necessità di ulteriori esperimenti e di affermazione professionale da parte del dottore Money che non perse la ghiotta occasione per mettere in pratica le sue teorie con il povero Bruce. Money consigliò una riassegnazione del sesso e cominciò ad intervenire sul piccolo (di due anni) prima cambiando il suo nome in Brenda, poi iniziando una cura ormonale, infine imponendogli una vita da femminuccia tramite l'uso di vestiti, giochi, modi, atteggiamenti femminili. Nel luglio del 1967 Bruce venne operato: gli venne costruita chirurgicamente una rudimentale vagina. Così il piccolo corpo di Bruce (ha due anni!) fu trasformato in un corpo femminile. Il dottore decise inoltre di incontrare i due gemelli una volta all'anno per valutare lo stato del suo esperimento. Dopo alcuni  anni fu lo stesso ragazzo ad affermare: "E' stato come un lavaggio del cervello" (cfr. “Bruce, Brenda e David”, San Paolo 2014).

 
Gli applausi del mondo e il dramma interiore. Nel 1972 in un libro intitolato "Man&Woman, Boy&Girl", il dottore Money esposte con orgoglio e trionfalismo i suoi risultati: era riuscito a creare con successo una identità femminile in un bambino che era nato maschietto a tutti gli effetti. Con ciò Money offriva la "prova conclusiva" che "non si nasce maschi né femmine, ma lo si diviene" (p. 95). I suoi studi ed esperimenti richiamarono l'attenzione e il plauso del mondo accademico e della stampa non specializzata: il mondo intero ammirava le sensazionali scoperte del dottore Money; diversi settori progressisti, come il movimento femminista e i circoli omosessuali credettero di trovare una base scientifica per le loro battaglie per la liberazione dallo schema tradizionale maschio-femmina stabilito una volta per tutte dalla natura. Ma dietro questo apparente successo il dramma vissuto da Bruce-Brenda smentiva i risultati paventati dal dottore Money. Brenda si comportava da maschio, si sentiva impacciata nei vestiti femminili, voleva giocare coi giochi del fratello, aveva la voce maschile, rimaneva in piedi per fare la pipì e, col passare degli anni, capiva di essere diversa, qualcosa in lei non andava, qualche cosa non le era stato detto. Il fratello Brian ricordando Brenda disse: "Quando dico che non c'era nulla di femminile in Brenda... intendo proprio nulla" (p. 81).

La situazione precipita, la verità emerge. A nulla servirono i consigli di Money, la situazione di Bruce-Brenda continuò a degenerare. Gli incontri tra il dottore Money e il piccolo paziente divennero sempre più intimi e invasivi (cfr. pp. 107-126): linguaggio esplicito, visioni di immagini e film pornografici, simulazioni di rapporti, i gemelli venivano costretti a spogliarsi per confrontarsi... Il dottore propose ai genitori visite psichiatriche, diagnosticò a Brenda una depressione, affermò che aveva tendenze bisessuali o omosessuali perché provava attrazione verso le femmine, consigliò di girare nudi per casa e di frequentare circoli nudisti. A 12 anni iniziò il bombardamento ormonale per far sviluppare a Brenda i caratteri femminili, ma il bambino, oltre a rifiutare i farmaci, iniziò a mangiare a dismisura per camuffare i fianchi e i seni che iniziavano a crescere (pp. 159-161). Nel 1978 dopo che il professore Money organizzò a Brenda un incontro con un transessuale, il bambino - che già soffriva di attacchi di panico, ansia e sintomi associati al suicidio - decise di farla finita con i test e le sedute minacciando di togliersi la vita se fosse stata costretto ad incontrare ancora il dottore (pp. 169-172).


"Voglio tornare ad essere maschio!". Finalmente i genitori svelarono a Brenda il suo segreto; saputa la verità sulla sua storia, Brenda decise di tornare ad essere come la natura lo aveva fatto: un maschio. Diverse operazioni chirurgiche ripristinarono i suoi organi sessuali, eliminò il seno e cambiò nuovamente nome: nel 1980 iniziò una nuova vita col nome di David. David si sposò e, assieme a sua moglie Jane, adottarono dei figli ma per tutta la vita si portò dentro i conflitti e le atroci ferite procurategli da quella triste infanzia.

Martiri dell'ideologia gender. Il 5 maggio del 2004 David si tolse la vita sparandosi mentre viaggiava in auto. A far precipitare la situazione fu l'improvvisa morte del fratello Brian che fu trovato morto nel suo appartamento nella primavera del 2002 dopo un aver assunto mix letale di antidepressivi e alcool. La depressione portò Brian a perdere il lavoro, a separarsi dalla moglie e a rifugiarsi nell'alcool. Un tragico epilogo per la vita dei due gemellini di Winnipeg immolati sull'altare della teoria gender, utilizzati come cavie per i macabri esperimenti del dottore Money e la sua battaglia socio-politica, vittime innocenti di una ideologia che oggi, nel 2014, torna di moda e viene innalzata a modello dai politici, professori, maestri, dottori della nostra società. Il libro scomodo. Fu grazie all'interesse del giornalista canadese John Colapinto (Toronto, 1958) che la vera storia dei gemelli Reimer fu resa pubblica senza travisamenti né vizi ideologici per la prima volta in un articolo su Rolling Stone nel 1998, a 30 anni di distanza dalla vicenda. L'articolo provocò un grande scalpore in tutto il mondo perché raccontava una versione della storia diversa da quella raccontata dallo stesso Money; ma già il dottore Milton Diamond aveva dimostrato il fallimento dell'esperimento su Bruce, in un articolo specializzato pubblicato nella rivista Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine.  Tutti i dettagli della storia furono raccolti presentati a un pubblico più ampio col libro As nature made him ("Come Natura lo ha fatto") pubblicato da Colapinto nel 2000. Finalmente oggi, grazie alle edizioni San Paolo, il libro è stato tradotto e pubblicato in italiano col titolo "Bruce, Brenda e David" (San Paolo 2014): un documento imprescindibile per il dibattito sull'ideologia del genere che in questo periodo si è acceso vivamente in Europa e nel nostro paese.


Bagnasco: individualismo origine dei mali

Bagnasco: individualismo origine dei mali
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Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente in corso a Roma fino a mercoledì 26. Una prolusione, la sua, che assume le categorie del messaggio del Papa per la Quaresima per poi allargarsi a un’analisi argomentata delle “idoelogie” che oggi “deformano la comprensione che la ragione e il cuore hanno della realtà” a cominciare dall’esaltazione dell’individuo (Bagnasco parla di “iperindividualismo”) e dalla deformazione dell’umanesimo. “È una visione iperindividualista – sintetizza il presidente dei vescovi italiani – all’origine dei mali del mondo”, di fronte alla quale – come già aveva affermato aprendo i lavori del precedente Consiglio Cei, in gennaio – “bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro”.

Ecco i principali temi toccati nella sua Prolusione.
Giovani e lavoro. La grave crisi economica cominciata più di sei anni fa, ha ricordato Bagnasco, “chiede un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione”. In particolare a pagare questo prezzo sono “i giovani, che restano, come una moltitudine, fuori della porta del lavoro che dà dignità e futuro”. Senza dimenticare quanti, avendo perso il lavoro non più in giovane età, “si trovano esclusi da ogni circuito lavorativo e con la famiglia sulle spalle”. Di fronte a questa situazione è indispensabile, da un lato, “incentivare i consumi senza ritornare alla logica perversa del consumismo”, e dall’altro “sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione, semplificando inutili e dannose burocrazie”.
Il Rapporto Caritas sulla povertà. Anticipando alcuni dati del rapporto Caritas intitolato “False partenze”, il presidente della Cei denuncia che la povertà in Italia “è in rapido e preoccupante aumento”. “Sembra di essere in prima linea su una trincea più grande di noi – è l’osservazione allarmata -, anche se sappiamo che la Chiesa non è chiamata a risolvere tutti i problemi sociali”. “I fondi diocesani di solidarietà aumentano dell’11% e gli sportelli, per aiutare la ricerca del lavoro o della casa, sono giunti a 216”. Il disagio sociale affligge gruppi che fino ad oggi ne erano estranei. “Il 66,1% dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto di beni di prima necessità”. Le 220 Caritas diocesane, gli 814 Centri di ascolto, tutte le 25.000 parrocchie e le molte aggregazioni sono uno “spiegamento che umilmente affronta un’onda sempre più grande e minacciosa”.

Il ritorno delle ideologie e l’obiezione di coscienza. Se negli ultimi decenni si è parlato, in Occidente, di tramonto delle ideologie, “oggi dobbiamo riconoscerne il ritorno, magari sotto vesti diverse, ma con la medesima logica e arroganza”. Un segno sta nel fatto che “l’obiezione di coscienza è ormai sul banco europeo degli imputati: non è più un diritto dell’uomo?”.
L’umanesimo si allontanerà dall’Occidente.
Se l’Occidente, che ha generato l’umanesimo plenario, finirà per negare a quell’umanesimo la linfa ispiratrice delle sue origini cristiane, corrompendolo, allora “sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’occidente e troverà – come già succede – altri lidi meno ideologici e più sensati”. Il Sud della Terra, ricorda Bagnasco, “preme alla tavola della dignità e della giustizia”.
L’iperindividualismo e la rete virtuosa. All’origine dei mali del mondo “tanto all’interno delle famiglie quanto nell’economia, nella finanza e nella politica” – denuncia Bagnasco - c’è “una visione iperindividualista”. È questo “individualismo scellerato” il responsabile ultimo della violazione dei diritti umani: dalla tratta delle donne ai crimini contro il bambino, “oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma da guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia”. Eppure, osserva Bagnasco, “il sentire profondo del nostro popolo è diverso”. I vescovi conoscono l’impegno della gente nei doveri quotidiani, il suo senso della famiglia, l’eroismo nella dedizione a malati e anziani, la passione responsabile nell’educare i figli. “È questa rete virtuosa che sostiene il Paese e la speranza nel futuro”.

La scuola e la famiglia. Ricordando l’appuntamento del 10 maggio in piazza San Pietro con il Papa, il presidente della Cei ribadisce “l’urgenza del compito educativo; la sacrosanta libertà dei genitori nell’educare i figli; il grave dovere della società di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi; il diritto a una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte”. Il riferimento, esplicito, è alla recente iniziativa “Educare alla diversità a scuola” di cui il cardinale denuncia la “logica distorta e ideologica” che mira a “omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”. “Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei ‘campi di rieducazione’, di ‘indottrinamento’”. Da qui l’esortazione: “I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga”.

 
" In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre…parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga. Anche il fenomeno dell’“alcol estremo” – cioè di bere fino allo sfinimento o peggio – non può lasciare indifferente nessuno, tranne chi si arricchisce sul male degli altri. Si dovrebbe, invece, sprigionare nell’intera società un brivido di rifiuto e di seria preoccupazione, tale da provocare investimenti seri di risorse umane, economiche e valoriali, ben più meritorie rispetto a iniziative ideologiche e maldestre."ultima parte del Discorso integrale
 Questo il testo completo della prolusione. 

domenica 23 marzo 2014

Il Papa: fuggire dalla tentazione di clericalizzare i laici, nella Chiesa ognuno è importante

Il Papa: fuggire dalla tentazione di clericalizzare i laici, nella Chiesa ognuno è importante

2014-03-22 Radio Vaticana
Cercate la verità, la bontà e la bellezza. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai membri dell’associazione “Corallo” che riunisce le emittenti radio-televisive cattoliche italiane. Nel suo discorso, tutto a braccio, il Papa ha quindi messo in guardia dalla tentazione di clericalizzare i laici. Nella Chiesa, ha poi ribadito, nessuno deve sentirsi troppo piccolo, ognuno è importante. Il servizio di Alessandro Gisotti:
I comunicatori dovrebbero sempre cercare la verità, la bontà e la bellezza. Papa Francesco ha esordito così nel suo appassionato intervento a braccio che ha allargato l’orizzonte ben oltre i confini dei mass media. Il Pontefice ha messo in guardia dalle trappole che incontrano gli operatori delle comunicazioni:
"’Io penso, cerco la verità…’: stai attento a non diventare un intellettuale senza intelligenza. ‘Io vado, cerco la bontà…’: stai attento a non diventare un eticista senza bontà. ‘A me piace la bellezza…’: sì, ma stai attento a non fare quello che si fa spesso, ‘truccare’ la bellezza, cercare i cosmetici per fare una bellezza artificiale che non esiste. La verità, la bontà e la bellezza come vengono da Dio e sono nell’uomo. E questo è il lavoro dei media, il vostro”.
Nella Chiesa, ha poi soggiunto, “non c’è né grande né piccolo: ognuno ha la sua funzione”. Tutti siamo membri, ha detto, e anche i media di ispirazione cristiana, “che siano più grandi o più piccoli” rispondono alla “vocazione di servizio nella Chiesa”:
“Nessuno deve sentirsi piccolo, troppo piccolo rispetto ad un altro troppo grande. Tutti piccoli davanti a Dio, nell’umiltà cristiana, ma tutti abbiamo una funzione. Tutti! Come nella Chiesa… Io farei questa domanda: chi è più importante nella Chiesa? Il Papa o quella vecchietta che tutti i giorni prega il Rosario per la Chiesa? Che lo dica Dio: io non posso dirlo. Ma l’importanza è di ognuno in questa armonia, perché la Chiesa è l’armonia della diversità”.

Il Corpo di Cristo,
ha ribadito, “è questa armonia della diversità, e quello che fa l’armonia è lo Spirito Santo”. Riferendosi poi all’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium si è soffermato sulla tentazione del clericalismo:E’ uno dei mali, è uno dei mali della Chiesa. Ma è un male ‘complice’, perché ai preti piace la tentazione di clericalizzare i laici, ma tanti laici, in ginocchio, chiedono di essere clericalizzati, perché è più comodo, è più comodo! E questo è un peccato a due mani! Dobbiamo vincere questa tentazione. Il laico dev’essere laico, battezzato, ha la forza che viene dal suo Battesimo”.

Servitore”, dunque, “ma con la sua vocazione laicale” e questa “non si negozia” perché conta l’identità. “Tante volte – ha proseguito il Papa - ho sentito dire nella mia terra sacerdoti che volevano “fare diaconi” i laici. “E’ la proposta del prete, subito: clericalizzare”.
"Questo laico facciamolo… E perché? Perché è più importante il diacono, il prete, del laico? No! E’ questo lo sbaglio! E’ un buon laico? Che continui così e che cresca così. Perché ne va dell’identità dell’appartenenza cristiana, lì. Per me, il clericalismo impedisce la crescita del laico. Ma tenete presente quello che ho detto: è una tentazione complice fra i due. Perché non ci sarebbe il clericalismo se non ci fossero laici che vogliono essere clericalizzati".

Papa Francesco è quindi ritornato a parlare dei “peccati dei media”. I più grossi, ha detto, “sono quelli che vanno sulla strada della bugia, della menzogna, e sono tre: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione”:
La calunnia è peccato mortale, ma si può chiarire e arrivare a conoscere che quella è una calunnia. La diffamazione è peccato mortale, ma si può arrivare a dire: questa è un’ingiustizia, perché questa persona ha fatto quella cosa in quel tempo, poi si è pentita, ha cambiato vita. Ma la disinformazione è dire la metà delle cose, quelle che sono per me più convenienti, e non dire l’altra metà. E così, quello che vede la tv o quello che sente la radio non può fare un giudizio perfetto, perché non ha gli elementi e non glieli danno. Da questi tre peccati, per favore, fuggite”.
Nel discorso consegnato e non pronunciato, Papa Francesco sottolinea che i media sono chiamati a dare attenzione alle tematiche importanti per la vita delle persone “non in maniera sensazionalistica, ma responsabile, con sincera passione per il bene comune e per la verità”. Spesso, rileva con rammarico, “nelle grandi emittenti questi temi sono affrontati senza il dovuto rispetto per le persone e per i valori in causa, in modo spettacolare”. Invece, è la sua esortazione, “è essenziale che nelle vostre trasmissioni si percepisca questo rispetto, che le storie umane non vanno mai strumentalizzate”. “Oggi - afferma ancora il Papa - c’è molto inquinamento, e anche il clima mediatico ha le sue forme di inquinamento, i suoi veleni”. La gente lo sa, prosegue il Papa, “se ne accorge, ma poi purtroppo si abitua a respirare dalla radio e dalla televisione un’aria sporca, che non fa bene”. “C’è bisogno – conclude Francesco – di far circolare aria pulita, che la gente possa respirare liberamente e che dia ossigeno alla mente e all’anima”.